14. Tu sei mia

Non aveva mai provato una rabbia simile. La collera fremeva in ogni centimetro del suo corpo.
Aveva la mal riposta speranza che il viaggio attenuasse la sua ira, perché iniziava ad aver paura di quello che avrebbe potuto farle in quelle condizioni.
Come aveva fatto ad essere così stupido? A non capire che era davvero una spia? Le era sembrata una creatura così vulnerabile, sola al mondo e davvero bisognosa di protezione.
Pensò alla sue urla nel bosco quando l'aveva trovata con Angus. Era davvero un'abile teatrante!
Probabilmente anche i singhiozzi che aveva udito nella tenda dovevano essere stati una messa in scena ben studiata.
E quasi sicuramente quella sera, dopo la discussione accesa che avevano avuto, era scappata  dall'accampamento perché si era sentita smascherata.
Pensare che si era sentito pure in colpa pensando che fosse fuggita sentendosi rifiutata.
Ridicolo! Si rese conto che la maggior parte della rabbia era rivolta verso se stesso, per essere stato così ingenuo.
Doveva a tutti i costi riprendere la razionalità. Dopotutto Ian aveva ragione. Avere la figlia di Boyd nel loro accampamento era solo un grandissimo vantaggio. Una carta a loro favore. Ma si sbagliava di grosso sul fatto che avrebbero potuto riprendere il loro destino che i rispettivi nonni avevano disegnato per i due nipotini. Non si sarebbe mai più fidato di lei.
Certo, poteva sposarla comunque, trattarla semplicemente con freddezza come uno mero stratagemma politico e continuare ad avere altre amanti come aveva sempre fatto, ma era un piano molto insidioso. Avrebbe dovuto tenerla praticamente prigioniera in una delle sue torri per essere sicuro che non tramasse più alla sue spalle. Non era nel suo spirito un comportamento simile, ma forse avrebbe risolto quella inutile guerra che andava avanti da troppo tempo.
Continuava ad incitare il suo cavallo per andare più veloce in modo da scappare dalle nuvole dense e nere che sembravano rincorrerlo.
In qualche modo però si illuse che stava riuscendo ad incanalare la rabbia ed era fiero di se stesso. Era certo che avrebbe ribaltato quella situazione a suo favore. Doveva solo riuscire farle credere di essere ancora un allocco nelle sue mani, o ancora meglio tra le sue cosce.
Arrivato a questo punto non gli importava davvero più niente della sua integrità. Si sentì davvero ingenuo ad averle riservato così tante premure.
Nell'ultimo tratto rallentò e lo percorse al trotto. Non solo perché il  suo cavallo era veramente stremato, ma perché voleva ricomporsi e assicurarsi di riprendere l'autocontrollo.
Arrivato all'accampamento Timmy lo aggiornò su tutti i movimenti del giorno precedente. Sull'andamento delle esercitazioni, sugli avvistamenti e sui rifornimento effettuati. Mentre concludeva la lista la sua voce si fece sempre più nervosa, fino balbettare.
Blake lo guardò con la fronte corrugata e uno sguardo piuttosto aggressivo. La rabbia stava  ricominciando a ribollire dentro di sé, anche senza sapere ancora il motivo, ma era sicuro che il nervosissimo dell'amico riguardasse Eeda.
«Timmy avanti!  Sputa il rospo, per Dio!  Quali diavolo sono queste cattive notizie che hai paura di dirmi?»
«Ehm, in realtà non c'è proprio una cattiva notizia che riguarda l'accampamento...» Il ragazzo fece una pausa a causa della gola completamente secca, mentre il suo laird lo stava fulminando con lo sguardo. «Riguarda Lady Glenna...» Si bloccò ancora per prendere coraggio.
«Allora?! Lady Glenna Cosa? Cosa è successo dannazione!»
«Ieri si è recata al laghetto per fare un bagno»
Ancora pausa.
Blake stava impazzendo.
«Timmy se non vai avanti giuro che colpisco!»
«Ok, ok. D'accordo. Perdonatemi.» Così lo stava facendo solo innervosire di più e si decise quindi a parlare tutto d'un fiato. «Ecco, si era fatta accompagnare da una delle serve. Essendosi allontanata troppo dalla spiaggia per nuotare, la serva ha iniziato a chiamarla ad alta voce e io e due uomini siamo accorsi pensando che ci fosse un'altra aggressione in corso, ma quando siamo arrivati era tutto a posto, ma.. ecco... non so come dirtelo Blake.. Lei stava uscendo dall'acqua in quel momento... e l'abbiamo vista senza vesti... Ci tenevo a dirtelo di persona prima che lo venissi a sapere da lei o da chiunque altro. Mi dispiace molto. Spero che tu possa perdonarci.»
Seguì un attimo di interminabile silezio.
«E cosa accidenti ci faceva al laghetto ? Perché diavolo era li e non alla mia pozza?»
«Ecco, in realtà Ian aveva dato disposizione di lasciarla libera di muoversi anche nelle zone confinati all'accampamento. Pensavo arrivasse da te il comando.»
Il respiro di Blake si fece profondo e veloce. Sbuffava come un toro imbizzarrito. Avrebbe voluto sferrare un pugno negli occhi dell'amico, ma sapeva che dopotutto non era colpa di Timmy quello che era successo.
Strinse i pugni come per colpirlo, ma poi gli strappò solo di mano il piccolo fiasco di acquavite che l'amico aveva portato per rifocillare il suo Laird dal lungo viaggio. La scolò tutta d'un fiato e la sbattè per terra con ira. Gli diede un calcio emettendo un ruggito e si incamminò a passo spedito verso la sua tenda. Tutti i buoni propositi di autocontrollo erano ampiamente svaniti.

Entrò nella tenda scostando i teli con violenza.
Era seduta al tavolo e si stava pettinando i capelli. Aveva gli occhi rossi e socchiusi come se non avesse mai smesso di piangere in quei due giorni. Era vestita di tutto punto e profumava di fiori selvatici. Bellissima, come sempre, ma con un'aria tremendamente stanca.
Quando lo vide si alzò in piedi e vedendo il suo viso pieno di collera abbassò lo sguardo verso terra. «Mio signore, volete che lasci la tenda? Non ho avuto indicazioni da nessuno e sono rimasta a dormire qui in questi giorni. Perdonatemi.»
Ora faceva la remissiva! Assurdo! La sua rabbia fomentò davanti a quella messa in scena e avanzò verso di lei urlando.
«E dove diavolo pensi di andare ? Pensi di dormire all'aperto ? Così da farti vedere nuda da qualcun altro? Tu non vai da nessuna parte!»
Eeda alzò lo sguardo verso di lui sconvolta dalle sue parole e a Blake sembrò quasi di vedere un velo di sollievo nei suoi occhi. Accidenti! Se voleva risultare freddo e distaccato, stava facendo l'esatto opposto, ma era furioso. Per averlo ingannato, certo. Ma ancora di più  perché  era accecato dalla gelosia. Aveva la sensazione di non riuscire a gestire niente che riguardasse lei.
«Se pensi di ammaliare tutto il mio clan ti sbagli!» L'afferrò per i polsi. «Tu non ti muovi da questa tenda! Hai capito?»
La fece voltare bruscamente di spalle e le spinse la testa sul tavolo facendole appoggiare la guancia sul ruvido legno. Le alzò la gonna, si piego su di lei e con una voce densa di cattiveria sibilò nel suo orecchio.
«Tu sei mia!»
L'odore di acquavite le penetrò le narici mentre riversava la sua calma e pericolosa ira nelle sue orecchie. Due giorni prima era pronta a perdere la verginità con lui nonostante il suo stato di ebrezza.
Anzi aveva addirittura riposto le sue speranze in questa ipotesi, ma la sua collera ora la spaventava, sembrava totalmente un'altra persona. Non aveva niente del suo Blake che l'aveva toccata sempre con tanta attenzione e premura. Non oppose comunque resistenza. Da un lato pensò che dopotutto era quello che voleva fin dall'inizio. Non desiderava altro che lui perdesse la testa per lei e che la facesse sua. Ed era proprio quello che stava succedendo. Stave centrando l'obbiettivo. La stava possedendo. Rimase quindi in silenzio trattenendo il respiro, intuendo che quella sera Blake non le avrebbe donato il solito delizioso appagamento. Nella sua pancia non sentiva il solito groviglio. Solo un vuoto tremendo. Che venne colmato improvvisamente da un dolore acuto di carne lacerata. Sentì un liquido caldo che le gocciolò fino alle ginocchia. Il dolore aumentava ad ogni sua spinta poi piano piano cessò e rimase solo il rimbombo di ogni suo colpo. Non provava niente. Non c'era traccia di nessuna di quelle splendide sensazioni che gli aveva concesso i giorni prima. Forse era questo l'amplesso spiacevole di cui aveva sempre sentito parlare.
Ad ogni colpo si sentiva sempre più distante dalle sensazioni del suo corpo, le girava la testa  e la sua vista era completamente annebbiata. Le forze la stavano abbandonando e si pentì di non aver toccato cibo negli ultimi due giorni. 
Si rese malapena conto che Blake si era appena fermato dopo un' ultimo e profondo affondo e stava emettendo un ruggito più intenso dei precedenti. Poi lo sentì staccarsi e un liquido più denso del precedente le scese nuovamente lungo le cosce.
Lo percepì allontanarsi dal suo corpo, ma era come se lo sentisse ancora addosso attraverso il suo sguardo. Indolenzita cercò di riprendere la posizione eretta, ma vacillò e cadde a terra sbattendo sul tappeto ruvido sotto di sé. Tutto divenne piano piano sempre più scuro, fino a non vedere più niente. Buio totale.

Ciao a tutti!

Approfitto dell'angolo autrice dato la delicatezza del tema di questo capitolo un po' cruento.

Imagino la stima per Blake sia colata a picco e che non ve lo aspettavate.

Ma vi prego di considerare anche il contesto storico e il comportamento che realisticamente i Laird potevano avere all'epoca, aggiungendo una rabbia a dir poco sconsiderata di essere stato preso in giro proprio dalla figlia del nemico, nonché proprio dall'unica donna che le avesse suscitato qualche sentimento.

Con non è assolutamente un modo di giustificarlo e legittimare il suo comportamento che è comunque da condannare.

Volevo solo contestualizzarlo.

Sinceramente trovo più agghiacciante il fatto che ci sia tutt'oggi una cultura due che tende al legittimare certe cose con il classico "se l'è andata cercare". Dato appunto che di suppone  di non essere più nel medioevo!

Voi cosa ne pensate?

Un abbraccio a tutti!

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