34. la vigilia di Natale
Pov Dylan
"Martin è tutto quello che posso dirti. Ho bisogno di una tua risposta.. per favore"
Stringo il telefono tra le mani come se ciò che il mio amico mi dirà ne valesse della mia vita.
In realtà, in un certo senso, è proprio così.
"Sta tranquillo Dylan.. ti richiamo più tardi" mi risponde chiudendo la chiamata.
Sono passati due giorni da quando siamo a New York.
Sono stati due giorni fantastici. Miriam si è rassenerata dal primo momento in cui abbiamo messo piede in questa città.
L'altro giorno siamo andati a pattinare o, per meglio dire, Miriam e gli altri hanno pattinato: io ci ho provato.
Cecilia non ha fatto altro che prendermi in giro per le mie continue cadute.
È stato bello e allo stesso tempo umiliante vedere mia nipote che si coalizzava con Miriam.
Si stavano entrambe piegando in due dalle risate quando sono caduto a faccia in giù sul ghiaccio, facendo voltare tutti verso la nostra direzione.
Sono stati due giorni fantastici. Ma lo sarebbero stati maggiormente e non fosse stato per il pensiero fisso di Clark che non ha abbandonato la mia mente nemmeno per un attimo.
Io e Miriam non abbiamo più affrontato quel discorso. Mi ripeto che ciò è dovuto al fatto che non voglia vederla soffrire.
Vorrei vederla sorridere sempre.
Come sorride quando Cecilia la abbraccia facendole vedere l'ennesimo disegno sul natale che ci raffigura.
Come sorride quando i nostri sguardi si incontrano nella stanza e abbassa il volto, arrossendo.
In realtà, ho paura che il motivo per cui non ho ancora affrontato l'argomento è un altro: la verità è che mi sento in colpa.
Mi sento in colpa per non averlo capito prima. Avrei dovuto capirlo dal primo momento in cui ho visto Clark e la paura impressa sul volto di Miriam, quel giorno in laboratorio.
Tuttavia, non intendo fare come gli altri. Come il fratello di Miriam, come Ian ...
Io non me ne starò in silenzio mentre quel bastardo cammina tranquillamente tra le strade di Londra.
"Zio Dylan zio Dylan.. guarda cosa mi ha comprato Miriam "
Sobbalzo quando Cecilia mi raggiunge come una furia, sventolandomi davanti agli occhi una bambola di pezza.
Non mi ero nemmeno accorto che fosse entrata nella stanza.
"Wow ma è bellissima.. dovrai averne molta cura"
Sorride soddisfatta e si getta sul divano per giocare con il suo nuovo regalo.
Dietro di lei, entra Miriam insieme agli altri con un sorriso smagliante.
"Babbo Natale è in anticipo quest'anno?" le chiedo indicando la bambola che ha regalato alla mia nipotina.
Lei mi guarda entusiasta. Ha una luce particolare negli occhi da quando siamo qui. Vorrei che potesse averla sempre.
"Non di molto. In fondo oggi è la vigilia" mi dice prendendomi la mano e facendomi alzare dalla sedia.
"Mi dispiace che tu non sia venuto. C'erano tantissime cose che avrei voluto vedere con te"
Le sue mani si intrecciano dolcemente dietro la mia nuca, dandomi una sensazione di pace immediata.
Tra le sue braccia mi sento sempre a casa.
"Si beh.. . Dovevo fare una chiamata importante. Per il lavoro"
Dopo aver sentito la parola lavoro, Miriam sembra accigliarsi ma per fortuna non indaga oltre.
Quella sera, decidiamo di andare a cena in un piccolo ristorante a Times Square. Resto senza parole quando vedo Miriam uscire dalla sua stanza: ha tenuto i capelli sciolti ma li ha arricciati sulle punte e indossa un vestito rosso, stretto in vita e largo sulla gonna.
"Sei uno spettacolo per gli occhi" le sussurro per evitare che altri mi sentano.
So che la metterei in imbarazzo.
"Grazie .. anche tu non sei male"
Quando arriviamo al ristorante, ci rendiamo conto che la nostra non deve essere stata esattamente una buona idea.
Dopo aver atteso per circa un'ora che si liberasse un tavolo, decidiamo di andare altrove.
Su richiesta di Cecilia, optiamo per una gelateria.
"Miriam non mangiare quelle crepes così velocemente o ti sentirai male" la rimprovera Giusy per poi riprendere a sorseggiare il suo milkshake.
"Ne sarà valsa la pena" risponde assaporando il cioccolato bianco che è fuoriuscito dalla crepes.
Sembra una bambina con le caramelle. La sua gioia mi travolge.
Non conoscevo ancora questo suo lato spensierato e spontaneo.
Quando mi squilla il cellulare in tasca, lo prendo immediatamente controllando il display. Per fortuna, nessuno si accorge della mia premura.
Così mi allontano per rispondere.
"Martin dammi buone notizie. Ti prego"
"Amico ho analizzato il tuo caso. In base alle informazioni che mi hai dato, credo di poterti aiutare ma avrò bisogno..."
"Lo so" gli dico interrompendolo "Lo so.. grazie mille Martin davvero. Mi farò risentire presto"
Chiudo la chiamata e mi volto verso il nostro tavolo. Miriam continua a sorridere. Non ha mai smesso e la paura di spegnere quel sorriso mi travolge di colpo.
Mi avvicino a lei, deciso a portare a termine ciò che ho iniziato.
"Miriam posso parlarti un attimo?"
Lei annuisce, assaporando un pezzo di cioccolato che Cecilia le aveva appena offerto e mi segue in un vicoletto lì vicino.
Inizio a muovermi nervosamente, cercando le parole giuste affinchè non mi fraintenda.
"Amore stai bene? Sembri preoccupato" mi dice notando la mia tensione.
La mia mente si annebbia, facendomi perdere qualsiasi capacità di pensiero. Così la attiro a me dolcemente, baciandola con passione. Mi spingo contro di lei, approfondendo quel contatto.
Tutta la disperazione e la rabbia che ho provato in questi giorni sale dentro di me con una disperazione che non credevo mi appartenesse. Mi aggrappo a lei che si lascia andare totalmente.
Le sue mani viaggiano tra i miei capelli e mi attirano ancora di più a sè mentre le faccio una silenziosa promessa: non permetterò mai a nessuno di farti del male. Ancora.
Quando ci separiamo, fronte contro fronte, il cuore mi fa male.
"Dylan.." sussurra dolcemente restando aggrappata alla mia felpa.
Le mie mani si intrecciano alle sue e mi danno tutta la forza di cui ho bisogno.
"Miriam io.. devo dirti una cosa. Ho chiamato un mio vecchio amico. Un avvocato" dico tutto d'un fiato.
Miriam mi guarda con gli occhi sgranati e si allontana immediatamente.
"Cosa vuoi dire?"
Dal suo sguardo, mi dice che ha già capito le mie intenzioni ma non vuole crederci. Mi sta dando la silenziosa possibilità di ritrattare.
"Miriam io non posso sopportare che quel bastardo continui a vivere indisturbato la sua vita dopo quello che ti ha fatto passare e che ti sta facendo passare ancora oggi"
"Cosa.. hai fatto?" ripete scandendo lentamente le parole.
"Il mio amico dice che potresti denunciarlo. La probabilità che venga realmente imputato è alta e poi devi considerare che..."
"Come hai potuto?" Urla improvvisamente girandosi e camminando verso la fine del vicolo.
Sembra che anche guardarmi, le faccia male in questo momento.
"Come hai potuto raccontare la mia vita a uno sconosciuto?"
"Miriam ti prego ascoltami. Io ti ho vista in questi giorni. Ho vissuto la tua felicità, la sua spensieratezza. E quando sei a Londra non sei cosi.. Non lo sei per colpa sua"
"È quindi ti sei sentito in diritto di spifferare tutto al primo avvocato che ti capita? È la mia vita Dylan non la tua. È la mia vita"
Continua ad urlare, ormai fuori di sè, con gli occhi inondati dalle lacrime. Sebbene non mi aspettassi una reazione diversa, non credevo che si arrabbiasse con tanta intensità. Credevo che avrebbe capito che il mio unico desiderio è la sua felicità.
"Ti sbagli. Tu sei la mia vita quindi tutto quello che riguarda te, riguarda anche me"
Le mie parole le scivolano addosso come sabbia tra le dita. Sembra che improvvisamente si sia disconnessa dal mondo, circondandosi di una più totale apatia.
"Miriam io ti amo" le sussurro, come se ciò potesse darle la forza per superare tutto.
Ma le mie speranze si frantumano ai miei piedi quando tutto ciò che ottengo è uno sguardo pieno di odio e rancore.
"Ho bisogno di stare un po' da sola"
Con queste parole va via. E mi lascia solo in quel vicolo, con il cuore a pezzi.
Non so per quanto tempo sono rimasto lì. Forse, inconsciamente, speravo solo che lei tornasse indietro.
Quando torno al nostro tavolo, tutti mi guardano come se fossi un alieno.
Ian sembra intuire qualcosa dalla mia espressione perché mi chiede immediatamente dove si trova Miriam.
Dopo avergli raccontato tutto, mi salta addosso come una furia.
"Ti avevo detto di darle tempo. Che diritto avevi di intrometterti?"
Nemmeno Tyler riesce a calmarlo e a portarlo via da me. Ci vuole anche l'intervento di mio fratello.
Non dico nulla. Sono arrivato al punto da dubitare delle mie stesse azioni.
Tutto ciò che volevo era che Miriam trovasse un po' di pace nella sua vita. E non può farlo, finché ne farà parte anche Clark.
"Daniel.. per favore, pensa a Cecilia " dico a mio fratello e, senza aggiungere altro, corro verso l'hotel.
Quando arrivo in camera chiamo Miriam e, non ricevendo alcuna risposta, la mia paura più grande inizia a trasformarsi il realtà.
"Miriam" urlo il suo nome, aprendo tutte le stanze della nostra suite.
Mi ha lasciato. Non può essere!
Quando torno in salotto, crollo sul divano con la testa tra le mani. Non riesco a credere a quello che è appena successo.
Mi accorgo di un pacchetto regalo sul tavolo, con il nome Dylan scritto con un pennarello sulla busta azzurra.
Infilata nel nastro, vi è una busta di carta. La apro, offuscato dalle lacrime, di tutta fretta.
"Non posso fare quello che mi chiedi. Tutto questo per me è troppo. Ho bisogno di tempo per riflettere. So che capirai"
Stringo la lettera tra le mani, aggrappandomi a quel foglio di carta come se potesse farla tornare indietro.
Come se potesse tornare da me.
Apro la busta regalo e tiro fuori ciò che è l'album che avevo regalato a Miriam quella sera in cui realizzamo l'album per Cecilia.
"Mi hai detto che prima adoravi disegnare, fare ritratti. Non so per quale motivo tu abbia smesso ma vorrei che riprendessi a seguire le tue passioni"
Erano state queste le mie parole di quella sera. Sorrido tra le lacrime ricordando la suo commozione di fronte a quel semplice regalo.
"Ti prometto che riprenderò a seguire le mie passioni" mi aveva risposto e, a quanto pare, l'ha fatto.
Apro la prima pagina, rilevando un meraviglioso ritratto a colori: io e Cecilia, la quale sta stringendo l'album con le foto di sua madre tra le braccia, stiamo dormendo abbracciati sul divano di casa mia.
Lei ha ripreso la sua più grande passione grazie a me. Grazie a quel gesto così semplice fatto d'impulso.
Ha mantenuto la sua promessa.
Io non sono riuscito a mantenere la mia.
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