23. Un ultima volta
I nemici erano in ritirata, Eeda era al sicuro e in via di ripresa nella tenda a pochi passi da lui e il suo clan l'aveva appena acclamata. Sarebbe stata perfetta come signora di Berwick. Sperò ardentemente che fosse quello che desiderasse anche lei.
Festeggiarono tutto il giorno. Solo pochi uomini erano di guardia al perimetro, mentre un paio uscivano di tanto in tanto per una breve ricognizione a quel poco che restava del presidio nemico.
Blake era entrato nella tenda di Eeda innumerevoli volte durante il giorno. L'aveva sempre trovata profondamente addormentata e aveva pensato fosse un bene. Tutto quel sonno avrebbe dovuto giocare a favore per una più rapida ripresa.
Ma nel tardo pomeriggio Unah si avvicinò al suo laird mentre rideva e scherzava con Ian, Hemma e Jamie.
«Mio signore...» Blake si voltò verso di lei con ancora il sorriso stampato sul volto e il boccale di birra in mano. Nel vedere però il volto della donna scuro e pieno di rammarico, spalancò gli occhi e scattò in piedi. Il calice cadde dal bordo del tavolo rovesciando la birra sul terreno.
Senza chiedere niente alla donna corse immediatamente dentro la tenda. Il silenzio calò al tavolo dove Blake era seduto.
«Unah, cosa succede?» Chiese Ian mentre la donna raccoglieva il boccale del suo laird.
«Lady Eeda ha la febbre, scotta terribilmente.» Rispose velocemente per poi raggiungere il Laird nella tenda.
«Da quanto è così?» Chiese Blake sentendo arrivare il passo goffo della donna dietro di sé.
«Non da moltissimo, ma oggi non si è mai svegliata, nemmeno per bere un misero sorso d'acqua.»
«Dannazione!» I suoi occhi si fecero lucidi. «Ci sarà pure qualcosa che possiamo fare?»
«Per la febbre no, mio signore. Mi spiace. Dobbiamo solo tenerla al fresco in modo da non farle alzare ulteriormente la temperatura.» Sospirò avvicinandosi all'uomo e mettendogli una mano sulla spalla. «Possiamo solo aspettare. E pregare.»
Blake prese una pezza dal secchio pieno d'acqua fredda che Unah aveva posizionato ai bordi del letto. Glielo posò sulla fronte. Scostò il telo lasciandole la parte superiore del corpo completamente nuda. Iniziò a passare una seconda pezza umida anche sulle labbra, collo e torace.
«Unah puoi andare. Starò io qui con lei.»
La febbre si alzava ed abbassava. Durante i picchi la donna tremava e delirava. L'aveva sentita più di una volta invocare il suo nome, mentre altre volte invece si agitava nervosamente.
Durante la notte ebbe l'episodio più forte. Il suo corpo fu scosso dai tremori in modo devastante e come in preda alle allucinazioni, si mise ad urlare nel silenzio dell'accampamento.
«No Blake, no!» I suo lineamenti erano deformati dalla tristezza. «No, non possiamo farlo. Ci ucciderà, non possiamo.» Le lacrime le rigarono nuovamente il volto. «Ti, prego Blake! No!»
Heron non sopportava più di vederla così. Sapeva che non doveva toccarla in quelle condizioni in quanto non era cosciente. C'era il pericolo di peggiorare la situazione se l'avesse svegliata. Ma non resistette. Le prese il volto tra le mani e appoggiò la fronte alla sua e si rese conto che scottava come la brace. Anche il suo volto si rigò di lacrime per la prima volta dopo tanto tempo. Si rese conto che l'ultima volta che aveva pianto era stato quando suo nonno morì e la sua amichetta fu costretta a lasciare Berwick.
«Eeda...» Soffocò un singhiozzo. «Sono qui con te. Sei al sicuro. Nessuno ti farà del male.»
«No! Nooo! Ti ucciderà!»
«Mi bella rossa...» Rispose con voce bassa e rotta dal pianto. Non riusciva più a trattenersi.«Siamo nel mia accampamento. Sotto la tenda di Unah. Non ci sono pericoli qui.» Le ripeté tentando di rassicurarla.
Vedendo che non reagiva si lasciò andare anche lui ai singhiozzi e l'afferrò ancora più stretta.
«Non mi lasciare Eeda. Non puoi lasciarmi di nuovo. Ho bisogno di te. Non posso più vivere senza di te. Non farmi questo!»
Sentì sotto le sue mani che i tremori si stavano placando e il suo respiro stava diventando meno affannoso. Si allontanò leggermente per guardarla negli occhi. Era sveglia e sembrava aver guadagnato un pochino di lucidità. Lo guardò tra le lacrime e gli accarezzò il volto «Mi dispiace amore mio.» La sua mano cadde e le sue palpebre si socchiusero debolmente.
Sentì che la temperatura stava aumentando ancora.
«No Eeda, No! Non puoi farlo!»
La avvolse nel telo, la prese in braccio ed uscì dalla tenda dirigendosi verso il suo cavallo.
Con lei tra le braccia cavalcò fino al fiume e la immerse nell'acqua ghiacciata.
«Eeda rimani qui con me. Ti prego!»
Lei si svegliò e urlò al contatto con l'acqua gelida. Era come se la corrente le stesse strappando la pelle. Blake si fece forza e la costrinse a rimanere immersa. Sapeva che la stava straziando, ma doveva abbassargli assolutamente la temperatura. Diversamente l'avrebbe persa nel giro di poco tempo.
«Basta! Blake! Ti imploro!»
Quando si rese conto che il suo corpo aveva disperso abbastanza calore, la prese tra le bracciae la adagiò sulla sponda. La riavvolse nel telo di cotone e la coprì con il suo mantello.
Sulla strada del ritorno lei crollò sul suo petto.
All'accampamento Unah, Hemma e Ian erano in pieno stato di apprensione fuori dalla tenda della cucina. Si erano svegliati sentendo le sue urla.
Ian si occorse che il volto dell'amico era segnato dalle lacrime e dalla sofferenza. Non l'aveva mai visto piangere. Per nessun motivo.
«Blake, va a dormire ora.» Li aiutò a scendere da cavallo. «Non ha più la febbre alta. Rimarrò io con lei.» Il Laird gli rispose guardandolo negli occhi e scuotendo semplicemente la testa.
L'adagiò sul letto e si sdraiò al suo fianco facendo capire all'amico che non avrebbe chiuso occhio se non accanto a lei.
«Va bene. Ma domani mattino voglio che tu esca da questa tenda e che ti faccia un bagno e una abbondante colazione. Non puoi crollare anche tu.»
Blake si svegliò una manciata di ore dopo a causa della luce che filtrava della tenda. La temperatura di Eeda non era eccessivamente alta ma era bianca in volto e gli occhi erano cerchiati di blu. Le labbra erano secche e pallide. Unah era seduta nella stanza e stava già versando dell'acqua fresca in un calice. «Ci penserò io mio signore. Non è in pericolo ora. Vi prego concedetevi una colazione e un po' di aria fresca.»
Blake si accorse di avere addosso un odore acre. Ci mancava solo che facesse vomitare Eeda in quelle condizioni.
«Grazie Unah. Credo che mi serva proprio un bagno.»
Si lavò, fece colazione e consultò i suoi uomini per dare disposizioni per la giornata, ma a parte queste brevi attività non lasciò mai Eeda. La febbre non era peggiorata, ma era sempre più debole. Nessuno di loro era riuscito a farla mangiare e solo Unah a fatica le aveva imposto qualche piccolo sorso d'acqua. I momenti di lucidità erano sempre meno e duravano ormai pochissimi secondi.
Mentre Blake consumava velocemente la cena per tornare presto da Eeda, Ian si avvicinò all'amico.
«E' sveglia e ha chiesto di te.»
Corse immediatamente da lei. I suoi occhi erano cerchiati di rosso ma si illuminarono non appena Blake entrò nella tenda.
«Avevo chiesto a Ian di non disturbarti mentre cenavi» Disse con un filo di voce.
«Ian segue i miei ordini, non i tuoi» Sorrise e le baciò la fronte.
«Hai mangiato qualcosa piuttosto?»
Scosse il capo come se stesse risparmiando le forze e la voce per dirgli altro. Cercò la mano di lui e con tono rotta dalla sofferenza gli spiegò perché lo aveva cercato.
«Blake, mi dispiace. Non penso di potercela fare. E' come se piano piano la mia mente stesse abbandonando il mio corpo. Mi sento scivolare via ogni minuto di più.»
«Eeda, non puoi farlo...»
Gli mise una mano sulla bocca per zittirlo e continuò a fissare le sue labbra come a volerle baciare.
«Mi dispiace», le lacrime sgorgarono nuovamente dai suoi occhi, «ma sento di non poterci fare niente. Anche se non voglio lasciarti. Non ora che ti ho ritrovato. Non ora che ti amo così tanto.»
Blake rimase sorpreso da quelle parole. Nelle ultime ore aveva decisamente smesso di pensare alle conferme riguardo i suoi sentimenti. Si era limitato a sperare che si salvasse da quella febbre che la stava dilaniando. Invece ora Eeda lo stava rassicurando riguardo il suo amore, ma allo stesso tempo gli stava preannunciando che a breve se ne sarebbe andata.
La guardò intensamente con la disperazione negli occhi e la baciò come non l'aveva ancora baciata. Non aveva bisogno di parole per farle capire che anche lui l'amava.
«Ti prego Blake, vorrei sentirti dentro di me per un ultima volta prima di andarmene.» Quella supplica era così diversa da tutte le altre volte che l'aveva implorata di farla sua. Era densa di tristezza, di nostalgia, oltre che di vergongna.
«Farò quello che mi chiedi, Eeda, ma non sarà l'ultima. Non può esserlo.»
Il suo volto era cupo e severo.
Blake si rimise in piedi e usci per qualche istante dalla tenda. Disse a Unah che non voleva essere disturbato per nessuna ragione e tirò le tende dell'ingresso. Si spogliò e si infilò nel letto di Eeda, sotto il telo di cotone e le pellicce. Si sdraiò sul fianco e l'avvolse con tutto il suo corpo stando molto attendo alla spalla ferita.
Eeda gemette al solo sentire il contatto con la sua pelle «Riesci a farmi sentire ancora padrona del mio corpo. Tienimi sveglia ti prego. Non lasciarmi andare, non ancora.»
La baciò lentamente e con estrema dolcezza. Le sue labbra sapevano delle erbe di Unah. Prese un unguento posto sopra il baule affianco al letto e glielo passò sul collo, sui seni e sulla pancia massaggiandola con delicatezza e sensualità. Voleva risvegliare ogni aspetto in modo da trattenerla a sé. Sperava che dolandole piacere, le sue carni trovassero la forza per lottare ancora, nonostante le sue parole facessero intuire che si fosse data già per vinta.
Vide i suoi seni inturgidirsi. Stava rispondendo agli stimoli. Riprese a baciarla senza mai smettere di guardarla dritto negli occhi. Non avrebbe mai permesso che si spegnessero. Le sue mani scivolarono sotto il suo ventre passando l'unguento anche in mezzo alle sue cosce. Lei socchiuse gli occhi con un gemito roco e lui le riempi la bocca con più ardore costringendola a riaprirli.
Le ruotò leggermente il bacino in modo da lasciarla con la schiene a supina e non farle incurvare la spalla ferita.
Continuando a fissarla scivolò con un lentezza disarmante dentro di lei. Eeda gemette senza smettere di essere penetrata anche da quegli occhi scuri e avvolgenti. Una volta riempita completamente da lui, sospirò profondamente come in preda ad un forte sollievo.
«Grazie.» sussurrò lei con un filo di voce.
Blake prese a muoversi rallentando il più possibile i movimenti, come se quel ritmo fosse in grado di prolungare il tempo trascorso dentro il suo ventre. Avrebbe voluto rimanere unito a lei per ore, ma era conscio che Eeda era estremamente debole. Non voleva prosciugarle tutte le sue energie. Doveva solo ricordare a quel corpo i motivi per quali doveva rimanere in vita .
Senza tergiversare come era solito fare, la condusse piano piano verso l'orgasmo. Le lacrime solcavano le guance di Eeda tra un gemito e l'altro, tra un bacio e un sospiro dentro la bocca uno dell'altra. Era completamente sopraffatta dalle emozioni e lui la stava seguendo in quell'unione di anima e corpo. Quando iniziò a sentire il suo ventre contrarsi su di lui capì che era vicina all'estasi. Le prese il volto con un mano cercando il suo sguardo:
«Io Ti amo Eeda Manner e tu non puoi lasciarmi.»
Fu lui il primo ad esplodere dentro di lei. Sentendosi' inondata dal suo seme, venne anche lei gemendo con quella poca voce che le era rimasta. Respirava a fatica. L'orgasmo per quanto piacevole doveva averla stremata.
»Blake...» Cercò l'incavo del suo collo e ci si accoccolò sulla sua spalla. «Ti prego rimani ancora dentro di me per un po'.»
Poco dopo crollò addormentata tra le sue braccia.
«Non lasciarmi Eeda. Non farlo.» Le ripeté sussurrandogli piano nell'orecchio, pur sapendo che non poteva più sentirla.
Dormirono avvinghiati l'uno all'altra tutta la notte, non sapendo quale sarebbe stata la loro sorte al sorgere del sole.
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