Capitolo 55: LA NOSTRA GUERRA
Il mattino seguente Evan mi sorprende di fronte all'armadietto con un soffocante bacio a stampo.
"Sono stato in astinenza delle tue labbra" si appiccica di nuovo alla mia bocca.
"Sono solo passate sei ore dall'ultima volta" gli ricordo.
Lui posa la fronte a contatto con la mia e mi spinge contro l'anta appena richiusa. "I tuoi baci sono il mio ossigeno, sai quanto sono lunghe sei ore di apnea?"
Restiamo un secondo in più a guardarci negli occhi. Nei suoi c'è tanta speranza, nei miei solo troppa confusione. Poi succede qualcosa che mi lascia a bocca aperta, priva di reazione. Qualcuno sta venendo nella nostra direzione, andando contro allo sciame di studenti diretti verso le aule. E quel qualcuno è proprio il mio principale amore e tormento. Il mio sguardo si sposta dagli occhi dolci e incerti del ragazzo bambino a quelli profondi e all'apparenza pentiti del giovane misterioso.
"Ciao Holland, ciao Etan"
La mano di Evan scivola attorno al mio collo, fermandosi sulla mia spalla destra.
"Posso parlarti?"
Evan fissa Ian dritto negli occhi. Sento il suo braccio irrigidirsi e il suo respiro farsi più caldo.
"In privato" precisa Ian, ammonendolo con un banale sguardo.
Evan non molla la presa attorno al mio corpo ed io sono costretta a intervenire. "Evan, per favore, vuoi scusarci?"
Lui allora annuisce e, anche se con grande riluttanza, si sposta di un passo. "Oggi ho tirocinio. Ci sentiamo quando finisco il turno, d'accordo?" mi sfiora di nuovo la bocca con la sua.
"D'accordo"
Guardo Evan andarsene, inghiottito dal mare bianco e verde. Dopodiché non faccio in tempo a voltarmi di nuovo che Ian mi afferra per un braccio e mi spinge in un angolo. Un paio di ragazzine ci squadrano curiose e sorprese e allora lui mi fa indietreggiare ancora, fino ad entrare in una delle aule dismesse della struttura. Una fioca luce illumina le pareti e i banchi sono accatastati l'uno sull'altro.
"Di cosa vuoi parlare?" dico con un filo di voce, guardandomi intorno.
"Di noi due"
Il mio cuore inizia a battere forte, sembra che voglia uscire dal petto. Lo sento trottare dentro il cervello, contro le tempie. Lo sento stringermi la gola. E la cosa non migliora affatto quando vedo Ian piegarsi fino a posare le ginocchia a terra. La sua testa si abbassa e le sue mani premono forte contro il pavimento.
"Scusa" dice.
Il silenzio invade la stanza. Non c'è alcun rumore, escluso quello dei nostri respiri e del mio cuore che batte incessantemente.
"Scusa perché ho pensato soltanto a me stesso, scusa perché non mi sono preso cura di te come mi ero ripromesso, scusa perché ho avuto paura"
Faccio un passo avanti e poi un altro ancora. Mi muovo lentamente, timorosa che qualsiasi spostamento brusco, improvviso o inaspettato possa interrompere questa sintonia o qualsiasi altra cosa essa sia.
Lo sguardo di Ian è a terra. Non si sposta, resta incollato al pavimento, come rapito o ipnotizzato dalle fughe nere e bianche delle mattonelle. Mi lascio scivolare in ginocchio, proprio di fronte a lui.
"Ho paura anche io, tanta, tanta paura. La mia vita non è più la stessa da quando sei arrivato tu" confesso.
Ian alza la testa. I raggi del sole illuminano la sua pelle chiara; la barba appena fatta, gli occhi lucidi e le labbra socchiuse. E' una visione. La più bella visione del mondo. Ed io vorrei che questo istante si protraesse in eterno. Io e lui. Uno di fronte all'altra, separati soltanto dalla luce del sole.
"Mi dispiace così tanto, Holland, è tutta colpa mia, ti ho rovinato l'esistenza" Con la mano cerca ed afferra la collana che pende davanti alla sua maglietta. "Per opera di questo orologio le nostre vite si sono unite e si stanno distruggendo a vicenda. Avevi ragione l'altro giorno, non sono l'unico ad aver perso qualcosa. E' vero, io ho perso la mia famiglia, l'ho lasciata in un tempo che non esiste più, ma tu, a causa mia, stai perdendo la possibilità di costruirti un futuro. Stai perdendo la tua libertà, i tuoi spazi e soprattutto rischi ogni giorno di incontrare quel pazzo di Felton. Credo che dobbiamo trovare una soluzione a tutto questo e lo dobbiamo fare al più presto"
Sento le labbra tremare mentre cercano di pronunciare qualcosa di carino o anche solo di sensato, ma non ci riescono.
"Il tuo amico Daniel" riprende Ian, incontrando i miei occhi e tutte le mie paure. "E' un ciarlatano, ci ha raccontato un sacco di balle, ma, hai ragione anche su questo, è l'unico che ha provato a dirci qualcosa in merito a questo pendolo"
Mi inumidisco le labbra e mi concentro sulle sue parole. Improvvisamente si apre un varco di luce nel mio cuore. Forse Ian inizia a credere alla leggenda. Forse inizia a pensare che tra noi possa esserci davvero qualcosa che va oltre al solo legame di sangue.
"Voglio tornare da lui, Holland, voglio che ci torniamo insieme. Mi è venuta un'idea, ed è l'unica strada che al momento possiamo tentare" La sua voce trema, mentre le sue mani cercano le mie. "Come sono arrivato fin qui ci dovrà essere anche una combinazione in grado di farmi tornare a casa, una specie di salvavita. Un reset, per intendersi, ecco, chiederò a Daniel di impegnarsi a trovarlo"
Improvvisamente il piccolo spiraglio che avevo intravisto si cretta, si sfaglia e poi si distrugge, restando solo un cumulo alto di macerie. Ian non ha riflettuto sulla leggenda, non si è neanche soffermato a ipotizzare che potrebbe essere reale, altrimenti non direbbe così.
Non lo direbbe affatto.
"Il filo rosso" sussurro, cercando di farlo ragionare. "Le nostre dita sono unite da un filo rosso e nessuno sarà in grado di reciderlo, neanche Daniel potrà farlo, è stato chiaro su questo!"
"Non c'è nessun filo rosso, Holland, è soltanto una storia, come non esiste Santa Claus o la fatina dei denti"
"E' ridicolo" scuoto la testa, sforzandomi di non scoppiare in lacrime. "Come puoi non credere alla leggenda del pendolo quando proprio tu sei finito dentro a quell'orologio e hai percorso un filo rosso che ti ha portato nella mia stanza?"
Ian si fa serio. I suoi occhi diventano stretti e piccoli. Pungenti. E riescono a penetrare perfettamente nei miei.
"Non credo alle leggende, Holland, non ci ho mai creduto. Sono state inventate solo per passatempo, per dare una spiegazione logica a fatti che l'uomo non riesce a comprendere razionalmente, non hanno alcun fondamento di verità. C'è un orologio, c'è un libro che parla di questo, c'è un ragazzo che sembra intelligente ed esperto in materia, bene! Combineremo questi elementi e li utilizzeremo per darci una mano nella missione. Tu devi liberarti di me ed io devo tornare a casa"
"Daniel non riuscirà a riportarti indietro" dico duramente. "Ti stai solo illudendo, Ian" lascio le sue mani e mi rimetto in piedi. Lui mi guarda dal basso verso l'alto. Non dice niente e allora io mi allontano. Ho il cuore che fa male e non poco.
"Holland, aspetta" mi richiama.
Mi volto e lo trovo in piedi. Le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi. "Perché fai così? Perché cerchi di distruggere ogni mio desiderio?"
"Sei tu il primo a distruggere i tuoi desideri" lo ammonisco. "Dici di aver bisogno di me, ma non mi senti, non mi ascolti neppure. Mi chiedi scusa e poi ti comporti di nuovo da egoista! C'è una leggenda che ci lega, non puoi fingere che non esista solo perché ti fa più comodo pensarlo!"
Ian trattiene il respiro. Il suo sguardo vacilla e la sua bocca sembra in procinto di replicare qualcosa, ma poi non lo fa. Resta socchiusa e soffia fuori un semplice respiro. Chiudo gli occhi e ascolto il rumore del mio respiro attraverso i bronchi. Poi mi volto di nuovo.
"Non te ne andare. Non separiamoci ancora, è pericoloso se siamo divisi" mi raggiunge. "Dobbiamo combattere insieme ogni singola battaglia, solo così potremmo vincere la nostra guerra"
"Non stiamo lottando per la stessa guerra" mi sento rispondere. Io lotto per tenerti qui, vorrei aggiungere. Tu per fuggire via.
Ian posa le mani sulle mie spalle e poi scivola i palmi lungo le mie braccia. Attraverso alla stoffa del maglioncino posso sentire tutto il suo calore.
"Per quale guerra stai combattendo, Holland?" chiede.
Una lacrima mi solca la guancia. La sento scendere fino al collo e bagnarmi il colletto della camicetta.
Ian non aspetta la mia risposta, forse perché una risposta proprio non c'è, così come non c'è alcuna guerra da vincere. Siamo solo due anime perse. Due anime che non potranno mai essere unite o lontane. Siamo nel limbo e ci stiamo sguazzando alla grande.
"Vieni con me da Daniel oggi pomeriggio e torna con me in hotel questa notte" dice, "io voglio la tua incolumità, voglio che non ti succeda niente di male. Devi permettermi di proteggerti. Solo questo"
Sento la gola bruciare forte, prossima ad un pianto imminente. Trattengo tutto dentro ed evito di incrociare gli occhi stupendi del ragazzo che ho di fronte.
"Okay" sussurro. Poi mi giro e questa volta sgattaiolo via sul serio.
Il corridoio è vuoto. Mi asciugo le lacrime e corro verso l'aula della prima ora. La campanella è già suonata ed io sono in tremendo ritardo.
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