Capitolo 51 : RAGAZZE ALFA E RAGAZZE BETA
Il giorno seguente si tiene la tanto attesa partita dei Dolphin, che giocano in casa contro i giganti della North Florida.
Evan mi ha invitata già da giorni e anche Ashley mi ha supplicata in tutte le lingue di andare a vederla ballare. Ian si propone di accompagnarmi. Non è mai stato ad un incontro di basket ed ha proprio voglia di vedere di cosa si tratta. Lungo il tragitto dall'hotel alla palestra non facciamo cenno a ciò che è successo la sera precedente. Niente riferimenti al nostro litigio o alla nostra notte sul terrazzo. Arriviamo a destinazione in uno strano e religioso silenzio. Utilizzo il pass del college per accedere alla tribuna. Con gran fatica, facendoci spazio tra la gente seduta sugli spalti, prendiamo posto in una delle file centrali. Davanti a noi una bella famiglia felice con tanto di bambini, tata e cagnolino mangia popcorn e beve Coca Cola. Dietro, invece, alcune ragazze dell'ultimo anno appena vedono arrivare Ian, lo studiano dalla testa ai piedi, facendogli una sorta di radiografia a raggi laser. Improvviso uno sguardo minacciatorio, facendo capire loro che il ragazzo è proprietà privata.
Ci sediamo proprio nel momento in cui inizia lo stacchetto delle cheerleaders della Jacksonville. Un boato, coriandoli e grida. Le ragazze fanno la loro entrata trionfale con una serie infinita di capriole. I colori della scuola, il verde e il bianco, risaltano sotto ai riflettori. Per un istante il mio cuore affonda.
Avrei dovuto esserci anche io là nel mezzo. Quella coreografia, quei salti e quelle prese. Conosco tutto.
Ian sembra percepire il mio disagio, tanto che mi posa una mano sul ginocchio, smorzando un sorriso.
"Tutto okay?"
Annuisco. La battaglia tra IN e OUT è roba da medioevo, troppo antica da spiegare anche ad uno come lui.
Ashley compie il suo numero con i pompons. Le ho regalato il mio bastone, dopo che ha distrutto il suo contro la testa di Felton per salvarmi la vita. E' abile con quell'attrezzo.
Sa girarlo, lanciarlo e riprenderlo perfettamente a ritmo di musica.
Batto le mani, decisamente fiera di lei. Poi la vedo inginocchiarsi e puntare il bastone verso il centro.
Ed ecco Phoebe, che muove il sedere e i fianchi in maniera esagerata mentre avanza. Canticchia un ritornello nauseante che lei stessa ha inventato e in meno di mezzo secondo si impossessa della scena. Tutte le altre ballerine sono a terra adesso, pronte a farla saltare sui loro palmi aperti e a spingerla verso il cielo. Il gonnellino verde della capo squadra svolazza leggero. Con lo sguardo in avanti e la testa alta, Phoebe Tonkin solleva le braccia. E' lei la regina. Non ci sono dubbi.
Uno scroscio di applausi si leva dalla folla. Altri coriandoli e una voce fuori campo che si complimenta con il corpo di ballo. Poi, la stessa voce, grossa e profonda, annuncia l'ingresso dei giocatori. Le cheerleaders si fanno da parte, disponendosi ai lati del campo. Ad uno ad uno entrano i nostri. Carichi, emozionati e decisamente belli. Senza dubbio le loro canotte verdi, i loro bicipiti tesi e i loro corpi abbronzati, sono la benedizione per lo sguardo di ogni donna. Arriva Hunter, Evan e poi Daren che corre saltellando come un capretto, gustandosi gli applausi dei fans.
"Non l'hanno ancora cacciato quello?" mi chiede Ian, indicandolo. "Ad Halloween era...strafatto! Si dice così?"
Mi viene da ridere, nonostante la gravità della cosa. "Sì, Ian, si dice così" annuisco. "A quanto pare la sta passando liscia, ma non so per quanto altro tempo ancora. Fanno esami del sangue e delle urine a tappeto di questi tempi!"
"Forse dovremmo dire qualcosa a qualcuno..."
"Ian, non voglio fare la spia"
"Ma non si tratta di fare la spia, se quel tipo ha dei problemi deve essere curato. Non credo che giovi molto alla sua salute sostenere gli allenamenti con il corpo pieno di sostanze nocive"
"Non voglio immischiarmi in questa storia" ribadisco. "Abbiamo già molti problemi nostri, non possiamo sobbarcarci anche quelli degli altri. Daren è adulto. Ha un cervello per fare e decidere della sua vita"
"Non credo che lo usi molto quel cervello" Lo sguardo di Ian è incentrato sulla strana andatura del tipo; ride, guardando a vuoto nel pubblico. In un attimo è in prossimità del palo del canestro e ci va a sbattere contro. Scuote la testa per riprendersi, poi retrocede nella sua posizione.
"Già" sussurro.
Nel frattempo ecco che entra anche Zac, con una leggera e spassionata corsetta. Saluta il pubblico e poi si posiziona di fronte a Phoebe. Le schiocca un bacio sulle labbra così forte che posso giurare di sentirne l'eco dalla mia postazione. Le ragazze alle mie spalle fischiano e si perdono in commenti a dir poco svenevoli. Il mio sguardo va ad Hunter, concentrato nel bacio plateale che si è appena consumato di fronte a centinaia di persone. Sembra nervoso, non in perfetta forma. Lentamente dirige l'attenzione su di me. Non appena i nostri occhi si incontrano, i suoi si spostano altrove. Zac corre verso di lui e si scambiano una pacca di incoraggiamento. Possibile che Zac non si accorga di niente? E, soprattutto, come fa Hunter a fingere di essere il suo migliore amico, mentre ci prova senza ritegno con la sua ragazza? E Phoebe? Lei ovviamente ama tutta questa situazione. Due uomini. Il suo fidanzato storico e il ragazzo che ha sempre desiderato.
La voce fuoricampo annuncia l'ingresso dei ragazzi della North Florida. Di nuovo un fragoroso boato e poi lo stacchetto delle cheerleaders avversarie. Il ritmo è serrato, ripetitivo e il coro decisamente coinvolgente. Ian batte le mani rapito ed io sono costretta a mollargli un calcio alla caviglia.
"Non puoi tifare per loro, sono i nemici!"
Lui mi lancia un'occhiataccia. "Ma sono così carine"
Lascio che continui a battere le mani, ignorando la sua mancanza di lealtà verso il nostro college.
La partita ha inizio pochi minuti dopo. Le cheerleaders siedono sui primi spalti continuando a gridare i nomi dei giocatori dell'una e dell'altra squadra. L'atmosfera è carica e gli avversari partono subito a correre come schegge. Un canestro dietro l'altro e al termine del primo tempo il North Florida è in vantaggio. I giocatori vanno negli spogliatoi, con la bottiglietta dell'acqua in mano e l'asciugamano intorno al collo.
"Wow, Holland, è peggio di un combattimento, adrenalina allo stato puro!" esclama Ian, lasciandosi andare sullo spalto. E' stato in tensione per tutto il tempo. Ad ogni canestro esultava, indistintamente che sia stato a favore o meno della Jacksonville. Non credo abbia capito molto le regole del gioco ma veder correre avanti e indietro e alzarsi fino a centrare quella specie di cesta deve averlo gasato parecchio.
"Ehi, ragazzi" Ashley ci raggiunge, scavalcando un paio di file. "Sono così felice di vedervi" mi abbraccia e poi abbraccia anche Ian.
"Sei stata in gamba!" le sorrido.
Lei mi si butta di nuovo al collo. "Oh, Holly, sono così dispiaciuta per l'ultima volta...il nostro aperitivo non è andato come dovuto. Avrei voluto scriverti, ma non hai più il tuo cellulare, sarei dovuta passare dall'hotel per scusarmi di persona. Sono stata una cafona..."
"Ashley, va tutto bene" la tranquillizzo. "Phoebe non mi fa paura"
"E invece dovresti averne!" La voce della regina mi arriva dritta all'orecchio, stridula e nauseante.
"Phoebe..." Ashley si scosta da me, guardando smarrita la compagna di squadra.
"Non dovresti neanche avvicinarti a quest'ala della palestra" la rimprovera la bruna. "Dobbiamo cambiarci la divisa. Forza, Ash, seguimi!"
Ashley si fa seria. Le sue scuse di poco prima traballano mentre esegue come un fedele cagnolino gli ordini della padrona. Phoebe si allontana, saltando giù di fila in fila, compiaciuta. Ashley va dietro di lei, lanciandomi un ultimo triste sguardo.
"Non può farsi trattare così" sospiro.
"Phoebe è una ragazza alfa" sostiene Ian.
"E Ashley solo una beta" annuisco.
Il secondo tempo inizia dopo una buona mezz'ora di pausa. Il coatch deve aver svegliato i ragazzi della Jacksonville, dato loro del caffè o un energizzante, perché rientrano in campo come veri e propri lottatori. Cerco di allontanare la mente da Ashley e dalla sua sottomissione a Phoebe. Mi soffermo su Evan, che compie alla grande il suo ruolo di stratega, facilitando gli spostamenti dell'intera squadra. Il suo bacio al sapore di glassa e frutti di bosco si riaffaccia alla mia mente come un dolce, recente ricordo. Ad un tratto il biondino si gira verso l'alto ed io gli sorrido, sollevando appena la mano per salutarlo. Lui ricambia il mio gesto. La palla gli passa davanti agli occhi senza neanche che la veda. I compagni lo sgridano, vociandogli contro qualcosa, che non riesco a decifrare, tanto mi sento in colpa per avergli fatto perdere un'occasione d'oro. Il gioco passa in mano agli avversari che recuperano, ma non abbastanza per raggiungere il punteggio dei Dolphin. E poi, il canestro decisivo. Non è Zac né Hunter a farlo. Con grande sorpresa di tutti i presenti, è proprio lui, Daren, che subito dopo si guarda intorno, incredulo di quello che le sue mani hanno appena compiuto. Si è trovato sotto al canestro per caso o forse perché non sapeva dove altro andare ed ha fatto centro. La squadra esplode, costringendolo in un cerchio stretto. Ian salta insieme ai bambini della famiglia di fronte. Le cheerleaders corrono verso i giocatori con i loro pompons bianco verde. E' festa. Per la Jacksonville è vera e propria festa.
All'uscita Ian si mette in fila per prendere un paio di lattine di Cola. Evan mi ferma, tirandomi appena per un braccio. Mi ritrovo ad un passo da lui, nel bel mezzo della folla.
"Sei stato un mito" esclamo.
Evan si asciuga il collo. I suoi capelli sono attaccati alle tempie e la sua fronte è completamente imperlata di sudore.
"Ho mancato una palla importante" abbassa lo sguardo ai suoi piedi.
"Colpa mia, ti ho distratto" mi sento in debito di scuse.
"E' vero" ride lui, risollevando gli occhi nei miei.
Alcune ragazzine si avvicinano per chiedergli l'autografo. Sono piccole, avranno più o meno dodici anni. Hanno il cerchietto ai capelli e l'apparecchio ai denti. Evan si fa rosso più di quanto non lo sia già per il surriscaldamento. Scarabocchia loro i diari con la mano che trema leggermente. Con la coda dell'occhio vedo Ian prossimo al botteghino. Un paio di persone ed è il suo turno.
Le ragazzine se ne vanno emettendo piccoli e acuti gridolini.
"Le hai fatte felici" gli faccio notare.
"Ho visto, anche se, l'unica persona che vorrei fare felice è proprio qui davanti a me" fa un passo avanti.
"Sono stata bene ieri sera" mi sento in dovere di confessare. Forse per scusarmi dell'invadenza di Ian oppure semplicemente perché è la verità.
"Anche io" dice lui. Il suo odore è forte, non sembra affatto quello di un bambino adesso. Le sue mani si soffermano sulle mie braccia, accarezzandole. Lentamente piega la testa, avvicinando le sue labbra alle mie.
"Anche se abbiamo lasciato qualcosa in sospeso, io e te..." mi sussurra dolcemente, prima di avventurarsi in un soffice bacio.
Socchiudo le palpebre lasciando che le nostre labbra si tocchino.
"Scusate, ecco la Cola!"
Riapro gli occhi, giusto il tempo per accogliere in mano la lattina che Ian mi molla dopo averla accuratamente stappata. Evan resta con le labbra sospese, infastidito dall'intrusione.
"Scusa, lo stai facendo apposta?" mugugna.
Per fortuna uno dei Dolphin passa proprio di qui. Recupera Evan per la canotta, tirandolo via da noi: "Ehi, corri, c'è la premiazione!"
Evan si lascia trasportare lontano da me, limitandosi ad uccidere Ian con lo sguardo.
Mi porto fuori dalla palestra con il fiato corto. Stringo la lattina in mano come a volerla disintegrare. "Ci hai interrotti per la seconda volta. Riuscirà mai quel povero ragazzo a darmi un bacio come si deve? Cosa sei una specie di guardia del corpo?"
"Più o meno" dice lui, ridendo. "Dovresti pagarmi, sai!"
La sua comicità è assurda. "Non sei affatto divertente" cammino verso il parcheggio.
Ian mi segue, continuando a sghignazzare. Il suo modo di fare mi fa letteralmente saltare i nervi. Quando siamo prossimi alla nostra auto, vedo un ragazzo che mi sembra di conoscere. E' fermo, con un gomito appoggiato al cofano di un fuoristrada, evidentemente in attesa di qualcuno.
"Holland!" E' lui a chiamarmi per primo.
Cerco di pescare dentro la testa il suo nome. So bene di chi si tratta; è il tipo del falò in spiaggia, quello che mi ha risollevato il morale a pezzi la sera della festa di Ed.
"Daniel?" tento.
"Sono felice che ti ricordi di me" afferma lui, esibendo un grande sorriso. Porta gli occhiali come quella sera ed indossa un semplice maglioncino grigio.
"Cosa ci fai alla Jacksonville? Non sapevo che ti interessassi di basket-ball"
"Sono passato a prendere la mia amica. Lei adora il capitano della North Florida, non si perde una partita"
"Oh, allora sei dalla parte del nemico!" scherzo su.
Lui ride poi, con naturalezza, allunga la mano verso Ian. "Piacere, Daniel Radcliff"
Ian ricambia la presentazione. Con una mano stringe quella del ragazzo, mentre con l'altra scivola attorno alla mia vita, avvicinandomi a sé. Il gesto mi lascia di stucco e mi fa entrare nella più totale confusione. E' un abbraccio che può fare un ragazzo alla propria fidanzata, specialmente quando è il caso di delimitare il territorio.
"Daniel è un amico" biascico per rompere il ghiaccio. Le dita di Ian sul mio fianco mi fanno venire la tachicardia.
Gli occhi dei due ragazzi restano connessi per alcuni istanti. Ian sembra analizzare il soggetto, mentre Daniel è improvvisamente più pallido del dovuto.
"Studia alla Florida State College, sarà il futuro dell'ingegneria navale" tento ancora di instaurare un dialogo.
Ma i due ragazzi sembrano non ascoltarmi neanche. Ian mi stringe sempre più forte a sé, fin quasi a lasciarmi senza respiro. Daniel invece non fissa più il volto scuro di Ian, ma la cosa che gli pende dal collo.
Deglutisco. Un brivido mi attraversa il corpo, non saprei definire dove nè come; sicuramente dalla nuca alla pianta dei piedi, sulle braccia e dietro le ginocchia. L'istinto di Ian è quello di afferrare il medaglione e riporlo di nuovo dentro la maglia. Forse durante la partita, nell'agitazione da vero tifoso, gli è fuoriuscito.
Daniel non cenna a riprendere colore, fa un passo indietro, appoggiandosi ancora di più al suo fuoristrada.
"Quella collana..." balbetta, ipnotizzato. "Quella collana...è..."
Ian mi lancia uno sguardo interrogativo. Ha ancora il braccio avvinghiato al mio fianco, indeciso se toglierlo o meno.
"Quella collana è il pendolo delle anime gemelle" La voce di Daniel riesce finalmente ad uscire, se pur con netto tremore.
Il mio cuore parte all'attacco. Un vero e proprio galoppo rumoroso. Spalanco gli occhi. Dopo quello che è successo con Tom Felton non posso non avere paura. Ma Daniel non è Tom. Di lui posso fidarmi. Gli ho dato ascolto la notte sulla spiaggia, perché non adesso?
"Cosa?" chiede Ian sbalordito.
"Quello che porti al collo è..."
"Ho capito quello che hai detto" lo interrompe bruscamente. Mi spinge dietro di lui, con fare protettivo. "Cosa sai di questo orologio?"
Se potessi descrivere gli occhi di Ian direi che sono di ghiaccio. Vero e proprio marmo freddo.
"Io...io..." Daniel balbetta, appiccicandosi sempre di più alla sua auto. Sta divenendo un tutt'uno con la carrozzeria.
"Tu?"
"Io conosco molte cose su quell'orologio" sputa fuori con un lungo sospiro.
Mi sposto di lato, cercando di tranquillizzare Ian. Lo sguardo di Daniel è atterrito. Non lo conosco molto. Abbiamo passato insieme soltanto qualche ora, ma non ha per niente l'aria di essere una cattiva persona. Anzi. E' terrorizzato e sembra pentirsi amaramente di aver parlato.
"Anche Tom Felton sa di questo maledetto orologio" esplode Ian. "Ci sta dando la caccia. Vuoi fare anche tu lo stesso?"
Riesco a fermare Ian, prima che le sue mani finiscano sul colletto del maglioncino di Daniel.
"Non voglio l'orologio" trema come una foglia. "Io...io..."
"Ian, fermati, per favore. Lascialo parlare" gli blocco un polso e lo imploro con lo sguardo. "Lui non è come Tom, lui è buono" cerco il consenso dietro le piccole lenti di Daniel.
Ian retrocede. Compie ampi respiri e sembra calmarsi.
"Cosa sai di questo orologio? Puoi dircelo?" prendo io la parola.
Daniel annuisce. Si passa una mano tra i capelli e si gratta forte la testa. I suoi occhi si fermano sul petto di Ian. Oltre la stoffa c'è l'orologio. Pian piano scendono, finendo sulle sue mani e sulle sue cicatrici. Con titubanza mi prende il palmo e prende anche quello di Ian.
"Voi due siete legati" dice.
Ian tira indietro la mano come scottato. Sento una scossa elettrica attraversarmi la testa.
"Da quale tempo vieni, Ian Somerhalder?" chiede con il solito timore. "E per quanto tempo hai seguito il filo rosso che ti ha portato fin qui?"
Ian è a bocca aperta ed anche io. Daniel sa davvero molte cose, molte più di quante potessimo mai immaginare. Conosce l'orologio, conosce quello che è successo a Ian e il nostro legame. Ci guarda tra incertezza e sorpresa. E noi facciamo altrettanto.
Sembriamo animali allo zoo. Tutti e tre ci studiamo come fossimo stupide cavie da testare. Indecisi. Impauriti. Guardinghi e con mille domande in attesa di risposta.
"Credo che voi due abbiate bisogno di spiegazioni, che ne dite di venire con me in un posto?"
NOTE AUTRICE:
Sera lettori,
Grazie mille a tutti per continuare a leggere questa storia. Siamo quasi al termine del primo libro ed io sono davvero felice di scrivere condividendolo con voi giorno dopo giorno. Domani, se riesco, pubblicherò il capitolo seguente. Vi abbraccio e buona serata;)
Serena
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