15 - DICIOTTO ANNI -

- Capitolo quindici -

Diciotto anni

Seduta sul letto di camera mia, fisso il vuoto.

Mi sembra di impazzire. La mia vita sta cadendo in pezzi, uno dopo l'altro. Non riesco a comprendere come sia possibile che in così poco tempo, tutto il mio mondo mi sia crollato sotto i piedi.

Pensavo che scoprire la verità sulla mia famiglia e sulle mie origini, mi avrebbe fatto sentire, in un certo senso, completa. Ero convinta che mi avrebbe dato quel qualcosa in più. E invece mi sento vuota.

Più penso alle parole di Eris e Jonathan, più mi maledico di aver insistito tanto per conoscere la mia storia.

Dovrei essere contenta, allegra. Oggi è il mio compleanno, non dovrei essere triste e pensierosa. Ma purtroppo è così.

Non sono umana. Non sono una ragazza qualunque come ho sempre pensato di essere.

Venire a conoscenza della particolare tradizione di famiglia dei Whiteoak, mi ha scombussolata, lasciata senza parole. Però non mi ha destabilizzata a tal punto da farmi odiare me stessa.

Ma scoprire, di essere in parte un vampiro... questo non riesco ad accettarlo.

Cosa succederà una volta che mi sarò trasformata? Dovrò uccidere? Nutrirmi di altri esseri umani? Al solo pensiero, una nausea incontrollata mi colpisce lo stomaco, facendomi portare una mano alla bocca per trattenere i conati.

No, non è possibile che io sia così.

Non conoscere le risposte alle mie nuove domande, mi manda in confusione. La testa ritorna a pulsarmi intensamente, riportando in superficie quel dolore che da giorni mi perseguita.

Mi porto le mani alle tempie, cercando di massaggiarle per calmare quel terribile fastidio.

Qualcuno bussa alla porta della mia camera.

<< Avanti >> dico.

Mio padre e Jonathan entrano nella mia stanza. Entrambi hanno il volto stanco, visibilmente provato dagli eventi degli ultimi giorni.

Quando sono arrivata a casa, ad aspettarci c'era Jonathan, insieme a mio fratello. Chris, non appena ho varcato la soglia, mi è saltato addosso, stringendomi in un fortissimo abbraccio.

Jonathan non ha detto nulla. E' rimasto tutto il tempo in piedi, a fissarmi, senza dire una parola. Non lo vedo dalla notte di due giorni fa, quando finalmente, mi ha rivelato parte di quello che aspettavo di conoscere.

Mio padre si siede accanto a me e mi stringe una mano.

<< Nev >> mi chiama.

Alzo lo sguardo su di lui. Ha gli occhi lucidi. La sua espressione, esprime una profonda tenerezza, ma allo stesso tempo anche tristezza.

<< Oggi è il tuo diciottesimo compleanno. Ti avevamo promesso di parlarti del tuo passato >> mi sussurra.

Sospiro.

<< Cos'altro c'è da sapere? >> domando, frustrata.

Jonathan si appoggia con la schiena all'anta del mio armadio. Incrocia le braccia al petto e mi guarda. I suoi occhi sono intensi e sembrano quasi volermi leggere dentro, per conoscere i miei pensieri più nascosti.

<< Non ti ho ancora detto il perché ti ho dovuta lasciare >> risponde lui.

Trattengo un sorriso amaro.

Sinceramente, adesso non voglio sentire nient'altro.

<< La mia vita al momento fa già abbastanza schifo, non c'è bisogno di rincarare la dose >> sbotto.

Mio padre accanto a me, sospira e stringe la mia mano. Non ricambio la stretta.

So che questo gesto lo ferisce, ma non ne posso più.

Come possono pensare che, dopo aver scoperto di essere in parte una creatura assassina che per sopravvivere, ha bisogno di sangue, io voglia saperne di più? Non è già abbastanza orribile? Non sono, forse, condannata a una vita fatta di dolore e solitudine?

Io non invecchierò, rimarrò sempre la stessa, una volta compiuta la mia transizione. Questo non è già abbastanza traumatizzante?

Jonathan si stacca dal mio armadio e si inginocchia davanti a me.

Ora siamo occhi negli occhi.

<< Nevena, ti prego. Devi conoscere tutta la verità, è per il tuo bene >> mi supplica lui.

Io però sto già scuotendo la testa. Sento le lacrime riempirmi gli occhi e la mia vista sfocarsi velocemente.

<< No, io voglio la mia vita di prima >> piagnucolo.

<< Questo non è possibile >> risponde Jonathan. La sua voce è ferma, dura. Non l'avevo ancora sentito parlarmi in questo modo.

<< Non possiamo aspettare di più >> dice, con convinzione mio padre accanto a me.

<< Ho aspettato diciotto anni >> rispondo piano, scandendo bene ogni parola << cosa cambia lasciarmi tranquilla un giorno in più? >>.

Le lacrime mi scendono copiose lungo il viso. Ma nonostante questo, i miei due padri sembrano inamovibili.

<< Nevena >> mi chiama Jonathan << è proprio perché oggi è il tuo diciottesimo compleanno, che non possiamo più rimandare>>.

La sua voce è quasi una supplica. Scommetto che anche lui è stanco quanto me di questa situazione.

Non rispondo e il mio silenzio viene preso come un permesso per continuare a parlare.

<< Dopo che ho rivelato a Yana la mia vera identità >> sussurra Jonathan << è stata dura, per entrambi. Eravamo cresciuti con la convinzione che saremmo stati nemici giurati, che ci saremmo uccisi a vicenda. Ma noi ci amavamo. A me non importava cosa fosse, di cosa si nutrisse. Amavo lei, la sua anima. E per Yana era lo stesso >> sul suo volto appare un sorriso malinconico.

<< Ci siamo sposati, in gran segreto. Eris >> fa una pausa << era un'amica di tua madre. Si conoscevano da molto tempo e ha celebrato il nostro matrimonio >>.

<< La nostra unione era un rischio. E' vietato per un cacciatore, specialmente un Whiteoak, intrattenere qualsiasi tipo di relazione con un immortale. Sposarsi poi, è considerato come un atto di guerra verso la famiglia >> risponde Jonathan.

Lo guardo, i suoi occhi lucidi al ricordo della donna che amava così tanto da andare contro ogni regola e codice d'onore. Contro la sua stessa famiglia. Per una vampira, mia madre.

<< Poco tempo dopo, Yana è rimasta incinta >> continua Jonathan << non lo credevamo nemmeno possibile. Raramente, un vampiro riesce a concepire con un essere umano. E' già raro fra quelli della loro specie. Ma poi sei nata tu e sei stata la nostra più grande gioia >> gli si incrina la voce e sento che sta per crollare.

Qualcosa nel mio petto si incrina leggermente, ma mi trattengo. Non voglio mostrarmi più debole di quello che già sono.

<< La tua nascita >> continua, la voce rotta da un pianto che fatica ad uscire << ci ha messo in allarme. La tua vita, era in grave pericolo, per ciò che eri e per quello che rappresentavi: per i Whiteoak e per i vampiri. Non saresti dovuta mai nascere, Nevena >> prosegue << e il fatto che invece ora tu sia qui, ha un significato ben più grande di quello che immagini >>.

Corrugo la fronte, ancora più confusa.

<< Cosa intendi dire? >> domando.

<< Lo sai chi è Aaron, vero? >> la voce di Jonathan mi arriva dritta allo stomaco.

Una strana sensazione mi avvolge. Quel nome, quell'uomo... mi perseguita da giorni, in sogno, nelle mie visioni, anche da sveglia.

Sapevo che la sua assidua presenza nella mia recente vita, non fosse dettata dal caso. Una consapevolezza, forse da sempre sepolta nel più profondo di me, pian piano torna a galla.

C'è un motivo se lo sogno, se lo vedo ogni volta che chiudo gli occhi, se ci parliamo, se nelle visioni riusciamo a toccarci. Se abbiamo lo stesso difetto genetico.

Annuisco, attendendo il resto di quella dolorosa verità.

<< Aaron è il padre di Yana >> afferma Jonathan.

Silenzio. Totale, gelido, assoluto silenzio.

Collego i pezzi, uno ad uno e pian piano mi rendo conto di cosa significhi tutto questo.

<< Mi stai dicendo, che Aaron, il primo vampiro mai creato, l'originale, è mio nonno? >> le parole mi escono lente dalle labbra.

Jonathan annuisce e sento anche mio padre, sempre seduto accanto a me, fare lo stesso.

<< Sì, Nevena, sei una sua discendente diretta >>.

La testa diventa sempre più pesante, il pulsare forte nel mio cranio, cancella ogni altro suono.

Aaron ed io siamo parenti. Il suo sangue, scorre nelle mie vene. È per questo che ci assomigliamo.

Non so come reagire ad una simile notizia. Perciò rido.

Una risata fragorosa, incredula e nervosa. Mio padre e Jonathan mi guardano, forse un po' colti di sorpresa dalla mia reazione.

Mi alzo. Vengo seguita con lo sguardo dagli occhi dei due uomini nella stanza con me.

<< Mi stai prendendo per il culo, vero? >> domando a Jonathan.

Lui alza le sopracciglia. Sono certa che, vedendomi in viso, riesca a cogliere ogni centimetro della mia rabbia.

<< No, Nev, non ti sto... >>

<< Oh, fantastico! >> lo interrompo, alzando la voce << quindi non bastava che fossi in parte una creatura assassina assetata di sangue. Dovevo anche essere la cazzo di nipote del vampiro più antico di tutti i tempi! >> allargo le braccia, esasperata.

Jonathan e mio padre si alzano e mi vengono in contro, cercando di calmare i miei nervi.

Porto in avanti le mani, intimando loro di fermarsi. Al momento, l'unica cosa che vorrei fare, è prenderli entrambi a schiaffi.

Come hanno potuto? Come hanno pensato che fosse saggio tenermi nascosto tutto questo?

<< Nev, non abbiamo finito, c'è altro che devi sapere >> cerca di calmarmi mio padre, una mano che si avvicina sempre di più alla mia.

Gliela sposto con un gesto brusco e lo fulmino con lo sguardo.

<< Tu sapevi >> sputo fuori quelle parole con un tale veleno nella voce, che vedo gli occhi di mio padre riflettere il suo dispiacere << tu sapevi tutto questo e non mi hai mai detto nulla. Tu e la mamma, mi avete mentito per diciotto anni, non avete mai accennato a nulla del genere. E ora credevate davvero che me ne sarei stata zitta e buona ad ascoltare tutte queste follie, senza dire niente?! >> mi rendo conto di urlare.

<< Non parlargli così >> mi ammonisce Jonathan << lo ha fatto per proteggerti. Eravamo tutti vincolati, dovevamo aspettare il tuo diciottesimo compleanno per rivelarti la verità >>

<< Perché? >> sputo.

<< Eri protetta >> risponde esasperato mio padre << da un incantesimo che Eris ti ha cucito addosso quando eri bambina. Ti abbiamo nascosta per evitare che né Aaron, né i Whiteoak ti trovassero >>

Annuisco, sempre più furiosa.

<< Oh perfetto! E adesso che succede? Cosa dovrebbe accadere di così importante? >> continuo.

<< La tua transizione >> sussurra Jonathan << è già cominciata >>.

Quelle parole mi bloccano.

<< Non è stato un attacco epilettico l'altro giorno, Nevena >> continua mio padre << ti stai trasformando. E pensiamo che l'incantesimo che ti ha protetta fino ad adesso, sia già in parte crollato. >>

<< Un vampiro ti ha trovata. Sei in pericolo. E finché non avverrà la tua trasformazione, devi rimanere al sicuro. In modo tale che io possa difenderti >> risponde Jonathan.

Scuoto la testa.

Adesso è davvero troppo.

<< Mi tenete anche prigioniera adesso? >> sbraito.

<< E' per il tuo bene >> cerca di convincermi mio padre.

Lo guardo e so benissimo che con quello sguardo, lo sto ferendo nel profondo.

Ma qui la vittima sono io, non lui, non mia madre, non Jonathan. Io.

Ho vissuto tutta la mia vita in una menzogna. Una vita perfetta, quasi infiocchettata per renderla il più normale possibile. E adesso me la strappano via così, senza il minimo rispetto per i miei sentimenti. Come dovrei reagire? Dovrei essere felice di diventare un mostro? Per di più discendente di quello che è il più letale e spietato di tutti?

Non credo proprio.

<< Uscite da questa stanza >> sussurro.

Jonathan sospira e fa per avvicinarsi a me, ma io mi ritraggo.

<< Dobbiamo finire di parlare >> risponde lui, la voce ferma e decisa.

Scuoto la testa.

<< No >> ribatto << adesso basta. Se devo rimanere reclusa qua dentro, voglio essere lasciata in pace. Ora, andate via >>.

Loro non si muovono, rimangono fermi nella loro posizione.

<< Fuori! >> urlo.

Solo allora, dopo aver evidentemente capito che non mi sarei smossa dalla mia posizione, escono in silenzio.

Rimango sola, avvolta nella solitudine della mia stanza. Solo il martellante dolore nella mia testa mi fa compagnia.

Mi appoggio piano alla parete e, lentamente, scivolo a terra. Gli occhi pieni di lacrime.

Mi stringo forte le ginocchia al petto e lascio che tutta la tensione accumulata in questi giorni e in questi ultimi minuti, scorra via da me. Come un fiume in piena.



Rimango in quella posizione per minuti interminabili.

A destarmi, è la suoneria del mio cellulare, abbandonato sulla scrivania. Mi alzo, con riluttanza e guardo il nome sul display.

Il mio cuore si spezza quando leggo il nome di Major.

Come farò con lui adesso? Non posso dirgli la verità, mi odierebbe. Mi prenderebbe per pazza. Scommetto che i miei genitori e Jonathan, alla mia vita sentimentale, non hanno nemmeno pensato. Come hanno potuto lasciarmi libera di innamorarmi, pur conoscendo già il mio futuro?

Come potrò continuare la mia vita con Major? Rivelargli la mia vera natura senza la paura che mi odi?

Prendo il telefono e, fingendo che vada tutto bene, rispondo.

<< Ciao, Major >> gli dico.

<< Ehi, sto provando a chiamarti da stamattina >> mi risponde lui, un po' preoccupato << stai bene? >>

Ricaccio dentro le lacrime che tentano di nuovo di uscire.

"No, Major. Non sto affatto bene. A breve mi trasformerò in una belva assetata di sangue e non invecchierò più. Ah, e la mia famiglia di origine, si dà il caso che cacci per lavoro tali creature. Quindi no, non va per niente bene."

Vorrei tanto rispondergli così, con la più onesta sincerità. Ma non posso.

<< Sì, certo >> mento.

Lui fa una strana smorfia al telefono. Lo sa che gli sto nascondendo qualcosa. Mi conosce troppo bene. Ma questa volta, non ho intenzione di rivelargli nulla.

<< Volevo solo augurarti un buon compleanno e passare a darti il mio regalo >> mi risponde << so che non è il momento di organizzare una festa, visto cosa è successo >> sussurra piano quelle ultime parole, riferendosi all'attacco di Sally e al mio ricovero in ospedale.

<< Oh Major, grazie. Mio padre però preferisce farmi stare in casa e non farmi stancare. Sai dopo l'altro giorno... >> dico, fingendo.

In realtà, l'unica cosa che vorrei adesso, è vedere Major. Stare con lui mi ha sempre dato conforto, soprattutto in situazioni difficili come questa.

<< Oh >> la sua voce è delusa << va bene. Non preoccuparti, te lo do un'altra volta >>.

Serro gli occhi. Il mio cuore si spezza nel sentirlo così. Lo ha capito che gli sto appioppando una scusa. In fondo, ci conosciamo così bene che sappiamo leggerci entrambi come due libri aperti. Non voglio mentirgli, né tantomeno farlo star male.

Ho voglia di stare con lui. Di vederlo, sfiorargli le mani, abbracciarlo, baciarlo. Almeno finché posso.

Finché sono la Nev di cui si è innamorato. Ora che sono ancora umana.

<< Major >> lo chiamo, decisa << aspetta >>.



Non ricordo quando è stata l'ultima volta che sono uscita di casa di nascosto. Soprattutto dalla finestra di camera mia.

Forse è stato quando avevo sedici anni e mamma mi aveva messa in punizione perché ero rientrata a casa ubriaca dopo la festa di compleanno di Sally. Riesco ancora a sentire la sua voce squillante e furiosa farmi una ramanzina, che difficilmente scorderò per tutta la vita.

Dopo essermi cambiata e aver indossato una felpa e dei jeans scuri, mi affaccio alla finestra e guardo fuori, cercando di ricordare il percorso che avevo fatto tempo fa per scendere da lì, senza rompermi l'osso del collo.

Mi ricordo della grata di legno a pochi centimetri da me, dove in estate fioriscono le rose che mamma ha piantato con grande cura diversi anni fa. Decido di provare a scendere, utilizzandola come una sorta di scala.

Prendo un bel respiro e mi sporgo.

Fortunatamente, sotto di me c'è una piccola e stretta tettoia, dove riesco a posare i piedi. Piano piano, esco completamente.

Lentamente e con cautela, mi avvicino alla grata e mi aggrappo con una mano. Poi poso la punta del piede, in uno dei rombi di legno che la compongono, cercando di fare il più piano possibile.

Non so come, ma quella struttura alquanto rovinata sembra reggermi. Prendo un bel respiro e mi arrampico completamente. Ora sono con la schiena sul vuoto. Sotto di me, un salto di circa due metri.

Mi concentro e con attenzione, mi sposto un po' più in basso, cercando di avvicinarmi il più possibile al terreno. La grata si muove pericolosamente sotto il mio peso.

Cerco di essere il più veloce possibile e, quando arrivo a circa un metro e mezzo da terra, mi giro su un lato e salto giù.

Atterro sui piedi, senza fare troppo rumore. La cosa mi stupisce ma non sto a rimuginarci troppo.

Tiro su il cappuccio della felpa e corro lungo la via.

Ho detto a Major di aspettarmi a due strade di distanza da casa. Non voglio che mio padre si insospettisca vedendo la sua macchina.

Corro, senza guardarmi indietro. Dopo circa tre minuti, svolto a sinistra e vedo la macchina di Major parcheggiata coi fari spenti a pochi passi da me.

Mi avvicino al lato del passeggero ed entro, chiudendo la portiera.

Mi volto verso il mio ragazzo. È ancora più bello adesso, col viso rilassato e i capelli mossi e biondi lasciati sbarazzini sotto il cappello di lana scuro. Mi sorride dolce e una sua mano si posa sulla mia guancia.

<< Buon compleanno >> mi dice.

Di rimando, appoggio il viso ancora di più sul suo palmo e i suoi occhi scuri brillano.

<< Grazie >> sussurro.

Lui mi sorride e poi si sporge verso di me. Le sue labbra si posano delicate sulle mie e in quel momento, mi sento di nuovo in pace.

Lo bacio, sempre più intensamente, prendendolo un po' alla sprovvista. Le mie mani si spostano verso il suo viso e le mie dita si intrecciano nei suoi capelli. Mi avvicino sempre di più a lui, intensificando il nostro bacio.

Ho bisogno solo di questo adesso, di sentirmi in pace, viva, amata. E l'unico che può darmi tutto questo, è Major. Voglio stare con lui, stringerlo e godermi la sua presenza almeno finché sono ancora me stessa.

Le sue mani si spostano sui miei fianchi e un risolino gli esce spontaneo dalle labbra.

<< Nev, siamo in mezzo alla strada >> mi ammonisce.

Ha il viso paonazzo e il fiato corto. Le sue labbra carnose, sono ancora più gonfie e rosse dopo il nostro bacio.

Gli sorrido maliziosa.

<< Possiamo andare in un posto più tranquillo, no? >> gli domando.

Lui scuote la testa, divertito dalla mia risposta.

<< Non hai detto che tuo padre non vuole che tu esca stasera? >> mi chiede.

Faccio spallucce.

<< Ormai sono scappata... >> rispondo.

Lui ride e mi dà un altro bacio leggero, prima di girarsi e accendere la macchina. Mi accomodo al mio posto, allacciando la cintura.

Non andiamo molto lontano. Major ferma la macchina in un vecchio spiazzale abbastanza nascosto dalle sterpaglie dove, anni fa, venivamo spesso ad amoreggiare di nascosto, quando mio padre non lo lasciava ancora restare a dormire a casa mia.

Quando ci fermiamo, gli salto addosso e lo bacio con una tale foga che sulle mie labbra sento un lamento sorpreso. Rido per la sua reazione e interrompo il bacio per guardarlo negli occhi.

Lui fa lo stesso, incatenandomi in quei profondi pozzi marroni.

Mi mancherà tutto questo. La mia parte umana insieme a lui, la nostra quotidianità, il nostro legame. Non so nemmeno se sarà possibile continuare questa storia dopo che io mi sarò trasformata, ma al momento non voglio pensarci.

Adesso, voglio solo lui.

Facciamo l'amore, perdendoci dolcemente l'uno nell'altra.

Dopo, sono seduta sopra di lui. Ci siamo spostati sui sedili posteriori della sua macchina. Un suo braccio mi accarezza dolcemente una gamba, mentre l'altro mi percorre con dolci tocchi tutto il viso.

Lascio andare la testa sul suo petto e inspiro il suo profumo. Odora di vestiti puliti e di mughetto, il suo bagnoschiuma. Non so dire per quanto tempo rimaniamo fermi in quella posizione, ma vorrei che non finisse mai.

<< Posso darti il tuo regalo, adesso? >> mi chiede.

Alzo gli occhi su di lui e gli sorrido. Annuisco.

Lui si sporge in avanti, verso il retro del sedile del guidatore. Non mi lascia mai andare, mi tiene sempre ferma sulle sue gambe.

Quando si rimette dritto, mi porge una piccola borsetta di carta bianca, chiusa da un nastro argento.

La prendo, ringraziandolo silenziosamente con lo sguardo.

Sfilo il nastro e infilo la mano nel sacchetto. Ne estraggo una piccola scatolina dello stesso colore della borsa.

I miei occhi diventano lucidi, quando noto le dimensioni di quel piccolo contenitore.

Guardo Major. Lui continua a sorridermi e annuisce, quasi a volermi incitare ad aprire il mio regalo.

Respiro profondamente e lo apro. Dentro, sistemato su un cuscinetto chiaro, c'è un piccolo anello con una pietra azzurra.

Mi mancano le parole. L'unica cosa che riesco a fare e guardare il mio ragazzo, con le lacrime che mi scendono copiose sul viso.

Lui me la asciuga in silenzio e poi prende l'anellino dalla sua custodia. In estremo silenzio, mi porge la sua mano chiedendo in cambio la mia.

Non riesco a parlare. L'unica cosa che sono in grado di fare, è porgergli la mia mano sinistra. Il suo regalo viene infilato delicatamente al mio anulare e mi rendo conto di quanto sia bello e perfetto.

<< Non devi dirmi niente, adesso >> sussurra Major, interrompendo quel dolce silenzio << non voglio che mi rispondi ora, non ti chiederei mai una cosa del genere >> continua guardandomi dolcemente negli occhi.

Le sue mani mi prendono il viso tra le mani, asciugandomi inutilmente le lacrime che continuano a rigarmi le guance.

<< Nevena, io ti amo >> quelle parole mi arrivano dritte al cuore << credo di averti sempre amata, fin da quando mi hai rivolto la parola durante la lezione di biologia al primo anno di liceo. Sei tutto quello che ho sempre voluto e tutto ciò di cui ho bisogno. La mia anima gemella, la mia amante, la mia migliore amica, la miglior compagna di squadra sulla play >> quella risposta mi fa ridere.

<< Sei ogni cosa. E io vorrei che fossi quell' "ogni cosa" per il resto della mia vita >>.

Piango a dirotto. Tutto mi aspettavo fuorché questo.

Non ora almeno.

<< Non voglio che tu mi dia una risposta adesso. Però volevo che lo sapessi. Volevo che sapessi che ti amo così tanto, da volerti con me per sempre >> i suoi occhi luccicano e so che sta per piangere anche lui.

In risposta lo bacio, perché non so che altro dire o fare.

Se solo il mio Major sapesse in che guaio si è cacciato. Chi vuole nella sua vita, chi ritiene che sia la sua anima gemella. Come posso lasciarlo andare dopo questo?

<< Ti amo >> gli sussurro a fior di labbra.

<< Ti amo >> mi risponde.

Voglio dirgli tutto, rivelargli la verità. Voglio che sappia, anche a costo di doverlo lasciar andare. Ma se, per qualche folle motivo, o solo per il grande amore che prova per me, non dovesse scappare, non voglio rimpiangere questo momento.

E questa grande opportunità di aver trovato l'amore della mia vita.


Guidiamo verso casa, in silenzio. La mia mano sinistra, con al dito l'anello che mi ha dato Major, è stretta nella sua.

Lo guardo e non posso fare a meno di pensare a quanto io sia fortunata ad averlo.

Fuori il cielo è diventato scuro. La notte sta pian piano calando su Chelsea. Fra poco, mia madre tornerà a casa da lavoro e sarà meglio che io mi faccia trovare in camera mia.

Una sfuriata di mio padre la posso anche sopportare, ma quella di mia madre, è tutta un'altra storia.

Soprattutto adesso.

<< Passiamo dalla strada più veloce? >> mi chiede Major, quasi leggendomi nel pensiero.

<< Sì, non voglio beccarmi una sgridata da mia madre >> gli rispondo.

Lui sorride e svoltiamo a destra. La vecchia strada che costeggia il bosco, è la più rapida per tornare al mio quartiere. Ma è anche la più danneggiata e poco illuminata. Da qualche anno, si preferisce usare quella che costeggia le ville, ma è troppo lunga e interrotta da una serie di semafori che non sembrano mai voler diventare verdi.

Percorriamo la via verso casa in silenzio, quando Major mi chiede notizie di Sally.

Sospiro ripensando a lei.

<< Sta meglio. Almeno è viva >> rispondo un po' giù.

Non posso fare a meno di pensare alla sua espressione furiosa quando le ho rivelato i miei sospetti su Lucas. Nei suoi occhi, potrei giurare, di averle visto un odio che raramente ha provato nei confronti di qualcuno.

Major si porta la mia mano alle labbra, baciandomi le dita.

<< Sono sicuro che si riprenderà. Sei stata coraggiosa a salvarla >> mi rincuora lui << chiunque le abbia fatto del male, la pagherà cara >>.

Annuisco. Il volto di Lucas mi appare istintivamente davanti al viso. Dentro di me, sento montare una rabbia incontrollabile.

Quel bastardo. Sono certa che sia stato lui. E non la passerà liscia.

<< Sì >> rispondo dura a Major << la pagherà >>.

Lui si volta verso di me, guardandomi un po' preoccupato per il mio tono di voce.

Fa per dire qualcosa, ma davanti a noi, a pochi metri dal muso della macchina, una figura ci blocca la strada.

<< Major, attento! >> urlo.

Lui riporta l'attenzione davanti a sé e frena. Ma siamo troppo vicini.

Sterza il volante e la macchina slitta sulla strada sconnessa.

Ruotiamo su noi stessi e in un secondo, l'auto si scaraventa contro un albero sul ciglio della strada.

Gli airbag si aprono e attutiscono un minimo l'impatto delle nostre teste.

Perdo i sensi.

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