1.
Arus
La fine era imminente.
La fine che sanciva solo un nuovo inizio per quanto concerneva me.
Mancavano una manciata di giri di clessidra per essere spedito su quel pianeta sconosciuto alla ricerca di colei che aveva fallito.
La terra. Un luogo oscuro dove gli abitanti si uccidevano l'un con l'altro, inventavano armi di distruzione di massa e massacravano ciò che gli dava ossigeno e vita.
L'unico dei sette mondi che si stava autodistruggendo e che di nuovo, dopo duemila anni, aveva chiesto il nostro aiuto per salvarsi.
Ero nato e cresciuto pronto per portare a termine la missione originale.
Sarei dovuto partire io oltre trent'anni prima per risolvere quel disastro ma Pietra, era riuscita a scavalcarmi e a prendere il mio posto.
Dopo sette giorni di prove, aveva ultimato con il punteggio più alto meritandosi la missione e il prestigio che ne sarebbe derivato.
Le donne erano generalmente più forti di costituzione, più resilienti e con una memoria più sviluppata, mi era perciò sembrato giusto lasciarle il mio posto e farmi da parte senza insistere.
Qualcosa però era andato storto. Avevamo perso i contatti con lei fin da subito e le notizie che arrivavano dalla terra non erano per nulla rassicuranti.
Guerre, carestie, pandemie, disboscamenti..
Di sicuro aveva fallito e noi non potevamo più aspettare oltre.
I sette pianeti sarebbero morti con la terra, il fulcro di tutto. Il pianeta più generoso che manteneva tutti gli altri in orbita con la sua energia, purtroppo abitato da individui immeritevoli.
Piano piano, stavamo morendo tutti insieme a lei.
Equilibrum era nata oltre un milione di anni fa con un compito preciso, mantenere l'equilibrio di tutti e sette i pianeti. Evitare che questi si scontrassero tra di loro, che cercassero di invadere gli altri o che qualsiasi cosa rompesse l'equilibrio che si era creato.
Equilibrio che piano piano stava andando distrutto.
Ad Oraus non stavano più nascendo bambini. Gli Orasti erano coloro tra i popoli con la vita più breve. Sopravvivevano una decina di anni soltanto ma ogni maschio, riusciva a partorire fino a 40 bambini l'anno mentre ora, arrivavano al massimo a produrne una decina.
Sole non aveva più acqua. Il pianeta più caldo, più ostile in assoluto, poteva permettere ai suoi abitanti di sopravvivere solo con la pioggia universale che continuava a tenere una temperatura massima di 5500 gradi. Senza di essa, Sole diventava inesorabilmente più caldo sterminando i suoi abitanti che ora sopravvivevano solo su alcuni punti specifici, le macchie solari.
Curasu, il pianeta del ghiaccio, si stava sciogliendo a causa dell'aumento della temperatura di Sole. La sua circonferenza era diminuita di chilometri interi e presto, sarebbe scomparsa totalmente.
Marsenico era forse il pianeta che se la stava cavando peggio.
Lo scioglimento di Curasu aveva causato un riversamento universale di acqua e ghiaccio che andavano a scontrarsi sul pianeta sottostante. Bersagliato da piogge torrenziali e detriti di ghiaccio. Gli abitanti avevano perso ogni raccolto subendo la mancanza di cibo e l'innalzamento dei mari li aveva radunati tutti sulle montagne, fino a che anche esse non verranno sommerse.
Taru era quindi diventato il pianeta di raccolta di migranti. Cercavano di accogliere più esseri viventi possibili per salvare loro la vita ma le condizioni atmosferiche non consentivano vita facile a chi veniva da altri pianeti. A Taru non esisteva acqua, gli abitanti non ne avevano bisogno in quanto abituati a quel clima arido. Si cibavano di bacche, unica cosa che cresceva sul pianeta e non avevano bisogno di bere. L'aria era secca e molto meno ossigenata rispetto ad altri luoghi e quindi, nonostante le provviste mandate da altri pianeti e l'ossigeno inviato dalla terra, non era sufficiente per mantenere in vita gli abitanti a lungo.
Equilibrum era il pianeta più simile della terra. Persino noi abitanti avevamo le stesse sembianze degli umani, sebbene a loro differenza vivevamo oltre i cinquecento anni. Avevamo molta acqua, Sole ci scaldava giusto un poco di più rispetto al mondo degli umani, avevamo alberi e ossigeno.
Il nostro pianeta veniva tenuto in equilibrio dagli animali che erano le nostre guide e venivano venerati e rispettati per questo.
Purtroppo, a causa di tutti quegli eventi scatenati intorno a noi, i nostri animali continuavano a morire gettando gli abitanti di Equilibrum nel panico totale, ormai senza guida e senza speranza.
E poi c'era il pianeta terra. L'ho già detto che è un completo disastro? Erano migliaia di anni che dovevamo sistemare i loro casini. Non facevano altro che distruggere tutto, continuamente!
Meritavano la salvezza? Diamine, no! Purtroppo però non potevamo fare a meno di dargliela o saremmo morti insieme a loro.
"Arus, sei pronto?"
Feci un cenno con il capo posando Dyn, la mia piccola volpe, accanto a me.
Mi osservò per qualche secondo prima di allontanarsi di qualche passo.
Le sorrisi. Le avevo promesso che sarei tornato presto e nel frattempo, lei avrebbe guidato la mia famiglia in mezzo a quel caos.
"Sono pronto."
Dissi ad alta voce guardando il mio maestro.
Panfo si avvicinò e mi toccò una spalla.
"Veglia sulla mia famiglia e veglia su Dyn. Non deve accadere loro nulla."
Mi raccomandai osservando l'adulto. Mi fidavo ciecamente di lui. Ogni bambino nato ad Equilibrum era passato presso la sua accademia che voleva insegnare non solo nozioni culturali ma anche come sopravvivere in ogni situazione e come contribuire al nostro scopo originale.
Dovevo tutto a quell'uomo, mi aveva insegnato ogni cosa e non potevo non esserne eternamente grato.
L'essere di fronte a me strinse le labbra osservandomi preoccupato. Erano molti anni d'altronde che nessuno di noi veniva mandato nel pianeta ostile.
"Tu veglia su te stesso. Trova Pietra, cerca di capire cosa è successo, chi l'ha trattenuta dallo svolgere il suo dovere. Sistema tutto quanto e io ti riporterò indietro."
Misi la mano sulla sua.
La mia missione sarebbe durata cinque anni, dopo di ché, mi sarei materializzato di nuovo su Equilibrum.
"Ricordati, nel mondo ora tu hai soli trent'anni. Non svelare a nessuno da dove arrivi. Gli umani non possono sapere di noi, nessuno riuscirebbe a trattenerli dal distruggere anche i nostri mondi. Stai attento, sono esseri senza scrupoli e senza alcuna identità concreta. Non spietati, sono cattivi. Stai alla larga da loro il più possibile. Ti riporteremo indietro."
Strinsi forte la sua mano prima di allontanarla da me.
Chiusi gli occhi.
Avrebbe fatto male?
Quando l'ultimo granello di sabbia cadde nella parte inferiore della clessidra mi risposi da solo alla domanda.
Spalancai la bocca urlando mentre sentivo la pelle venirmi strappata via dal corpo così come le viscere e le ossa. Urlai con quanto fiato avevo in gola finché non sentii più nulla. Solo dopo alcuni istanti osai aprire gli occhi e scoprii due di loro scrutarmi curiosi.
Arretrai spaventato andando a sbattere contro un muro.
Alzai un dito e lo puntai contro a quei due umani.
Erano piuttosto simili a noi. Avevano entrambi i capelli bianchi, sicuramente avevano più di trecento anni.
Non sembravano così cattivi visti da lì ma sapevo che erano furbi mentitori.
"State lontani da me!"
I due si guardarono in faccia e sussurrando qualcosa. Forse non mi capivano?
Avevo studiato oltre 25 lingue del mondo che ormai sapevo parlare perfettamente, grazie alla mia memoria aliena.
Provai a parlare in tutte le lingue che conoscevo finché uno dei due non mi interruppe bruscamente.
"Parliamo italiano. La prima lingua che hai usato." Aggiunse quando notò il mio sgomento.
"Benvenuto a Roma. Questo sarà il tuo appartamento. Questa.." alzò una tessera di fronte a me, "ti farà accedere al tuo conto in banca. Abbiamo versato un paio di milioni, ti basteranno per la tua missione. Questa è la cartella con tutta la tua storia umana. Leggila e imparala a memoria. E questa.." Uno dei due uomini indicò le mura intorno a noi con il dito, " è casa tua. Troverai ogni dettaglio in cartella, compreso come sopravvivere nel nostro pianeta."
Mi gonfiai il petto di orgoglio mentre mi rimettevo in piedi. Avevo studiato con Panfo ogni cosa. Sapevo come si faceva un prelievo di sangue, come si ordinava del cibo al MC Donald's, come si prendeva un autobus... Sapevo come essere un buon cittadino della terra.
"Noi ora usciremo da qui e non ci rivedrai mai più. Se avrai bisogno, dovrai contattare il tuo pianeta, noi parliamo solo con il maestro Panfo. Buona fortuna."
Uno dei due allungò la mano verso di me, forse per aggredirmi, ma poi cambiò idea quando mi vide sussultare e dopo un'ultima occhiata si voltarono entrambi andando via.
Mi lasciai ricadere a terra stremato, solo allora mi accorsi di essere totalmente nudo.
Non potevo più tornare indietro.
La clessidra aveva appena iniziato a lasciar cadere lentamente i suoi granelli di sabbia.
Cinque anni.
Cinque maledetti anni.
Come sarei sopravvissuto? E come avrei trovato Pietra?
Sapevamo troppo poco di lei. Solo che si era materializzata nel mio stesso punto, una delle porte di accesso che i nostri mondi avevano costruito.
Ci avrei impiegato anni a trovarla.
L'unica cosa che sapevo era quali fossero le sue sembianze, la ricordavo bene, ma chissà quanto era cambiata dopo tutti quegli anni su quel pianeta.
Mi alzai in piedi e andai a prendere una coperta dal divano. Quel pianeta era dannatamente freddo!
Mi guardai intorno iniziando a sentire il panico assalirmi. Mi sentivo solo, spaesato e non potevo non chiedermi se anch'io fossi finito come Pietra, disperso.
Se non fossi riuscito a portare a termine la missione? Se non l'avessi trovata?
Dopo alcune ore dove mi scrogiolavo nei miei pensieri mentre il mio corpo si abituava a quella temperatura e a quell'ossigeno, decisi di guardare fuori dalla finestra per rendermi conto con i miei occhi di quanto quel pianeta fosse distrutto.
Mi feci coraggio, andai alla finestra e premetti il bottone per alzare quello schermo grigio che mi oscurava la vista.
Successero due cose interessanti in contemporanea non appena il panorama fu libero.
La prima cosa, mi accorsi di essere in un palazzo, piuttosto in alto, e quando uscii sul terrazzo accecato dal sole mi ricordai, grazie alle urla della vicina, di essere ancora totalmente nudo.
Nessuna donna aveva mai urlato vedendomi così! Quale era il suo problema? Non ero di bell'aspetto?
Ma la cosa più importante si palesò di fronte ai miei occhi. Li sbarrai incredulo e mi avvicinai al precipizio per guardare bene.
"Pietra?" Sussurrai allungando la mano colmo di sgomento.
Il grande schermo di fronte a me raffigurava il viso di quella donna.
Sorrideva e si muoveva mentre mostrava un.. Rossetto.
Che diavolo significava? L'avevano rapita per farla lavorare nelle miniere ed estrarre quel minerale rosso? Perché sorrideva così allora?
Pietra era prigioniera di quella gente e io l'avrei liberata!
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