Capitolo 10- Quella gli è servita per... Capodanno


Il medico legale prese tra due dita un luccicante e freddo bisturi, poi, allegro, si avvicinò al cadavere di Rivera.
La testa era stata ricucita, per quanto potesse servire.
I punti avevano lasciato aloni scuri intorno a loro e adornavano il collo di Marcus come una macabra collana.

«Allora, ora procederò con l'autopsia.» Si sentì di specificare l'uomo, come se la situazione non lo suggerisse assolutamente.

Zelda stava lontana dal corpo, ma comunque posta a una distanza che le permettesse di vedere la scena.
Guardare quell'ammasso di carne smunta, bianca e prossima alla decomposizione, la fece sentire vuota. Vuota perché non sarebbe dovuta andare così.
In quel momento Rivera avrebbe dovuto essere a marcire nel carcere di Detroit, non su un lettino di gelido acciaio, con la testa ricucita come un moderno Frankenstein, la pelle cerulea e un terribile odore di morte addosso.
No.
La cosa che faceva sentire ancora più inutile Zelda era che ad uccidere quel bastardo non era stato un proiettile proveniente dalla pistola di un poliziotto.
Non era stata nemmeno una condanna a morte.
Era stato un altro assassino.
Lo aveva ucciso solo per giocare, non c'era nessun aspetto etico in quel gesto.

E adesso Zelda vedeva il bisturi scorrere su quella pelle grigio spento, qualche microscopica goccia di sangue rimanere sospesa ai bordi della fessura a Y appena aperta.

«Nessuna lesione esterna, esclusa la decapitazione. Nessun livido, taglio, ematoma. La testa è stata tranciata di netto, un lavoro preciso. L'arma usata è probabilmente un'ascia o un laccio metallico.» Il medico legale squadrava ogni centimetro del collo di Rivera, martoriato dalle scure cuciture.

Quando il chirurgo iniziò a ispezionare le  viscere del cadavere, Xavier distolse lo sguardo.
Non che gli facesse senso, ma la situazione in sé lo innervosiva, troppo, e vedere con i propri occhi quello scempio non lo avrebbe aiutato.
«Ora del decesso?» chiese, le palpebre adornate di lentiggini abbassate, lo sguardo fisso sulle mattonelle nere del pavimento.

Il medico forense annuì, tranquillo.
«Ora del decesso... mi è difficile stabilirla precisamente dopo giorni, ma presumibilmente...» si fermò qualche attimo, riflettendo, «tra le otto e le dieci di sera del trenta dicembre.»

Mulder mugugnò qualcosa.
Era l'unico che guardava la scena con disinteresse. Almeno all'apparenza.
«Il proprietario dell'hotel ci ha detto che solo quattro persone hanno alloggiato da lui. Due il primo di gennaio, le restanti il giorno dopo.» Sì zittì, pensando.

Xavier continuò per lui, alzando per la prima volta gli occhi.
«Sì. Il cadavere non è stato ucciso in hotel.
Vi ricordate quanto poco sangue c'era? Se non fosse stato solo perché era stato decapitato da morto, ma anche perché era deceduto già da ore, forse giorni?»

Zelda si avvicinò leggermente al cadavere.
Le mani nascoste dai guanti non smettevano di tremare, lei le teneva aggrovigliate tra loro, cercando di nascondere quel tremolio.
«Va bene. Quindi Enigma ha ucciso Rivera il trenta dicembre, ha caricato il corpo in macchina e lo ha lasciato in hotel. Ha portato solo il corpo e non la testa» Zelda deglutì, pensando a quanto potesse essere realistica quella ipotesi, «quella gli è servita per... Capodanno.»

Il medico corrugò la fronte e si sentì in dovere di domandare:
«Ma perché portarlo in quell'hotel? Non ha il minimo senso.»

Zelda scoppiò in una risatina sull'orlo dell'isteria.
Xavier la guardò, non imitandola, ma comprendendo il suo inaspettato gesto.

Non ha il minimo senso, si ripetè mentalmente il ragazzo.
Per tutti quelli che non conoscevano Enigma, l'azione dell'omicida poteva benissimo sembrare senza un filo logico.
Ma in quell'hotel lui e Zelda ci erano stati, ironicamente, addirittura il giorno dell'omicidio.
Mentre Enigma decapitava quel che rimaneva di Rivera, loro alloggiavano nella stessa camera che sarebbe diventata una scena del delitto.
Una coincidenza surreale.

«Io e mio fratello abbiamo alloggiato in quell'hotel. Crediamo che far ritrovare il cadavere in quell'albergo sia stata un'azione mirata.» Zelda era intervenuta, fredda e sintetica, come ben sapeva fare quando voleva chiudere in fretta un discorso.

Il chirurgo assottigliò lo sguardo.
«Quindi ce l'ha con voi?»

«Sì.» Mulder rispose senza pensare, mentre teneva lo sguardo ancorato alla rigida figura di Marcus.
Ho pensato a te per due anni interi, bastardo. Pensò il detective, ricordando quanto si era tormentato rimuginando su dove Rivera potesse essere.
Probabilmente ci aveva riflettuto anche mentre quel maledetto era già senza testa.

Tutti e tre i detective erano cosparsi dalla
stessa complicata emozione.
Un misto di rabbia e delusione, impotenza e rancore, che li faceva frullare per la testa lo stesso pensiero.
Non doveva finire così.

«Questo è molto interessante!» esclamò, quasi euforico, il chirurgo.
Riemerse dalle viscere di Rivera con uno smagliante sorriso.
«Mi sbagliavo. Una ferita c'è. Un taglio, nella parte posteriore del polpaccio» Il dottore mostrò la gamba cadaverica agli investigatori.

Al centro, un impercettibile taglio, ricucito con punti applicati con cura certosina.
Stessa distanza l'uno dall'altro, ogni piccolo trattino di filo aveva lunghezza identica.

«Ah, si è addirittura premurato di richiuderlo» sentenziò il medico, ironizzando.

Zelda si avvicinò. Le labbra, brillanti sotto la luce del neon acceso, erano appena dischiuse.
La ragazza guardò lo sfregio, poi osservò come il chirurgo, accigliato, stesse tastando la carne morbida del polpaccio.
Rimase qualche attimo incerto, poi annuì a se stesso e si avvicinò al tavolino scintillante a fianco alla salma.
Riprese tra le mani il bisturi e squarciò quel taglio violaceo, qualcosa di trasparente e indefinito si nascondeva in profondità, tra la carne della gamba.

«Non è stata premura» sussurrò Zelda, mentre una ciocca sanguigna si scompose sfiorandole le ciglia.

«Santo Dio...» quasi gridò l'uomo, «ma questo è un biglietto!»

Zelda e Xavier si guardarono, poi entrambi rivolsero lo sguardo verso Mulder.
Lui rispose con un'occhiata emblematica, come se avesse già previsto la situazione.

Il medico si avvicinò agli investigatori, tenendo tra i guanti intrisi di sangue un piccolo sacchetto di plastica, contenente un pezzo carta.
Non servì estrarre il biglietto dall'involucro.
Si poteva già benissimo notare la piccola medusa che era disegnata sulla superficie.

Mulder diede un'occhiata veloce al foglio, poi si voltò immediatamente, come se ormai la vista di quell'immagine lo nauseasse.

Xavier e Zelda, invece, rimasero a osservare il disegno in silenzio, mentre il chirurgo si era improvvisamente zittito, non sapendo cosa dire.

«Dovevate aspettarvelo, non ditemi che siete sorpresi» sentenziò Mulder, mentre prendeva l'impermeabile dall'appendiabiti.

«Adesso risparmiaci il sarcasmo.» Tagliò corto Zelda, con un tono velenoso che non ammetteva repliche.

Xavier non rispose alla provocazione di Oscar, ma chiuse gli occhi per un momento.

Poi si guardò intorno, si allontanò dal tavolo di acciaio e diede un'ultimo sguardo al cadavere di Rivera, come se dovesse in qualche modo dirgli addio.
«Chiuso il caso Omega» affermò, prima di scomparire nell'oscurità del corridoio oltre la porta.

Le lampadine tonde e lucenti brillavano di un arancione dorato e sfavillante e andavano a comporre la scritta "Lullaby", che risplendeva sull'asfalto scuro e bagnato di pioggia.

All'interno il locale era illuminato solo da poche abat-jour dalle fioche luci, i tavolini tondi da due posti erano sparsi a ferro di cavallo intorno a un palco, in cui un gruppo jazz, rischiarato dai riflettori, intonava vivacemente Rhythm Rhapsody.
Potevano sembrare umani, le loro espressioni erano umane, tranne per il fatto che quei musicisti erano morti da un secolo.
Ologrammi. Adesso erano solo ologrammi, ombre di se stessi che replicavano le azioni come burattini per il solo scopo di intrattenere.

Le coppie ballavano un Charleston vivo ed energico, muovendosi in un turbinio di frange metalliche, lunghe collane di perle oscillanti e giacche svolazzanti.

Zelda guardava il palco silenziosa, aggiustandosi sul lato dell'acconciatura la piuma smeraldo.
Non era mai stata al Lullaby in compagnia, ma ora che a fianco a lei c'erano Xavier e Mulder si sentiva meno a disagio e più affine alla realtà del locale.

«Rivera...» mormorò Mulder, sorridendo pensieroso, mentre guardava la coppa di Sidecar davanti a lui.

Come aveva fatto Enigma a trovarlo? Come aveva fatto a riconoscerlo?
Mulder sentiva crescere dentro di lui una rabbia cocente, una frustrazione incontrollata.
Se lo scopo di Enigma era di beffeggiarlo, ci era riuscito in maniera eccellente.

«Lui non può averlo semplicemente riconosciuto... a meno che-» Zelda venne interrotta dal fratello.

«A meno che lui non lo conoscesse già da prima.» Xavier guardò un gruppo di ballerini al centro della sala.
Un giorno, gli sarebbe piaciuto condividere un jazz con qualcuno.

«Sì, ma da quanto? Almeno due anni.» Mulder bevve un lungo sorso di cocktail, e sentì subito il naso formicolare per il forte odore d'alcol.

Zelda scosse la testa. 
Cercava disperatamente un filo logico in quella matassa aggrovigliata e colma di indizi incollegabili tra loro.
Si trovò a pensare se una ragione ci fosse veramente, o se Enigma volesse solo...

«Vuole giocare con noi.» Constatò Zelda all'improvviso, mentre squadrava le proprie unghie a mandorla e smaltate che reggevano una sigaretta.

«È ciò che pensiamo tutti.» Mulder assottigliò lo sguardo, improvvisamente disinteressato all'alcolico di fronte a lui.

«Sì, ma è qualcosa di più profondo.
Perché scegliere proprio Rivera e fare un lavoro così complesso? Poteva scegliere chiunque altro, allegare un biglietto in cui ci nominava e ci avrebbe colpito comunque, ma lui... Marcus sembra una vittima estremamente mirata, troppo per qualcuno che non ci conosce veramente» Zelda si fermò un istante, «e tutte quelle lettere, ancora prima dell'omicidio... lui vuole divertirsi con noi.»

«Stai dicendo che vuole giocare allo psicologo?» Xavier la guardò insospettito.
Era un'ipotesi talmente possibile, alla luce di tutte le prove raccolte fino a quel momento, che era difficile da sopportare.

Zelda annuì, Mulder sbuffò e si stirò guardando il soffitto.
«Che figlio di puttana» mormorò il detective.
«Gli indiziati?» chiese poi.

«Li stanno portando in centrale per interrogarli» Zelda aprì la pochette di velluto blu, prendendo il proprio ClearCircle, «Alma mi ha lasciato un messaggio. Dice che l'interrogatorio inizierà tra mezz'ora.»

«Lasciamoli aspettare ancora un po', quei bastardi.» Mulder sembrava aver riscovato una flebile vena d'ironia, che suscitò sia in Zelda che in Xavier un sorrisetto divertito.

«Mulder...» Zelda alzò le sopracciglia, guardandolo contrariata.

«Va bene, va bene,» Mulder alzò le mani in segno di resa, «muoviamoci, allora.»
Il detective si alzò dalla poltrona di velluto bordeaux, poi bevve un ultimo sorso di alcolico.

Si sentì uno scrosciò di applausi insieme a una moltitudine di diverse e divertite risate.
Una ballerina era scivolata per colpa dei tacchi, dopo aver provato una doppia piroetta.
Lei rideva insieme agli altri, rise fortissimo fino a che un ragazzo tra la folla non le diede una mano ad alzarsi.
La giovane si sistemò aggraziata i boccoli biondi e la corta gonna di frange, poi continuò a scherzare con il gruppo che le si era avvicinato.

Xavier sorrise fugace di fronte a quella scena.
Sì, gli sarebbe piaciuto davvero condividere un jazz con qualcuno.

Seduta composta su una delle sedie davanti alla stanza degli interrogatori, Liza Aster diede un'occhiata al proprio sottile orologio dorato. L'appuntamento era per le cinque e mezza del pomeriggio, e stava aspettando da almeno venti minuti.
Odiava attendere qualcuno che nemmeno conosceva, la reputava un'ingente perdita di tempo.
Ma d'altra parte sapeva che essere in ritardo faceva parte della psicologia di almeno il settanta percento della popolazione, un dato quasi certo che la rassicurava.
Comprendere le azioni di qualcuno, se ve ne si faceva uno studio psicologico, era molto più semplice.
Lei lo sapeva bene.

I tre detective varcarono la soglia della centrale, silenziosi, togliendosi quasi contemporaneamente i guanti di pelle scura.

«Siete i detective del caso Enigma?» Una donna, oscillando nel proprio abito di seta lilla, si avvicinò agli investigatori.
Delle dolci onde corvine le accarezzavano le guance incipriate, fermandosi composte a metà collo.
Quando si voltò, la piuma perlacea che le adornava la chioma ondeggiò appena.
Aveva ciglia lunghe e truccate, soprattutto quelle inferiori, che le incorniciavano gli occhi d'ambra, dandole un'aria da bambola di porcellana.
La donna si sistemò i candidi guanti di raso, poi puntò il proprio sguardo incuriosito prima su Mulder, poi su Zelda e infine su Xavier.
Li stava ispezionando.

«Sì, siamo noi. Lei è?» chiese Mulder, facendosi strada nel corridoio illuminato al led.

La donna si fermò davanti a Oscar, poi gli porse la mano.
«Liza Aster. Mi hanno incaricata di aiutarvi negli interrogatori» si fermò un momento, per continuare a squadrarli, poi sorrise. «Sono una criminologa.» Specificò.

Mulder ricambiò la stretta.
«Oscar Mulder.»

Liza si apprestò a stringere la mano anche a Zelda, che si presentò distrattamente.
D'altra parte, come poteva prestare attenzione a una sconosciuta, in quella surreale situazione? «Chi, precisamente, l'ha incaricata di seguire il caso?» domandò, con una punta di sospetto nella voce.

«Il detective capo della Omicidi. Bennie Carter. Ha detto che eravate alle prese con un possibile serial killer e che serviva un criminologo, mi sono presentata al colloquio e ha deciso di assumermi.»

«Allora una cosa giusta l'ha fatta, Carter...» Pensò a voce alta Mulder, sotto lo sguardo divertito e un po' confuso di Liza Aster.

Quando lei si sporse per presentarsi a Xavier, lui la liquidò con una stretta veloce e un sorriso di cortesia che svanì troppo in fretta.
Poi la superò, il suo cappotto scuro svolazzando leggiadro e la sfiorò appena.

Xavier si guardava intorno, in cerca della stanza degli interrogatori.
Sapeva bene dove fosse, ma in quel momento non riusciva a ricordarlo.
L'unica cosa che sapeva era che voleva finire quella faccenda il prima possibile.
Interrogare i sospetti e sperare di trovare indizi utili.
Nulla di più.

Liza rimase un attimo immobile, poi rivolse uno scintillante sorriso a Zelda e Mulder.
«Très bien. Possiamo incominciare?»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top