3. Sensi di colpa

Apro la piccola finestra che si trova poco al di sopra del ripiano della cucina e mi godo la leggera brezza mattutina.
Questa notte è stata una delle poche in cui ho dormito senza i miei soliti incubi quindi mi sono svegliata fresca e riposata come non mai.
Pronta ad iniziare la giornata nel migliore dei modi.

Prendo i lamponi e le more dal frigo e inizio a preparare la colazione. Magari posso sperimentare qualcosa.
Oggi è domenica per cui sono libera dal lavoro. Ho più tempo. Penso che proverò la ricetta di muffin che ho trovato ieri sera sul giornale.

"Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta, ce l'ho fatta"
Mi volto di scatto e vedo la mia migliore amica entrare in cucina con un foglio che agita tra le mani, come se fosse un trofeo. Indossa ancora il suo pigiama rosa e bianco di un paio di taglie più grande. Ha sempre detto che la fa sentire più calda e coccolata.

"Ma di che stai parlando?"
Lascio il coltello e le more sul tagliere e la raggiungo.
Giusy continua a saltellare su e giù per la stanza, incapace di contenere l'entusiasmo.
"Mi fanno concesso altri fondi per continuare la mia ricerca" mi dice con un sorriso smagliante.

"Wow congratulazioni.. sono felice per te " le rispondo abbracciandola.
So quanto sia importante per lei il suo lavoro e in particolare la ricerca che sta conducendo.
Rischiava di chiuderla per mancanza di fondi ma, a quanto pare, ha già rimediato.
"Già.. stasera si festeggia. Ho già avvisato Tyler"
Mi supera scattante e inizia a razziare nel frigo, con il foglio ancora stretto tra le mani.
"Va bene. Cosa vuoi fare?" le chiedo mentre lei si copre un dito con un ciuffo di panna montata per poi gustarla lentamente.
"Nulla di che.. un aperitivo da Monet. Offro io ovviamente "
"Perfetto"
Le faccio l'occhiolino e mi unisco a lei, assaporando l'ultimo cookies rimasto nel frigo con una spruzzata di panna montata.

È appena calato il sole quando arriviamo da Monet. Giusy prende possesso di un tavolo sotto il rustico gazebo verde, poco lontano dall'ingresso.
Un divanetto e due poltroncine sono disposte attorno a un basso tavolino di legno, dietro a un paravento di rami intrecciati che ci separa dal resto dei tavoli.
Ho sempre amato questo locale. C'è un'atmosfera molto piacevole e rilassante.

"Tyler farà tardi?" le chiedo quando noto la sua assenza. Ero sicura che ci stesse già aspettando con un enorme mazzo di rose per Giusy.

Lascio cadere la borsa sul bracciolo e mi accomodo accanto alla mia amica sul divano.
"Oh ho dimenticato di dirtelo. Tyler aveva già un impegno con un suo amico stasera. Ma siccome non avrei mai accettato un rifiuto, gli ho detto che poteva portare anche lui"
"Quale amico?"
"Non so chi è ..so solo che è un suo nuovo collega e si è trasferito da poco a Londra"

Lascio cadere la conversazione per curiosare sul nuovo menù di dolci che trovo sul tavolo.
Un dessert intitolato soffice paradiso è indicato come specialità del giorno. Non so cosa sia ma è a base di cocco quindi decido che, appena Tyler arriverà, lo ordinerò sicuramente.

La mia lettura viene interrotta da Giusy che attira la mia attenzione colpendomi la spalla. Seguo il suo sguardo e vedo Tyler che cammina verso di noi, con una rosa tra le mani.

Sta parlando animatamente con una persona che non riesco a riconoscere subito, data la lontananza.
Ma quando si avvicinano di più, mi rendo conto di aver già visto quell'uomo.

È lo stesso ragazzo che due giorni fa è venuto nel mio laboratorio.
Dylan è accanto a Tyler ma non si è ancora accorto della mia presenza.

Non capisco il motivo per cui è qui anche lui.
Come fanno a conoscersi?
"Miriam!"
Cecilia sbuca da dietro la figura di Dylan e corre verso di me. Mi cinge il collo con le sue piccole e delicate braccia e mi stampa un bacio veloce sulla guancia.

Dylan segue con lo sguardo sua nipote e, quando si accorge di me, si ferma di colpo.
La sua espressione è un misto tra sorpresa ed imbarazzo. Esattamente le emozioni tra cui sono combattuta io ora.
Tyler non sembra accorgersene perché si avvicina a noi salutandoci scioltamente. Dylan resta dietro di lui di qualche passo.
Si scusa per il ritardo rivolgendosi per lo più alla sua ragazza, che bacia dolcemente sulle labbra. Le porge la rosa, avvolta in un tulle lilla, il colore preferito di Giusy e le sussurra qualcosa all'orecchio, facendola sorridere.

"Allora lei è Giusy, la mia ragazza. Giusy, lui è Dylan"
Solo in quel momento Dylan distoglie lo sguardo da me e si rivolge a Giusy, stringendole la mano con un ampio sorriso di cortesia.
"Piacere di conoscerti Giusy"
"Piacere mio Dylan"

Tyler continua le presentazioni, spostandosi accanto a me.
"E lei invece è.."
"Miriam" lo precede Dylan e, quando ci accorge degli sguardi confusi dei nostri amici, si affretta a spiegare.
"Ci siamo conosciuti qualche giorno fa nel laboratorio di analisi"

Riesco solo ad annuire mentre lo guardo e, per la prima volta, mi accorgo di quanto sia elegante e attraente.
Con la sua giacca di pelle al di sopra di una camicia bianca ben stirata e i suoi capelli, scompigliati come li aveva durante il nostro primo incontro, gli incorniciano il viso.
"Perfetto allora.. sediamoci" aggiunge Tyler, interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.

Riprendo il mio posto accanto a Giusy mentre Tyler, prevedibilmente, avvicina la poltrona al divano dove è seduta la sua ragazza.
Dylan invece prende posto sulla poltrona accanto a me. Prende la mano di Cecilia e la lascia sedere sulle sue ginocchia, data la mancanza di altri posti.

"Allora come vi siete conosciuti?"
Per un attimo mi sento mancare, l'agitazione cresce a dismisura e mi chiedo il motivo per cui Giusy abbia deciso di mettermi in imbarazzo.
Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che sta guardando Tyler, in attesa di una risposta, e riprendo a respirare.

"Beh Dylan si è trasferito qui da poco. È entrato in negozio quando ho affisso l'annuncio per commesso in vetrina e l'hanno preso" risponde mentre addenta delle patatine che il cameriere ha appena portato al nostro tavolo come assaggio. Dopo aver preso le nostre ordinazioni, rientra nel locale.

Tyler lavora in un negozio di elettronica da 3 anni come impiegato. Non si è mai lamentato del suo lavoro né ha mai pensato di cambiarlo anche se, con la sua spiccata intelligenza e intraprendenza, avrebbe potuto raggiungere ben altri traguardi.
"E come ti trovi Dylan?" gli domanda Giusy mentre mi lancia un'occhiata di rimprovero per essere rimasta muta da quando sono arrivati.
Come se non mi conoscesse.

"Bene.. mi consente di mantenere Cecilia e per ora mi basta. Anche se spero di arrivare a fare altro in futuro"
La piccola, sentendosi interpellata, si muove sulle sue ginocchia e si volta verso suo zio con un ampio sorriso.
Dylan la stringe ancora di più a sé, tenendole la mano.
"E cosa vorresti fare?" gli chiedo d'impulso, intromettendomi nella discussione. Almeno la mia amica sarà felice.
Dylan mi guarda sorpreso, come se non si aspettasse questa domanda, ma mi risponde subito, quasi senza pensarci.
"Ho una laurea in economia. Mi piacerebbe lavorare in ambito amministrativo"
I suoi occhi continuano a fissare decisi i miei senza lasciarmi via di scampo e, in quel momento, quasi dimentico di essere in compagnia dei miei amici.
"Sono sicura che ci riuscirai"
Dylan mi sorride appena mentre continua a guardarmi con i suoi intensi occhi scuri e viene distratto solo dal cameriere che ci raggiunge con un vassoio di aperitivi e dessert.
Giusy e Tyler iniziano ad imboccarsi a vicenda mentre ridono e scherzano.
Cose da innamorati..

Sento ancora lo sguardo di Dylan su di me. Il mio disagio aumenta, mi sento come se mi stesse esaminando. Mi imbarazza.

Improvvisamente sento il bisogno di allontanarmi un po' da tutto questo.
"Vado a prendere un po' d'aria " dico alzandomi e, senza aspettare la risposta degli altri, mi dirigo verso la strada.
L'aria fredda della sera mi colpisce in pieno viso facendomi maledire me stessa per non aver portato con me la giacca. Vedo i miei amici che si divertono dall'altro lato della strada, senza di me. E si fa più forte il bisogno di stare da sola per qualche minuto.
Mi siedo su una panchina al bordo del marciapiede.
Ed ecco che mi ritrovo stupidamente a ripensare al passato...

"Ma che cosa stai dicendo?"
Quest'uomo mi farà diventare pazza. Lo so. Lo sta già facendo.
Cammino nervosamente su e giù per la stanza, ripercorrendo tutto nella mia mente per l'ennesima volta. Tutte le bugie e gli inganni.
"Ti hanno visto Clark. Ti hanno visto mentre la baciavi"
Come può essere così calmo davanti a me mentre io sto cadendo a pezzi?
"Credi di più a degli stronzi invidiosi che al tuo ragazzo?"
Il suo tono ora è pericolosamente carico di delusione e rabbia. Mi fa sentire in colpa per la mia insinuazione.
Avanza verso di me fissandomi in modo minaccioso.
"Io.. io non.."
"Tu mi ami?" Mi chiede di colpo, interrompendo qualsiasi cosa stessi cercando di dire...

"Miriam?"
Mi giro di colpo, con il terrore negli occhi, ma mi rilasso quando vedo Dylan dietro di me.
"Hey calmati.. sono io"
Cerco di nascondere il mio stato d'animo, respirando lentamente.
"Si scusami.."

Dylan si siede accanto a me sulla panchina e, nonostante tenga lo sguardo basso, percepisco i suoi occhi su di me.
"Va tutto bene?"
"Si" rispondo senza quasi dargli il tempo di finire la domanda.
"Perché non ti credo?"
Alzo il viso e i nostri sguardi si incontrano. Capirmi al volo sembra essere diventata un'abitudine per lui. Ed è una cosa che mi spaventa e mi fa arrabbiare. Nessuno sa come mi sento. Nessuno potrà mai saperlo.

Mi stringo le braccia al petto per il freddo, rabbrividendo per un colpo di vento improvviso.
"Hai freddo?"
Dylan non aspetta una mia risposta.
Si sfila la giacca nera e me la mette sulle spalle.
Mi ci avvolgo subito, assorbendo il calore che ancora emana e un dolce profumo di muschio mi invade le narici.

"Grazie "
Dylan mi sorride e mi rendo conto, in quel momento, di essermi rasserenata molto più facilmente e velocemente rispetto al solito.
Per alcuni istanti, il silenzio ci travolge e cerco nella mia mente un argomento, un qualsiasi pretesto, per avviare una conversazione.

"Cecilia si è più sentita male?"
Dylan alza lo sguardo sistemandosi rigidamente sulla panchina.
"No.. per fortuna è stato un caso isolato"
Il suo tono è triste, teso e mi rendo conto che assume questo atteggiamento ogni volta che parla della salute di Cecilia.
"Posso farti una domanda... personale?"
Annuisce ma percepisco una nota di preoccupazione nei suoi occhi.

So già che me ne pentirò ma la curiosità mi spinge a non tirarmi indietro.
"Come mai la salute di Cecilia ti preoccupa così tanto?"
"È mia nipote" mi risponde in modo secco, quasi come se fosse la risposta più ovvia del mondo e io fossi una stupida per aver formulato quella domanda.

"Si certo ma intendevo dire... sua madre?"
Mi pento subito di aver osato tanto e mi sento malissimo quando vedo il volto di Dylan contrarsi. Non so perché l'ho fatto. Non è da me intromettermi tanto.

Passano alcuni secondi interminabili di silenzio che mi sembrano intere ore.
Quando Dylan si alza, con lo sguardo spento fisso sullo sfondo scuro della sera londinese, sembra un'altra persona.
"Forse è meglio che raggiungiamo gli altri.. inizia a fare freddo"

Si incammina verso il locale senza attendere una mia risposta.
Ma prima che possa entrare lo blocco, prendendogli la mano.
"Dylan ... io ..."
Vorrei chiedergli scusa per essere stata così inopportuna ma tutto quello che riesco a fare, mentre il suo sguardo è fisso a terra, è restituirgli la giacca.
"Grazie per avermela prestata"
Dylan annuisce prendendo la sua giacca. Si volta e, senza aggiungere altro, attraversa la strada e rientra nel locale.

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Per ora ho deciso di riprendere la storia e spero di riuscire ad aggiornarla spesso.
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate 😊😊

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