Capitolo 1- Assecondare Enigma
«Zelda, hai completato i resoconti prestabiliti?» Bennie spacchettò dalla stagnola il panino, poi ne addentò un pezzo e un grumo di salsa cadde sulla scrivania.
Faceva scattare ripetutamente la catenella della piccola lampada verde da tavolo, che si spegneva e riaccendeva con uno stressante ritmo.
«Allora?» domandò il detective.
Zelda, seduta davanti a Bennie Carter, stava ispezionando la stanza con noncuranza.
Il ventilatore era spento, a fianco alla scrivania in mogano.
Un vecchio telefono a cornetta era abbandonato e impolverato sulla mensola, vicino a una candida macchina da scrivere.
Bennie aveva scelto, come la maggior parte della gente di Detroit, di tornare indietro negli scintillanti anni ruggenti, per assaporarne l'affascinante moda.
E Zelda si rammaricava di aver compiuto la stessa scelta di quell'arrogante e viziato piccolo uomo.
Lei fece scivolare una mano sulla chioma sanguigna, libera e acconciata all'indietro con una punta di gel. Tra le ciocche splendeva una gemma dorata, incastonata in un fermaglio d'argento.
Poi si sistemò le pieghe della porzione di dolcevita che sbucava dal cappotto aperto.
«Certo, Bennie. Li ho lasciati ad Alma.»
«Perché non li hai portati direttamente a me?» chiese lui con evidente irritazione, poi diede un altro imponente morso al sandwich.
«Perché non pensavo di trovarti qui» si limitò a rispondere lei.
«Non pensavi di trovarmi qui? Da cosa lo hai dedotto, eh?»
«Tu non sei mai in ufficio, Carter. Sei sempre ai Caraibi, alle Maldive. Oppure a New York, nella tua villa a Manhattan ad impartirci ordini via ologramma» sibilò Zelda, sistemandosi sulla sedia.
«Lynch, prova ancora una volta a insinuare cose del genere e ti ritrovi disoccupata.
Il licenziamento è più vicino di quanto immagini, tesoro» sentenziò Carter, buttando vicino alla ragazza la carta usata del panino.
Lei lo ignorò con un sorrisetto, prese un accendino dalla tasca del cappotto candido e si accese lentamente una sigaretta.
«Prima o poi la tua arroganza ti avrebbe convinto a licenziarmi» affermò soltanto, poi il suo viso scomparve dietro a un denso manto di fumo pallido.
«No, ti sbagli. Non vuoi accettare il fatto che sei dove sei solo grazie a Mulder. Non così necessaria, Zelda, non così necessaria.»
Zelda lo guardò ancora per qualche istante, squadrandolo per intero, partendo dagli occhi chiari e pieni di saccenza fino alle mani abbronzate incrociate davanti al petto.
«E tu grazie a chi sei dove sei?» chiese lei, poi, colpendo il filtro della sigaretta, fece depositare una nuvola di cenere sulla scrivania.
Sto rischiando.
Pensò.
Troppo.
«Voglio farti vedere dei documenti, Zelda» annunciò di colpo Carter, poi prese un disco di silicone trasparente che sotto al tocco del suo pollice si avviò.
Comparvero le carte d'identità di diverse persone che lei riconobbe come lavoratori del loro distretto.
«Sai cosa sono questi, Zelda?» chiese Bennie, ma prima che l'altra potesse rispondere ricominciò a parlare.
«Qui sono registrati tutti i poliziotti, i detective, tutte persone che lavorano sotto il mio comando. Vedi quei puntini alla sinistra delle loro foto?» indicò lo schermo, «ognuno ha il proprio. Sai perché sono di diversi colori? Verde: non sei a rischio licenziamento. Blu: rischi.»
Vedeva scorrere davanti a sé decine di volti.
So dove vuoi andare a parare, stronzo.
Pensò lei, mentre aspirava un'altra breve boccata di fumo latteo.
Carter si fermò un attimo a osservare il volto che l'ologramma stava proiettando.
La figura sottile di una giovane donna dai capelli scarlatti e dallo sguardo attento guardava davanti a sé, immobile.
«Oh, guarda, ci sei tu. Dai un'occhiata al tuo bollino» esclamò malizioso Bennie, mostrando la sfera color pece posta vicino all'immagine della ragazza.
«Nero: licenziamento quasi certo.»
Carter fece scorrere le carte d'identificazione una o due volte, con un sorrisetto incurvato e odioso tra i denti. Poi si fermò bruscamente.
Zelda vide l'immagine del proprio fratello comparirle davanti.
Gli stessi occhi color menta, gli stessi lineamenti fini, le stesse minuscole lentiggini stese sugli zigomi. Lo stesso fascino austero.
Lo sguardo pensoso tuttavia brillava di una luce meno burrascosa di quella di Zelda, più pacata.
Un cerchio nero lo accompagnava alla sua sinistra.
«Almeno il tuo gemellino ti farà compagnia» affermò Bennie, scrutando l'ologramma di Xavier Lynch.
Zelda si portò appresso il posacenere e delicatamente ci appoggiò la sigaretta ancora a metà, ma Carter la prese per finirla.
Lo guardò infastidita mentre terminava la sua sigaretta e sorrideva compiaciuto.
Quanto vorrei farti ingoiare tutta quella cenere.
Pensò guardando la ceneriera.
«Ora cosa penserà di te Mulder?» la provocò Carter.
«Non mi hai ancora licenziata e già pensi a come potrebbe prenderla Oscar? Tu non vedi l'ora di umiliarlo, anche adesso che si è ritirato» scattò velenosa la ragazza.
Bennie rimase impietrito per qualche secondo, con ancora il sorriso stampato in volto e la sigaretta che si consumava tra le dita.
Bingo, aveva fatto centro, la ragazza.
Anche se lui non lo voleva ammettere nemmeno a se stesso.
La verità era esattamente quella.
Mulder si era ritirato e lui, Bennie Carter, aveva preso il suo posto.
Ma nessuno lo aveva mai rispettato e si chiedeva il perché.
Ogni tanto aveva dei modi rudi, ma non era così che faceva anche Mulder? Cosa importava se ogni tanto rimproverava i suoi inferiori?
Doveva fare in quel modo, doveva imporsi o se ne sarebbero approfittati sicuramente.
«Zelda... sei molto più interessante quando non sputi veleno» disse Carter mellifluo, osservandola corrucciato.
Lei sorrise. Un sorriso colmo di sarcasmo.
«Purtroppo non tutti possono essere come tu vorresti.»
Carter non rispose. Calò un tremendo silenzio per qualche attimo.
«Tu mi saresti potuta anche piacere, sai? Ma devi sempre ostentare tutta questa sicurezza che non hai, soprattutto con me. È irritante» Bennie si sistemò sulla sedia senza distogliere lo sguardo dall'investigatrice.
«Peccato» ammise, «sarebbe tutto più semplice se ti arrendessi al fatto che sono un tuo superiore» disse, con un tono viscido e dolciastro.
Zelda si fermò a pensare.
«Credo proprio che non lo accetterò mai.»
Carter rise, poi aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse un documento di dimissioni.
«Lo sai che posso farlo» esclamò, alludendo al licenziamento.
L'altra guardò il foglio con disinteresse.
«Prima o poi tutti si accorgeranno di chi hanno veramente messo a capo del dipartimento.»Le parole le erano uscire di bocca in un fruscio e per un attimo si chiese dove avesse trovato il coraggio per esprimere tutto l'odio che provava per Carter.
Lui non disse nulla, ma avvicinò il documento verso Zelda.
Lei sapeva che soltanto un'altra frase le sarebbe potuta costare troppo.
Poi guardò il volto di Bennie, una maschera d'arroganza e superiorità.
Lui sapeva di avere il potere.
«La Omicidi ha fatto un terribile errore con te.»
Carter la guardò con una strano sguardo. Sembrava che due diversi sentimenti lottassero dietro ai suoi occhi chiari.
Non si aspettava che lei sarebbe arrivata a tanto e per tutto quel tempo si era convinto che avrebbe potuto averla per sempre.
Ma adesso si trovava davanti a delle parole che l'avevano bruciato nell'orgoglio e sarebbe stato un gesto di fragilità inaccettabile passarci sopra.
«Mi dispiace. Ma, sai, così mi costringi a farlo.» Picchiettò con l'indice lo spazio vuoto del foglio, indicato per la firma.
«Firma qui, per cortesia.»
Lei fece scorrere il suo classico sguardo tagliente e indagatore lungo tutto il foglio che stava sgretolando anni di lavoro e determinazione.
Bastava solo qualche millilitro di inchiostro a bagnare la carta del documento e lei avrebbe ammesso il suo insuccesso.
Ora che cosa penserà di me Mulder?
Zelda se lo domandava, anche se non voleva regalare a Bennie la soddisfazione di darlo a vedere.
Per un attimo lei sentì la rabbia corroderla come acido.
Per un istante si sentì adirata con Oscar per averla lasciata in pasto a Carter ben sapendo chi era.
Ma dopo il caso Rivera lui aveva mandato in fumo tutto ciò per cui avevano lavorato in quegli anni, tutta la passione per il proprio lavoro l'aveva abbandonato.
Sta abbandonando anche me?
Capì che l'ira che l'attanagliava non era per Mulder.
Bennie Carter era la causa.
Lui amava dividere le persone, e sembrava soddisfatto di esserci riuscito, almeno per qualche attimo, con Zelda e Oscar.
Divide et Impera.
Zelda si guardò intorno.
«Ti sei dimenticato la penna.»
Carter gliene passò una con patetica accortezza, poi la guardò firmare.
Zelda rifletté qualche secondo prima di staccare la penna dal foglio, mentre l'inchiostro si espandeva come radici sulla carta.
«Ecco, brava.»
Alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli arroganti di Bennie.
«Ora sono licenziata?»
«Sì, ufficialmente.»
«Allora non hai più influenza su di me, giusto?»
«Purtroppo no.»
Zelda sorrise amaramente, poi si mosse lenta verso la scrivania.
Prese il posacenere con una mano e lo guardò per qualche istante.
Che cosa crede di fare?
Pensò Carter.
Lei alzò la mano in cui teneva il contenitore e si avvicinò ancora di più a Bennie.
«Dirò a Mulder che lo saluti» disse, mentre riversava la cenere sui capelli biondi dell'altro.
«Zelda!»
La ragazza si voltò, lasciando cadere la scatola con i suoi oggetti sul tavolo.
Xavier era sulla porta, affannato.
Doveva aver corso per tutto l'ufficio a costo di raggiungerla.
I suoi occhi risplendevano della luce limpida proveniente dalla finestra, colmi di bagliori mattutini risultavano talmente chiari da diventare d'un verde impercettibile.
Non posso dirglielo.
Pensò lui. Non sarebbe mai riuscito a confessare alla sorella che Carter lo aveva licenziato.
Poi vide la ragazza cercare di nascondere i suoi effetti personali impacchettati e un senso di sollievo misto a sconforto lo catturò.
«Bennie Carter, lui-» lei si zittì, vedendo che anche il fratello teneva tra le mani uno scatolone.
«Siamo fuori, Zelda.»
«Prima o poi lo avrebbe fatto. Carter ci odiava dall'inizio.»
«Non posso accettarlo» sibilò Xavier, ma prima di continuare venne interrotto da una voce stridula.
«Lynch!»
Entrambi i fratelli si girarono.
Alma Bailey, capelli laccati e acconciati in una permanente ondulata perfetta, era nel corridoio e stava avanzando nella loro direzione, ondeggiando e creando un rumore assordante con i tacchetti delle scarpe di vernice. Era entrata nella Omicidi col caso Rivera, il caso Omega, e adesso Carter l'aveva declassata a sua segretaria.
Tutto l'ufficio si voltò a guardare chi stava urlando in quel modo.
«No, ti prego» mormorò Xavier, insofferente.
«Lynch!» strepitò ancora una volta Alma, entrando nella stanza, «ci hanno spedito questa, l'hanno recapitata all'ufficio e sono andata a prenderla io» continuò con un timbro più basso e pieno di preoccupazione.
I gemelli si adocchiarono perplessi.
«Qualunque cosa sia, devi farla vedere a Carter» affermò, seppur riluttante, Xavier.
Alma iniziò a gesticolare e gridare, rasentando l'isteria.
«No, No! Non capite, è troppo importante, ma sono sicura che Carter la butterebbe nel cestino! Io... ho paura» dichiarò lei, calmandosi un poco dopo aver finito la frase.
«Alma... siamo stati licenziati-» Zelda venne interrotta dalla Bailey, che aveva aperto nuovamente la lettera e aveva iniziato a leggerla.
«Enigma è il nome di colui che scrive questa lettera, la stessa lettera che farà accendere la miccia e infiammare gli animi di chi, come me, ama e combatte per la Dea Perfezione.
La mia Musa mi ha ordinato di farlo e io ubbidiente seguirò le sue richieste» Alma si fermò un attimo, poi con voce tremante aggiunse:
«Scorrerà quel sangue cremisi, denso e perfetto che lei ama tanto. Non vi dirò quando ciò succederà, quando ucciderò per la prima volta, ma voglio che questo messaggio venga recapitato al detective Oscar Mulder, che sarà certamente lieto di rispondermi.
Tocca a te, detective, decidere se assecondare o no Enigma.» Alma guardò gli altri due con occhi colmi di terrore.
«Credo... credo sia una specie di schizofrenico o roba del genere. E poi, chi scrive ancora lettere a mano?
È pericoloso, vuole che Mulder gli risponda, altrimenti...»
«No, continuerebbe a uccidere anche se Mulder gli rispondesse. Ma se Oscar non lo facesse, le vittime di Enigma gli sarebbero ancora di più sulla coscienza. Sta giocando sulla psicologia e sui sensi di colpa» affermò preoccupato Xavier.
Zelda prese la lettera dalle mani di Alma.
«Alma, non dire a Carter una parola» ordinò, poi si rivolse a Xavier.
«Andiamo a trovare Mulder.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top