30. Alla sua porta
Era già mattina e non aveva chiuso occhio. Si infilò i pantaloni che le aveva procurato Unha. Aveva provveduto ad adattarli alla sua corporatura in modo che non la ingolfassero troppo e la agevolassero nei movimenti.
La tunica era leggera e le arrivava appena sotto le natiche . Ma era tremendamente larga. Si sentiva già impacciata a muoversi così nella sua stanza, figuriamoci durante l'addestramento con Ian.
«Eeda, Buongiorno! Guarda cosa ti ho portato. Ti ho rimediato un po' di accessori che ti saranno utili!»
Hemma era entrata nella sua stanza senza bussare. In quanto guerriera danese non badava molto alle etichette del castello, ma aveva tutte le intenzioni di spalleggiarla nel suo intento di imparare a combattere. Le stava mostrando delle lunghe polsiere di cuoio, rigide, spesse e con tre enormi fibbie per regolarle.
«Ho già fatto fare al fabbro altri due buchi nelle cinghie in modo da adattarli alle tue braccia.»
L'aiutò ad indossarli sopra la tunica, notando che gli coprivamo gli interi avambracci.
«Ecco! Sono perfetti!» Esclamò la danese soddisfatta. «E ora il pezzo forte...» Sventolò un corpetto di cuoio con un unica cinghia come spallina che le attraversava in diagonale il torace. Altre quattro cinghie erano poste sui lati in modo da farlo aderire perfettamente alla vita.
Hemma l'aiuto ad indossarlo e le strinse tutti i lacci.
«Come ti senti?»
«Diciamo ben contenuta!»
«Credimi, quando inizierai a dimenarti durante l'addestramento mi ringrazierai che i tuoi seni non sobbalzino in ogni direzione!»
Scoppiò a ridere entusiasta di avere una amica con cui condividere la passione per il
combattimento.
«Ti conviene raccogliere anche i capelli.»
Eeda riunì la sua folta chioma in una coda alta. Alcune ciocche erano ancora intrecciate dalla sera precedente. Si infilò infine gli stivali e la mantella di lana.
«Andiamo ora ci vuole una bella colazione prima di iniziare!»
Scesero assieme nel salone. Ian e Jamie stavano già addentando degli avanzi di una torta dalla sera prima.
«Eccole qui le nostre shilden maiden!»
Jamie era come al solito di buon umore, pronto a contagiare chi gli stava attorno con la sua positività.
«Lady Eeda, sembrate una vera guerriera. Vi ricordo che la veste però non fa il monaco... questa mattina scopriremo subito se siete portata o meno per la spada. »
Non erano ancora scesi nella corte, che Ian iniziò a provocarla con sfida.
Eeda mangiò solo del pane e sorseggiò un bicchiere di latte. Aveva lo stomaco chiuso. Aveva sotterrato tutti i suoi sentimenti la sera precedente e non aveva versato ancora un lacrima.
Quelle polsiere e quel corpetto di cuoio, non erano niente a confronto dell'armatura che aveva indossato il suo cuore.
Blake l'aveva sedotta nuovamente, per poi scappare nel letto della sua sorellastra pochissime ore dopo.
C'era solo una unica spiegazione e quel comportamento. L'amore e il coinvolgimento che aveva dimostrato nei suoi confronti dovevano essere solo una messa in scena. Era stata manipolata nuovamente da un uomo che sosteneva di amarla. Ne più ne meno come aveva fatto suo padre.
Eeda era completamente inesperta sulle faccende amorose. Aveva sicuramente confuso la lussuria di Heron con qualcosa di più profondo. Le aveva offerto protezione nonostante il suo rifiuto a sposarlo. Ma sapeva che quel gesto era tutt'altro che nobile.
Era solo un modo per legarla ancora a lui in modo da circuirla e farle cambiare idea, tutto mentre lui si faceva i suoi porci comodi con altre donne. Probabilmente anche dietro la proposta che Ian le aveva fatto riguardo l'addestramento degli arcieri, c'era Heron. Tuttavia non aveva nessuna intenzione di perdere l'occasione per completare il suo addestramento, in modo da essere capace di difendersi da sola e andarsene da quel castello il prima possibile.
Aveva deciso di non versare più una lacrima per lui. Non poteva permetterselo. Sapeva bene che se si fosse lasciata andare sarebbe caduta nella disperazione più profonda ed in cuor suo sapeva che, questa volta, non avrebbe avuto le forze di sollevarsi.
Essere stata usata da suo padre era già stato tremendamente duro da accettare, ma essere usata da Blake in quel modo era stato ancora peggio. Si era insinuato sotto la sua pelle, nella sua anima per poi manipolarla a suo piacere.
L'avava fatta innamorare di lui, l'aveva portata a tradire e combattere il suo stesso clan. Un senso di angoscia le bloccò il boccone di pane che stava ingurgitando al ricordo di come l'aveva posseduta nella vasca sotto la sua tenda.
Dopo questo amore mio, ti sentirai davvero mia. In quelle parole c'era tutto: la menzogna, il possesso e la premeditazione. Aveva deciso di farla sua in quel modo per farla perdere il lume della ragione, convinto che dopo quelle sensazioni lei avrebbe acconsentito ad ogni sua proposta, specialmente quella di sposarlo.
«Eeda ti senti bene?» Chiese Ian vedendola paonazza.
«Si scusate. Credo solo di aver mandato giù un pezzo troppo grosso di pane. Sono un po' nervosa per via dell'addestramento.»
Dentro stava ribollendo. Fino al giorno prima certi ricordi le avevano sempre creato una piacevole sensazione di calore e umidità in mezzo alla cosce, ma ora quello che provava nel profondo delle viscere era solo una rabbia assassina. Non vedeva l'ora di iniziare davvero l'addestramento per poter sfogare, almeno in parte, la furia che sentiva crescere dentro di sé.
«Vi dona anche questa veste Lady Eeda!» Blake comparse in piedi alla fine della tavolata.
Lurido viscido falso e prepotente! Era sparito per giorni interi dopo il loro arrivo al castello. Ora dopo la messa in scena di ieri aveva probabilmente intenzione di adularla. Ridicolo!
«Grazie.» Gli rispose in modo freddo, distratto e soprattutto senza nemmeno alzare lo sguardo dalla sua colazione.
Il silenzio cadde come un macigno sul loro tavolo. Si accorse che Ian, Hemma e Jamie la stavano fissando. Sapevano che tra loro il rapporto era ormai ai minimi termini, ma gli sguardi che si erano riservati la sera prima erano sfuggiti davvero a poche persone, di conseguenza non si aspettavano quella reazione così fredda, al limite di una dichiarazione di guerra.
Dopo un lungo silenzio, Blake sospiró prima di cambiare discorso e interlocutore.
«Ian, inizierete l'addestramento oggi?»
«Si, Blake. Questa mattina io e Hemma provvederemo a impartire a Lady Eeda i primi rudimenti della spada. Nel pomeriggio invece andremo sulla scogliera con le reclute per il tiro a lunga distanza.»
«Bene. buona giornata a tutti allora.»
Si allontanò con passo pesante fuori dal salone.
Blake seguì l'addestramento di Eeda dalle finestre delle sue stanze. Era una scena abbastanza disastrosa. Hemma e Ian non facevano altro che cercare di insegnarle la tecnica, mentre lei si ostinava a sventolare la spada di legno per aria in preda ad una furia che non le aveva mai visto in corpo, nemmeno in battaglia.
Non riusciva a spiegarsi tutta quella rabbia. Probabilmente aveva sbagliato a lasciarsi andare così la sera prima, ma tutti i suoi buoni propositi erano stati spazzati via dalla luce che aveva irradiato il salone non appena vi aveva messo piede.
L'aveva trovata meravigliosa anche quella mattina, con le sue curve avvolte nella pelle dei pantaloni e del corpetto che sembrava essere stato tagliato e cucito su misura intorno alle sue forme.
Ian la stava osservando battersi con Hemma con aria perplessa. Con voce marcatamente autoritaria, le continuava a ripetere indicazioni su come brandire la spada e come distribuire il peso sulle gambe. Eeda lanciò un urlo come a zittirlo e si scaraventò contro la guerriera danese che la fece cadere a terra. Ian e Hemma si scambiarono uno sguardo di intesa, mentre l'aiutavano ad alzarsi da terra. Eeda era a pochi passi da loro e respirava affannosamente. Il vichingo guardò verso le finestre delle stanze del Laird. Sapeva benissimo che Heron li stava osservando. Il suo sguardo era cupo e preoccupato e Blake si preparò a ricevere la sua visita a breve. Non si era più confidato con lui da prima della battaglia, evitandolo di continuo.
«Blake, non posso addestrarla se non so cosa le succede. Hai visto anche tu. E' completamente fuori di senno.»
Ian aveva malapena bussato alla porta del suo signore e vi aveva fatto praticamente irruzione.
Blake era ancora alla finestra che guardava le due donne allenarsi. Eeda sembrava lievemente più calma dopo l'episodio precedente.
«Blake! Mi hai sentito?» lo incalzò Ian non ricevendo alcuna risposta.
Le sue spalle si sollevarono per poi ricadere in un sospiro. «Non lo so Ian. Non so cosa dirti.» Rimase immobile continuando a guardare fuori.
Ian fu costretto ad avvicinarsi alla finestra per riuscire a parlare faccia a faccia con l'amico.
«Cosa diavolo è successo ieri sera per farla cambiare così atteggiamento?»
«Niente di più di quello che hai immaginato mentre tentavi di darci un attimo di privacy nel patio. Ci siamo baciati comprendendo che non era cambiato niente tra noi. Anzi, mi è parso che il distacco di questi giorni avesse solo aumentato la forza dei sentimenti che avevamo tentato di mettere da parte.»
«Quindi sei andato da lei durante la notte?»
Blake rise nervosamente.
«Sì, come tutte le sere. Mi ritrovo davanti alla sua porta a fare appello a tutta la forza di volontà per non entrare. In genere me la cavo con un quinto di candela. Ogni volta mi concentro e cerco di immaginarmela già addormentata, così riesco a fare ritorno alle mie stanze senza bussare alla sua porta. Ho fatto così anche ieri. » Sospirò. «Solo che ho consumato una candela intera prima di tornare qui.»
«Io non vi capisco davvero. Ma perché non la fate finita e vi sposate?»
«Ha passato la vita ad eseguire gli ordini del padre, ora deve capire quello che vuole davvero. Non voglio sostituirmi a lui.»
«Ma se lo sappiamo tutti cosa vuole!»
«Tutti, tranne lei evidentemente. Non è sicura di volermi sposare. Si nasconde dietro gli scontatissimi piani del padre, lo sai anche tu. Io non voglio farle pressione o peggio ancora sedurla per indurla a dirmi di sì. Voglio che sia una sua decisione. Solo sua.»
«Se non te ne fossi accorto le cose non stanno andando proprio come speravi e qualcosa l'ha fatta davvero imbestialire con te. Ci conviene scoprire cosa. Vorrei davvero evitare di addestrare la tua futura assassina.»
Blake guardò intensamente il suo amico riflettendo riguardo alla sua eccessiva apprensione. Per il momento si sarebbe limitato a lasciarle tempo e spazio come aveva fatto nei giorni precedente. Eeda era come una bellissima rosa selvatica ricoperta di spine. Voleva solo aspettare che cadessero in modo da poterla riavvicinare nuovamente.
***
I due mesi seguenti trascorsero lentamente. Eeda era impegnata nel suo addestramento e in quello dei suoi arcieri. Ian era riuscito a farle incanalare la sua furia facendole applicare tecnica e disciplina. Blake non perdeva mai occasione di osservarla. Stava cambiando lentamente sotto i suoi occhi, giorno dopo giorno. Il suo coraggio innato stavo scaturendo nelle sue nuove vesti di guerriera.
Ripensava spesso alla prima volta che si erano incontrati da adulti, mentre si nascondeva terrorizzata dietro a quel gruppo di prostitute. Le era sembrata un topino in gabbia, circondato da gatti famelici. Ora si muoveva sicura tra gli stessi uomini, come se niente e nessuno potesse farle del male. Questo perché godeva del loro rispetto e della loro lealtà.
Si era innamorato di lei quando era ingenua e vulnerabile, ma ora l'amava ancora di più nella sua nuova armatura.
Sapeva che sotto quella corazza che indossava tutte le mattine, c'era comunque la sua bella rossa, bisognosa di amore, protezione, rispetto, ma anche di tanta libertà.
Le mancava terribilmente. Non si erano nemmeno più guardati negli occhi dopo la sera del banchetto. Non l'aveva evitata come aveva fatto i primi giorni al castello, ma quando si ritrovavano nella stessa stanza, era lei ad ignorarlo completamente. Aveva provato in un paio di occasioni a rivolgerle la parola, ma lei aveva reagito sempre rimarcando le distanze .
Iniziava davvero a non poterne più di quella situazione. Ian aveva ragione. Il continuare ad evitarsi non li stava portano da nessuna parte. Prima di intraprendere qualsiasi azione decise di staccare qualche giorno. Doveva comunque far visita all'accampamento prima del Natale e decise quindi di anticipare il suo viaggio, approfittandone per riflettere meglio su come procedere.
Stava passeggiando per i corridoi del castello assorto nei suoi pensieri e dall'acquavite che si era portato appresso in un calice di argento.
Si ritrovò dopo mesi di nuovo davanti alla sua porta. Non aveva più passato le notti insonni a decidere se bussare o meno. Sapeva che presentarsi alla sua porta di notte avrebbe solo peggiorato le cose. Si era così semplicemente tenuto alla larga da quei corridoi, ma ora voleva solamente informarla della sua partenza.
«Entra pure Unha!» Sentì rispondere da dentro. Blake rimase in silenzio. Aveva paura che sentendo la sua voce non le avrebbe aperto.
«Unah, mi hai sentito?» Disse Eeda mentre spalancò la porta con un sorriso, ma non appena vide il Laird, il suo voltò si traformò e si fece tetro. Non aveva però distolto lo guardo da lui come faceva sempre in pubblico. Si limitava a sostenerlo guardandolo in modo impassibile.
«Cosa posso fare per voi mio Singore?» domando aggrappandosi saldamente alla porta, senza fare alcun cenno per accoglierlo nelle proprie stanze.
«Eeda... » Pronunciò il suo nome con un tono più roco del solito. Era stanco e assonnato. «Volevo informarti che domani parto per Norahm. Starò via qualche notte.»
«Avete bevuto troppo e avete sbagliato porta? Provate a bussare due porte più in là, forse qualcuno potrebbe essere interessato ai vostri programmi.» Rispose con tono acido e fece per chiudere la porta.
Blake la bloccò spingendola con l'intero avambraccio.
«Avete intenzione di entrare nella mia stanza con la forza, mio Signore?»
«No, ma visto che vuoi usare un atteggiamento così formale, non mi sembra di averti ancora congedato.» La sua voce era diventata ancora più profonda. «Cosa vuol dire quell'allusione sulla stanza di mia sorella?»
«Vuol dire semplicemente che non sono interessata a cosa fate o dove dormirete nelle prossime notti.»
«Va bene Eeda, ma comunque al mio ritorno vorrei parlare con te, senza tensioni, freddure o frecciatine su argomentazioni insulse come la camera di Lady Bridget.»
«Certo Signore, sono sempre aperta a confronti. Sinceri!»
Blake rimase ad osservarla confuso con gli occhi stretti e la testa leggermente inclinata. Non riusciva davvero a comprendere da dove arrivasse quel sarcasmo.
«Perché mi chiami Signore anche ora che non c'è nessun altro intorno a noi?»
«Perché vorrei mantenere le distanze e mi piacerebbe essere congedata.»
«Capisco, a maggior ragione al mio ritorno parleremo del tuo volere anche su altre questioni. Buona notte Lady Eeda. Mi spiace avervi disturbato.»
«Buona notte.»
Chiuse la porta e la sua mano rimase aperta su di essa mentre l'altra cadde lungo il suo fianco per poi chiudersi in un pungo tremante dalla collera. Lo odiava profondamente.
Come aveva osato venire alla sua porta per mentirgli così spudoratamente? Si era finto così' sorpreso quando lei aveva fatto quelle allusioni su Lady Bridget? E che senso aveva informarla della discussione che avrebbero avuto al suo ritorno? Era forse una minaccia?
Se non altro provò sollievo all'idea di non doverlo vedere per alcuni giorni. E soprattutto di non essere controllata in ogni suo movimento.
Non gli importava cosa glia avrebbe detto al suo ritorno. Aveva già comunque pianificato la sua fuga attraverso i passaggi segreti del castello. L'avrebbe attuata anche nell'immediato nel caso avrebbe avuto delle pretese insostenibili nei suoi riguardi.
Diversamente avrebbe aspettato la primavera per imbarcarsi di nascosto in una delle navi in partenza dal porto di Berwick. In ogni caso era decisa a lasciare quel castello alla prima occasione.
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