Capitolo 28: ESSERE IL TUO UOMO

Il mattino seguente, mi sveglio con una piacevole sorpresa. Ian è uscito a prendere la colazione. Ha riempito la stanza dell'odore forte del caffè e di quello gustoso e soave dei pancake caldi con il burro di arachidi e la marmellata. Davanti al mio sbadiglio e al mio buongiorno impastato lui si stringe nelle spalle. 

"Per la mia... emm... fidanzata... questo e altro" dice, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. E' buffo come gli si colorino le guance nel definirmi la sua ragazza ed è anche divertente come sia impacciato in questa nuova e strana situazione.

"Forse i pancake non ti piacciono, forse preferivi le brioche oppure del latte caldo..." inizia a sproloquiare di fronte al mio immobile silenzio.

Ed io sorrido, seduta sul letto, con i capelli spettinati di chi si è appena svegliato e ha davanti a sé le due cose più belle del mondo; il cibo e il ragazzo del quale è follemente innamorata.

"Posso tornare al negozio e sostituire il tutto, io... io non conosco ancora bene i tuoi gusti, però quando eravamo a casa dei tuoi, a New York, abbiamo mangiato queste cose, perciò...".

"Ehi, rilassati! E' tutto perfetto! Io amo i pancake, amo il modo nel quale hai appena detto che noi due stiamo insieme e amo quel lieve rossore delle tue guance. Io amo tutto questo e vorrei tanto che non finisse mai...".

Ian si siede davanti a me. La stanza è in penombra, Penn e Ashley stanno ancora dormendo.

"Vorrei tanto poter essere spensierata e felice come ieri sera" sospiro.

Il suo sguardo si concentra nel mio, individuando tutte le maledette insicurezze che mi disturbano. "Anche io, piccola Holland".

Non riesco a non fissare il pendolo che gli ciondola sullo scollo della maglia. Ian lo stringe dentro al palmo e chiude gli occhi per un istante. "Devo confessarti una cosa" dice. "Quella di ieri è stata la serata più bella della mia vita. Non ho mai provato emozioni simili nel cantare una canzone per qualcuno e, ecco, quando ti... quando ci baciamo... sento che non esiste più niente tranne noi. Ho le gambe che tremano come foglie, ho il cuore che martella nel petto e il respiro di una signora di novant'anni... ".

Resto a guardarlo imbambolata, convinta che questa confessione sia la più genuina e complessa dichiarazione d'amore che qualcuno mi abbia mai fatto. E non posso fare a meno di pensare al suo passato, a quello che sta lasciando e superando. Non posso fare a meno di pensare a sua moglie, a ciò che provava, che prova ancora nei suoi confronti.

Ian si accorge dell'ombra che aleggia nel mio sguardo, perché mi afferra le mani e le stringe forte dentro alle sue.

"Quello che sento per te, Holland, non ha niente a che vedere con i miei sentimenti per Nikki. Io... io... non so spiegartelo, mi sento... mi sento..." scuote la testa, lasciandola ciondolare subito dopo. "Mi sento così in colpa nei suoi confronti, come se la stessi tradendo, ma allo stesso tempo so che lei ha fatto la stessa cosa con me. Si è risposata con Paul, è andata avanti con la sua vita e io voglio che per noi sia lo stesso. Voglio ascoltare il mio cuore e seguire quello che mi dice di fare...".

"E cosa ti dice adesso il tuo cuore?" avvicino lentamente il mio volto al suo.

"Mi dice di essere un uomo, il tuo uomo". La sua bocca sfiora la mia, facendomi stringere lo stomaco.

"Ho sempre desiderato un uomo come te" ammetto, chiudendo gli occhi.

Lui sfila le mani dalle mie per avvolgerle attorno alla mia vita. La stringe come se avesse a che fare con qualcosa di prezioso, fragile, qualcosa da custodire. È una piacevole sensazione, che mi manda letteralmente in panne il cervello.

"Oh, Ian, quando sto con te mi gira la testa" confesso.

"Lo so, faccio sempre questo effetto sulle donne" riprende a baciarmi con devozione.

Improvvisamente la luce della stanza si accende e qualcuno lancia un cuscino, colpendo Ian sulla nuca.

"Scusate, ma potete fare più piano? Qui ci sono due poveri studenti che cercano di dormire!" sbuffa Penn, stirando le braccia in alto.

"Cos'è questo odore? Caffè?" fa eco Ashley.

Penn salta giù dal letto, fiondandosi sulle vivande. "Vi perdoniamo soltanto se ci offrite un pancake!".

"Prego, ce ne sono per un reggimento" dice Ian, porgendogli il vassoio.

Ashley mi guarda ed io guardo lei, ci scambiamo un mezzo sorriso.

Il primo appuntamento è andato alla grande. Dopo voglio sapere tutto.
Dopo ti racconterò.

E' questo che si dicono i nostri occhi, per poi tornare sui ragazzi in estasi davanti al cibo.

"Ehi, lasciatecene un po' anche a noi!" diciamo in coro, tuffandoci giù dai rispettivi letti.
***

Nel pomeriggio accompagno Ian all'ufficio di Stato Civile. Si trova a Dowtown, dunque prendiamo il pullman e poi passeggiano fino in centro. Ci teniamo per mano ed entriamo con una strana sensazione di smarrimento. Cercare informazioni su sua figlia è la cosa più banale e scontata che potessimo fare, e non so davvero per quale motivo non ci abbiamo provato fin da subito. Una signora siede dietro la scrivania, è sola, circondata da una serie di scartoffie. Ci avviciniamo con cautela, bussando alla porta semichiusa.

"Desiderate?" fa lei, alzando gli occhi dal foglio che sta leggendo. Gli occhiali che porta sono lenti dalla montatura spessa, impreziosita di piccoli brillantini.

"Ecco, noi... noi cercavamo..." Ian mi guarda più smarrito che mai, ed io mi maledico perché non ci siamo neanche preparati un discorso credibile. Ma quanto siamo stupidi da uno a dieci?

"Cercavamo una persona" intervengo, provando a restare impassibile di fronte allo sguardo a tratti scocciato, a tratti perplesso dell'impiegata.

"Siete nel posto giusto, questa è l'anagrafe" replica la donna. "Nome?"

Ian scuote la testa e la signora torna su di lui, squadrandolo interdetta, forse inizia a pensare che non stia molto bene con la testa.

"È questo il punto, noi... noi non abbiamo un nome, si tratta di una donna nata nel 1945.
Abbiamo soltanto un cognome, Somerhalder"affermo.

La tipa stringe le labbra in un cruccio, si da una sistemata ai capelli canuti, che porta stretti dentro ad un fermaglio e ci chiede di attenderla un istante. Sparisce dietro ad uno scaffale alto fino al soffitto. Ian stringe forte le dita tra le mie. Ci guardiamo senza pronunciare una parola. Poi la donna torna in compagnia di un registro spesso e decisamente polveroso. Entrambi ci incantiamo sulle sue dita che sfogliano meccanicamente le pagine corrose e ingiallite dal tempo. Un paio di rughe sulla fronte, appena sopra al naso le si increspano come quando si è troppo concentrati o contrariati per qualcosa.

"Non è il libro giusto" farfuglia, riportandolo allo scaffale. Poco dopo riemerge con un altro registro e poi con un altro ancora, qualcuno più compatto, qualcuno più sciupato dagli anni.
E noi restiamo sospesi in quest'attesa strana, quasi irreale.

"Mi dispiace" dice alla fine, chiudendo anche l'ultimo volume. "Non posso aiutarvi".

Le rivolgo un'occhiata interrogativa, quasi persa, mentre Ian lascia la mia mano per batterla sul piano della scrivania.

"Perché?" esclama. "Non capisco, non esiste nessuna persona con questo cognome? Ha cercato bene? Lo ha fatto? Forse c'è qualche altro registro che non ha visionato o forse il cognome è quello della madre, Reed, può provare a cercare Reed?".

"Si calmi" fa lei, rimettendosi gli occhiali. "Non c'è nessuna Somerhalder e nessuna Reed, i registri terminano al quarantaquattro, purtroppo non abbiamo più buona parte dell'archivio degli anni quaranta. C'è stato un incendio trent'anni fa, l'ala sud dell'edificio ha preso fuoco e con essa tutti i documenti presenti. Mi dispiace".

Ian stringe le dita in un pugno, contraendo il braccio e la mascella. Posso sentire il dolore delle sue unghie strette nel palmo e anche quello del suo cuore spezzato. Il fuoco ha portato via il dettaglio che avrebbe potuto dare un senso al suo smarrimento.
Ci allontaniamo dall'ufficio più persi di quando siamo arrivati. Ian si chiude in un mutismo devastante, un silenzio che mi spezza in due il cuore, ma che non ho intenzione di guastare. Ian ha scelto il suo nuovo percorso con me e lo ha fatto con tutto l'entusiasmo possibile, una frenesia che questa vita però, pare volergli togliere a tutti i costi. Una scia di tristezza mi avvolge l'anima; per lui, per la sua delusione, per me e per il mio egoismo da anima gemella. Se Ian non conoscerà sua figlia, continuerà a desiderare di tornare indietro. L'amore per una donna si può superare, ma non quello di una creatura che è sangue del tuo sangue. Lo capisco e, forse, lo amo anche per questo suo modo di essere, così umanamente speciale.

"Ho bisogno di restare da solo, per favore" mi chiede. Ed io acconsento e me ne torno al campus, così, tristemente delusa.

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