5. Cogli l'occasione

Ecco cosa vuol dire, per me, partire con il piede sbagliato: un'intera giornata di lavoro da affrontare e il pranzo, che avevo preparato ieri sera, dimenticato a casa e abbandonato sul tavolo.
Perfetto.

Non mi sono nemmeno resa conto di aver lavorato alla relazione per 4 ore fino al momento in cui Giusy non è venuta nel mio laboratorio.
Mi ha avvisato che avrebbe trascorso la pausa pranzo nella tavola calda dall'altro lato della strada. A quanto pare, è stata sbadata quanto me stamattina e ha dimenticato addirittura di preparare il pranzo.

Cosi, dopo aver consegnato la relazione al mio capo, la raggiungo.
Quando entro nella tavola calda, tanto familiare quando accogliente, mi accorgo della presenza dei miei amici al nostro solito tavolo.

Soavi profumi delle più svariate pietanze mi invadono, facendo brontolare ulteriormente il mio stomaco, mentre li raggiungo.

"Eccomi"
Mi siedo accanto a Giusy che, vedendomi finalmente accanto a sè, alza gli occhi al cielo sollevata.

"Finalmente... sono venti minuti che aspettiamo. Ho fame"
Senza attendere una spiegazione da parte mia, inizia a gustare il suo piatto di pasta.

Ian abbassa lo sguardo soffocando una risatina, tagliando una fetta di pane.

"Si scusate, dovevo ricontrollare la relazione prima di consegnarla"
Chiamo il cameriere con un cenno e ordino il piatto del giorno: pasta con panna e tonno e contorno di piselli. Niente male.

"Prendi il lavoro troppo seriamente" mi rimprovera Ian mentre è intento a masticare la sua fetta di pane che ha ricoperto con del burro.
"Dovresti rilassarti un po'. Hai l'aria stanca "

In effetti stanotte non ho chiuso occhio. Ogni volta che provavo a dormire, tutti i miei demoni prendevano nuovamente vita dentro la mia testa e mi soffocavano.
I miei incubi mi stanno tormentando ancora e non c'è modo, per me, di sentirmi meglio.
Mi sono svegliata nel bel mezzo della notte gridando ed è stato un miracolo che Giusy non mi abbia sentita dalla stanza accanto.
Riesco a reprimere quest'opprimente sensazione di vuoto e di angoscia solo concentrandomi sul lavoro.
È un'illusione, lo so. Non sto agendo sull'origine del problema.
Ma, per adesso, non ho altro a cui aggrapparmi.

"Sto bene" mento tentando di imitare un tono il più calmo e sincero possibile. E per fortuna, i miei amici non sembrano accorgersene.

"E ora, un po' di gossip spicciolo" si intromette Ian, intenzionato a cambiare argomento.
"Avete saputo che Mark si è licenziato?"
Giusy per poco non soffoca con l'acqua che stava bevendo e sgrana gli occhi, incredula.
"Cosa? Perché? "

Ian si stringe nelle spalle e quasi si sdraia mettendo i piedi sulla sedia libera alla sua sinistra, come se stesse piacevolmente conversando davanti a un bar.
"A quanto pare ha ricevuto un'offerta di lavoro molto allettante e ci ha lasciato senza pensarci due volte"

"Beh se è così ha fatto bene. Deve pur pensare alla sua carriera e alla sua famiglia" gli rispondo indifferente e addento una prima forchettata di pasta, appena portata dal cameriere in una nuvola di vapore.

Ian annuisce continuando a mangiare ma Giusy mi rivolge uno sguardo triste, mettendo il broncio.

"Si è vero.. però lo trovavo molto simpatico"

La vista della mia amica imbronciata come una bambina con le trecce a cui è appena caduto il gelato mi fa sorridere.
"Ehm Punto primo: sei fidanzata" le faccio notare.

"E punto secondo: lui è sposato" la provoca Ian sporgendosi sul tavolo in modo da fissare Giusy nel modo più severo e giudicatorio di cui è capace.

"Siete due imbecilli" replica la mia migliore amica che, non trovando niente di meglio a portata di mano, ci lancia addosso dei tovaglioli.
Gesto che fa precipitare la situazione nel ridicolo.
Scoppiamo a ridere rumorosamente, guadagnandoci diverse occhiatacce da parte degli altri clienti della tavola calda, ovviamente infastiditi.



"Cosa devi fare nel pomeriggio?" Mi chiede Giusy mentre ritorniamo in laboratorio, approfittandone per una breve passeggiata.

"Ho terminato le analisi dei prelievi ieri sera quindi darò una mano ad Ambra a compilare i moduli dei risultati"

"Oddio.. ti troverò ancora viva stasera? " si intromette Ian improvvisando un tono preoccupato e, gesticolando teatralmente, si porta una mano al petto per esprimere il suo finto dispiacere.

"Beh se così non dovesse essere, sono felice di averti conosciuto" gli dico cingendogli le spalle con un braccio e lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.
Sento i suoi muscoli distendersi in un sorriso e mi rassereno, anche se per poco.


Questi ultimi giorni sono stati davvero devastanti.
Mia madre è stata insistente più del solito nel volere che tornassi a York per le vacanze natalizie.
D'altronde manca ancora un mese per pensarci.
Questa è stata la mia risposta.
"Ma potrai chiarire le cose con tuo fratello .. io e tuo padre ci teniamo tanto" mi ha detto, quasi tra le lacrime.
Ma lei non può capire.
Non sa quanto io desideri riabbracciare lei e mio padre.
Ma la verità è che non voglio rischiare di incontrare Clark.. e mio fratello. Non voglio incontrare colui che mi ha voltato le spalle quando ne avevo più bisogno.

"Miriam allora? Ti metti a lavorare o cosa?"
Ambra mi passa più volte la mano davanti agli occhi riportandomi bruscamente alla realtà.

"Si scusami.. ero solo sovrappensiero "
Mi ricompongo immediatamente, riprendendo il lavoro da dove lo avevo interrotto.
"Beh sei qui per lavorare e non per pensare. Lascia a casa i tuoi problemi" mi rimprovera acidamente. Si volta facendo ondeggiare con troppa foga i suoi lunghi capelli biondi, e recupera il timbro del laboratorio Agnes dal cassetto.

Accidenti Ambra, il tuo tatto e la tua gentilezza mi commuovono sempre.

Non replico nulla, anche perché non sono dell'umore per iniziare una lite.
Sono appena le 16.00 quando terminiamo la prima parte del nostro lavoro e decidiamo di concederci una breve pausa.

"Vado a prendere un caffè. A dopo" mi avvisa Ambra e si dilegua in pochi secondi.
Finalmente resto da sola.
Inizio ad armeggiare con il telefono quando mi ritorna in mente il licenziamento di Mark e, come in un improvviso lampo di genio, non posso fare a meno di pensare a una cosa.

Esco dalla stanza correndo verso il laboratorio di Ian.
La porta è aperta quindi entro senza troppi convenevoli.

"Ian"
Il mio migliore amico distoglie li sguardo da un foglio di carta su cui stava scrivendo e mi rivolge uno dei suoi migliori sorrisi.

"Ah finalmente.. mi stavo appunto chiedendo se fossi ancora viva"

Non do molto peso alle sue provocazioni: c'è qualcosa che al momento mi interessa di più e, anche se difficile, evito in tutti i modi di chiedermi il motivo di tanta premura.

"Puoi dirmi cosa sai del posto lasciato da Mark?"

Ian mi guarda con un'aria interrogativa e mi studia per alcuni secondi prima di rispondermi.

"Beh so che il direttore ha pubblicato un annuncio: cerca un nuovo amministratore e spera di trovarlo entro pochi giorni. Altrimenti dovrà chiudere temporaneamente il laboratorio"

Non so perchè lo sto facendo. Non dovrei espormi così tanto ma ormai non posso tirarmi indietro.

"Ok.. e se quell'amministratore fosse Dylan?"

Ian sgrana gli occhi e resta immobile di fronte a me.
"Aspetta cosa?"

Ecco. Lo sapevo. Accidenti a me.

"Pensaci.. è laureato e vuole fare questo lavoro. Il suo impiego nel negozio di elettronica è temporaneo e inoltre con questo nuovo lavoro potrà mantenere facilmente Cecilia"

Ian sembra sorpreso nel sentire le mie parole. Ma qualcosa nel suo sguardo mi fa capire che sta fingendo di esserlo.

"Sisi certo. Tutto ha perfettamente senso ma c'è una cosa che mi sfugge"

Si avvicina a me tenendo lo sguardo fisso nei miei occhi.

"Perché ti preoccupi così per lui?"

Il suo tono di voce e la sua espressione sembrano dirmi di conoscere già la risposta. Vuole solo una conferma di ciò che lui già pensa.

"Ma che dici Ian? Sto solo facendo un favore a un amico"
Cerco di andare via ma mi blocca il polso costringendomi a girarmi.

"Siete diventati amici ora, e da..?"
La sua voce allegra e insinuatoria si spezza quando nota la mia espressione terrorizzata sul polso che mi sta stringendo.

"Ti ho detto che non c'è niente tra me e lui"
Clark continua a camminare a passo svelto davanti a me, non prestando attenzione alle mie suppliche.
"Ah si .. allora perché eri al bar con lui?"
Le sue urla attirano l'attenzione di vari passanti che si voltano verso la nostra direzione.
"Lavoriamo insieme lo sai.. eravamo in pausa pranzo"
Le mie parole non sembrano provocargli alcuna reazione, come se non mi avesse ascoltata.
I suoi occhi, quelli di cui mi ero innamorata, ora sono granati e pieni di rabbia e impulsi.
È sempre stato geloso ma non era mai arrivato a farmi una scenata in pubblico e davanti a un mio collega.
"Non mi credi?"
"No" mi dice semplicemente, continuando a camminare.
"Io ti ho creduto quando mi hai detto che tra te e Marta non c'era stato nulla"
Clark si blocca e si gira furiosamente verso di me.
"Ancora con questa storia?"
Mi prende il braccio stringendolo così forte da farmi urlare per il dolore e per la sorpresa. Mi volto in cerca di aiuto ma nessuno mi vede.
Nessuno mi aiuta.

Ian mi lascia immediatamente il polso facendo un passo indietro.
"M-Miriam... stavo scherzando scusami, non ci ho pensato. Tutto bene?"

Annuisco e mi sorprendo per la facilità con cui il passato viene sempre a galla.
In ogni situazione. Non importa cosa io faccia.
Mi sforzo di cancellare quei ricordi perché l'ultima cosa che voglio fare adesso è parlarne.

"Non farmi preoccupare, parlami.. io voglio solo che tu parli con me. Insomma, lo sai.. desidero solo che tu sia felice"
Ian mi accarezza il viso e finalmente riesco a calmare i battiti accelerati del mio cuore.

"Lo so.. Ma davvero mi sembra solo una buona opportunità per un amico. Solo che.. devo chiederti un favore"

"Dimmi"

"Potresti chiamarlo tu?"

Dalla sua espressione so che si aspettava questa mia richiesta ma comunque mi fa quella domanda.
"Perché?"

"Non vorrei che interpretasse male la mia preoccupazione.. come hai fatto tu"
Una parte di me sa benissimo che questa non è la verità. Ma l'altra parte cerca di autoconvincersi del contrario. In questi giorni mi sono ritrovata spesso a pensare a Dylan e non posso lasciare che diventi importante per me.
Non posso farmi coinvolgere di nuovo.

"Si.. va bene. Lo chiamo io"
Annuisco, riprendendo finalmente fiato. Lo ringrazio e torno al mio lavoro con Ambra.





"Ok .. nonostante la tua assurda lentezza abbiamo finito" mi dice Ambra sigillando l'ultima busta e apponendo il timbro del laboratorio Agnes.

"Molto gentile, complimenti " le rispondo a tono, stanca dei suoi insulti non tanto velati.
"Ma figurati tesoro.. e poi devo dire che stava per scoppiarmi la testa con tutti i tuoi discorsi"

Ci manca solo lei e le sue inutili provocazioni.

"Ma la smetti per un attimo di sputare veleno ?"
La sua espressione provocatoria e altezzosa non scompare. Anzi sembra godere della mia perdita di controllo. Ho sempre avuto una forte repulsione verso questo tipo di persona: altezzosa, frivola, egoista.

Stavo quasi per tirarle quei suoi capelli biondi tinti quando sento un colpo.

Mi volto in direzione della porta mentre Ambra si è già avventata su di essa per aprirla.

"Ciao.. cosa posso fare per te?" chiede toccandosi i capelli e arricciando una ciocca attorno a un dito.
Il suo tono da civetta non potrebbe essere più irritante di così.

"Ciao.. sto cercando Miriam. Ian mi ha detto che l'avrei trovata qui."

La sua voce.
L'ho sentita poche volte ma sono sicura che potrei riconoscerla tra mille. È forte ma calorosa allo stesso tempo, quasi suadente.

Ambra non dice nulla ma la delusione la circonda e si legge chiaramente sul suo volto. Si limita a spostarsi dall'entrata rilevando la figura di Dylan e di Cecilia.

"Miriam" urla la piccola correndo verso di me. Mi siedo a terra per trovarmi alla sua altezza e la accolgo tra le mie braccia.
Ho sempre amato i bambini. Sono ciò che di più bello e innocente c'è a questo mondo.

Dylan entra nella stanza lasciando Ambra alle sue spalle, che lo fissa incredula e amareggiata dal suo atteggiamento. Non credo che siano molti gli uomini capaci di ignorarla.

"Ci rivediamo" mi dice sorridendomi e in quel momento tutto dentro di me torna sereno.
Dylan ha un forte potere su di me. Me ne sono resa conto dal nostro primo incontro. Ed è una cosa che mi spaventa.

"Ciao.. come mai qui?" gli rispondo prima di ricambiare il suo sorriso.
Cecilia intanto, dopo essersi guardata intorno, cerca di arrampicarsi su uno sgabello più alto di lei.
Dylan arriva subito in suo soccorso. La prende in braccio e la poggia dolcemente sullo sgabello come se lei fosse una piuma. I suoi muscoli tesi sono ben visibili anche sotto la maglietta e i suoi jeans scuri slanciano la sua magra e alta figura. Sembra che sia davvero in forma.

"Mi ha chiamato Ian. Mi fa informato che c'è un posto vacante come amministratore "
"Sei qui per il posto allora" dice Ambra, intromettendosi come sempre in discorsi che non la riguardano.

Mi ero quasi dimenticata di lei.
Quasi.

Dylan si gira in imbarazzo e capisco che anche lui si era completamente dimenticato della ragazza che gli aveva aperto la porta.

"Ehm si.. sono venuto per il colloquio"
"E come è andata?" gli chiede Ambra, guardandolo in modo troppo ammiccante e intenso per i miei gusti.
Diciamo che se il suo intento fosse stato nascondere l'interesse verso Dylan non ci sarebbe minimamente riuscita.

Una sensazione strana si fa largo dentro di me mentre osservo Ambra e Dylan, bloccandomi il respiro.

Lui torna per un attimo a rivolgere il suo sguardo verso di me ma poi si concentra nuovamente su Ambra.

"È andato bene. Ma non sono ancora stato assunto. "

"Come mai?" gli chiedo prima che quell'arpia possa aggiungere altro.
Se lo sta praticamente mangiando con gli occhi.
Come se non avesse mai visto un bel ragazzo.

"Sono stato selezionato insieme ad altri due ragazzi per una prova pratica. Al termine di una settimana il direttore deciderà chi assumere"

Una punta di preoccupazione traspare dal suo sguardo.

Cecilia, che finora dall'alto del suo sgabello si era limitata ad osservare la scena, mi scuote il braccio attirando la mia attenzione.
"Mio zio è troppo bravo Miriam.. diglielo anche tu che ce la farà "

"Ma certo piccola .. tuo zio è troppo in gamba per non farcela"
Mi rendo conto troppo tardi di aver pronunciato quelle parole ad alta voce e di non averle semplicemente pensate.
L'imbarazzo mi investe ma poi mi accorgo che il volto di Dylan si rilassa, regalandomi uno dei suoi migliori sorrisi. I suoi occhi fissi su di me mi rendono indifesa, senza alcuna forza di resistenza.

"Allora amico come è andata?"
Ian entra con la sua solita eleganza e calma all'interno del laboratorio, facendomi sobbalzare per lo spavento. In effetti c'era troppa pace prima che lui arrivasse.

Dylan soffoca una risatina divertita.
"Bene .. sono in prova per una settimana"

"Lo sapevo! Sono felice per te " continua Ian mentre, silenziosamente passa a Cecilia un pezzo di cioccolato.
La piccola lo guarda timorosa prima di prendere la tavoletta per poi dargli un leggero bacio sulla guancia quando Ian si sporge verso di lei.

"Ma non sono stato assunto" puntualizza Dylan con una leggera nota di apprensione nella sua voce.

"Dylan amico mio.. Sei a metà dell'opera. Vedrai che andrà bene" dice Ian dandogli una pacca di incoraggiamento sulla spalla.

"Allora sei pronta?" Mi chiede il mio migliore amico che, senza attendere risposta, recupera la mia borsa dall'appendiabiti e me la passa.

"Ora si" gli rispondo, prendendo a mia volta la giacca.

"Pronta per cosa?" domanda Ambra che, ovviamente, non può farsi i fatti suoi. Mi chiedo perché sia ancora qui.

Dylan intanto, non ha smesso per un attimo di osservare me e Ian. Sento il suo sguardo su di me e questo mi imbarazza, mi fa sentire come se fossi sotto giudizio.

"C'è un locale nuovo che io e Ian vorremmo provare in centro" le rispondo lasciandole un'occhiata.

"Potresti venire con noi" propone Ian rivolgendosi a Dylan.
"Se ti va ovviamente "

Ambra si avvicina pericolosamente a lui.
"È una buona idea... avremmo modo di conoscerci meglio. D'altra parte potremmo diventare colleghi"

Ma quando è stata invitata? Non sopporta di stare nella stessa stanza con me e Ian per più di due minuti, se non per lavoro, e ora intende trascorrere un'intera serata con noi?

Dylan sorride imbarazzato, passandosi una mano tra i suoi capelli scuri per poi rivolgere la sua attenzione a Cecilia e sedersi a terra di fronte a lei.
"Ti va se usciamo con loro stasera?" le sussurra.
Il volto della piccola si illumina.
"Si zio .. per me è okay" risponde con la sua dolce vocina infantile mostrando il pollice all'insù.

"Allora saremo dei vostri"
Dylan prende la piccola in braccio e ci avviamo così verso la porta.

L'idea di passare una serata con il mio migliore amico, la mia peggior nemica e Dylan mi fa sentire al centro di un vortice di emozioni contrastanti.

E questo mi rende difficile stabilire come mi sento in realtà.

Ma sopratutto non mi fa capire cosa dovrei aspettarmi da questa serata.

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