43.Guerriero in arrivo

Blake, Gunnar e i loro uomini approdarono in un piccolo villaggio a nord delle coste appartenetti ali territori di Dunholm.
Era grato al vescovo per quello che aveva fatto per lui nonostante sapesse benissimo che non fosse mai stato un buon cristiano, perciò aveva chiesto a Gunnar di lasciare in pace i suoi territori. Avevano quindi ormeggiato le loro barche in un piccolo porto naturale più a nord. Il villaggio era davvero solo un piccolo agglomerato di case di case di contadini.
Gunnar aveva ritenuto che non ci fosse alcuna ricchezza da saccheggiare. Infatti non c'era nemmeno nessuno a custodire quel piccolo borgo. Si concentrarono quindi solo sulla locanda vicino alla darsena. L'oste vedendosi la taverna invasa dai guarrieri danesi elargì grossi quantitativi di birra senza chiedere nulla in cambio e offrì la compagnia delle prostituite a suo servizio con la speranza che bastassero a calmare i bollenti spiriti di quei selvaggi in modo da lasciare stare le giovani figlie dei contadini che abitavano in zona.
Tra canti e risate e numerosi brindisi, Blake raggiunse cupamente l'oblio in cui era solito rintanarsi. La quantità di uomini all'interno della locanda, unita all'alcol che scorreva nelle sue vene gli aveva creato una calore insopportabile.
Si tolse la tunica e l'armatura in cuoio per poter respirare meglio, destando l'attenzione di una prostituta dalla capigliatura rosso fuoco.
I suoi pettorali si erano inspessiti ancora di più negli ultimi mesi in seguito alle frequenti battalglie e a quella vista la donna vi si gettò su di lui. Vi erano molti uomini, molto meno avvenenti con cui poteva capitare, ma vedendo un uomo così piacente in palese stato di ebrezza si fece avanti.
Si sedette a cavalcioni su di lui porgendole i seni direttamente in faccia. Blake vi affondò l'intero volto brandendo una di quelle due morbide coppe con una mano. Quando riemerse alzò gli occhi e vide Eeda, le sorrise e la prese per la vita la facendola sedere sul tavolo.
Il vociare introno al lui era sparito. Erano solo loro due e nessun altro al mondo. Le prese il volto tra le mani e la baciò con passione. La strinse facendole scivolare il bacino sul tavolo e spingendolo contro il suo. Le mani della donna si insinuarono subito nei pantaloni sfilando i lacci che stringevano il tessuto sotto il suo ombelico. La sua erezione sgusciò fuori come una animale a cui sono state aperte le gabbie, ma a un tratto una figura si insinuò tra loro afferrando il seno sinistro di Eeda.
«Non vorrai tenertela tutta per te, Heron!»
Qualcuno si stava apprestando ad assaggiare i capezzoli di sua moglie, la quale iniziò a ridere sguaiatamente.
Blake afferrò l'uomo per i capelli e lo allontanò da lei per poi piegare il braccio all'indietro con l'intento di caricare un pugno poderoso, ma il tocco di una mano ossuta placò il suo intento di spaccare il naso dell'intruso.
«Quanto ardore guerriero. Nessuno mi aveva mai baciato così. Non ti preoccupare, sarò solo tua se vuoi»
Era una voce femminile fastidiosamente nasale. Si voltò verso la donna che gli cingeva le gambe intorno alla vita e si rese conto che quella che aveva appena baciato non era sua moglie, ma una prostituta maleodorante, con il naso storto e un buco nero al posto di un canino.
Strattonò violentemente la testa dell'umo che rideva sotto la sua presa spingendolo a terra, mentre con un gesto pieno di collera si divincolò della gambe della donna facendola quasi cadere dal tavolo.
Corse fuori dalla locanda in preda ad un conato di vomito. Riverso a terra, mentre rimetteva, si ricordò di quando Eeda era stata male fuori dalla locanda durante il loro viaggio verso Dunholm. Del suo pallore la mattina successiva. Di quell'ombra di incertezza nel rispondergli riguardo i giorni di sanguinamento. Dei suoi capezzoli più scuri e dei seni più pieni che aveva sentito sotto di se' la prima notte di nozze.
«No. Non lo farà. Almeno per un po'
Si rammentò di quella strana frase che gli aveva detto mentre era inginocchiata in lacrime davanti a lui, quando Boyd l'aveva fatto prigioniero e infine l'inconsueta reazione di suo padre quando aveva ripreso Aidan che l'aveva strattonata.
Si era convinto che quella strana luce negli occhi di Eeda, che la rendeva più radiosa del solito, fosse dovuta alla consapevolezza di essere sua moglie, invece, solo in quel momento contemplò la possibilità che fosse per un'altra ragione. Il dubbio che Eeda potesse essere stata incinta iniziò ad attanagliarli le budella.
Corse dentro la taverna e recuperò la sua tunica e il suo mantello.
«Ci vediamo a Berwick» Disse in modo sbirgativo ai suoi ed si dileguò.
Cavalcò più veloce che potè un puledro che aveva rubato alla fattoria vicina alla locanda. L'animale era abituato alla vita da fattoria e non era avvezzo a certe andature, ma Blake riuscì ad incanalare la forza di quella giovane bestia e raggiunse in poco tempo il piccolo villaggio dove aveva dormito con Eeda e le sue guardie, prima di fare visita al Vescovo.
L'unica che poteva fornirgli delle risposte nell'immediato era quelle vecchia pagana che Eeda aveva consultato quella sera.
Considerando quanto fosse stata turbata da quella consultazione, c'era la possibilità che avesse appreso il proprio stato da quella donna.
Entrò sbattendo le porte della taverna e si diresse subito verso il piano superiore seguito, inevitabilmente da quattro uomini armati pronti a ricordargli le buone maniere.
Fece tempo a fare irruzione nella piccola stanzetta maleodorante.
«Fuori di qui!» Intimò al ragazzino che era seduto davanti all'anziana strega.
«Fuori ho detto!» Ripetè urlando in preda all'impazienza, ma le punte di quattro lame gli pungolarono la schiena, bloccando la sua impetuosità.
«Fermi! Non fategli del male.» Intimò la vecchia, alzando la mano verso gli uomini alle sue spalle.
«E' tutto a posto. Conosco quest'uomo.» Poi si rivolse verso il ragazzo. «Seldrich tesoro, torna domani. Ti prego da bravo. Ora va!»
«Lasciateci!» ordinò agli uomini che non si erano ancora mossi.
Blake si voltò ansimante verso di loro e si slegò il cinturone dove era appesa il fodero della sua spada. Appoggiò uno stivale alla sedia estraendone un pugnale e consegnò tutto ai quattro uomini che soddisfatti tornarono al piano di sotto.
La donna si alzò e si avvicinò a Heron allungando una mano verso il suo visto.
«Sento un profondo tormento che ti sta divorando l'anima, ragazzo mio.»
Blake spinse via il braccio delle donna.
«Sai davvero chi sono,strega?»
«So chi non hai detto di essere l'ultima volta che hai dormito sotto questo tetto.»
«Dimmi cosa hai detto alla mia donna quella sera!»
«Dalla sofferenza che vedo nei tuoi occhi immagino che si sia già avverato tutto quello che le avevo predetto. Perché lo vuoi sentire da me?»
«Ho bisogno di sapere cosa le hai detto esattamente. Le tue parole potrebbero averla condotta a fare scelte sbagliate.»
«Non esistono scelte sbagliate. C'è solo il fato.»
Blake fece per alzarsi in tono minaccioso, quando la vecchia iniziò a parlare.
«Quando siete arrivati qui il tuo seme aveva attecchito in lei da pochissimi giorni. Ho visto il vostro matrimonio celebrato da un ministro del vostro Dio cristiano nell'immediato futuro. Indossava una tunica rossa. Ho visto le vostra tre anime unirsi per poi perdersi poco dopo.
«Dannazione, so bene cosa è successo!» Urlò Heron picchiando i pugni sul tavolo e facendo spegnere alcune candele. «Voglio sapere le tue esatte parole!»
«Le ho detto che avrebbe dovuto fare una scelta difficile o nessuno di voi sarebbe sopravvissuto.»
Blake si alzò in piedi ansimando in preda alla furia e fece per imboccare l'uscita.
«Non vuoi sapere se è ancora viva?»
«Se non lo è, vecchia, tornerò qui e ti infilzerò con la mia spada.»
«Allora non lo farai. Lei sta bene. E incontra la tua anima perduta ogni notte nei suoi sogni.»
Lì su quella porta, gli occhi di Blake si colmarono di lacrime dense di sensi di colpa.

***

Eeda si coricò a letto sentendo la pancia dura come la pietra. Continuava a massaggiarsela sperando di sentire un piccolo movimento del piccolo Heron, ma più l'accarezzava e più sembrava indurirsi. Fu presa dal panico. Non era pronta a separarsi dal suo bambino e sapeva che se lo avesse messo al mondo al settimo mese di gravidanza, le probabilità di sopravvivenza sarebbero state troppo remote e non avrebbe potuto lasciare a Blake il suo erede.
Cercò di rilassarsi, ma l'agitazione aveva preso il sopravvento e implorò una delle guardie che stava sorvegliano la sua stanza di chiamare la levatrice.
La donna accorse pochi istanti dopo. Da qualche settimana Boyd le aveva assegnato una camera affianco a quella della figlia, per scongiurare ogni pericolo per il nascituro. Le aveva promesso di ucciderla se qualcosa di male fosse capitato al bambino, mentre l'aveva esortata a non fare nessuna azione a tutela della vita della figlia in caso di complicazioni, lasciando la precedenza al nasciuturo.
«Lady Eeda, cosa succede?»
«La mia pancia è durissima.»
La donna si apprestò a visitarla. Tastando prima il suo ventre dall'esterno e affondando poi la sua mano dall'interno, senza molta delicatezza.
Eeda urlò in preda al dolore causato da quella invasione e inizio a piangere terrorizzata che qualcosa stesse andando ancora storto.
«Smettila di piangere o il bambino verrà fuori debole e piagnucolone. Non stai partorendo. E' solo il tuo utero che sta iniziando a prepararsi. Stai immobile a letto e vedrai che domani mattina la tua pancia non sarà più così dura!»
La donna si congedò scocciata dall'inutile sveglia.
Eeda sentendosi mancare il respiro si girò su un lato e continuò a piangere.
Non era stata ferita dalla freddezza della donna. Ormai ci aveva fatto l'abitudine, ma provò per la prima volta un senso di solitudine davvero straziante. Anche se la donna le aveva confermato che suo figlio non era in pericolo, rimaneva il fatto che il suo corpo si stava preparando alla separazione, sapendo che il suo cuore non lo avrebbe mai fatto.
Si addormentò tra le lacrime e come tutte le notti sognò suo marito. Quella notte però fù diverso dai soliti sogni.

Non erano a Berwick, all'accampamento. Blake era invece seduto sul bordo del suo attuale letto, nella stanza che le
Faceva da prigione a Roxbourgh, proprio dove Eeda si era addormentata. Aveva i capelli e la barba lunghissimi leggermente bruciacchiati dal sole. La sua carnagione e i suoi occhi sembravano più scuri del solito. Il suo volto sembrava invecchiato di almeno un paio di anni mentre il suo fisico sembrava essersi inspessito. Non aveva lo sguardo spensierato di quando giacevano assieme in sogno, ma la stava fissando comunque con occhi pieni di amore. Le appoggiò le mani sul suo ventre e Eeda sentì il suo bimbo destarsi dal calore del suo tocco.
«Lo senti?»
«Si mia bella rossa, la sento.»
Vide il suo volto illuminarsi di felicità. Si coricò affianco a lei avvolgendola in un abbraccio e appoggiando di nuovo il palmo della mano sulla pancia. Le baciò la nuca e prese a sussurragli all'orecchio.
«Sto venendo a prendervi, piccola Manner, cercate di aspettarmi. Mi spiace averci messo tanto, ma mi ero perso.»
Sentì il piccolo Heron dimenarsi in pancia come destato dal suono profondo della voce del padre.

Spalancò gli occhi destata dell'energico calcetto, del tutto reale.
«Si piccolino mio, era tuo padre...Mi manca così tanto.» E scoppiò nuovamente a piangere a dirotto. Non si era mai lasciata andare così. Non voleva trasmettere tutte quelle sensazioni angosciati alla creatura che stava ospitando. Aveva quindi cercato di accettare il suo destino come ineluttabile e la mancanza di ogni minimo accenno di speranza l'aveva aiutata a tenere una sorta di equilibrio. Ma quel sogno così vivido le aveva aperto una ferita profonda. L'idea che le cose potessero andare diversamente la straziò e le fece cadere l'armatura, fatta di remissiva rassegnazione.

***

Il corno suonò una sola volta.
«Guerriero in arrivo!» Urlò una delle guardie della torretta.
«È da solo?» Chiese Ian raggiungendo di corsa la sentinella sui bastioni.
«Sì.»
Il cavaliere raggiunse le mura di Berwick e si fermò davanti al ponte levatoio. Con entrambe le mani si tolse il cappuccio del mantello scoprendo il volto e guardando verso l'alto.
A Ian bastò uno solo sguardo per capire che sua fratello era tornato. In tutti le accezioni del termine.

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