Capitolo 32-La Coppia Vincente

«Cosa c'è di peggio dell'arrendersi? L'arrendersi prima del dovuto.
Quando sappiamo che le cose potranno risolversi solo in un modo, tendiamo a mollare subito la corda e lasciarci in balia degli eventi che ne conseguiranno.
Eppure non è così che dovremmo, e che non dobbiamo fare.

Non c'è cosa più meschina del lasciarsi andare a parole o azioni o confessioni prima del verdetto finale.
Solo con l'evidenza dei fatti, solo davanti alla verità più pura e incontrastabile dovremmo arrenderci.

Lì nient'altro potremmo fare se non lasciarci andare, perché altrimenti dimostreremmo solo la nostra terribile cecità di fronte a ciò che è vero.

Credo esista un dettaglio, un qualcosa che ci possa far comprendere a pieno quando dovremmo fermarci, e non prima.
Prendete questo esempio: un criminale è sospettato di omicidio.
Contro di lui ci sono solo prove vaghe.
Sono collegabili all'omicida, è vero, ma non sono la verità assoluta.
E come voi il criminale non deve ancora arrendersi.
Poi arriva il dettaglio.
Qualcosa di troppo vero e troppo personale. Quel particolare capace di mandarlo subito in cella.
Che cosa deve fare? Deve continuare a negare? No.
A quel punto la sua estenuante determinazione sarebbe solo confusa con un'inutile testardaggine.
Ma prima... prima dovete, come quel criminale, continuare a difendere le vostre teorie.
Solo quando la realtà vi metterà davanti concretamente il torto potrete smettere.»

E tutti lo ascoltavano.

Valentine adorava parlare di ciò che gli stava a cuore.

L'High Voltage era ciò di più simile al caos che si potesse trovare a Detroit.
Non quel caos d'oro sincopato dei tanti locali jazz della metropoli, tanto più uno fatto di brillantini, colori sgargianti e hits rock senza tempo.
Il locale manifesto di quella via e di quelle persone di cui nessuno ormai rispettava più i gusti.
Il ghetto degli Ottanta era la semplice dimostrazione di quanto la moda non fosse più moda, ma legge.

Il vicolo era spoglio e poco illuminato, ma quel bar splendente di ogni possibile tipo di neon fluorescente sembrava compensare tutte le altre luci mancanti.
I detective guardavano la porta d'entrata con sospetto.

«Io non ci entro» Mulder osservò con mezzo timore i due ragazzi coperti da bomber e giacche di jeans scure.
Il suo scetticismo sembrava fitto e irremovibile.

«Andiamo, Oscar, qualche anno fa anche noi eravamo così.»
Xavier lo sorpassò prima di varcare la soglia, mentre i Guns N' Roses davano loro il benvenuto in quella giungla selvaggia e variopinta.

Non avevano fatto nulla per mimetizzarsi tra i clienti, ma poter affermare che avevano gli occhi di tutti appigliati addosso era troppo poco.
La gente smetteva di parlare e semplicemente li guardava, come calamite attratte inesorabilmente dai loro opposti.

Per quelle persone erano semplicemente esseri incomprensibili fatti d'oro, di velluto e di Jazz.
Loro, che sembravano conoscere solo colori scuri e lunghi cappotti, in mezzo a tutto quel colore parevano usciti direttamente da un film in bianco e nero. 
La sfera da discoteca appesa al soffitto rifletteva scaglie dei sui infiniti colori sulle loro figure, tempestandoli di spicchi di luce simili a diamanti grezzi e sfocati.

«Lo avete già arrestato Capone?» chiese un ragazzo dai capelli riccioli, girandosi e abbandonando il drink sul bancone.

«No, sono troppo impegnati a ballare lo swing» rispose un altro, poi entrambi fecero un brindisi, ridendo, e ordinarono un nuovo cocktail.

Mulder li guardò di sottecchi, pronto allo slancio, ma Liza lo fermò, scuotendo la testa. Sembrava addirittura divertita.
Come se sapesse di essere troppo brillante per quelle persone e le loro osservazioni.

«No, siamo troppo impegnati a investigare.»Zelda distese le labbra in un impeccabile falso sorriso, mentre sedeva al bancone.

«Va bene, maschietta
Continuò il ragazzo, mentre l'amico beveva e rideva al tempo stesso.

«Forse non mi sono spiegata molto bene. Riproviamoci.»
Mostrò il distintivo in un gesto veloce ed elegante.
Poi, con tranquillità, lo appoggiò davanti a lei.

I due ragazzi appassionati di cocktail dai colori improponibili si scambiarono un'occhiata complice, prima di concordare sul fatto che fosse meglio spostarsi da un'altra parte, dopotutto.
Lasciarono due posti vuoti, che furono presto occupati da Liza e Xavier.

Mulder rimaneva in piedi, braccia incrociate, sguardo scattante da una parte all'altra di quella sala talmente colma di persone da essere quasi soffocante.

«Siamo qui per fargli qualche domanda, signor...?» partì subito Xavier, mentre appoggiava il capello vicino a sè.

«York.»

«Signor York, conosce Andrew Wilson? È un vostro cliente?»

L'uomo rimase in silenzio, riflettendo, «intanto che ci penso, posso servirvi qualcosa?» chiese, posando un listino dei drink vicino a loro.

«Un Angelo Azzurro» rispose Zelda distrattamente, conscia che in quel posto non ci sarebbero stati né SidecarFrench 75 e  ricordando tutte le serate passate al Miller's.

Un Cosmopolitan per Liza. Senza lime, grazie.

E un Long Island per Xavier, già destinato a essere lasciato a metà, come ogni cocktail che avesse mai bevuto in quel frangente completamente fuori di testa che erano stati i nuovi anni Ottanta.

Mulder scosse la testa, affermando che semplicemente voleva andarsene il prima possibile e basta, senza drink o cazzate varie. Sembrava che il ricordo del Miller's e di tutto ciò che era successo non più di tre anni prima lo infastidisse troppo.

«Andrew Wilson... sì, ora me lo ricordo. È un ragazzo alto, con dei capelli scuri e mossi, vero?»

«E un'aria strafottente, sì» confermò Mulder.

Il barista rise, «è proprio lui, allora. Sì, prima veniva qui più spesso. Ma comunque si fa vedere, ogni tanto.»

«Sa se sia stato qui, il quattordici e il quindici di gennaio?» Xavier diede un sorso al drink, realizzando presto quanto gli mancasse il Lullaby e i suoi White Lady.
Sobbalzò quando partirono senza nessun preavviso le note di You spin me Round.

Zelda sorrise, «questa me la ricordo!» disse a Xavier, cercando di sovrastare il volume altissimo col tono di voce, dimenticandosi per un attimo di tutto il resto solo per sorridergli e informarlo di una futilità che la rendeva felice e avrebbe potuto fare lo stesso anche con lui.

Xavier annuì, senza smuovere lo sguardo dal bicchiere.

«Il quindici...» il barista ricominciò a parlare, sistemando le bottiglie con disinteresse, «no, non mi risulta. Nemmeno il quattordici.»
«No.» Aggiunse, con più sicurezza.

Liza incrociò le mani sul bancone, mentre i suoi occhi ridevano soddisfatti. «lo può affermare come testimone?» chiese.

L'uomo aggrottò la fronte, confuso, «perché, cos'ha fatto quel ragazzo?» domandò, iniziando a preoccuparsi.

«Signor York, stiamo seguendo il caso Enigma.»
Zelda guardò la ciliegina del cocktail, poi osservò il barista.
Una luce sembrò illuminargli gli occhi scuri quando realizzò il tutto.
Anche lì Enigma era noto, seppur non come in quella parte della metropoli in cui fare scena esagerata con le notizie era tornato di moda.

«Quindi, può affermarlo come testimone?»Xavier lo guardò negli occhi con sicurezza, quella classica sfida che significa che tutto è già stato deciso, indipendentemente dalla tua risposta.

«Sì.» L'uomo annuì, deciso.
«Ma lui... non posso credere che possa essere lui.» Ammise, arricciando le labbra in un'espressione contrita.

«Non è detto che sia lui. é solo un sospettato, per ora.» Mulder lo guardò.
Silenzio, e noi non abbiamo mai confermato nulla, disse, in un muto compromesso.

Xavier sorrise e così fece Liza.
Zelda si limitò a immaginarlo, quel sorriso.

Sospettato.
Wilson sarebbe stato portato in centrale entro sera, ammanettato, arrestato, e sarebbe stata solo una questione di piccole prove e piccoli colpi di fortuna per buttarlo in quella cella in cui sarebbe dovuto finire tanto tempo prima anche Rivera. 

«Grazie, signor York» Mulder lasciò una banconota da quindici dollari sul bancone, prima di scomparire insieme agli altri in mezzo a quella folla indefinita e scompigliata come arte astratta.

Un gruppo di amici dedicava loro La Vie En Rose, dopo aver notato tutte quelle perle, quelle onde e quei guanti di pelle.
Ridevano e stonavano mentre dietro al loro coro improvvisato imperversava in maniera totalmente scoordinata What do you do for money honey.

«Voglio che portiate Andrew in centrale, subito. Arrestatelo per falsa testimonianza. E trattenetelo senza avvocato il più possibile»ordinò Mulder al ClearCircle, con la pungente perfezione di un taglio netto.

«Se fosse veramente lui» disse Zelda, «sarebbe tutto finito?» era come se non potesse essere materialmente vero.
Pensava di essere ancora all'inizio.
No, una parte di lei quasi rifiutava che fosse possibile una cosa del genere.

Liza annuì, inspirando l'aria gelida di gennaio con una punta di fastidio.
«Sì» ammise, e il suono di quella parola le sembrò essere talmente impossibile da sembrare sbagliato, «dobbiamo trovare qualcosa. Un'ultima cosa. Un collegamento con Enigma.»

Il dettaglio finale.
Quello decisivo, quello traditore che avrebbe messo fine al suo macabro gioco fatto di sangue e psiche.

Quella volta non usò la gentilezza.
A Mulder sembrò improvvisamente superflua, quando si trovò per la terza volta davanti al viso di Andrew.
Portava addosso la sua classica arroganza, ma all'arrivo del detective i suoi occhi sembrarono tingersi di una strana soddisfazione.

«E il mio avvocato?»

«Arriverà tra poco» lo liquidò Oscar, «te l'avevo promesse, le prove» disse, sbattendogli davanti i suoi fascicoli.
Non si sedette.
Era una cosa che non faceva mai, negli interrogatori cruciali.
E in quel momento vagava per la stanza, accerciando di continuo Andrew, avvicinandosi e allontanandosi come se stesse decidendo in che modo colpirlo.

Lui rise. «Oh, no» corrugò la fronte, schioccando la lingua in un'espressione amaraggiata, «come mai i ragazzi dell'High Voltage non mi hanno visto? Ero proprio lì...»
Il tono mellifluo sembrava fosse rivolto a un pubblico invisibile, spettatore di come lui si stesse prendendo gioco del detective.

«Certo, Andrew, e io sono Buster Keaton.»Mulder sorrise.
Niente lo infastidiva di più dei sospettati poco collaborativi, ma Wilson era diverso.
Un esatto concentrato di estenuante puntigliosità e sorrisi teatrali veramente difficile da gestire.

«Siete abbastanza diversi. Keaton non andava a interrogare innocenti, da quel che so.»

«Attento a non sparare troppe cazzate di seguito, o non ne avrai più per i Lynch» disse Mulder, mentre si avvicinava alla porta con lentezza e calma, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo.

«I Lynch? Ma come, non sarà lei a interrogarmi?» chiese lui, sorridendo e iniziando a preoccuparsi, come se quello fosse un cambio di programma che non approvava.

«No, sei contento?»

Certo che non lo era.

Un'idea di Liza.
Confonderlo, facendogli credere fino all'ultimo che sarebbe stato lui a interrogarlo, per poi scoprire che, peccato, era tutto falso.

Avevano avvisato due agenti di riferirgli già con chi avrebbe parlato, presentando l'informazione come una svista poco attenta e che non avrebbe dovuto essere rivelata.
Andrew si creava il suo ambiente ottimale, sapendo a chi e come avrebbe dovuto rispondere.

E poi arrivava l'imprevisto.

Quell'elemento che proprio non poteva sopportare.

«In bocca al lupo, Andrew. Ci vediamo domani, sarai ancora qui.» Oscar gli lanciò un sarcastico bacio, prima di chiudersi la porta alle spalle, senza sentire la risposta dell'altro. Non gli importava.

«Ragazzi, a voi» Mulder indicò la porta con galanteria, facendo segno a Xavier e Zelda che fosse il loro turno.
«"Non sarà lei ad interrogarmi"?» mimò Andrew, alzando la voce di qualche tono, «no, stronzo. Ci è rimasto di merda, guardate.»

Ma tutto ciò che potevano vedere era un potenziale assassino sorridere, guardare davanti a sé e sorridere di nuovo, come se quel gesto fosse l'emblema di qualcosa di più grande.

«Zelda, giusto? E... Xavier?» chiese Wilson, alzandosi quando i due detective varcarono la soglia, «siete diventati famosi, sul Detroit's Article.»

«Mai quanto te con i tuoi spettacoli.»
Xavier sorrise per una frazione di secondo, prima di sedersi e buttare fuori l'aria con insofferenza.
Non sapeva se fosse più angosciato dal potenziale Enigma che aveva davanti o da Zelda alla sua destra, con quell'insopportabile profumo alla vaniglia addosso.

Andrew alzò le sopracciglia, «lusingato» poi si accomodò contro lo schienale della sedia.
Il tacco della sua scarpa batteva contro il pavimento.
I suoi occhi vagavano come alla ricerca di qualcosa di introvabile.

«Siamo stati all'High Voltage» Xavier appoggiò i gomiti sul tavolo, e la luce sfarfallante dei led bianchi gli illuminò il viso, «nessuno ti ha visto. Né il quattordici, né il quindici» disse le ultime parole con lentezza, scandendo ogni parola.
Sembrava applicasse al parlare ciò che faceva con qualsiasi altra cosa.
L'attenzione, la cura, la certezza che tutto fosse a posto e compreso.

«Non eri lì.» Zelda aprì l'accendino argentato con un secco gesto del pollice.
Lo sfrigolio della sigaretta appena accesa riempì la stanza, prima che Andrew ricominciasse a parlare.

«Mi dispiace, ma continuo a ribadire che ero lì, invece. Con chi avete parlato?»

«Col barista» disse Zelda, in un misto di noia e disinteresse, mentre si allungava per prendere il posacenere.

Ecco che gli si avvicinava, che portava con se la nube del fumo e la sua presenza insopportabile.
Improvvisamente tutto in lei gli sembrò fuori posto, e Xavier non riuscì nemmeno più a sopportare una goccia di Zelda.
Era un'emozione destinata a dissolversi presto, lasciandosi dietro solo dei pallidi strascichi, ma in quel momento imperversava come fuoco sulla carta.

«Potevi chiedere» sibilò, prendendo il portacenere prima che lei gli passasse vicino, porgendoglielo con repulsione.

Zelda lo guardò, «grazie.»

«Il barista? Quello non c'è mai. È sempre fuori sul retro. Potrebbe non avermi visto.»
Ipotizzò Andrew, alzando le spalle.

«Eppure dice che non passi-»

«Eppure dice che non passi da molto tempo.»

Le parole si erano accavallate tra loro, mentre a entrambi era sorto lo stesso pensiero.
Ma fu Zelda a finire la frase.

«Dice di non averti visto, e ne era certo.»

«Allora non so che dirvi.»

«Ricordi l'omicidio di Capodanno? Ricordi quando ti abbiamo interrogato e non avevi un alibi? Anche su quello non sai cosa dirci?»domandò Xavier, incrociando le mani e colpendo con parole ferme e precise come un fendente eseguito perfettamente.

«Dicevi di essere andato all'High Voltage e poi a casa, ma nessuno poteva confermarlo.»Continuò Zelda, rapida, parlando subito dopo, come se quelle domande fossero nate per essere scandite dai loro ritmi incalzanti e organizzati.

«Sono innocente, non so più come dirvelo. Non posso dire altro a mia discolpa, se non di non credere al barista dell'High Voltage e di trovarvi dei testimoni più affidabili.»
Andrew allargò le braccia in segno di resa.

«Allora perché hai mentito?» Zelda buttò fuori il fumo con calma, una calma programmata e fastidiosa, creata apposta per mettere a disagio.

Ci fu qualche secondo di silenzio, qualche momento che avevano donato ad Andrew per poter rispondere come era suo diritto.
Poi un cronometro invisibile si era fermato e avevano ricominciato con il loro tagliente assedio.

«Sei in arresto per falsa testimonianza, nulla ci vieta di farti tutte le domande che vogliamo.»Xavier inspirò, poi sorrise, in quella specifica maniera che adottava solo tra le mura della stanza degli interrogatori.
Un sorriso che parlava.
Stiamo solo chiacchierando, ma ti conviene rispondere.
Perché loro erano gentili e comprensivi quanto bastava per farti confessare esattamente ciò che volevano.

«Io non ho testimoniato il falso.»
Andrew si mantenne neutrale.
Solo la sua voce sembrava essere più tesa.

«Possiamo farti tutte le domande che vogliamo e lo faremo.»
Zelda spense la sigaretta con lentezza, guardandola consumarsi davanti agli occhi di Wilson.

«È una questione di scelte, Andrew. Decidi tu quanto questo interrogatorio durerà.»

La formula magica che comandava a bacchetta tutti i sospettati.
Era a quel punto che non vedevano più la via d'uscita vicina come la credevano prima.

Perché i Lynch sarebbero stati lì in quella stanza per ore se necessario, senza la minima parvenza di stanchezza o cedimento, e chiunque, anche i più decisi, avrebbero confessato.
Era solo questione di tempo e ritmi, di secondi scanditi dalle loro domande pacate e di lunghe pause silenziose.
Ed era tutto quel fingere di essere incontrastabili a renderli così vulnerabili.
Ma i sospettati questo non potevano saperlo, e così si arrendevano.

«Cosa posso dirvi d'altro se non che sono innocente? Per me può anche finire qui, l'interrogatorio.» Sempre più nervoso.
Andrew si guardava le mani e non riusciva a stare fermo.

Zelda lanciò un'occhiata a Xavier e lui la guardò di rimando.

«Sai che non vai da nessuna parte se dici così, vero?» Sorriso.

E subito dopo, Zelda:
«Più neghi più aumenta la condanna.» Sorriso.

Andrew li guardò entrambi, spostando lo sguardo prima sull'uno e poi sull'altra.
Loro restarono composti, seri e miti come imponeva il loro metodo.

«Puoi sempre richiedere una pausa.»

«Vuoi richiedere una pausa?»

«No!» Wilson si allontanò, schiacciandosi contro la sedia, «non voglio pause» continuò, cercando di recuperare qualche grammo di calma.

«Va bene, allora potresti spiegarci perché il tuo ologramma comprato non meno di una settimana fa coincide con quello ritrovato sulla scena del crimine?»
Non smetteva di guardarlo negli occhi.
Xavier sembrava aver ancorato il suo sguardo a quello di Andrew, come Zelda.
Un'ansia sana ed elettrizzante li percorreva entrambi.
L'agitazione di chi sta vincendo, ma sa di dover stare al gioco fino all'ultimo.

                                                                                                                                                                                           «Non lo so. È lo stesso modello, ma questo non significa che io c'entri qualcosa.»
C'era del disappunto nella sua voce.
Forse, più per la domanda, era destinato alla situazione.
Tutto lo stava come deludendo.
Forse non si aspettava quegli attacchi diretti e sfrontati e continui.

«Può essere una coincidenza, certo. Concordi?» Zelda si voltò verso il fratello, e lui annuì.
Le loro intuizioni e i loro sentimenti sembravano fondersi, danzando assieme come nel più vivace dei valzer.
«Però sono certa potrai dirci perché a una coincidenza del genere se ne sommano altre così...»

«Diverse dall'essere coincidenze.»

«Esatto» Zelda prese il pacchetto di sigarette, poi ci ripensò e lo ripose sul tavolo, «contro di te c'è un falso alibi e uno mancante, per non parlare dello spettacolo che hai presentato al Dionysus, qualche giorno prima dell'omicidio.» Poi attese.

«Quindi, che cosa dovremmo fare con te?»domandò infine Xavier, dopo aver preso un profondo e riflessivo respiro.

Silenzio.

«Posso richiedere una pausa?»

«Certo.» Zelda inclinò leggermente il volto in un gesto di assenso.

«Però tra mezz'ora quella domanda dovrà comunque avere una risposta.»
Xavier si alzò, raccogliendo i fogli sparsi sul tavolo con gesti rapidi e decisi, prima di lasciare la stanza.

Così si infrangeva l'incantesimo capace di farli collaborare come non sarebbe mai potuto essere possibile altrove.
Perché l'assuefazione dal sapere, dall'estrapolare parole e dall'avere ragione riusciva a far dimenticare loro tutto il resto. Perché la consapevolezza di essere impareggiabili, di essere i migliori se univano i loro intuiti faceva tanto male quanto li rempiva d'orgoglio.

Mulder sorrise.
Una desolante rassegnazione lo colpì a tradimento, quando osservò Xavier e Zelda uscire dalla sala interrogatori senza nemmeno guardarsi negli occhi.
Poi squadrò Andrew: lo vide frastornato, esattamente come doveva essere.

Ecco perché aveva voluto proprio i Lynch per interrogarlo.
Durante i colloqui decisivi avevano quel metodo affilato e ritmato, efficace e coordinato che poteva essere paragonabile solamente a una partita di scherma.

Erano semplicemente la coppia vincente.

Ma solo in quella stanza dai neon scarichi.

Dopo, quando l'interrogatorio finiva, tornavano a essere soli e incompleti come sempre.

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