Capitolo 26: DIETRO TROPPO ROSSETTO
Le luci bianche sulle siepi e l'orchestrina che suona ci attraggono ad entrare nel locale che fa angolo alla strada. Un cameriere ci accompagna ad uno dei tavoli sul terrazzo e dopo averci fatto assaggiare bocconcini di alligatore alla griglia ci consegna la carta dei vini. Ian ne sceglie uno, fingendo esperienza.
"Non ho mai capito molto in fatto di enoteca, spero di aver preso una buona annata" mi strizza un occhio.
Le mie labbra si allungano in un sorriso.
I suoi occhi si concentrano sulla mia bocca e, per un istante, la cosa mi fa sentire a disagio. Forse ho il rossetto sbavato o qualcosa di incastrato tra i denti; una buccia di peperoncino oppure un intero pezzo di alligatore? La cosa mi mette i brividi oltre che a vero e proprio disagio. Distolgo lo sguardo e cerco di passare la lingua sui denti per ripulirli, quando la sua voce frena qualsiasi mio movimento.
"Perché usi tutto quel trucco?"
I miei occhi cercano incerti un appiglio nei suoi, che però continuano a fissarmi solo e soltanto le labbra. "Cosa intendi?" biascico.
"E' come se volessi nasconderti dietro quel rossetto così rosso"
Il cameriere ci porta il vino, permette a Ian di assaporarlo e, dopo la sua conferma, lo versa elegantemente nei nostri calici.
"Hai un volto molto bello, Holland, non dovresti mascherarlo con tutto quel pasticcio di colori"
Fisso la tovaglia color panna e affondo gli incisivi nel labbro inferiore. "E' solo un po' di rossetto" mi giustifico.
"Non fraintendermi, mi piace vedere una donna curata, ma la tua bocca è così bella che non dovresti affatto coprirla e anche i tuoi occhi sono così, così, espressivi che non dovresti velarli con quel nero che metti sempre intorno"
Sono imbarazzata e anche un po' colpita dalle sue parole. Mi sento giudicata dal ragazzo che mi siede di fronte, nessun uomo sano di mente si sognerebbe mai di fare un simile commento ad una donna durante una cena.
"Io, io...le donne oggi si truccano tutte più o meno come faccio io..."
"Sai bene che non è vero" sorseggia il suo vino senza distogliere l'attenzione dalla mia bocca.
Provo a replicare di nuovo, ma lui fa una cosa che mi lascia senza parole, prende il suo tovagliolo e lo allunga sulle mie labbra. Lo passa prima su quello inferiore e poi su quello superiore. Ed io resto lì, come uno stoccafisso a guardarlo portar via tutto il mio trucco.
"Nessun rossetto potrà mai celare quella che sei veramente. Sei bella senza alcuna maschera. Sei bella così come sei"
Resto senza fiato, a osservare il tovagliolo di Ian macchiato di rosso e ad ascoltare il mio cuore esplodere nel petto insieme alle note stridule del violino che suona al piano inferiore. Il cameriere torna con i crostacei e le salse. Posiziona il vassoio da un lato e accende la candela che sta al centro del tavolo. La fiamma trema leggermente prima di stabilizzarsi.
"Perché lo hai fatto?"
Ian è serio. I suoi occhi sono illuminati dalla luce della candela e sono ancora più vivi e magnetici del normale.
"Perché ci tengo a te, perché qualcosa ci ha fatti incontrare e perché, nonostante abbia una immensa voglia di tornare a casa dalla mia famiglia, ho anche un immensa voglia di vederti felice"
Il cuore mi si stringe nel petto, lasciandomi senza fiato. Ian piega leggermente la testa di lato, mi studia, ed io credo che resterò in apnea per il resto dei miei giorni.
"Se mio padre fosse qui, in questo preciso istante, ti scatterebbe una fotografia. Le tue labbra pulite, le tue iridi chiare in cerca di mille risposte e i tuoi capelli liberi nell'aria. La sua pellicola parlerebbe di te questa sera, proprio come lo stanno facendo i miei occhi. Non riesco a non apprezzare la tua bellezza, non riesco a evitare di guardarti"
"Ian..." La mia voce si strozza subito dopo aver pronunciato il suo nome.
"E' la verità" La sua mano si allunga sul tavolo, fino a raggiungere la mia. "Tu sei speciale, ma non solo la tua pelle, la tua bocca o i tuoi occhi, hai qualcosa di speciale dentro, qualcosa che ti illumina. Devi solo capirlo, Holland, devi solo scorgere quella luce magica che ti rende vera"
Le mie guance si riscaldano. Posso sentire il calore salire sugli zigomi e dietro al collo. "Nessuno mi ha mai detto qualcosa del genere" farfuglio, imbarazzata.
Le dita di Ian giocherellano con le mie. Riesco a scorgerne l'essenza; il tocco sicuro e dolce della sua pelle. Posso sentire tutto questo. Posso davvero sentirlo.
"Hunter è uno stupido" afferma, sottraendo dolcemente la sua mano dalla mia per avventurarsi nel vassoio di gamberi e impartire le porzioni per entrambi. "Ha la fortuna di avere una bella ragazza, dovrebbe tenere di conto la vostra storia"
"Non credo di amarlo" confesso. "Non credo di averlo mai amato. Non è solo lui lo stupido, penso che in parte sia anche colpa mia. L'ho sempre tenuto lontano, lui non mi conosce affatto. Lo so, è ridicolo, Hunter è il mio ragazzo, ma in realtà non sa niente di me. Mi conosci più tu in pochi giorni che lui in tutto questo anno."
Ian prende la sua porzione di insalata. E' preciso nel distribuire il cibo, riesce a mettere tutto nei piatti senza fare una sola macchia sulla tovaglia. "Cosa hai intenzione di fare con lui?" mi chiede.
La domanda mi porta a riflettere su ciò che dovrò affrontare al mio rientro a lezione. Ho ignorato i suoi messaggi e le sue chiamate in segreteria, ma non potrò ignorare la sua presenza domani.
"La nostra storia è finita, forse non è mai iniziata o forse non l'ho mai vissuta come tale. Sai, il college è più complicato di quanto possa sembrare..."
Ian mangia in modo composto, le sue dita sono davvero molto abili nello sgusciare i gamberi freschi, molto più delle mie, che sono già impiastricciate di salsa e unto.
"Credo che tu parli così perché ancora scossa dalla notte scorsa. Hai visto il tuo ragazzo insieme ad una delle tue amiche e hai litigato con la tua compagna di stanza, sono successe davvero troppe cose insieme..."
"No, Ian, semplicemente io non faccio parte di quel mondo. Ho provato a integrarmi, ho provato a vivere come loro, ma non ci sono riuscita. E' giusto che ammetta la mia colpa, altrimenti fingerei solo con me stessa"
Ian aggrotta la fronte, il suo volto sembra pensieroso tra il chiaroscuro della candela. "Hunter è solo un ragazzino, tu meriti un uomo al tuo fianco e sono sicuro che lo troverai"
Mi soffermo e smorzo un sorriso. Le sue dita continuano a muoversi sicure, la sua bocca accoglie la carne tenera e succosa dei gamberi. La sua camicia è scura più di questa notte che sta arrivando e i suoi occhi sono illuminati dal fuoco della candela che ci divide.
Un uomo. Un uomo vero al mio fianco.
Sospiro e riprendo ad occuparmi dei crostacei sul mio piatto.
***
Dopo la cena a dir poco perfetta, Ian mi conduce in uno dei locali della costa a bere Virgin Colada. La musica latino americana è coinvolgente. Ci sono ragazzi che ballano e donne in costume e treccine che muovono i fianchi in modo impressionante. I loro corpi, le loro anche e i loro glutei ruotano così tanto che pare vogliano svitarsi da un istante all'altro.
"Ecco qua il tuo cocktail"
Prendo il bicchiere che mi porge, passo oltre il bancone centrale scansando la piccola folla che balla e raggiungo il retro. Ci sono dei lettini da spiaggia e un'amaca appesa tra due tronchi di palma.
"Amo lo sciroppo di cocco e il succo d'ananas" mi siedo su uno dei lettini, sorseggiando il mio cocktail analcolico. "Vuoi assaggiare?"
Ian posa la bocca sul mio bicchiere e fa una strana faccia. Non sembra gradire molto.
"Credo che berrò il mio Mojito" solleva le sopracciglia, rituffandosi sul suo drink.
Il mio sguardo si sposta verso l'orizzonte. La musica che proviene da dentro il locale e il vento leggero che mi fa ondeggiare i capelli e muovere i lembi del vestito riempiono l'aria. L'oceano non è molto distante e la brezza salmastra si percepisce chiaramente sulla pelle.
"Questo posto è molto bello, resterei qui tutta la notte" affermo.
Ian tiene il suo bicchiere con entrambe le mani, le gambe divaricate e lo sguardo basso.
"E anche questa sera è stata piacevole. Era davvero molto tempo che non ne trascorrevo una così" ammetto.
"Anche io" annuisce.
Il silenzio lascia spazio soltanto alle note lontane di una bachata. Le mani di Ian sembrano nervose, scorrono sul bicchiere freddo, lasciando impresse le loro impronte. Osservo la fattezza delle sue dita e l'anulare sinistro nudo.
"Tu sei uno di quegli uomini che non porta la fede?" mi sento chiedere, "anche mio padre non la mette mai, la custodisce sotto al cuscino e la stringe dentro al palmo tutte le notti, prima di addormentarsi"
La bocca di Ian si sposta di lato in un sorriso sghembo, un sorriso che quasi non è tale. Si guarda le dita e continua a muoverle sul vetro spesso del bicchiere.
"Io porto la fede" afferma, "l'ho sempre indossata e non l'ho mai tolta dal giorno del mio matrimonio. Poi è successo quello che è successo, il pendolo mi ha catturato, sono arrivato fino a qui e il mio anulare era vuoto"
"Cosa ricordi di quel momento?" La curiosità vince l'incertezza della mia voce. "Cosa è accaduto di preciso in quell'arco temporale?"
"E' tutto molto confuso e annebbiato" afferma. "E' come se fossi piombato improvvisamente nel vuoto, in un baratro scuro dove l'unica cosa presente era un nastro, uno di quelli rossi che si usano per abbellire l'albero di Natale o per confezionare i pacchetti per bambini. Non c'era nient'altro ed io mi sono aggrappato a quel filo come ad unica ancora di salvezza"
Immagino Ian con il suo borsone e la bambola di pezza in mano, immagino la sua emozione nel rivedere sua moglie e sua figlia, immagino questa città molti anni fa. E poi lo vedo finire in un buco nero senza fine. Un sogno dal quale lotta ogni istante per svegliarsi.
"A dire il vero, la negoziante mi aveva accennato qualcosa, parlava di un regalo sicuramente gradito, del pendolo delle..."
"...anime gemelle" lo anticipo.
"Già" annuisce, "quella negoziante era così strana, vestiva in modo anomalo e parlava di leggende e cose strampalate. Non le ho prestato più di tanta attenzione perché non ho mai creduto a queste fandonie"
Cerco con lo sguardo di intravedere il pendolo al di sotto della stoffa della sua camicia. Quando i miei occhi lo individuano si sentono improvvisamente sazi.
"La cosa che mi fa uscire fuori di testa" continua Ian, "è che non ci sia cenno in alcun libro. Se escludiamo quella venditrice e il tuo amico, Tom Felton, nessuno conosce qualcosa di questa storia..."
Evito di precisare che Tom Felton non è esattamente un mio amico e sospiro: "Ti confesso che ho dato una sbirciatina ad internet. Non se ne parla neanche lì"
Ian arriccia le labbra, lanciandomi uno sguardo curioso. "Internet?"
"Internet" annuisco, "computer, mondo del web..."
Il suo volto è perplesso oltre che bellissimo come sempre.
"Non esistono più solo i libri" lo aggiorno, "oggi basta un computer per navigare e informarsi su quello che succede nel mondo"
"Un computer? Tipo il telefono senza fili che porti con te..." si gratta la testa.
"Tipo, solo un po' più grande" faccio spallucce. "Ho un portatile nella mia stanza al campus, domani passerò a prenderlo così te lo farò vedere"
Lo sguardo di Ian si concentra sul movimento nervoso dei miei denti contro la cannuccia di plastica. "Domani tornerai a dormire nella tua stanza?"
Sento lo stomaco stringersi su se stesso alla sola idea di mettere di nuovo piede nella camera condivisa con Ashley. Vorrei restare da Ian un altro po', ma non ho affatto il coraggio di chiederglielo, così mi limito a scuotere leggermente la testa e sussurrare: "non lo so"
"Se vuoi puoi restare da me, la mia camera di hotel è così capiente per una sola persona" libera un sorriso, smorzando la tensione accumulata.
"Io, io non voglio disturbarti"
"Puoi rimanere fin quando vuoi, Holland" sposta dolcemente il suo profilo in direzione del mio. "Non ti porterò la colazione a letto tutte le mattine e neanche ti lascerò le due piazze di materasso solo per te, ma credo che potremo trovare un buon compromesso"
Fisso la mia bibita e poi di nuovo il giovane gentile e buono che mi siede accanto. Mi sembra di conoscerlo da sempre; anche se conosco solo pochi attimi della sua vita, è come se portassi con me tutto il resto. Tutto quanto.
"Domani andrò a lezione e passerò comunque dalla mia stanza a prendere le cose che mi servono" affermo.
"Sei agitata?" mi chiede, "intendo di rivedere Ashley e Phoebe e...parlare con il tuo...ragazzo?"
"Un po'" annuisco.
"Andrà tutto bene" fa lui, portandosi il bicchiere alle labbra. Ne da un lungo sorso, tanto che posso vedere il suo pomo d'Adamo alzarsi e riscendere. "Ashley è solo accecata dalla rabbia in questo momento. Sei stata un terremoto per lei, le hai spostato il baricentro di ogni convinzione e le hai mentito sulla tua vera identità, ma sono sicuro che ti vuole bene e riuscirete a trovare un vostro nuovo equilibrio"
Gli occhi scioccati e disperati della mia compagna di stanza mi passano nella testa come un flash; quell'azzurro velato dall'incomprensione, dal sentirsi presa in giro. L'altezzosità. Quello che io mai riuscirò ad essere. Così, superiore.
"E troverai anche il modo migliore per affrontare Hunter" aggiunge.
Voglio essere positiva, almeno per le ultime ore di questa sera. Il mondo degli IN non mi spaventa, non mi fanno paura i criteri che gli appartengono, non riusciranno ad ostacolare il mio percorso di studi. Non sarò più una cheerleader e nemmeno una delle ragazze più invidiate della scuola perché posso partecipare a feste esclusive e posso baciare uno dei giocatori di basket, ma sarò sempre io. E ci saranno America e Penn con me. Il nuovo modo di vivere che mi aspetta forse non è poi così male.
Guardo verso l'oceano, là dove la notte è scura e la musica non arriva più. Mi faccio cullare dal suono debole del vento e dal respiro pacato del ragazzo al mio fianco. I nostri bicchieri si svuotano pian piano, cedendo il posto alla stanchezza.
Quando lasciamo Atlantic Beach sono da poco passate le undici della sera. Rientriamo in hotel parlottando dell'ottimo cibo mangiato e da come piacerebbe ad entrambi imparare a ballare la salsa. Ian sostiene che il suo bacino è quasi capace di muoversi come quello dei ragazzi del locale, ha solo bisogno di un po' di pratica, ma quando gli chiedo di farmi vedere lui si rifiuta categoricamente. "Non ho bevuto abbastanza Mojito" si difende.
Il portiere ci accoglie con il suo solito sguardo storto, un occhio al cruciverba ed uno a noi che entriamo. Accediamo all'ascensore conservando tutta la nostra ilarità. Poco prima che Ian schiacci il piano desiderato mi volto verso il corridoio, sentendomi osservata. Non c'è nessuno. Solo la moquette e il carrello in ferro per trasportare i bagagli. La porta dell'ascensore si chiude. E con essa quella strana e misteriosa sensazione.
"Credo che farò una di quelle dormite storiche" dice Ian, entrando nella camera.
Le sue braccia si alzano per sfilarsi la maglietta. Il gesto è così improvviso e inaspettato che mi lascia di sasso. Guardo la sua schiena asciutta e le sue belle spalle grandi.
Ian va al tavolino e si versa dell'acqua, mentre io resto a osservarlo con la bocca semiaperta.
"Vuoi da bere, Holland?" mi offre un bicchiere.
Scuoto la testa, senza avere la forza per fare qualsiasi altra mossa. Lui riempie il suo bicchiere, beve e poi siede sulla metà più distante del letto, dandomi di nuovo le spalle. Lo vedo piegarsi per slacciarsi le scarpe e poi sfilarsi i pantaloni.
Sento le mie guance accendersi. Faccio un passo indietro e poi uno di lato, incapace di distogliere lo sguardo dal ragazzo in boxer dentro la stanza.
"Ehi, Holland, prima io o te in bagno?" si volta.
Mi riscuoto. Mi precipito alla mia valigia e afferro pigiama, biacheria, busta del bagno tutto in una grossa bracciata. Vi nascondo il viso all'interno e scappo verso la porta della toilette. "Vado io, faccio in un lampo!"
Ian mi guarda perplesso, con le sopracciglia alzate e la braccia lungo i fianchi, i suoi bellissimi fianchi.
"Okay" afferma.
Mi chiudo la porta alle spalle e lascio andare un grande respiro. Poi un altro ancora e un altro e un altro. Ascolto il mio cuore tornare a battere regolare, mentre lascio cadere tutte le mie cose sul piano del lavandino. Dovrò imparare a vedere Ian mezzo nudo se voglio condividere con lui questa stanza. Dovrò imparare a farlo senza farmi prendere dal panico e colorarmi ogni volta di rosso da capo a piedi.
Apro l'acqua e mi bagno i polsi.
"Ian è un uomo sposato. Ian è un uomo sposato. Ian è un uomo sposato. Ripetilo, Holland, ripetilo fino a ficcartelo in quella tua testa vuota!"
"Tutto bene?" Le nocche di Ian che bussano alla porta mi fanno saltare.
"Alla grande!" esclamo di rimando, aprendo maggiormente il rubinetto.
Ian è un uomo sposato.
Ed io sono solo una stupida ragazzina.
Mi convinco, o almeno tento di farlo.
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