Verità

POV  DYLAN

Dopo aver visto Miriam, sono tornato subito a casa.
Non posso prolungare oltre questa situazione.

Non posso più rimandare: devo affrontare mio fratello
E devo farlo anche per il bene di Cecilia.

Sono le 23.00 e sto aspettando Daniel, seduto davanti alla penisola in cucina.
Da quando Cecilia è da Jenny, si sta dando alla pazza gioia.
Torna quasi all'alba ogni volta. Per questo ho deciso di chiamarlo stasera per dirgli di tornare prima.

Mezz'ora dopo, un rumore alla porta mi allerta. Non mi meraviglio di ciò che vedo quando mio fratello arriva, spalancando la porta che sbatte con un tonfo alla parete.

"Ma guarda..  il fratello modello" mi dice mentre sbatte la porta alle sue spalle.
Barcolla verso le scale ma lo afferro per un braccio bloccandolo.
Il suo alito puzza di alcool, anche se in una maniera più lieve del solito.
È già qualcosa.

"Daniel adesso basta. Non possiamo continuare in questo modo"

Fissa la mia mano stretta attorno al suo braccio per poi rivolgermi uno sguardo di sfida.
Non è così ubriaco come vuole far credere e la cosa mi tranquillizza: almeno potremmo cercare di parlare in un modo normale.

"Lasciami immediatamente"
Scandisce lentamente ogni singola sillaba cercando di intimidirmi ma non riesce nel suo intento.

"Ti rendi conto di cosa stiamo diventando? Non ci parliamo più.  Cecilia è a casa di...."

" Hai anche tu le tue colpe fratello. Almeno da Jenny non sentirà urla in testa tutto il giorno"
I suoi occhi sono sgranati, pieni di odio e rancore. Si libera dalla mia presa con un gesto secco.

È il momento di mettere fine a tutto questo.
"Senti te l'ho già detto ... mi dispiace per Elena. Io non sapevo che tu fossi innamorato di lei"

Daniel mi guarda come se fossi un alieno, poi scuote la testa contrariato.
"Non me ne frega un cazzo delle tue scuse"

Si volta nuovamente avviandosi verso le scale ma si blocca appena inizio a parlare alle sue spalle.

"Cosa dovrei fare allora? Daniel ti prego... se non vuoi farlo per me, fallo almeno per Cecilia. Lei ha bisogno di noi"

Non si muove.
Resta bloccato davanti a me, senza voltarsi.

"Domani mattina andrò a riprendere Cecilia da Jenny. Non voglio che assista mai più alla scena dell'ultima volta"

La sua risata derisoria riempie il silenzio della stanza e riesce a farmi irritare ancora di più del suo silenzio.
"È questo il tuo problema? Cecilia?"

Scende le scale e cammina lentamente verso di me.
La sua espressione compiaciuta e provocatoria mi irrita e devo fare appello a tutta la mia forza di volontà per non perdere il controllo.

"Cosa vuoi dire?"
Il mio tono è così calmo che quasi mi stupisco di me stesso.
Ormai la tensione in questa stanza è ben evidente.

"Hai paura che la tua cara nipotina possa smettere di vederti come lo zio perfetto, come il suo eroe.. Non è così?"

Mi fa schifo il modo in cui ha parlato di lei.
So che è solo un suo tentativo di provocarmi.
Anche se ancora non ne capisco il motivo.

"Ma qual è il tuo problema Daniel? Perché ti comporti così?"

Mi guarda a lungo senza parlare, incerto su cosa dire. Sembra combattuto e il fatto di non sapere il motivo di questa sua lotta interiore mi fa sentire improvvisamente in colpa.

"Lascia stare"
Si volta e cerca di andare via ma non posso permetterlo.
Non adesso che sto creando una comunicazione tra noi.

"Non lascio stare niente. Sei mio fratello, parla con me"

Allungo una mano per toccargli la spalla ma prima che possa farlo, si gira di scatto e mi afferra per la maglia.

Mi scaraventa contro il muro, bloccandomi le gambe con le sue ginocchia.

Non cerco di liberarmi dalla sua presa. Questa mossa mi ha sorpreso e non so come potrebbe reagire.
Inoltre, voglio vedere fino a che punto riesce a spingersi.

"Ti ricordi adesso di essere mio fratello? Te lo ricordi adesso Dylan?"

Mi grida contro queste parole che mi feriscono più di quanto potessi pensare.

"Daniel.. Cosa.. "

"Sta zitto "

Improvvisamente, qualcosa cambia nel suo sguardo.
Prima i suoi occhi erano pieno di odio e rancore. Adesso comunicano tristezza e frustrazione.

È sul punto di piangere. Sta crollando davanti a me, per la prima volta da quando ne ho memoria.

Si sta sforzando di non farlo, lo so.

"Daniel ascoltami.. tu sei mio fratello e questo non cambierà. Dimmi cosa succede"

Non conoscevo questa parte fragile di mio fratello.
Solo In questo momento mi accorgo che forse, il motivo della nostra lontananza non è Elena.
O meglio, non è stato solo a causa sua.

"Dovevo esserci io" sussurra tra sè e sè guardando a terra, perso nel vuoto.

Le sue mani allentano la presa sulla mia maglia.

"Cosa vuoi dire? Dovevi essere dove?"

"Con Annika. Dovevo esserci io quel giorno che è stata male. Dovevo portarla io in ospedale. Io dovevo..."

I singhiozzi gli impediscono di continuare.
Resto pietrificato da questa dichiarazione.

Da quando Annika è morta, non abbiamo più parlato di lei.
All'inizio era troppo doloroso e dopo... beh semplicemente la nostra lontananza non ce lo permetteva.

"Daniel .. Annika non era da sola. C'ero io con lei.."

I ricordi di quel giorno si fanno strada nella mia mente per l'ennesima volta.
Quel giorno che ha cambiato per sempre la mia vita. Quella di Cecilia.
E di mio fratello.

"Tu non capisci Dylan. Dovevo esserci io. Io ero il suo gemello e io sono il fratello maggiore. E non ho potuto nemmeno dirle addio..."

Come ho potuto essere cieco per tutto questo tempo?
Come ho fatto a non capire?

Quando scoprimmo della malattia di Annika, Daniel si trovava in Canada, per uno stage di lavoro.

Decisi di non dirgli della gravità della situazione via telefono ma comunque gli chiesi di tornare il prima possibile.
Non volevo allarmarlo.
Quando portai Annika in ospedale dopo che era svenuta, era stabile. I dottori ci dissero che avrebbero dovuto fare altri esami.

Purtroppo al suo ritorno, dopo una settimana, Annika non ce l'aveva fatta.
E non ho mai pensato a come potesse sentirsi lui.

Il dolore mi accecò. E la mia sola ancora di salvezza fu Cecilia.
Ma mio fratello?

"Daniel.. Io..."

"No. Non dire niente fratello"
In un secondo è tornato il solito Daniel: impenetrabile, neutrale.

Cerca di andarsene ma lo blocco nuovamente.

"Invece si.. Io... Daniel mi dispiace"

Non riesco a formulare niente di meglio e questo mi fa sentire stupido come mai prima d'ora.

"Daniel io voglio sistemare le cose tra di noi"

Il suo braccio si irrigidisce sotto la mia mano prende stringe le dita in un pugno.
Non mi lascio intimidire.
Si sta aprendo per la prima volta da quando lo conosco e non mi lascerò sfuggire quest'occasione.

Lo costringo a guardarmi mettendomi di fronte a lui.

Vedere mio fratello in questo stato mi provoca un senso di angoscia che non credevo possibile.

"Dylan tu mi hai tolto l'occasione di essere felice con Elena. Mi hai nascosto le reali condizioni di mia sorella. E per colpa tua non ho potuto dirle addio. Le cose tra di noi non si possono sistemare "

Un acuto dolore si espande dentro di me come se mi avessero colpito.
Non mi sono reso conto del suo dolore fino a quando non mi ha detto la verità.
La sua verità.

"Daniel io non ti ho detto delle reali condizioni di Annika perché .. tu eri lontano. Lei si è aggravata mentre eri in viaggio e..."

"Basta"
Daniel sventola una mano in aria per bloccare il mio discorso, stringendo gli occhi in una fessura.
"Non voglio più sentirti"

Mi supera con poco riguardo e si dirige verso la scalinata.
E stavolta non lo fermo.

"Voglio solo dirti un'ultima cosa"

Si blocca senza voltarsi e mi sta bene.
Mi basta la sua attenzione in questo momento perché non riuscirei a guardarlo negli occhi.

"Domani mattina vado da Jenny. Cecilia deve tornare dalla sua famiglia.. e.. spero davvero che le cose potranno sistemarsi"

Nessuna risposta.
Continua a salire le scale fino a che scompare nella sua camera, sbattendo la porta alle sue spalle.



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