Capitolo 6: CUORI IN TEMPESTA

Distesa sul letto, con i piedi incrociati l'uno sull'altro, guardo e riguardo l'assegno del signor Kagsoff. Diecimila dollari. Diecimila!
E' impressionante quanto la nostra società possa essere corrotta. Questi soldi hanno tenuto Daren a galla, o forse lo hanno aiutato ad affondare ancora di più, nascondendo i suoi sbagli e le sue debolezze. Questi soldi hanno trascinato Daren nella merda e anche Ashley, direttamente dietro a lui. Penso e ripenso a come poter utilizzare al meglio l'assegno. Desidero che Ashley torni ma, soprattutto, che Daren smetta di starle addosso. Già immagino la faccia del signor Agee quando non troverà più questo pezzo di carta, lo cercherà ovunque, crederà di averlo perso. Invece si trova soltanto in mani sbagliate. Le mie.

"Cosa fai?" Ian si affaccia alla porta. Indossa un farfallino nero e la camicia bianca immacolata. Ha appena terminato il turno di lavoro al ristorante.

"Niente"

"Quello cos'è?" si siede al mio fianco, sbirciando l'assegno che tengo tra le mani.

"Soldi"

Lui mi guarda con un'espressione decisamente smarrita. La televisione è accesa, c'è un film di seconda serata che non sto seguendo, ma le immagini della periferia di New York mi fanno quasi sentire a casa.

"I soldi che il padre di Kagasoff paga al signor Agee ogni anno per farlo restare nella squadra di basket e per tenere la bocca chiusa sullo stato di intossicazione del suo sangue" preciso.

Ian vi lancia un'occhiata fugace, prima che lo rimetta in tasca al sicuro.

"Non ho mai visto una cifra con tutti quegli zeri" dice.

"Neanche io" concordo. Lui viene dal passato, ed io da una realtà che non è all'altezza di questo mondo.

"Perché ce l'hai tu?"

"L'ho rubato" soffio fuori con sincerità. "Ho intenzione di utilizzarlo per allontanare Ashley da Daren. Voglio che quel ragazzo smetta di starle vicino. Pensa che stanno tornando in autostop dalla Virginia, è pazzesco!"

Ian si gratta la testa, pensieroso. La sua attenzione è distratta dalla televisione. C'è una donna che grida, è in un letto e sta partorendo. Gli urli di dolore si sovrappongono al pianto di un bambino che nasce. La gioia di un nuovo inizio. Il suo sguardo è perso nel vuoto.
Non mi ascolta più. Ashley, Daren, ogni problema legato ai miei amici e al college passa in secondo piano. E' a sua figlia che sta pensando adesso. A sua moglie e alla sua bambina. Un'ostetrica avvolge il neonato in un lenzuolo bianco. Il piccolo non piange più. Ha occhi semichiusi e labbra dolcemente increspate. E' la cosa più bella che si possa stringere tra le braccia. E il padre lo sta facendo.
Il volto di Ian si contrae, la sua mano afferra il telecomando e spegne il televisore. La stanza è improvvisamente invasa dal silenzio.
Il dolore di qualcosa che non si può più afferrare, il prezzo da pagare per una vita alla propria altezza. La distanza causata dalla guerra o da un pendente del destino. Ian è tutto questo. Amarezza, confusione, malinconia. Disperazione.

Con la coda dell'occhio lo vedo allentarsi il farfallino e sfiorare la stoffa del colletto con delicatezza. I miei occhi non possono fare a meno di essere attratti da quel dolce movimento. Con fermezza sgancia il primo bottone della camicia e poi anche il secondo, lasciando intravedere la catena che ha appeso al collo. Quando apre il terzo e anche il quarto, il pendente viene fuori come il più prezioso dei gioielli. Ian lo prende dentro a un pugno e alza gli occhi sui miei.

"Non è possibile, ancora Radcliff non è riuscito a pensare ad una combinazione plausibile!"

Il mio cuore si apre e si stringe allo stesso tempo. Sono felice che non ci sia ancora un modo per tornare indietro e sono anche senza fiato per la visione che ho dinnanzi; Ian, la camicia sganciata a metà, il pendente che brucia più di un tizzone di fuoco.

"Diamine! Sono solo due numeri da individuare!" In fretta e furia si alza dal letto, vaga per la camera, fino a fermarsi al tavolino di fronte alla finestra. Il tendaggio aperto lascia intravedere la notte appena calata su Jacksonville; le luci colorate, i fari delle auto che percorrono le strade, l'orizzonte sfumato di blu cobalto.

"Non è facile trovare la combinazione" parlo a favore di Radcliff, "ammesso che ne esista una" aggiungo quasi sottovoce.

Ian punta i palmi sul piano, respira pesantemente, lasciando ciondolare il pendente sotto di sé. In un attimo, la stanchezza di una serata di lavoro si associa alla frustrazione sopita, alla scena di una nascita che ha aperto una voragine dentro il suo cuore, lo fa esplodere in una reazione a dir poco esagerata. Con rabbia sfila la collana e la getta sul tavolo. Grugnisce. Si passa una mano tra i capelli e prende ad aggeggiare con l'orologio. Lo gira, lo rigira, lo apre. Fruga nel cassetto, alla ricerca di qualcosa che neanche lui sa cosa. Penne, carta, fazzoletti, un trincetto. Lo impugna saldamente e, con la punta affilata, prende a svitare ad una ad una le viti del quadrante posteriore. Lo guardo allibita, attonita, incapace quasi di respirare. Cosa diavolo gli salta in testa?

"Ian, cosa vuoi fare?" mi avvicino cauta di un passo.

Le sue spalle sono piegate e contratte. Non risponde. Non dice una sola parola.

"E' pericoloso..." L'esplosione a casa Radcliff è stata il risultato di una combinazione mal riuscita, non possiamo rischiare di nuovo. E' da incoscienti. E Ian, in questo momento, mi sembra proprio che di coscienza non ne abbia neanche un po'.

"Ian, per favore, fermati..."

Lui continua a non darmi retta. Mi sembra di essere invisibile o addirittura inesistente. In pochi secondi, l'orologio giace sul tavolo smembrato, gli ingranaggi ben visibili.

"Cosa vuoi fare? Vuoi tentare una combinazione a caso per tornare indietro? Vuoi farci esplodere? Tu sei un pazzo! Tu sei un pazzo squinternato! Ian, chiudi quell'orologio, rimettilo a posto...per favore" lo supplico.

Ian fissa le lancette, forse pensando ad una possibile formula. I numeri si intrecciano nella mia testa; le ore, i minuti, i secondi.

"Perchè lo fai? Perché?" quasi piagnucolo, presa dal panico e dalla disperazione.

"Smettila di lamentarti. Sto cercando di concentrarmi" mi caccia via.

Improvvisamente il terrore di una imminente esplosione viene sovrastato da un immane senso di inferiorità.

"Tu mi hai chiesto del tempo per pensare, ma in realtà hai già preso la tua decisione" dico freddamente.

Le sue dita si fermano, smettono di lavorare sul marchingegno e restano sospese a mezz'aria. Le sue pupille fissano insistentemente il metallo dorato e le dodici cifre che rappresentano la sua salvezza o la sua rovina.

"Vuoi trovare la combinazione a tutti costi. Vuoi tornare indietro" deglutisco con forza. "Hai scelto tua moglie"

Il mio respiro si spezza, nel pronunciare quest'ultima frase. La sua decisione è chiara e lampante, così come chiaro e lampante è il mio disagio in questo istante.

"Io non ho scelto nessuno" dice duramente.

"Sì, lo hai fatto"

Ian stringe forte i pugni, il suo sguardo non si scosta dal pendolo smembrato. La sua voce è rauca, la cadenza quasi inesistente. "Non ho visto nascere mia figlia, non potrò crescerla. Non potrò cullarla, proteggerla. Non potrò mai vederla"

Resto impietrita. Non si tratta di un amore alla pari. Posso competere con la moglie, non con la figlia. Ian stringe gli incisivi sul labbro inferiore. Le sue narici si allargano e le vene del  collo si inturgidiscono. La camicia fuori dai pantaloni, aperta, appena sgualcita.

"Non sai quanto vorrei restare qui con te, ma sarei soltanto un uomo a metà, strappato dal passato, dalla sua vita. Tu hai bisogno di un uomo vero. Non di me."

"Idiozie! Tu sei la mia anima gemella" mi rifiuto.

Ian riprende in mano l'orologio e i suoi ingranaggi. Le rotelle mi sembrano tutte uguali, pezzi di un sistema che mai comprenderò. Pezzi unici di un ingranaggio complesso, tenuti insieme da una combinazione segreta. Proprio come io e Ian.

"Non sei più una bambina dovresti smettere di credere alle favole" mi lancia uno sguardo di fuoco, distogliendo l'attenzione per un istante dalle lancette che ha preso a muovere, girando in senso orario uno dei bulloni.

"E tu dovresti smettere di accanirti con quel marchingegno" protesto, avvicinandomi al tavolo. 

"E tu dovresti piantarla di fare i capricci" ferma le lancette sulle tre e mezza.

"E tu dovresti imparare ad apprezzare il regalo che il destino ti ha fatto" replico.

"E tu dovresti lasciarmi lavorare in pace!"

"Non stai lavorando, stai soltanto scappando dalla realtà" lo incalzo.

"E' un lavoro anche questo!" afferra il trincetto e lo porta al palmo della mano.

D'istinto lo blocco, stringendogli il polso così forte da farmi male io stessa. "Non lo stai facendo sul serio"

Gli occhi di Ian mi guardano a fondo. Entrano dentro i miei, facendomi capire quanta rabbia e quanto rancore ci sia nella sua anima.
La scena del film appena vista. Il pianto di quel bambino, il dolore di quella donna. Soltanto finzione. Per me, non per lui che non ha visto nascere il frutto del suo amore.
E' fuori di testa in questo istante, non sa cosa dice e non sa cosa fa.

Trattengo ancora il suo polso, impedendo alla lama di tagliare la sua pelle. "Pensi che le tre e trenta siano la combinazione giusta?"

Ian si aggrappa al manico del trincetto quasi come fosse la bacchetta magica di Harry Potter.
"E' l'ora nella quale è successo il tutto. E' l'ora nella quale sono stato risucchiato da questo marchingegno infernale"

"E' troppo semplice. E' una combinazione scontata. Esploderemo in aria"

Lo sguardo di Ian non si sgancia dal mio, mentre le mie dita tremano sul suo polso, allentando sempre più la presa. Non posso fare a meno di pensare che lo farà davvero. Si ferirà, macchierà di sangue il pendente e tornerà indietro. Oppure salteremo in aria.
In ogni caso ci faremo del male.

"Devo provarci, devo farlo"

Le mie labbra tremano e una lacrima mi riga il volto. Ian la fissa come se stesse guardando un secondo film. Nessun bambino, soltanto una donna con il cuore spezzato. La mia mano cede e quella di Ian procede a tagliare la carne del suo palmo. Anche il mio sanguina, ma non sento dolore. Tutto il dolore che percepisco è dentro il petto. Ed è qualcosa di inspiegabile a parole.

"Non farlo, ti prego" La mia ultima richiesta.

Ian trattiene il respiro, contrae forte la mascella e distoglie gli occhi dai miei. Avvicina il palmo sanguinante al quadrante e le mie ginocchia non reggono. Cado a terra, cedendo al dolore che mi attanaglia l'anima. Da un momento all'altro mi aspetto un boato, forte, invadente, esplosivo.
Invece non accade niente di niente. Lentamente rialzo la testa, aspettandomi il peggio. Aspettandomi di non trovare più né Ian né l'orologio. Aspettandomi di non trovare più niente. Invece Ian è ancora qui. L'orologio sul tavolo e le viti sparse qua e là. Il sangue cola dal suo palmo sul piano. Goccia a goccia. Insieme al sangue le sue lacrime.
Una, due, infinite.

Mi rialzo da terra, indecisa sul da farsi. Indecisa se muoversi, trattenere il fiato oppure buttarlo tutto fuori.

Le spalle di Ian si muovono in un singhiozzo, poi in un altro ancora. Il dolore che ha dentro esplode più di quanto avrebbe potuto fare la combinazione sbagliata. La sua sofferenza è anche la mia. Con delicatezza mi avvicino alle sue spalle, avvolgendolo tra le mie braccia.
I miei capelli scivolano sul suo corpo. Il mio respiro sfiora le sue orecchie. Non è stato capace di tentare la sorte. O forse ha avuto soltanto il terrore di sbagliare e perdere di nuovo la speranza. Il suo pianto diventa il mio. Lo stringo più forte, cercando di placare i singhiozzi e il dolore. Ian si alza dalla sedia, lascia il pendente smembrato sul tavolo e ricambia il mio abbraccio con uno altrettanto invadente, ingombrante e coinvolgente.
Senza rendermene conto, senza capire, senza farmi troppe domande, mi ritrovo aggrappata al suo corpo, le mie gambe allacciate alla sua vita e le mie braccia alle sue spalle.
La bocca di Ian cerca la mia, mentre il suo corpo si sposta fino al letto. Mi lascia cadere e si distende sopra. La sua camicia bianca, macchiata dal sangue delle mie e delle sue mani, viene strappata via. A terra. Lontano.
Ho il cuore che trotta, la testa che esplode e il respiro che fa un rumore incredibile. Dalla disperazione al desiderio incontrollabile. Siamo una pozione di sentimenti diversi. Siamo amore, eros e dolore. Siamo due anime legate dal destino e separate dalla vita.

Ian non parla, non mi guarda, non respira nemmeno. Mi stringe tra le braccia, mi cerca con le mani e mi spoglia con una foga che neanche io so dove possa scovare. Sono così sconvolta che non mi rendo conto del mio vestito tirato fino alla pancia, dei brividi sulla mia pelle, delle mie dita che tremano mentre sfiorano il petto nudo dell'uomo più bello di questo mondo. I suoi muscoli sodi e appena contratti, illuminati dalla luce soffusa della lampada da camera mi mandano il cervello in panne.

Ci baciamo quasi mangiandoci, ci annusiamo quasi consumandoci. I nostri profumi si intrecciano, senza lasciar spazio più alla fantasia. La stoffa del mio abito sale ancora di più, fino a passare dal seno, dal collo ed essere sfilata dalla testa. I capelli sparsi ovunque, i battiti a mille, a duemila. A un milione.

Ian si scosta appena, lasciandomi un secondo per respirare, per cercare di capire cosa ci sta succedendo, cosa stiamo facendo.
Un secondo per razionalizzare la passione che ci avvolge. Un secondo soltanto, poi di nuovo le nostre bocche sono unite. I nostri corpi pure. Avvinghiati e vicini. I pantaloni di Ian rappresentano improvvisamente un intralcio, troppo spessi, troppo ingombranti.

Sollevo lo sguardo e incontro quello del ragazzo che ha smesso di farsi domande, di capire il perché, di sentirsi in colpa. Le lacrime sono ancora lì, ma sono insieme ad una luce nuova. Una luce che mi da la speranza di credere in qualcosa che non è soltanto una mia fantasia.
Vorrei urlargli che lo amo da morire, ma non ho il fiato neanche per pronunciare il suo nome. Sono in apnea. E anche Ian lo è.
Ci parliamo con gli occhi e con la furia in tempesta dei nostri cuori.

Ian sgancia i suoi pantaloni. Non smette di guardarmi. Non lo fa. Ed io credo di avere un infarto imminente. Affanno, annaspo, alla ricerca di ossigeno.
Nel momento in cui la sua cerniera si abbassa, però, la magia si rompe, infrangendosi insieme al suono del mio cellulare. Fingo di non sentirlo. E anche Ian. I nostri occhi sempre uniti, mentre le mie mani fanno scivolare a terra i suoi pantaloni, per accoglierlo di nuovo sopra di me. I suoi boxer e la mia biancheria, la luce soffusa, il pendolo che è soltanto un breve, fugace, temporaneo ricordo. Il cellulare continua a suonare. Ci entra nelle orecchie, spazia tra noi e tra i nostri respiri.

"Penso che dovresti rispondere, sembra importante" La voce di Ian rompe l'alchimia.
Il trillo è davvero continuo e incessante. Controvoglia, con la mente vuota, scivolo via, lasciando Ian seduto sul letto, mezzo nudo. Con difficoltà mi stacco dal guardarlo e impreco sommessamente contro chiunque abbia osato disturbarci. Quando prendo il cellulare, esso non trilla più. Cerco di immagazzinare il fiato che ho perso nella foga e nell'emozione più totale, mentre apro un messaggio lasciato da un numero che non conosco.

<<Sono tornati. Corri subito da me! Allen Evangelista>>

Alzo lo sguardo su quello del ragazzo ancora steso sul letto, in una bellezza dirompente e prorompente. 

"Si tratta di Ashley, devi accompagnarmi al campus"

Ian butta indietro la testa ed io evito di guardare il suo corpo ancora in preda all'eccitazione. Evito di pensare a ciò che sarebbe potuto succedere e mi concentro solo nel recuperare i miei indumenti.

Ashley è tornata ed io devo occuparmi di lei.

NOTE AUTRICE:

Buon pomeriggio a tutti!
Volevo ringraziare Lettori_anonimi per l'iniziativa "il club dei lettori anonimi || Concorso letterari", sono felice che ENDLESS- Anime Rosse sia arrivata in finale nella categoria FF. Per me significa molto perchè questa storia è nata un po' come una sorta di esperimento, mi sono messa alla prova con personaggi reali, attori che ho intrecciato a mio piacimento in una trama abbastanza diversa dal genere che sono solita scrivere. Sapere che può avere un potenziale mi dà la carica per scrivere con maggior entusiasmo.
Voglio complimentarmi anche con alesstar per il suo romanzo "Come due spine- Like two thorns", e con paola55555 che, con il libro "Al di là dei tuoi occhi- L'inizio del viaggio", sono entrambe in finale nella categoria romanzi d'amore.
Poi, visto che ho imparato a mettere Gif, vi lascio con questa immagine del nostro Ian super rappresentativa del capitolo.
Bye Bye lettori. Alla prossima!

Baci
Serena

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