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Alle mie muse, S ed A,
Senza di loro questa storia
Non sarebbe stata la stessa❤️


Rolette era un piccolo paesino di montagna fresco e allegro, circondato da campi di fiori di diverse specie e colori. Per le strade aleggiava l'odore dei fiori appena colti; erano il nostro punto forte nel commercio. Il paesino era collocato in un punto particolare del regno, un luogo dalle condizioni favorevoli alla crescita delle piante. Personalmente non ne so molto di piante e fiori, ma abbiamo i migliori coltivatori in circolazione. È il lavoro più richiesto, perciò coloro a cui non piace il lavoro nei campi preferiscono trasferirsi nelle grandi città in cerca di fortuna.
Non siamo mai stati vicini alla politica e alle guerre. La capitale del regno, Brienna, è situata a molti chilometri dal nostro villaggio, perciò non ci importava più di tanto di ciò che accadeva. Tra l'altro eravamo situati al confine con un altro regno, il regno di Venisse, perciò non avevamo molti visitatori. Il nostro regno, il regno di Faradia, aveva avuto qualche scontro con il regno di Venisse, ma erano soltanto discussioni politiche sui confini e noi non eravamo schierati da nessuna parte, perciò fummo messi da parte.
Il nostro piccolo paesino era considerato un luogo di armonia, dove i visitatori avrebbero potuto trovare la pace e rilassarsi. Era davvero così. Anche noi abitanti eravamo in pace con noi stessi. Certo, avevamo qualche problemino anche noi, ma per il resto si stava bene. Eravamo felici, liberi e sognanti. Le nostre vite sarebbero state lunghe e pacifiche e non dovevamo neanche preoccuparci di pericoli esterni.

Questo è quello che credevamo fino a quel momento.

Questa non è una storia felice. Non posso neanche rivelarvi se abbia un lieto fine o no. Posso soltanto dirvi che questa è la mia storia, la storia dei miei amici, la storia dei miei nemici, la storia di come queste due parole hanno perso il loro significato e di come la fiducia sia solo un sinonimo di tradimento. Perché niente è come sembra, e i cattivi a volte sono soltanto le vittime di questa eterna guerra chiamata vita, mentre gli amici sono anch'essi vittime, ma di ineludabili verità e bugie.
Infondo, tu cosa preferiresti? Una bugia assolvibile, o una verità condannabile?

¬ ¬ ¬ ¬

Era appena arrivata la primavera. Il freddo si era attenuato e io sentivo già la fragranza delle primule nell'aria. Era il mio fiore preferito. Forse era abbastanza comune e non originale, però mi piaceva. Insomma, è il primo fiore che cresce in primavera, è considerata la portatrice della primavera che schiaccia il freddo dell'inverno, la vittoria del bene sul male, cresce anche all'ombra ed ha l'aspetto delicato ma energico allo stesso momento. Tutto ciò ha qualcosa di particolarmente romantico, no? O forse ero solo io a vederla così. Mi avevano sempre considerata una sognatrice, e a volte avevo davvero la testa tra le nuvole. Però, a differenza delle altre ragazze, non pensavo ancora al futuro o ai miei sogni. Non avevo particolari esigenze, mi bastava solo essere felice e sapere di avere un avvenire. Ciò era anche il mio sogno: vivere in pace. Mio padre era un soldato dell'esercito reale, mia madre era una ricercatrice. Avevano viaggiato ovunque e vissuto diverse avventure. La loro vita non era quella che si potrebbe definire "tranquilla". Non li avevo mai conosciuti. Mia madre fu costretta dai miei nonni ad abbandonarmi da neonata. Mio padre non sapeva come crescere una bambina e in più il suo lavoro lo teneva costantemente lontano da casa, perciò mi lasciò ai suoi genitori insieme ad un diario in cui venivano descritte tutte le storie che avrebbe voluto raccontarmi. Carino, eh? Forse secondo lui mi avrebbero spinta a cercare entrambi. Ma non l'avrei mai fatto. Io non avevo voglia di rivivere le loro avventure, a dire il vero forse ero diventata troppo sedentaria. Però mi piaceva la mia vita, avrei voluto che nulla accadesse e che tutto rimanesse lo stesso.
Anche i miei nonni erano felici di questa mia scelta, prima di morire.
Vivevo da sola, ma non mi sentivo mai in tal modo. Odiavo la solitudine, perciò mi ero fatta un sacco di amici.
Quel giorno andammo tutti a tuffarci tra i fiori delle praterie, fuori dal villaggio. Eravamo in cinque: io, Martha, Thomas, Caroline ed Erik. Eravamo amici fin da piccoli e scappavamo sempre per raggiungere le valli. Sapevamo sempre ciò che accadeva in città, eravamo fin troppo attenti e forse un po' spioni, perciò uscire dal villaggio era un bene sia per noi che per gli altri.

Quel giorno però fummo gli ultimi a scoprire ciò che stava accadendo.

-Smettila, Thomas!- urlava Caroline -Scendi subito di lì!-
-Oh andiamo Carol, è soltanto un albero- obiettò il ragazzo
-Se cadessi e ti spezzassi l'osso del collo cosa diremo ai tuoi genitori!? "Era solo un albero"!?-
-Questa sarebbe una bella frase da mettere sulla tua tomba- rise Erik disegnando la parola nell'aria
-Oh, ti prego no. I suoi genitori ci odiano e incolperebbero noi- sbuffò Martha
-Ehi, i miei genitori non vi odiano!- disse Thomas saltando su un ramo in basso
-Tom, tua madre ci ha buttato dell'acqua addosso in pieno inverno quando siamo passati sotto al balcone di casa tua- ribattè Martha
-È stato un incidente!-
-E quando tuo padre ci ha mandati a cercare bacche nel bosco nella stagione degli accoppiamenti delle zanzare?- chiese Erik
-Un caso!-
-Era un caso anche quando hanno "accidentalmente" messo del lassativo nella nostra cena? O quando il tuo cane ci ha lasciato un regalino sulle scarpe? Oppure quando mi hanno offerto un dolce alle mandorle, sapendo della mia allergia alle mandorle? Oppure quando...-
-Okay Martha, va bene così! Adesso scendo, così siete felici-
-Grazie al cielo, finalmente!- esultò Caroline
-Caroline, se tu hai paura dell'altezza non vuol dire che anche noi ne siamo spaventati-
-Paura dell'altezza no, ma di cadere sì!-
-Ma se tu hai paura di tutto!-
-Non è vero! Ho solo paura delle conseguenze! Halley, dì qualcosa!-
Si voltò di scatto verso di me
-Halleyyyy-
-Hally!-
Mi accorsi delle loro chiamate
-Eh? Cosa?-
-Ma stavi dormendo?- disse ridendo Erik
-No, è solo che...- posai il mio sguardo sul panorama davanti a me - Non vi sembra che ci sia del fumo?-
-Del fumo?- ripetè Martha guardando nella mia stessa direzione
-È vero, qualcosa sta andando a fuoco- confermò Erik
-Ma in quella direzione... non c'è Rolette?- chiese tremante Caroline.

Il terrore si fece strada sul volto di tutti.

Corremmo per tutta la valle, a una velocità mai provata prima, con il fiato ormai quasi del tutto terminato.
A pochi metri dalle porte del villaggio, cominciammo a sentire le urla.
Erano urla di dolore, paura, strazio. I paesani correvano in tutte le direzioni, scappavano da qualcosa.

Poi capimmo cosa.

Una figura dai vestiti neri spuntò alle spalle di alcuno paesani, trafiggendoli con la spada.
Non capimmo cosa stesse succedendo, l'unico nostro pensiero fu uno soltanto: correre.
Qualcuno ci stava attaccando.
Fu l'unica cosa che avevamo capito.
Gli uomini in nero spuntavano da tutte le parti, urlando e spargendo il sangue di chiunque si trovassero davanti.
Uno scoppio a destra attirò la nostra attenzione.
-Lì... lì c'è casa mia! I miei genitori sono lì- urlò Thomas correndo
-Thomas! Fermati! È pericoloso!- cerco di fermarlo Erik
-Vado con lui!-
-Martha, no!-
I due scomparvero tra il fumo e le macerie.
Caroline si aggrappò al mio braccio, singhiozzando e tremando
-Caroline, sta calma- cercai di calmarla
-Non c'è niente per cui stare calmi! Quelli vogliono ammazzarci!- urlò in risposta
-Caroline ha ragione, però possiamo sfuggirgli! Conosciamo i nascondigli di questo paese come il palmo della nostra mano, possiamo farcela!-
-Ma... Thomas e Martha...-
-Non abbiamo tempo! Non sappiamo dove siano e...-
Un ringhio bloccò la sua frase.
Ci avevano trovati.
-Andatevene! Lo distraggo io!-
Erik ci spinse via, dietro ad un vicolo, e afferrò un bastone trovato per terra, correndo contro gli uomini, urlando.
In seguito sentii solo il rumore di spade e gemiti. Non sentii più Erik.
Misi da parte il pensiero e cominciai a correre. Ero responsabile per Caroline. Niente avrebbe potuto tenerla viva, se non io.
Mi inoltrai in tutte le piccole stradine in cui incappavo. Fortunatamente erano molte. Più volte ci imbattemmo in alcuni uomini in nero.
Non dimenticherò mai i loro sguardi assassini. I loro occhi erano gelidi, i loro visi ricoperti di sangue non loro, le loro espressioni a volte calme, a volte perfino divertite.
Mi trovavo a studiare le loro facce per alcuni secondi, prima di realizzare di dover fuggire.
Riuscivamo a seminarli, ma non terminavano di apparire dal nulla. Arrivammo in un vicolo cieco, con una cassapanca e alcune sedie all'esterno.
Caroline mi guardò con estremo terrore. Eravamo bloccate. Non c'erano strade, e gli uomini erano alle nostre calcagna. Presi un respiro profondo e corsi verso la casa. Provai ad aprirla, ma era ovviamente chiusa. Così aprii la cassapanca.
-Entra!- ordinai a Caroline
-Eh? Cosa?- mi guardò confusa
-Rimani qui dentro finché non sentirai più nulla! Poi fa' attenzione ad uscire e scappa nei boschi. In questa stagione sono pieni di piante, perciò sopravviverai. Prova a raggiungere la capitale, lì sarai al sicuro! E poi...-
-No no, aspetta! C'è abbastanza spazio per entrambe! Possiamo sopravvivere entrambe!-
-Capirebbero subito che ci siamo nascoste qui intorno! Io tornerò indietro e li attirerò, tu invece...-
Fermò le mie parole prendendomi le mani e guardandomi con i suoi occhi azzurri pieni di lacrime e sgomento
-Halley, ho paura-
Con estrema difficoltà le sorrisi
-Andrà tutto bene, fidati di me-
-Promettilo! Prometti che ci rivedremo!-
Strinsi gli occhi. Caroline mi conosceva. Ho sempre mantenuto le mie promesse, qualunque esse siano stata. Per questo non potevo prometterle ciò. Non potevo garantirle che sarei sopravvissuta, o che ci saremmo riviste sane e salve
-Carol, io...-
Sentii nuovamente le urla a poca distanza.
-Puoi farcela-
Chiusi in fretta la cassapanca dove si era nascosta Caroline e tornai indietro.
Non ero mai stata una tipa coraggiosa, né avrei messo la mia vita a rischio. Però non potevo fare altro. In quella cassapanca non potevamo entrare entrambe. Con un po' di agilità io avrei potuto arrampicarmi e superare muri e ostacoli durante la fuga, ma Caroline non ne era capace. Era la cosa migliore per entrambe.
Gli uomini in nero mi videro immediatamente.
Scappai nella direzione opposta, camminando sopra i corpi delle vittime di quei mostri. Volevo vomitare, ma non potevo fermarmi.
Incredibilmente riuscii a raggiungere i portoni a nord del villaggio. Ce l'avevo quasi fatta, ancora un po' e sarei arrivata nei boschi. Lì non avrebbero potuto trovarmi e io avrei aspettato Caroline.

Tuttavia quei criminali erano ovunque. Avvertii soltanto un colpo secco alla nuca. Caddi a terra. La mia vista si stava sfocando, il mio udito mi faceva sentire sott'acqua.
Con le ultime forze guardai in alto. Incontrai degli occhi chiari, ma non riuscii a focalizzarli così abbassai leggermente lo sguardo sulla manica dell'uomo.
Riconobbi uno stemma, l'ultima cosa che vidi prima di perdere i sensi. Capii immediatamente.
Erano soldati di Venisse.

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