Vulnerabilità

"Sono il tuo migliore amico e in teoria dovrei conoscerti meglio di chiunque altro ma ti giuro Miriam.. In questo momento non riesco proprio a capirti"

Ian continua a camminare avanti e indietro nella mia camera, portandosi continuamente la mano alla testa come segno di disperazione.
Ha insistito per restare dopo che Giusy è andata in laboratorio. Non volevo che perdesse una giornata di lavoro ma è stato irremovibile.

"Non mi aspetto che tu mi comprenda"

"O mio dio ma sei seria? Ti prego .. dimmi che scherzi"

La situazione si sta facendo pesante.
Scuoto la testa con decisione senza dire una parola.

Ian alza le mani guardando in alto disperato. Si concede qualche attimo per calmarsi e poi si siede sul letto accanto a me.
Sono giorni che sono chiusa in casa e questo non è da me. Ho preso qualche giorno di pausa dal lavoro per non correre il rischio di incontrare Clark.
Il suo ritorno mi ha confuso. Mi sento instabile in questo momento.

"Miriam ascoltami.. Non puoi allontanarlo per paura di Clark o per il terrore di soffrire di nuovo. Lo capisci che devi ricominciare a vivere?"

Non rispondo. Non so cosa dire in realtà.
O forse non mi interessa.
Forse sono diventata totalmente indifferente.

Ian sospira rumorosamente,  seccato dalla mia alquanto scarsa collaborazione.

"Non puoi farti questo Miriam... e non puoi farlo neanche a Dylan"

"Tra e me e Dylan non c'è nulla.. se ne farà una ragione "

Ian scoppia a ridere in modo teatrale alzandosi dal letto.
"Ma per favore. Raccontala a qualcun altro. Magari a qualcuno cieco, sordo o totalmente rincitrullito che possa crederti"

Mi alzo dal letto esasperata.

Dylan ha provato a contattarmi in tutti i modi, anche tramite i miei amici. Ma qualcosa mi ha trattenuto. Non sono riuscita a trovare la forza di affrontarlo.

"Ian per favore cerca di..."

"No Miriam ascoltami tu. Non lo ammetterai mai ma tra te e Dylan c'è qualcosa. Non sto dicendo che ti sei innamorata. Dico solo che lui è importante per te. E non lascerò che tu getti tutto al vento per la paura di uno psicopatico del cazzo"
So che gli sto molto a cuore e la sua rabbia me lo conferma.

Ma io so di cosa è capace Clark. E non me lo perdonerei mai se accadesse qualcosa a lui.

Ian sembra leggermi nella mente perchè si avvicina a me assumendo un'espressione più dolce di prima.
"Non è allontanandolo che lo proteggerai, lo capisci?  Lui non sa nulla di Clark. Crede che tu ti sia allontanata per quello che è successo tra lui e suo fratello"

Avevo immaginato che questi fossero i suoi timori ma è come se, sentirlo dire da Ian, l'avesse reso reale.

"Non allontanarlo per paura di soffrire. Sarebbe come smettere di vivere per paura della morte.  Non ha senso"

Da quando ho conosciuto Dylan, ho sentito una connessione particolare con lui.

E Ian ha ragione.
Non posso permettere che Clark offuschi le cose belle della mia vita.
Perché ce ne sono molte.
Una di queste è proprio davanti a me

Accarezzo il viso di Ian, stampandogli un bacio sulla guancia

"Cosa farei senza di te?" Gli chiedo sull'orlo della commozione.

Ian è uno di quei ragazzi a cui non piace mostrare il suo lato sentimentale. E adoro questa sua parte perché, quando si lascia andare come adesso, è davvero speciale.

"Vuoi dire senza il mio perenne ottimismo, sarcasmo, fascino, energia, risata contagiosa, protezione..."

"Ok ok .. basta cosi" gli dico sventolandogli la mano davanti alla viso per bloccare il suo infinito elenco
"Andiamo"

Recupero il telefono dalla mensola accanto al letto e lo infilo in borsa.

"Aspetta che vuoi dire? Andare dove?"

Mi infilo velocemente le mie converse nere, prima di rischiare di ripensarci.

"Al laboratorio. Hai ragione Ian. Non posso nascondermi per sempre"

Il mio migliore amico alza le mani vittorioso
"Sono fiero di te"
Mi dà un bacio sulla guancia e mi prende sotto braccio
"Andiamo"

Quando arrivo sul mio posto di lavoro, la prima cosa che faccio è cercare Dylan.

Il cuore mi martella nel petto impedendomi quasi di respirare mentre raggiungo la porta del suo ufficio.

Resto in silenzio per qualche secondo. Se fosse in riunione, non vorrei fargli fare una brutta figura.
Ma non sento nulla.

Così busso alla porta decisa e una voce dall'interno mi dà il permesso di entrare.

Dylan è seduto alla sua scrivania, meno ordinata del solito. Questo particolare mi appare subito strano.
Lui non sopporta il disordine, sopratutto nel posto in cui lavora.

"Miriam? "

Il suo tono è sorpreso. Di sicuro non si aspettava di vedermi.
D'altronde non posso dargli torto. Sono giorni che non mi faccio sentire.
Era da troppo tempo che non sentivo la sua voce. Mi fa sentire subito meglio.

"Ciao Dylan.. "

Si alza lentamente, spostando la sedia all'indietro. Aggira la scrivania e si avvicina quasi a disagio, non staccando mai gli occhi da me.

Avevo pensato a cosa dirgli. Al modo in cui avrei dovuto scusarmi per questi giorni d'assenza.

Ma adesso sono senza parole. Non so cosa fare.
Il che mi fa odiare me stessa ancora di più perché Dylan non merita questo trattamento.

"Stai bene?" Mi chiede all'improvviso, rompendo il silenzio.

Il suo tono però è neutrale. Non traspare alcuna emozione.
Il cuore mi si stringe in una morsa a questa freddezza.
Tuttavia il suo sguardo non si allontana dai miei occhi e questo mi basta a darmi un po' di coraggio e sicurezza.

"Io.. sto bene. Mi dispiace di non aver risposto alle tue chiamate"

Dylan annuisce alzando gli occhi al cielo, come se stesse riflettendo sulla mia risposta.
Sembra deluso e questo mi fa molto più male di tutto quello che è successo in questi giorni.

Il silenzio che si è creato tra di noi mi opprime, come delle pareti che si muovono simultaneamente verso di me per schiacciarmi lentamente.
Non riesco a sopportare questa nostra distanza.

"Tu come stai?"
Mi pento un attimo dopo della domanda stupida che gli ho fatto.

Dylan mi guarda titubante. Non riesco a capire cosa stia pensando adesso e questo mi manda ancora di più in confusione.

"Come sto? Vediamo.. Sono giorni che provo a mettermi in contatto con te. Ti ho mandato messaggi, ti ho chiamato, ho chiesto di te a Tyler, Giusy e Ian e ho ricevuto sempre le stesse vaghe risposte. Secondo te, potrei mai stare bene?"

Resto quasi senza parole da questo sfogo e improvviso sarcasmo pungente, che non è decisamente da lui.
Ma non posso dargli torto.
Sono stata egoista, pensando solo a come mi sentissi io in questi giorni.
Dylan si accorge di aver alzato un po' troppo la voce e agita la testa contrariato, come per scusarsi.

Se solo potessi essere sincera con lui sul mio passato, tutto sarebbe più semplice.
Ma non posso più essere egoista.
E sarebbe da egoisti caricarlo di un tale peso.

"Mi dispiace io .. avevo bisogno di stare un po' da sola" dico abbassando lo sguardo.
Per Dylan è così facile leggermi dentro e non posso permettere che lo faccia anche adesso.

Dylan si sporge verso di me, avvicinandosi. Le sue mani stringono dolcemente le mie e non posso fare a meno di pensare a quanto mi sia mancato quel contatto.
A quanto mi sia mancato lui.

"Miriam per favore sii sincera.. cosa non mi stai dicendo?"

"Dylan... ti prego.. " spero che possa capire come mi sento al momento. Che non posso dirgli di più.

"Lo capisci che sono preoccupato per te?"

Mi guarda per un po', aspettandosi che continui ma dopo qualche attimo, capisce che non avrebbe ottenuto altro.

Si volta dandomi le spalle. Avverto la sua frustrazione e lo capisco.
Io impazzirei se lui stesse male e non potessi fare niente per aiutarlo.

"Quindi ho passato giorni d'inferno pensando che tu mi credessi uno stronzo. Ho quasi perso il lavoro per non aver rispettato una scadenza perché avevo la mente costantemente in subbuglio. E ora mi dici che avevi bisogno di tempo.. "

Dalle sue parole e dal suo tono, sembra quasi che voglia prendersela più con sé stesso che con me.

"Sono proprio uno stupido"

Non posso accettare che si torturi così. Gli tocco la spalla chiedendogli di girarsi ma resta fermo nella sua posizione.
Così mi sposto mettendomi davanti a lui.

I suoi occhi, che ricordavo così vivaci e profondi, ora sono vuoti e tristi.

"Dylan perché dici così?"

"Perché io avevo bisogno di te Miriam. E tu non c'eri"
Sta cercando di trattenere le lacrime ma la sua voce spezzata tradisce il suo stato d'animo.

"Che vuoi dire? Cosa è successo? "
Il suo silenzio a questa domanda mi allarma.
Solo in quel momento, osservandolo meglio, noto un leggero livido sotto l'orecchio al lato destro della mandibola.

"O mio dio Dylan.. cosa è successo?" gli chiedo toccandogli il viso in quel preciso punto.

Nel momento in cui sfioro quel punto, il suo viso si contorce in una smorfia di dolore.
Riesco a vederla solo per un secondo perché, subito dopo, Dylan si gira dandomi nuovamente le spalle.

Odio vederlo così. E detesto non sapere cosa gli sia successo.
Magari è proprio come si sente lui in questo momento.

"Dylan ti prego.. parlami"

"Miriam lasciami solo.. per favore"

Mi cade il mondo addosso a queste parole.
Tuttavia sento di meritarlo quindi non mi oppongo.
Me ne vado senza dire altro.

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