FEDE
Carissimo,
rispetto molto la tua ispirazione di Vera Fede, ma mi sento in dovere di ammonirti su questo.
In virtù dell'ambiguità sintattica e semantica, nel senso più ampio del termine, ogni testo può essere interpretato.
Questa ambiguità propria del linguaggio riflette l'ambiguità stessa del reale, ove ora esiste una cosa, ora esiste il suo contrario, da un punto di vista nuovo le stesse cose ci appaiono diverse, esistono cioè differenti prospettive.
Vero e Falso non sono altro che valori assegnati alla conoscenza, e che dipendono da criteri più o meno logici applicati all'atto soggettivo del conoscere, a loro volta criticabili, e quindi mai definitivi.
Ciò che sappiamo, lo conosciamo attraverso il linguaggio: eliminarne l'ambiguità del significato, a meno che non sì sia in preda al delirio, è impossibile.
Sembra però che la metafisica nel corso della storia abbia voluto fare questo tentativo, abusando della parola "Verità", molto spesso facendo ricorso al principio di autorità.
Questa breve premessa per dire qualcosa di ancor più breve.
L'interpretazione strettamente letterale di un Testo Sacro, senza badare alle conoscenze e alla visione del mondo dell'autore ispirato, ovvero indipendente dal contesto storico in cui è stato scritto, dimostra l'incapacità di coglierne il carattere metaforico e intrinsecamente simbolico, sminuendo la ricchezza di significati del testo stesso.
Il tutto produce visioni della dimensione religiosa inverosimili e integralismi, quando lassù, per i sentieri dell'indimostrabile, bisognerebbe muoversi con cautela.
Impariamo dal passato: un'interpretazione troppo "alla lettera", incarcera nuovamente Galileo.
Fai tesoro di queste parole e prosegui per il tuo cammino.
Un caro saluto!
A.
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