Capitolo 48: "APERITIVEGGIARE"

Le notti successive resto a dormire da Ian. In realtà mi trasferisco definitivamente da lui, con grande tristezza da parte di Ashley, che mi saluta come se fosse l'ultimo giorno della nostra vita.

Pian piano mi riabituo a vedere Ian girare in boxer per la stanza, cosa non così troppo difficile, ad essere sincera! Mi riabituo anche ad averlo vicino durante il sonno, passerei delle ore a sentirlo respirare a pochi centimetri di distanza. L'idea di dormire nello stesso letto mi rilassa e agita allo stesso momento.

Il terrore di Tom Felton è una vera e propria mania, per me, Ian, Ashley e anche per Evan, che ci siamo occupati di aggiornare sugli sviluppi della faccenda. A dire il vero abbiamo messo in piedi un vero e proprio team di protezione, tanto che mi sembra di essere Whitney Houston nel film Guardie del Corpo.

Ogni mattina Ian mi accompagna a lezione in auto, mi consegna ad Ashey, incaricata di non perdermi di vista un solo istante, e torna a riprendermi nel pomeriggio. Non sono mai un secondo da sola. E anche quando Ashley viene trattenuta da Phoebe o dalle altre cheerleaders, io resto in compagnia di Evan.

Durante l'orario di lavoro, Ian fa in modo che studi nella hall così che possa avermi sempre sott'occhio. Ho fatto amicizia con il portiere, che mi ha insegnato un paio di trucchi con i cruciverba. Ho pure partecipato a qualche partita di carte organizzata da Ian e dal suo staff, in fondo è divertente vedere uomini intenti a mescolare mazzi di carte e farsi bizzarri segni di riconoscimento.

Per fortuna Melinda Clarke non sembra aver fatto troppe storie per la mia presenza, anche se ogni qual volta mi vede, a stento mi rivolge il saluto. Non devo rimanerle troppo simpatica ma, d'altronde, la cosa è reciproca!

La settimana scorre veloce. Solo in un paio di occasioni mi ritrovo a dover assistere alle lezioni nella stessa stanza di Felton, ma con tutte le guardie del corpo che posseggo, lui per fortuna si limita a uccidermi con lo sguardo e con la forza del pensiero. Se pur inconcludente, non deve essergli affatto piaciuta la nostra visita e ancora mi chiedo come abbia fatto a scendere dall'appendiabiti.

Il giovedì mattina, il professor Wilder affigge alla parete i risultati del test di anatomia. Ashley scorre l'indice, smaltato di un intenso arancione fluo, fino ad individuare il suo nome.

"Benson, Benson..." La sua voce trema, instabile, nella quasi certezza di una brutta votazione. Quando il suo dito arriva a destinazione, la sua espressione però cambia. Sulle sue labbra spunta un piccolo sorriso di sollievo. "Ho preso C" sussurra con un filo di voce. Poi si riprende dallo shock e si fionda tra le mie braccia.

"C è un buon voto" La voce di Penn alle nostre spalle ci fa sciogliere immediatamente dall'abbraccio.

Il ragazzo mantiene le mani nelle tasche dei pantaloni e porta un paio di occhiali da sole appesi al collo. E' stranamente da solo, anche se immagino che America non sia troppo lontana. Ci guarda accennando un debole sorriso.

Il volto di Ashley si trasforma in una smorfia di vero e proprio disgusto, per poi fiondarsi sul giovane a brutto muso.

"Avevo studiato così tanto che avrei potuto prendere anche una A- o addirittura una A, se solo tu ti fossi fatto i fatti tuoi!"

Gli occhi scuri di Penn si posano su quelli della mia amica, brillano, mantenendo una miracolosa calma. "Mi dispiace per quello che è successo. Se può consolarti ho preso anche io una C. La prima in tutta la mia vita. Credo che il professor Wilder abbia punito il mio gesto, sono ben certo di non aver sbagliato una virgola di quel test"

Ashley sbatte le sue lunghe ciglia così velocemente da farmi venire il mal di testa. "Pensi che possa interessarmi qualcosa dei tuoi risultati, maledetto Penn Badgley?"

"Immagino di no, ma te l'ho detto lo stesso" dice lui, stringendosi nelle spalle e sparendo nella folla.

Un gruppo di studenti si avvicina al tabellone, spintonandoci per poter trovare il proprio nome nella lunga lista. Ashley preme le mani contro i fianchi e sospira tanto forte da far rumore.

"E' stato carino, dai" Cerco di smorzare la situazione.

Lei mi guarda accigliata e grugnisce: "Stai scherzando?"

Qualcuno mi spinge indietro, qualcun altro di lato. Riesco a riprendere la mia postazione iniziale e a individuare la mia votazione. Una bella A, rotonda e calcata, mi riempie gli occhi di soddisfazione. Non sarò brava sul campo, ma a quanto pare nella teoria me la cavo piuttosto bene.

"Sono felice per te" Ashley mi sorride con sincerità. "Che ne dici se andiamo a festeggiare? La tua A e la mia C, nonostante tutto..."

Annuisco, mettendomi subito in moto per sfuggire alla calca.

"Aperitivo allo Starbucks? Offro io!"

"Ashley! Sono solo le undici del mattino!" La riprendo.

"E allora? Ogni ora è buona per aperitiveggiare" ride lei, incastrando il suo braccio sotto al mio.

"Aperitiveggiare" scandisco lentamente ciascuna sillaba. "Come ti è venuta questa?"

"Mi piace poter dare un po' di varietà al vocabolario, è così noioso altrimenti!"

Usciamo in cortile e raggiungiamo con una breve passeggiata il locale. Non parliamo più né del test di anatomia né delle scuse di Penn. Ci fermiamo davanti al bancone e ordiniamo un paio di Coca Cola con limone e ghiaccio. Per fortuna il suo "aperitiveggiare" non era inteso nel vero senso della parola. Niente alcol, solo una bibita fresca, servita in un elegante bicchiere di vetro.

Lo sguardo del barista, quando incrocia il mio, è così scuro che credo voglia trafiggermi. Il giovane non dice niente circa la mia serata da alcolista, ma è chiaro che mi ha riconosciuta. Gli ho rubato una intera bottiglia di alcol, credo che la sua avversione nei miei confronti sia fin troppo comprensibile.

"Guarda, guarda chi si vede!" Phoebe posa un braccio attorno alle spalle di Ashley, stringendo i suoi occhi scuri e profondamente malvagi contro di me. "La bionda e la rossa, potreste essere le sponsor di una birra doppio malto, sapete?"

Ashley spalanca i suoi occhioni contro i miei. Vedo la sua mano tremare sul vetro. Le bollicine della bibita mi fanno pizzicare il naso.

"Perché lei è qui?" Phoebe non mi guarda. Finge proprio che non esista.

"Stiamo festeggiando per il test di anatomia. E' andato" biascica Ashley. E' in evidente imbarazzo. Le sue labbra si muovono lentamente.

"Ti riformulo la domanda: lei cosa ci fa qui?"

Phoebe non dice il mio nome. Non mi guarda. Non mi considera proprio. E Ashley è in vera e propria difficoltà. Mi sembra quasi un remake di quello che è successo in mensa. In base alle sue assurde regole, lo Starbucks è vietato agli OUT, come ho fatto a dimenticarlo? Così, prima di piombare di nuovo in quell'inferno fatto di caduta plateale e cibo sparso ovunque, mi congedo spontaneamente.

"Tolgo subito il disturbo, non preoccupatevi" afferro il bicchiere e lo stringo così forte che per un istante ho una voglia matta di tirarglielo in faccia. Vedere il volto di Phoebe affogato dalla Coca Cola sarebbe una visione davvero celestiale, ma non posso evitare di pensare alle conseguenze. In mezzo secondo mi passa dalla testa la replica di Phoebe, la sua vendetta e, con tutti problemi già legati a Tom Felton, meglio evitare ulteriori guai.

Mi volto ed esco, senza fare troppo rumore, senza lasciar spazio di replica. Quando sono sulla soglia la mano di un uomo però mi ferma. E' il barista, che mi strappa il bicchiere dalle mani.

"Questo devi lasciarlo qua, ma cos'hai? Sei malata di cleptomania?"

La porta si chiude dietro alle spalle del ragazzo in grembiule rosso e cappellino sulla testa. Fuggo via, senza guardarmi indietro.
***

Pink Floyd. Mia madre. Il mio passato.

Inserisco le cuffiette e mi siedo in un angolo del cortile, in attesa della ripresa delle lezioni. Se Ian scoprisse che sono rimasta da sola si arrabbierebbe da morire. Ma in realtà non sono da sola, c'è la musica con me. Ho lei a farmi compagnia. Chiudo gli occhi e cerco di allontanare dalla mente l'odiosa voce di Phoebe e i tristi e succubi occhi di Ashley. Poi, ad un tratto, la musica svanisce, facendomi tornare nel mondo reale. Mi rendo conto che qualcuno alle mie spalle mi ha sfilato gli auricolari, lasciandoli cadere sul prato.

"Non dovresti stare qui da sola" La figura magra di Evan viene a prendere posto al mio fianco. Appoggia i gomiti a terra e mi squadra da sotto la tesa del cappellino. "Dov'è mia cugina?"

Storco la bocca ed emetto un lungo sospiro, lasciando uscire l'aria dal naso. "Phoebe" mi limito a dire.

Evan annuisce. Poi si avvicina un po' più a me. "Ho visto il tabellone con i risultati, scusa se mi sono permesso, ma non ho potuto resistere. Sono felice per la tua A"

"Sei felice per la mia A o perché hai vinto un appuntamento?" improvviso un sorriso.

Le sue guance si colorano di rosso. Sembrano due ciliegie. "Questo sabato?" ammicca.

L'idea di uscire con Evan non mi entusiasma come dovrebbe. Nessuna farfalla nello stomaco, nessun brivido lungo la schiena, però il suo imbarazzo associato alla sua testardaggine sono così carini che non posso rifiutare. Metterò in pericolo la nostra amicizia? Non lo so. In fondo si tratta solo di un uscita a due, niente più.

"Dove vuoi che ti porti?" mi chiede.

"Non dovresti essere tu a scegliere?" sollevo le sopracciglia, "sai come funziona, di solito è una sorpresa o qualcosa del genere..."

Evan diviene ancora più colorito, dal collo fino alle orecchie.

"Era solo per non...per non sbagliare" balbetta.

Il mio cuore scoppia di tenerezza. Adesso capisco perché tutte le ragazze con le quali è uscito lo mollano per qualcun altro, è buono, gentile, ma quando arriva al sodo non ha carattere.

"Vuoi un consiglio? Se intendi conquistare una donna devi stupirla. Il genere femminile ama le sorprese, ama qualcuno che le faccia sentire al sicuro e che prenda in mano la situazione" La mia mano sfiora la sua maglietta, con un sorprendete gesto provocatorio. "Vediamo quello che sai fare, okay?"

Evan annuisce, ammutolito. Devo averlo proprio scioccato. La campanella suona, richiamandoci all'attenti. Mi sollevo, porgo una mano al ragazzo ancora seduto sull'erba nel più totale imbarazzo. Lo aiuto ad alzarsi.

"Mi passi a prendere all'hotel Clarke alle otto in punto, dopodomani?" chiedo con la voce più suadente che posseggo.

Evan annuisce, infilando le mani nelle tasche. La tesa del cappellino fa ombra sui suoi occhi, rendendoli ancora più bambini.

Mi volto e raggiungo gli armadietti con il sorriso sulle labbra. Forse non dovrei divertirmi con la timidezza altrui, ma ogni tanto devo pur concedermi uno svago.

Prendo i libri per le lezioni seguenti e li posiziono nella tracolla. Chiudo l'armadietto e mi dirigo verso l'aula di chimica. Tra tutte le lezioni quelle di laboratorio sono le mie preferite. Tra la folla di studenti che vengono in direzione opposta alla mia c'è anche Zac. E' con Hunter, Daren e un altro paio di ragazzi. Le loro voci profonde e chiassose potrei riconoscerle da chilometri di distanza. Hunter finge di non vedermi. Sembra essersi messo l'animo in pace, almeno all'apparenza. Zac invece mi passa così vicino da colpirmi. I suoi muscoli tesi sotto alla camicia della divisa si scontrano pesantemente contro la mia spalla. I nostri occhi si raggiungono per un istante. E le sue labbra parlano senza produrre alcun suono: "Bugiarda"

Passo oltre, ignorandolo. Non capisco tutto questo odio nei miei confronti. Dovrebbe avercela con Phoebe, non con me. E' lei che lo lascia da solo la maggior parte delle volte. E' lei che se la fa di nascosto con il mio ex fidanzato, nonché suo migliore amico. Ma forse così è più semplice e molto meno impegnativo, almeno sentimentalmente.

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