4. Chiarimenti

Incredibile quando più ti sforzi a evitare un pensiero più questo ti si insinua nella mente, impedendoti di fare altro.
Mi distendo sul letto cercando, senza successo, di concentrarmi sulla relazione che dovrei stilare.
Nulla da fare.

Giro e rigiro i fogli tenuti insieme da una graffetta sull'angolo in alto, senza prestare reale attenzione a ciò che sto facendo e, ancora di meno, a ciò che dovrei fare.

Sono passati ormai 3 giorni da quella assurda sera da Monet.
Quando sono rientrata nel locale insieme a Dylan, Cecilia è corsa felice tra le braccia di suo zio e io mi sono seduta silenziosamente al mio posto.
Giusy e Tyler non si erano resi conto che qualcosa non andasse e hanno continuato a ridere a scherzare.

Ma io non riuscivo più a rilassarmi e a godermi la serata. Mi sentivo in colpa per essermi intromessa.
Osservavo Dylan. E il suo volto era teso, il suo sguardo perso e pensieroso. Più volte sembrava non stesse con noi e che la sua mente lo portasse altrove, in un altro luogo.
Per tutta la serata mi sono chiesta il motivo di quel velo di tristezza che leggevo nei suoi occhi e che si dissolveva solo quando Cecilia si girava a guardarlo e gli sorrideva.

Un leggero colpo alla porta mi distoglie dai miei pensieri. Lascio i fogli sul cuscino, sollevata dalla possibilità di prendermi una pausa.  Non che la meritassi, data la mia totale improduttività da quando mi sono svegliata.

Esco dalla mia stanza e percorro velocemente il corridoio. Di sicuro Giusy avrà dimenticato qualcosa prima di andare al lavoro.

Ma resto pietrificata quando non mi trovo davanti alla mia migliore amica.
"Ciao"
Dylan mi saluta timidamente quando apro la porta.
I suoi grandi occhi marroni passano in rassegna la stanza dietro di me per poi incontrare i miei. Sembra a disagio.

"Ciao"
Cerco di mostrarmi accogliente ma il mio tono di voce rivela il mio stupore.

"Scusa io... sono passato in laboratorio ma Ian mi ha detto che avevi preso un giorno libero"

Perché mai avrebbe dovuto cercarmi ?
La sensazione di smarrimento che ho provato quando l'ho visto da Monet, ritorna prorompente.

"S-si.. devo lavorare a una relazione"
Vedo Dylan abbassare lo sguardo, evidentemente imbarazzato per la sua improvvisata.
"Scusami.. non volevo interrompere il tuo lavoro. Magari torno un'altra volta"
Infila le mani nelle tasche dei jeans e si volta, deciso ad andarsene.
Prima che possa rendermene conto, esco davanti al pianerottolo e lo chiamo.

"No Dylan aspetta"
Lui si gira verso di me: il suo sguardo speranzoso mi provoca un leggero brivido lungo la schiena, accentuato dal vento fresco della mattina.
"Come mai sei venuto?"
Resta immobile davanti alla porta,  con le mani in tasca e gli occhi fissi su di me.

"Ti va se.. facciamo un giro?"
Quando finalmente mi parla, mi accorgo di star trattenendo il respiro.
Annuisco e rientro in casa per prendere le chiavi e il telefono dal mobile, dopo di che chiudo la porta alle mie spalle.

Iniziamo a camminare lungo la strada del mio quartiere, quasi deserta. Non c'è molto movimento oggi, a parte una ragazza che ci è sfrecciata davanti facendo jogging e un bambino paffutello con uno yorkshire al guinzaglio.

Cerco di concentrarmi sul paesaggio e sui suoi più piccoli dettagli, che tra l'altro non avevo mai notato prima, per sopprimere la moltitudine di sentimenti contrastanti che sto provando in questo momento.

La curiosità per ciò che Dylan vuole dirmi mi sta divorando.
Il senso di colpa per avergli chiesto di sua sorella continua ad attanagliarmi.
Tuttavia, ogni volta che sono con lui provo una serenità per me rara.

Dopo pochi minuti passati per lo più in silenzio, arriviamo davanti a un parco circondato da varie panchine di legno.
Ci sediamo su una di esse, di fronte all'ingresso ancora chiuso da un catenaccio sul cancello.

"Cecilia come sta?" gli chiedo nel tentativo di sciogliere questo silenzio alquanto imbarazzante.
"Bene.. è a scuola"

Dylan sembra piuttosto nervoso. Si contorce le mani freneticamente mentre continua a guardare un punto indefinito davanti a lui.
Fino a quando alza la sguardo su di me.
"Volevo scusarmi..."

Lo guardo perplessa, incerta su cosa dire. Così non apro bocca e aspetto che sia lui a finire la frase.
".. per il mio comportamento da Monet. Sono stato brusco"

Brusco? Si sta scusando perché lui sarebbe stato brusco?
Dovrebbe essere il contrario. Dovrei essere io a scusarmi.
Sono io ad essere stata invadente con una persona che conosco appena. E non è un comportamento che mi appartiene.
"No Dylan.. non devi. Sono stata io indelicata a..."
"No davvero.. sei stata gentile con me. Ho apprezzato che ti sia preoccupata per noi"

"Si ma questo non mi dava il diritto di intromettermi"

Dylan si avvicina di più a me, spostandosi sulla panchina. Si gira leggermente in modo da avermi di fronte a lui.
Il suo ginocchio preme contro la mia gamba ma non credo che se ne sia reso conto. Mi sposto lentamente, messa a disagio da quel contatto.

"Il fatto è che mia sorella, la madre di Cecilia .. lei si chiamava Annika. È morta due anni fa. E il suo ricordo mi fa ancora male"

La sua voce è così bassa e addolorata da bloccarmi il respiro.
L'atmosfera è sospesa attorno a noi.
"Dylan mi dispiace io.. non immaginavo che..."

Si porta una mano alla bocca per bloccare un gemito, tentando di trattenere le lacrime.
La mia mano si posa spontaneamente sulla sua.

"Eravamo insieme quando si è sentita male. È svenuta davanti ai miei occhi, così all'improvviso...
L'ho portata in ospedale e lì abbiamo scoperto che..."
I suoi occhi sono offuscati dalle lacrime. Una di queste gli sfugge rigandogli la guancia ma Dylan si affretta ad asciugarla, come se si vergognasse a mostrarsi debole.
".. aveva la leucemia"

Il mio pensiero corre a Cecilia, una bambina così piccola privata troppo presto dell'affetto di sua madre.

"Per questo eri così preoccupato per Cecilia quando si è sentita male?"
Annuisce fissando il suolo, con lo sguardo perso nei ricordi.
Ora capisco il motivo di tutta quell'agitazione che, ingenuamente, mi era parsa alquanto immotivata.

"Cecilia è l'unica cosa che mi resta. Ha gli stessi occhi verdi di Annika... guardando lei rivedo mia sorella"
Il suo sguardo si sposta su di me ed è così triste e profondo che quasi non riesco a sostenerlo.

Le nostre mani restano strette l'una all'altra mentre continua a osservarmi con i suoi meravigliosi occhi scuri.
Mi sento le guance in fiamme mentre  cerco invano di trovare la forza per sottrarmi a quel contatto che è troppo per me.
Comincia tutto da un contatto. Era cominciata così anche per me, l'ultima volta..

"Mi dispiace davvero tanto Dylan.. deve essere stato terribile per voi.. per te "
Penso a cosa avrei fatto se mi fosse successa la stessa cosa. Sono anni che non parlo più con mio fratello ma mi tengo sempre aggiornata su di lui mediante i miei genitori.
Mi manca da morire ma so che sta bene. Se dovesse morire davanti ai miei occhi senza poter fare nulla, ne sarei devastata.

Dylan si asciuga nuovamente le lacrime sforzandosi di sorridere.
"Lo so che ti conosco da poco. E credimi, non mi era mai successo"
"Cosa?"
"Di sentirmi così bene con qualcuno dopo poco tempo da raccontargli la parte più dolorosa della mia vita"

Lo guardo per un lungo momento con sorpresa mentre il cuore inizia a battermi più forte nel petto. Lo capisco perchè è la stessa sensazione che ho provato dopo aver conosciuto Ian e Giusy.

"Ma tu mi fai uno strano effetto. Sento di potermi fidare di te"
Vorrei dirgli che per me è lo stesso, che anche io sto bene con lui come non mi capitava da tanto.
Ma qualcosa me lo impedisce. E so benissimo di cosa si tratta.

Dylan sembra leggermi nella mente: mi sorride e dice semplicemente:
"Grazie per avermi ascoltato" liberandomi dall'obbligo di dargli una risposta.

Mi sposta una ciocca di capelli uscita dalla coda alta dietro l'orecchio e le mie guance si infiammano all'istante.
Reprimo la tentazione di fare lo stesso, di toccare i suoi lunghi capelli morbidi e scuri.

"Di nulla.. Sono contenta che ti sia aperto con me"
Il suo sguardo ora si fa più limpido e rilassato mentre sorride.
Il suo volto si illumina, rasserenandomi.

Non so per quanto siamo rimasti così, a guardarci ma vengo distratta solo dal suono del mio telefono.
Lo prendo dalla tasca sul retro dei pantaloni e controllo il display.

Ian
Perfetto.. spero non mi metta in imbarazzo.

"Hey"
"Sono davanti casa tua tesoro dove sei?"
"Perché sei davanti casa mia?"

Dylan mi guarda sorpreso, chiedendomi silenziosamente chi fosse al telefono.
Metto una mano davanti al microfono e gli mimo Ian con le labbra.
Reprime un sorriso e sembra quasi rilassarsi.

"So che Giusy, dopo il lavoro, sta da Tyler. Ho staccato prima e ti porto a pranzo fuori. Non vorrei che non mangiassi nulla nemmeno oggi" mi dice dall'altra parte del telefono e sorrido, pensando a quanto io sia fortunata ad averlo nella mia vita.

"Miriam con chi sei?"

Ma come ha fatto a capire che non sono sola?
Forse ho aspettato troppo a rispondergli.

Guardo Dylan che, nel frattempo, si è alzato dalla panchina allontanandosi di qualche passo per lasciarmi un po' di privacy.
"Sei con l'angelo moro? Stamattina è venuto a cercarti" mi chiede con un tono fin troppo insinuatorio.
È sempre il solito.

Alzo lo sguardo verso Dylan che si gira nello stesso momento. Un raggio di sole gli illumina i capelli facendoli sembrare più chiari ed esalta la sua figura magra e slanciata.

"Ora ti raggiungo" gli dico chiudendo la chiamata, impedendogli così di dire altro.
Mi alzo dalla panchina e raggiungo Dylan. Lui non smette di guardarmi.

"Devo andare..  Ian mi sta aspettando"
Dylan annuisce, tenendo le mani in tasca.
"Va bene.. allora andiamo"
Inizia a camminare e si volta dopo pochi secondi, quando si accorge che non lo sto seguendo.

Andiamo?

"Ma no tranquillo.. non c'è bisogno che mi accompagni"
Il parco si trova a metà strada tra il mio quartiere e il suo. Gli basterebbe poco per tornare a casa e, se dovesse accompagnarmi, dovrebbe tornare indietro.

Dylan torna da me, accarezzandomi delicatamente la guancia.
"Mi sentirei più tranquillo se lo facessi"

Non replico nulla, anche perchè dentro di me speravo di passare più tempo con lui. Anche se pochi minuti.

Annuisco e ci incamminiamo verso casa, fianco a fianco.




Quando svoltiamo l'angolo e riesco a vedere casa mia a pochi metri di distanza, troviamo Ian seduto sugli scalini con aria annoiata.
Sbatte il piede più volte al suolo tenendo lo sguardo fisso sul telefono.

"Siamo arrivati" gli dico facendolo sobbalzare per lo spavento.
Era troppo concentrato a fare non so cosa sul suo telefono per accorgersi di noi.

Ma la sua paura si trasforma in sorpresa e poi in approvazione quando mi vede con Dylan.

"Tesoro la prossima volta puntuale altrimenti niente pranzo" mi rimprovera in modo teatrale come se stesse parlando con un bambino disobbediente.
Poi si avvicina a Dylan e gli stringe la mano.
"Hey amico .. tutto bene ?"
Dylan ricambia la stretta con fare deciso.
"Tutto perfetto" e si volta verso di me, facendomi arrossire.

Tanto per cambiare.
Ian, ti prego non fare battute stupide.

"Noi andiamo fuori a pranzo. Ti va di venire con noi?"

Ecco.
Ma come ti viene?

"Mi piacerebbe molto davvero.. Ma devo andare a prendere Cecilia a scuola. Magari un'altra volta..."
Sembra quasi dispiaciuto di non poter venire con noi.

Il suo volto si indurisce quando Ian si avvicina a me, cingendomi le spalle con un braccio.
"Guarda che ci conto " gli risponde, inconsapevole del suo cambiamento.

Sembra davvero che io sia l'unica ad accorgersene.

"Certo. Divertitevi"
Dylan mi guarda un'ultima volta, poi si volta e se ne va. Lo guardo fino al momento in cui svolta l'angolo.






"Allora Miriam.. che vuoi ordinare?"
È stata una vera sfida trovare un ristorante con dei posti liberi. Alla fine, dopo averne girati tre, abbiamo optato per un fast food.
Semplice, veloce ed economico.

"Patatine fritte con Ketchup e un panino con hamburger senza pomodori"
"Perfetto"
Ian si allontana facendosi spazio tra la folla per raggiungere il bancone mentre io cerco un tavolo libero.
Ne trovo uno in fondo alla sala e mi affretto a raggiungerlo, per evitare che mi venga preso da sotto il naso.

Dopo qualche minuto, Ian mi raggiunge con il nostro pranzo.
Non mi dà neanche il tempo di lasciare un primo morso al mio panino che avvia subito la conversazione che tanto desiderava cominciare.

"Come mai quel bocconcino ti voleva vedere?"
Lo guardo cercando di trasmettergli tutta la mia frustrazione per quella domanda. Ma so che questo non lo fermerà.

"Voleva.. solo chiarire un malinteso"
"Che malinteso?" mi chiede distrattamente mentre inizia a divorare le sue patatine, sommerse da ketchup e maionese.

"Beh.. Voleva scusarsi per il suo comportamento da Monet"

Avevo raccontato a Ian di quell'episodio. Quando ha saputo da Giusy che c'era anche Dylan quella sera,  mi ha sommersa di domande al lavoro.

"Solo questo?"
La sua espressione è a dir poco insoddisfatta ma decido di non raccontargli altro.
Non perché non mi fidi.
Ian è il mio migliore amico ma se gli dicessi dello sfogo di Dylan, mi sembrerebbe di tradire la sua fiducia.

"Si"
Inizio a mordere il mio panino, sperando che Ian cambi discorso.
Ma lo conosco fin troppo bene per sperare fino in fondo che lo faccia.

"Ti piace?"
"Si è buonissimo "
Alzo appena lo sguardo per accorgermi dell'espressione sdegnata sul volto del mio migliore amico.
"Non parlavo del panino"

Apro la bustina di Ketchup riversandola sulle patatine e ne metto qualcuna all'interno del panino.
"È un bel ragazzo "
"Lo vedo anche io.. Ma non ti ho chiesto questo"

Lascio cadere nervosamente il panino nel piatto, stanca dei suoi discorsi e delle sue insinuazioni.

"La vuoi finire con questa storia ?"
La sua espressione si fa seria.
"Devi andare avanti. Non puoi e non devi restare ancorata al passato "
"Lo dici come se fosse facile"

Mi accorgo dello sguardo di varie persone su di noi e mi rendo conto di aver alzato troppo la voce.

Ian, che prima sedeva di fronte a me, si alza per prendere posto sulla sedia  accanto alla mia.
Ascolta il mio silenzio per qualche secondo, dandomi il tempo di calmarmi.

"Lo so.. so che non è facile. Ucciderei Clark con le mie stesse mani per quello che ti ha fatto, se ne avessi la possibilità. Ma devi capire che non tutti i ragazzi sono come lui e devi tornare a fidarti di nuovo di qualcuno"

Mi sforzo di non guardarlo e mi mordo il labbro cercando di ricacciare indietro le lacrime.

Il passato.
Il passato mi tormenta.
E non so cosa posso fare per evitare che mi prenda totalmente nella sua nube nera.

"Lo so.. tu sei diverso dagli altri.. e io mi fido di te"
Lo sento sorridere mentre si avvicina a me per sussurrarmi qualcosa.
"Tesoro, se saresti "un lui" la cosa sarebbe fatta"
Mi ritrovo a sorridere, stavolta in maniera sincera, come solo lui riesce a farmi fare.

"Però Miriam.. io stavo parlando di Dylan" dice un attimo dopo, tornando serio.

"Lo so Ian.. Ma sai anche tu che starmi accanto è difficile"
Lo dico in un modo più tagliente e disperato di quanto avrei voluto.

"So che conquistare la tua fiducia, nonostante stessimo bene insieme, è stato difficile. Ma credimi, ne è valsa la pena"
Gli sorrido grata per le sue parole e per non aver rinunciato a me. Per aver insistito. È diventato un pilastro fondamentale nella mia vita.

Lo abbraccio forte, sentendomi al sicuro.
"Perché insisti tanto con Dylan?"

Ian scioglie l'abbraccio restando comunque a pochi centimetri da me.
"Perché ti ho vista felice con lui stamattina, anche se per poco.
E perché penso che lui possa essere la tua salvezza"

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