Capitolo 48: MILLE E UNA NOTTE

Un taxi mi scende sulla settima strada. Mi guardo intorno per capire se sono nel posto giusto oppure ho sbagliato a leggere le indicazioni che Ian mi ha lasciato scritte sul bigliettino. La strada è trafficata, ci sono mille luci; dai fari delle auto a quelle delle insegne pubblicitarie. Alzo lo sguardo, sopra la mia testa il cielo sembra piccolo in confronto alla sconfinata altezza dei palazzi. La porta girevole in vetro mi lascia entrare dentro la hall di un hotel da capogiro. Percorro un lungo tappeto color oro, fino ad arrivare alla Reception.
Non riesco a staccare gli occhi dalle pareti dipinte minuziosamente con affascinanti richiami orientali.

"Il signor Somerhalder l'attende al trentesimo, camera cinquecentododici" mi dice l'uomo dietro al bancone, consegnandomi una tesserina magnetica.

Raggiungo l'ascensore, continuando a guardarmi intorno con stupore, ansia e agitazione. Il mio vestito da damigella accompagna i miei passi con un leggero fruscio. Ho la sensazione di essere una principessa. E questo è il mio regno, il mio castello.

L'ascensore fugge fino al trentesimo. Più sale, più il mio cuore batte veloce. Quando Ian mi ha parlato di una sorpresa, non avrei mai pensato che fosse questa; una notte in un hotel da sogno.

La porta si apre, accogliendomi in un corridoio di moquette verde. Alle pareti sono appesi specchi dalle cornici dorate. Mi soffermo di fronte ad uno di essi e guardo il mio riflesso.
L'acconciatura ormai è scomposta, le mie guance sono arrossate e i miei occhi brillano timorosi. L'aspettativa è alle stelle. La cinquecentododici mi aspetta. Ian mi aspetta. La mia anima gemella.

Una volta individuata la stanza, prendo un bel respiro e busso, ma nessuno viene ad aprire. Busso più forte.
Il cuore sembra volermi scoppiare dentro al petto. E se fosse soltanto uno stupido scherzo?
Poi ricordo che ho tra le mani il tesserino magnetico, lo giro, lo rigiro e infine mi decido ad accostarlo alla banda di riconoscimento.
La porta si apre.

"Ian?" chiamo a bassa voce, quasi avessi paura di disturbare o di aver sbagliato stanza, luogo, momento. "Ehi, Ian?"

Niente.
Scosto la porta ed entro, cauta.
La stanza è al buio. Mi guardo intorno, cercando di adattare la vista alla penombra, intanto con una mano chiudo l'anta.

"Ian, sono Holland, ci sei?"

Una luce fioca, proveniente dalla stanza adiacente, illumina quella che sembra la camera di una vera e propria reggia. C'è un letto a baldacchino e ci sono tendaggi con tanto di drappeggio. La moquette ricopre il pavimento e anche le pareti. Seguo la luce e il suono del silenzio. Perché sì, in questo momento anche il silenzio sembra avere un rumore tutto suo. Uno stretto disimpegno mi porta ad un'altra stanza, dove è posizionato un divanetto e un televisore dallo schermo piatto. A terra ci sono un paio di scarpe. Mi soffermo a studiarle. Sono quelle di Ian. Sono tentata di chiamarlo di nuovo, ma la voce mi muore in gola quando vedo anche i suoi pantaloni, appesi alla spalliera della poltrona.
Mi avvicino, li sfioro con le dita, mentre ascolto il suono del mio cuore salire oltre le stelle. Faccio un paio di passi avanti, inciampando in quella che è la sua camicia e il suo farfallino. Raccolgo quest'ultimo da terra e lo stringo dentro al palmo. La porta del bagno è socchiusa, la luce proviene da lì dentro.

"Ian sei qui?".

E quando apro la porta, non mi serve alcuna risposta. Non mi serve niente. O forse sì.
Un bicchiere d'acqua e una sedia per evitare di finire a terra svenuta. La stanza da bagno ha la grandezza di un piccolo appartamento.
Intorno alla Jakuzzi ci sono una serie infinita di candele. L'aria che si respira è calda, quasi asfissiante. Ian è immerso dentro alla vasca, insieme a quelli che sembrano una miriade di petali di rosa.

"Ti stavo aspettando, piccola Holland, ci hai messo un bel po' di tempo a trovarmi, l'acqua si sta facendo fredda...". La sua voce è calda e invogliante, tanto quanto l'atmosfera che lo circonda.

"Io... io... " balbetto, incapace di fare altro. Il farfallino che stringevo in mano adesso è a terra, ai miei piedi.

Ian mi indica due calici di vino posati al bordo e un invitante cestino di fragole. Accanto ai bicchieri noto la sua collana con il pendolo.

"Allora, cosa aspetti?" camuffa un sorriso intrigante.

Faccio un paio di passi avanti, avvicinandomi.

"Credo che per entrare dovresti prima spogliarti..." dice, quasi prendendomi in giro. 

Annuisco. Certo, devo spogliarmi. Ovviamente.
E' soltanto che all'improvviso non ricordo più come si faccia. Ho la mente vuota, deprivata di tutto quanto. Vedo soltanto Ian, il suo corpo che mi attende, i petali che ballonzolano intorno al suo busto nudo e il vino che mi fa girare la testa al solo pensiero di assaggiarlo.  

Impacciata mi piego a slacciare il cinturino dei miei sandali. Sono alti e quando li sfilo, mi sembra quasi di scendere da uno scalino. La pianta dei miei piedi si posa sul tappetino.
Ian allunga il braccio, si accaparra una fragola e la morde, continuando a guardarmi. Il suo sorriso malizioso mi mette più agitazione di quanta dovrei averne. Ho desiderato questo momento così tanto e così a lungo che adesso mi sembra quasi di stare dentro a un sogno. Sono paralizzata dall'emozione. Improvvisamente, felicità e paura sembrano avere lo stesso sapore.
Lascio scivolare a terra il foulard che porto sulle spalle e armeggio con la cerniera del vestito, che però si inceppa a metà. 

"Devo uscire per aiutarti con la zip?" chiede Ian. 

"No, posso farcela da sola" dico, riuscendo a farla scorrere fino in fondo. I miei gesti sono lenti, macchinosi. E altrettanto lenta è la caduta del mio abito a terra.

Lo sguardo di Ian sembra illuminarsi mentre sfilo via il reggiseno e poi gli slip. Procedo a passi cauti, attenta a non scivolare, arrivo al bordo e mi immergo.

Ian, dall'altra parte della vasca, allarga le braccia e manda la testa indietro, bagnandosi le punte dei capelli.

"Benvenuta nella tua sorpresa!" mi accoglie.

Ricambio il sorriso, incerta.

"Allora, per la precisione, questa sorpresa è in realtà composta da tre fasi..."

Deglutisco. Di nuovo la testa vuota.
Il cuore a mille.

"La prima fase..."

La sua mano va a premere un pulsante, che fa partire l'idromassaggio. L'acqua ribolle, solleticandoci ogni centimetro della pelle.

"Non è stupendo?" chiede, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalle bollicine.

Sorrido, rilassandomi un po'. Questo è sicuramente il suo primo idromassaggio.
Il gorgoglio pian piano si placa, l'acqua torna ad acquietarsi. Ian riemerge dal suo stato di estasi pura e si sposta al mio fianco.

"Poi, la seconda fase..." dice, spingendo un'altra leva.

Le note di un'aria magica si diffondono nella stanza, impossessandosi degli oggetti, del fuoco delle candele e delle nostre stesse anime.

"Si tratta di A time for us, la colonna sonora di Romeo e Giulietta del film di Zeffirelli" riconosco.

Ian mi sfiora la guancia con le labbra. Intanto il suo braccio mi cinge il collo, mentre il suo naso lo sfiora teneramente. "Trovo che sia una musica stupenda" afferma. "E adesso la terza fase..."

La voce della cantante mi arriva dritta al cuore, insieme al bacio che la bocca morbida di Ian deposita sulla mia. Un bacio casto, quasi timoroso. Una voglia immensa si impadronisce della mia persona. La voglia di lui. Del suo possesso. Del suo amore.

"Ti avevo promesso una notte speciale. Tutto questo è per te, anima mia".

Non c'è alcuna parola da aggiungere, alcuna da togliere. Questa è la perfezione. E' perfetto il suo respiro contro al mio, è perfetto il tepore dell'acqua, dell'umidità che si respira e dell'eccitazione che ci comanda.

A New York, in un hotel da mille e una notte, in una vasca idromassaggio come nei film, Ian si prende il mio corpo e la mia anima, si prende la Holland bambina e complessata del Bronx, per dare vita a una donna nuova.
La sua donna. 

Intanto il pendolo ci osserva, abbandonato vicino ai calici e alle fragole; scandisce ogni attimo e ogni istante, vigila su ogni nostro respiro e sospiro, come una mascotte o un testimone. Un giorno, chissà quando e chissà come, quel medaglione leggendario potrà dire che c'era, potrà dire che quel momento nel quale il mio corpo si è unito a quello della sua anima gemella, raggiungendo il massimo del piacere, lui l'ha visto. Lo ha protetto, cullato. Sigillato. Nel vero senso della parola, perché, dopo questa notte, indietro non si torna.
Non più.

NOTE AUTRICE:

Ciao a tutti, lettori miei, come state?
Finalmente, dopo più di cento capitoli, i nostri eroi ce l'hanno fatta! Non uccidetemi se non mi sono soffermata troppo in dettaglio sulla descrizione dell'atto in sé, ma mi piace lasciare un po' di spazio alla fantasia.
Una vasca, petali di rosa, calici di vino, Ian nudo dentro e il pendolo che osserva da fuori... quello che succede... spazio all'immaginazione :)


Alla prossima!

Serena

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