Capitolo 70: ICEBERG NEGLI OCCHI
Il pomeriggio seguente impieghiamo più di due ore per allestire la casa con festoni e palloncini. Scott salta di qua e di là, continuando a ripetere che papà resterà di stucco nel ricevere una sorpresa così grande, nel frattempo Taylor addobba i tavoli con la testa totalmente tra le nuvole; le sue dita si muovono a formare fiori di carta mentre i suoi pensieri viaggiano in tutt'altra direzione. Ogni tanto mi lancia uno sguardo di complicità e poi torna al suo lavoro. Ancora mi resta difficile pensare a mia sorella e a Robert in quel senso; Immaginarli per mano, abbracciati o comunque a fare tutte quelle cose che fanno di solito due persone fidanzate. La notizia mi ha lasciato uno strano stordimento, che nemmeno la notte appena trascorsa è riuscita a portare via con sé. Alle sei e mezza del pomeriggio, Ian si affaccia alla stanza da pranzo con gli occhi appiccicati di chi è appena uscito dal mondo dei sogni. Non ha dormito molto questa notte a causa del rumore generato dalle adenoidi di Scott, così dopo pranzo ha chiesto il permesso di coricarsi di nuovo, lasciando a noi la lunga lista di preparativi.
"Ehi, baldo giovanotto, che ne dici di aiutarmi a spostare quel tavolo vicino alla finestra? C'è molta più luce e più spazio"
Ian si stropiccia la faccia, stira le labbra e, in silenzio, esegue gli ordini di Scott. Vederlo all'opera, trascinato dall'energia di mio fratello, per un istante mi fa dimenticare tutti i problemi. Ian si piega, lasciando che il maglione che porta si sollevi e gli scopra parte della schiena. La tensione sulle sue braccia è ben visibile anche attraverso gli strati di stoffa. Un sorriso vago, di apprezzamento e desiderio, si stampa sulla mia faccia, proprio lì, ai lati della bocca.
"Cosa c'è di così divertente?" Taylor mi viene vicino, studiando il motivo della mia ilarità.
"Niente, stavo soltanto pensando che Scott è così attivo, è dalle otto di questa mattina che è in movimento..." I miei occhi non riescono a staccarsi dalla figura di Ian, come se ci fosse una potente calamita tra me e il corpo di quel ragazzo. E' così bello e perfetto anche appena sveglio!
Taylor emette un paio di colpi di tosse e ribatte: "Chi vuoi prendere in giro? Quello sguardo non è affatto lo sguardo di una sorella premurosa, piuttosto...quando hai intenzione di raccontarmi come stanno davvero le cose tra te e il morettino dalla fidanzata misteriosa, del quale ti consideri solo una semplice amica?"
Distolgo l'attenzione dai ragazzi e punto gli occhi su quelli di mia sorella. "Non c'è niente da sapere..."
"Mi hai forse preso per scema?"
Sospiro, riprendendo ad apparecchiare la tavola con le posate di plastica. "Tay, è una storia molto lunga..."
"Abbiamo tutte le vacanze di Natale davanti, lo hai detto tu ieri sera..." ammicca lei, dandomi una gomitata.
Qualcuno bussa alla porta. Scott scosta la tendina, guardingo. Non si tratta ancora di papà e Ryan, e infatti le sue spalle si rilassano e la sua mano abbassa la maniglia con naturalezza.
"D'accordo, ti racconterò tutto ma non adesso, credo che sia arrivato qualcuno per te..."
Taylor si volta verso l'entrata. Le sue labbra si stirano nel sorriso più fresco e sereno che abbia mai visto.
"Robert!"
Guardo i due abbracciarsi sotto allo stipite della porta. Scott alza gli occhi al cielo, facendo una smorfia di disgusto e Ian si passa una mano tra i capelli, guardando con la faccia imbambolata il tizio che è appena entrato.
Robert si allontana da Taylor e osserva la stanza addobbata. "Allora, a che punto sono i preparati-vi?"
Le ultime sillabe che pronuncia sono appena accennate perché i suoi occhi cadono su di me, che sono rimasta immobile a debita distanza. Ho le forchette in mano. Le lascio cadere dolcemente sul tavolo, facendo un paio di passi avanti.
"Holland, sei tornata?"
E' un istante. Strano, quasi irreale. Un istante nel quale mi passano davanti una lunga serie di flash ripetuti. Io e la mia ubriachezza, i miei colpi di testa e la mia solitudine. E lui, il buon vecchio Robert, che ha sempre cercato un modo per proteggermi; dal bicchiere, dal pericolo, dal dolore. Non c'è riuscito fino in fondo, ma è stata la sola persona che abbia mai tentato di capirmi davvero, quella che non si è mai arresa anche di fronte ai miei insulti, ai miei scatti, alla mia depressione.
"Oh, Santo Cielo, non posso crederci, è...è stupendo!"
In un battito di ciglia le braccia di Robert sono attorno al mio corpo. Le sento stringere la maglia, la pelle. Il suo naso respira forte tra i miei capelli. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal travolgente abbraccio. Mi riporta al passato e mi spinge al futuro. Quest'uomo è stato e rimarrà per sempre una persona fondamentale della mia vita.
Qualcuno tossisce al mio fianco. Robert mi libera e Ian si fa avanti. "Piacere, Ian Somerhalder" allunga una mano verso il biondo di fronte. "Sono un caro amico di Holland"
"Pattison, Robert Pattison. Anche io un caro amico"
La stretta che i due si scambiano è ambigua, per un attimo mi sembra quasi più simile a una minaccia o a una raccomandazione.
"Bene, ora che ne dite di disporre le pietanze sul tavolo? Papà e Ryan saranno qui a momenti" interviene Taylor, emettendo uno strano squittio.
Ian annuisce e anche Robert, soltanto che quest'ultimo si sofferma un secondo di troppo sul mio viso. Ho messo una buona dose di correttore e ho truccato gli occhi così che il livido e le escoriazioni non si notassero, ma l'ombretto a quanto pare non è sufficiente.
"Cosa ti è successo?"
Ian mi afferra la mano in modo saldo e deciso. "Un incidente, niente di grave" ripete la filastrocca magica.
Robert aggrotta la fronte e indaga nei miei occhi, fino a trovare quell'appiglio che gli fa capire che probabilmente si tratta proprio di una bugia. Ian mi trascina via, senza concedere spazio per ulteriori domande.
In breve ciascuno di noi si occupa di portare qualcosa. Scott dirige il tutto, disponendo gli alimenti in base al colore e alla consistenza; alcuni piatti sono stati presi da asporto alla rosticceria vicina, altri li ha fatti Taylor seguendo il libro di ricette di mamma. Ci muoviamo per casa con naturalezza e fluidità, almeno apparentemente. In realtà, dopo l'arrivo di Robert, qualcosa nell'aria è cambiato. Sembra quasi che ci sia una sorta di tensione elettrica inspiegabile. Robert non mi toglie gli occhi di dosso e sembra quasi a disagio con Taylor al suo fianco, Ian osserva l'ultimo arrivato con sospetto. A giudicare dalla distanza che mantengono l'uno dall'altro non sembrano proprio andarsi troppo a genio. Taylor finge che tutto vada a meraviglia, ficcando la testa sotto alla sabbia esattamente come fanno gli struzzi.
La sera si avvicina, le luci si accendono e qualcuno schiaccia play alla vecchia radio in cucina. Le note di una musica leggera sconosciuta si diffondono nella stanza, il canto di un violino e quello di un pianoforte attraversano palloncini e striscioni poi, il suono alla porta che aspettiamo; papà è arrivato. Ci nascondiamo tutti quanti; io dietro al divano, Robert sotto al tavolo e Taylor fugge nel corridoio ma, per la fretta, scivola e si distende in mezzo alla stanza. Ian la aiuta a rialzarsi e si schiaccia contro di lei dietro alla parete. Il volto di Taylor è pallido e acceso allo stesso tempo; per la vergogna dello scivolone e per l'imbarazzo della vicinanza a Ian. Ed io la capisco più di chiunque altro!
Scott apre la porta. Ryan si fionda in casa e subito dopo nostro padre. Un attimo di attesa e sbuchiamo tutti fuori.
"Sorpresa!" urliamo in coro.
Scott soffia dentro una specie di trombetta, dopo aver lanciato in aria una manciata di coriandoli. Papà si guarda intorno spaesato, emozionato e felice. Incontra lo sguardo tenero e forte di Taylor e poi quello lontano e triste che mi appartiene.
"Holland, sei qui!"
Quello di avermi vicina per il suo compleanno e per questo Natale è il più bel regalo che possiamo avergli organizzato, oltre al giaccone preso ai grandi magazzini, naturalmente.
"Oh, quanto mi sei mancata..." La voce di mio padre dalle orecchie arriva dritta al cuore e mi fa scendere una lacrima, che asciugo sulla sua spalla.
Anche Ryan viene ad abbracciarmi. Si è fatto crescere la barba, sembra molto più vecchio di un ragazzo di diciannove anni. Con naturalezza gli presento Ian e poi lo presento anche a mio padre. La tensione di poco fa sembra pian piano sciogliersi. Papà mi tempesta di domande. Vuole sapere come sto, perché ho dei lividi in faccia e come vanno le cose in Florida. Rispondo a tutto in modo impeccabile e programmato. Mi domanda se continuo le mie sedute dalla psichiatra ed io impiego una buona dose di energie per spiegargli che sto bene e non ho più bisogno di un sostegno psicologico. La sua paura di una mia ricaduta lo fa stare sempre all'erta, non sembra affatto convinto della mia interruzione, ma decidiamo di rimandare il discorso ad un altra occasione. Questa sera dobbiamo pensare soltanto a festeggiare.
Al momento della torta Scott chiede di fare delle fotografie e Ian si propone volontario. "Non ho mai tenuto in mano uno di questi aggeggi così moderni, non vedo l'ora di scattare!"
Taylor lo guarda scettica e Scott sembra dubbioso se lasciargli o meno la macchina fotografica in mano, alla fine gliela passa e viene a mettersi in posa.
"E adesso esprimi un desiderio!" squittisce Taylor, applaudendo come una bambina, di fronte alle candeline accese.
Papà ci guarda tutti, uno per uno; Ryan, dal volto stanco di chi ha guidato tutto il giorno, Scott, il figlio più piccolo e brillante. Osserva Taylor, la ragazza forte e perfetta e poi studia me, la più grande e insicura, la figlia difettosa.
"Non voglio esprimere nessun desiderio, il mio unico desiderio si è già avverato questa sera. Avervi qui, tutti quanti riuniti" soffia forte sulla torta. Le candeline si spengono lasciando solo qualche briciolo di cenere.
Taylor si fionda tra le sue braccia ed io mi lascio sfuggire un sorriso. Ian osserva la mia emozione e Robert sembra capirla fino in fondo.
Dopo cena, mio padre cattura Ian per fargli vedere l'album di famiglia, Taylor e Scott si sfidano ad un videogioco di cui neanche conosco il nome e Robert e Ryan siedono vicino a loro, bevendo della birra. Li abbandono in cucina e vado nella stanza padronale. Ho bisogno di stare un secondo da sola. Apro l'armadio di mia madre, ci sono ancora i suoi vestiti e i suoi foulard. C'è ogni cosa di lei. Dopo tutti questi anni, mio padre non ha trovato ancora il coraggio di disfarsi dei suoi effetti.
Prendo il vestito a fiori che è appeso e lo porto al naso. Ispiro profondamente. Iris, lavanda e biancospino. Mamma. Il profumo di mamma. Socchiudo gli occhi e annuso ancora più forte. Domani sarà la vigilia di Natale e lei mi manca come non mai. Un altro Natale senza di lei. Il settimo. Il mio cuore rallenta i battiti e la mia testa si concentra sul ricordo della sua voce.
E' un'eco lontana, così distante che ho quasi paura di dimenticarla. Una lacrima mi riga il volto, finendo dritta sul cotone che stringo in mano poi, prima che possa tornare a depositare il vestito dove l'ho preso, il rumore di alcuni passi alle mie spalle mi sorprende.
"Ian" mi volto di scatto.
"No, Robert" mi corregge.
Lascio andare il respiro e anche il vestito di mia madre, che cade dritto ai miei piedi. Robert si avvicina, si piega e me lo porge.
"Come stai?" Le sue parole sono vere, sincere. La sua richiesta non ammette menzogne.
"Va tutto bene" dico seria, "avevo solo voglia di sentire il profumo di mia madre. Domani sarà la vigilia e lei..."
"E lei ci sarà, in qualsiasi parte del cosmo si trovi, domani e dopo domani e sempre sarà con la sua famiglia"
Mi asciugo gli occhi con entrambi i palmi e chiudo l'armadio. Robert posa una mano sulla mia spalla, costringendomi a farmi voltare di nuovo verso di lui.
"Cosa ti è successo?" scruta a fondo le ferite della mia faccia. "E chi è quel ragazzo che ti sei portata dietro? E' così strano per essere un tuo amico..."
"Lo è" sostengo il suo sguardo con grande difficoltà. Le bugie non sono fatte per lui.
Per noi.
"Quel ragazzo non mi convince e nemmeno tu. Cosa stai combinando in Florida, Holland?"
Prima che il discorso si addentri su qualcosa dal quale poi non riesca più a sfuggire, rigiro la frittata.
"E tu? Cosa stai combinando qui, Robert?"
I suoi occhi chiari indugiano nei miei.
"Taylor mi ha detto di voi due. La ami davvero?"
Robert guarda la punta delle sue scarpe da ginnastica, prende un respiro e sputa fuori: "Dimmi un po', ti interessa sul serio saperlo?"
Un brivido freddo mi attraversa la schiena. Le urla di Scott che ha battuto virtualmente Taylor echeggiano nella casa fino alla nostra stanza.
"Sei partita per il college senza interessarti a quello che succedeva qua. Sei partita per rimediare allo schifo nel quale eri finita, ma non ti sei neanche preoccupata di fare una telefonata. Hai trovato la bella vita ed hai chiuso con la tua famiglia e con i tuoi amici"
Un camion, anzi un autotreno carico di sensi di colpa e disperazione mi investe da capo a piedi. Pesantemente. Improvvisamente mi rendo conto di quanto io sia stata egoista.
"Sai quanto io sia stato male per questo? E Tay? Prima la madre e poi la sorella maggiore..." sputa ancora fuori.
Le mie labbra tremano insieme alle ginocchia, mentre cerco delle scuse per sfuggire all'evidenza dei fatti, delle cose.
"E' vero, ho creato un bel distacco, ma è stata la psicologa a consigliarmi di farlo, restare un po' lontano dalla vita qui a New York e concentrarmi sullo studio e sul mio futuro, ma non per questo non mi è mancata la mia famiglia. Ho pensato a voi costantemente, tutti i giorni"
"Taylor si è sentita abbandonata da te. Lei ti vuole un gran bene. E anche io"
Mi copro la faccia con le mani, biascicando un: "anche io vi voglio bene" carico di singhiozzi.
Robert mi toglie le mani dal viso e mi guarda con un'intensità tale da rievocare tutti i momenti passati insieme. Ero una liceale smarrita, avevo perso mia madre, avevo perso Dylan per il suo trasferimento in Inghilterra e avevo tanta, troppa paura della vita.
"Se avessi potuto scegliere una sorella, sai bene quale sarebbe stata la mia decisione, ma conosco i miei limiti. So cosa posso avere e cosa non sarà mai mio" sussurra con voce bassa.
Il suo respiro è a un passo dal mio, dalle mie lacrime e dal mio dolore. Il silenzio invade la stanza. Non riesco a cacciar via dalla testa quello che mi ha appena confessato. A quanto pare quella che io ho scambiato per una sana amicizia, per lui era molto e molto di più. Un tempo. Non adesso. Ora il suo cuore è per Taylor, o almeno ha scelto che sia così.
I nostri sguardi restano connessi. I ricordi pure. Un milione di ricordi. Alcool, disperazione e sollievo. Un amore nascosto per tutti questi anni, ed io così cieca da non accorgermene.
"Mi dispiace" sussurro, tirando su con il naso.
Robert contrae la mascella, il suo volto è liscio, appena rasato e la sua pelle sembra avere la stessa consistenza di quella di un frutto colto da poco. Sollevo appena le dita e gli accarezzo la guancia.
"Ho intenzioni serie con Taylor, sta' tranquilla"
Annuisco. Il mio cuore ritrova la pace.
Pian piano.
"Ehi, Holland, sei qui?" La voce di Ian mi sorprende, facendomi scattare come una molla. Tolto le dita dal volto di Robert e indietreggio di un passo.
Ian mi guarda con l'espressione di chi non capisce cosa stia succedendo o forse sta già elaborando fin troppe supposizioni dentro la sua testa.
"Vi lascio da soli, vado da Taylor, si starà chiedendo dove sia finito..." interviene Robert.
Ian lancia uno sguardo di puro odio contro il ragazzo che si allontana. Le loro spalle si scontrano e non per caso.
"Mi spieghi cosa diavolo stai facendo?"
Il grugnito e il passo felpato di Ian che mi viene incontro mi fanno sussultare.
"Quello è il fidanzato di tua sorella!" esclama.
Mi asciugo gli occhi, le guance e faccio per andarmene, ma Ian mi blocca per un polso e mi riporta dentro la stanza, al suo cospetto.
"Hai una famiglia bellissima, Holland, una sorella che ti ama come nessun'altra cosa al mondo. Hai intenzione di perdere tutto questo?"
"Tu non sai niente" scuoto la testa, senza trovare il coraggio di sostenere il suo sguardo. I racconti non bastano per spiegare il male che mi prende l'anima. I racconti non sono sufficienti per far capire a Ian che tra me e Robert non c'è niente, né adesso né molto tempo fa, se escludiamo quel legame inspiegabile di fiducia e protezione che ci ha tenuti legati per mesi interi.
"Holland, ho visto come ti guarda quel ragazzo!"
Resto in silenzio. Robert mi ha amata, mi ha amata segretamente, ma adesso non più. E Ian non sa niente della mia vita qui. Perché indaga? Perché giudica? Perché fa così tante domande? Ha sua moglie. Ha sua figlia. Cosa vuole dalla mia vita? Le richieste che la mia testa si pone la rendono una lavatrice impazzita. Un bucato pieno zeppo di sapone, pronto a esplodere da un istante all'altro.
"Holland, sto parlando con te! Cosa ci facevate qui al buio?"
"Sono cose che non ti riguardano" dico seria.
"Sbagliato, mi riguardano eccome!" La mano di Ian strattona pesantemente il mio braccio.
"Quindi improvvisamente ti interesso?" Il nervoso è alle stelle. Prima la predica di Robert e adesso le accuse di Ian. Dove ho sbagliato, dove sto sbagliando? "Io proprio non riesco a capirti, tu vuoi tornare da tua moglie, dici di amare lei più di ogni altra cosa e fai continuamente scenate di gelosia verso qualsiasi ragazzo mi passi vicino!" esplodo.
"Questa non è una scenata di gelosia" lascia andare la presa su di me.
"Oh, lo è, Ian! Lo è, eccome!"
L'aria nella stanza si fa irrespirabile. Io e Ian ci fulminiamo con gli occhi. Letteralmente. Siamo due cariche elettriche, una positiva e una negativa, che invece di attrarsi si allontano generando il caos.
"Sono preoccupato per tua sorella e per te..." spiega lui, espirando forzatamente.
"Sei sicuro che si tratti soltanto di questo?" lo affronto.
Ian non risponde, invece fa un passo indietro.
I suoi occhi hanno improvvisamente la consistenza del ghiaccio. Due iceberg. Due punte fredde e impenetrabili. Le sue gambe lo riportano in cucina, alla festa e lontano da me.
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