Ventiquattro

Era passata circa una settimana dal trasferimento di Gianna e Giorgia. La situazione continuava ad essere stabile: Veronica e Fabrizio ancora insieme come anche Gianna e Raffaele, Valerio e Claudio sempre più patriottici e le sorelle Dufour lontane da noi.

Una mattina, come spesso accadeva, fummo svegliate all'alba da Valerio e Claudio. Il loro canto forte e chiaro contrastava con il rilassante suono della pioggia alterando quell'atmosfera di calma e serenità  perfetta per riposare e facendoci passare definitivamente il sonno.

«Sceeende la pioggiaaa, ma che faaa
Crolla il mondooo addosso a meee
Per amooore sto morendooo!»

Veronica, esasperata e sveglia come un grillo, corse ad aprire la finestra per iniziare una delle sue solite ramanzine.

«Fatevela una dormita una buona volta, almeno quando non avete lezioni la mattina!» esordì.

«M'è passato er sonno» si giustificò Valerio.

«Ho capito, ma almeno lascia dormire i vicini! E poi, Claudio, cosa ci fai già qui alle sette del mattino?» continuò Vero.

«So venuto a trovà a lui» tentò di spiegare Claudio «Tra ddu ore c'ho lezzione.»

Decisi di intervenire. «Ragazzi, vi prego, almeno a quest'ora del mattino potreste abbassare la voce? Mezzo vicinato sta ancora dormendo...»

«Vabbene, So» acconsentì Valerio, sbuffando «Nun ce stavamo a renne conto der casino che stavamo a fà... Menomale che ce l'avete detto.»

«Possibile che gli altri vicini non dicano mai niente?» si chiese la mia coinquilina.

«Ch'avranno er sonno pesante» ipotizzò Claudio.

«Eh, a questo punto...» commentai.

Veronica riprese la parola. «In ogni caso, visto che purtroppo ormai è passato il sonno anche a noi, ci volete accompagnare a fare colazione?»

I due amici annuirono, rallegrati per aver trovato qualcosa di più attivo da fare a quell'ora del mattino. In men che non si dica io e Vero ci preparammo per uscire e aspettammo Valerio e Claudio fuori.

«Fabrizio e Juan ovviamente dormono...» osservò la mia coinquilina.

«Fanno la cosa migliore» aggiunsi.

«E beati loro che possono!»

I due romani fecero capolino dalla porta pochi attimi dopo, pronti per andare al bar.

«Potemo annà» dichiarò Valerio.

«E 'nnamo!» ci esortò Veronica, imitando il suo accento.

Dopo una buona mezz'ora trascorsa a uno dei bar dell'università Claudio riprese la macchina per raggiungere il suo dipartimento mentre noi continuammo la nostra passeggiata mattutina, una delle poche che ci capitò di fare in quel periodo.

Passammo davanti casa di Brigitta e Geneviève ancora a luci spente, davanti a quella di Roberto e Raffaele e, infine, davanti a quella di Gianna e Giorgia. Fu proprio nei pressi di casa loro che incontrammo una ragazza con un grande trolley fucsia, un volto a noi ignoto.

Era una ragazza non molto alta, una brunetta con gli occhi chiari valorizzati da un paio di occhiali quasi rotondi dalla montatura marrone. Ipotizzai che avrebbe potuto essere proprio lei la nuova coinquilina delle nostre amiche.

Non appena ci vide passare, la nostra coetanea ci chiese subito informazioni.

«Ragazze, scusate! Sto cercando il n°26, sapete dov'è?»

Eh già, quella era proprio la nuova casa di Gianna e Giorgia, e quella ragazza doveva essere per forza la loro coinquilina.

Annuii. «Certo, ci abitano delle nostre amiche. Ti ci portiamo.»

La nuova arrivata, stupita ma sollevata dal fatto di aver trovato finalmente la casa in cui avrebbe abitato, ci seguì all'istante con il suo trolley.

«Sono stata fortunata, allora» commentò.

«A quanto pare sì» esclamò Vero.

«Comunque piacere, Elisabetta» si presentò la ragazza, durante il tragitto.

Ci presentammo anche noi, felici di vedere che perlomeno alla prima impressione la nuova coinquilina non sembrava affatto antipatica.

«Voi studiate alla Sapienza, vero?» ci domandò Elisabetta.

«Sì, da poco... Siamo al primo anno» affermò Veronica «E tu? Hai cambiato casa?»

Lei annuì. «Ehm, diciamo. Avevo iniziato Lingue a Pescara, nella mia città, ma per diverse complicazioni mi sono dovuta trasferire. Ho dato un esame e sono venuta qui...»

«Ah, ho capito» sospirò Vero «Nemmeno noi siamo del posto... Veniamo da Rimini.»

Elisabetta si illuminò. «Adoro la Romagna, ci sono stata l'anno scorso!»

«Ah, beh, mi fa piacere!» sorrise la mia coinquilina «Io invece a Pescara non sono ancora mai andata... e tu, Sofì?»

Scossi il capo, l'Abruzzo era una regione che non avevo ancora avuto l'occasione di visitare. «No, neanche io.»

In men che non si dica arrivammo al numero 26, bussammo e ci aprì Giorgia in tuta e pantofole.

«Non mi aspettavo di vedervi!» esclamò allegramente, per poi notare Elisabetta.

«Abbiamo incontrato la vostra nuova coinquilina» la informai.

«E l'abbiamo accompagnata» aggiunse Vero.

La nostra amica si presentò subito a Elisabetta facendola entrare con la valigia, e la confusione generale attirò anche Gianna.

«Che è successo?» si allarmò, vedendoci tutte alla porta.

«È arrivata Elisabetta!» le spiegò Giorgia rivolgendo lo sguardo alla nuova arrivata.

Gianna si presentò e le diede il benvenuto, raccontandole in breve anche delle sue vecchie coinquiline.

«Mi dispiace che tu le abbia dovute sopportare per tutto questo tempo» commentò Elisabetta «Ma l'importante è che tu te ne sia liberata, dai.»

Lei sospirò. «Puoi dirlo forte, non ce la facevo più. Chissà che fanno adesso...»

«Non ci pensare, è acqua passata» la ammonì Giorgia «Aiutiamo Elisabetta a sistemarsi.»

«Arrivo!»

Salutammo le tre coinquiline e tornammo finalmente verso la via di casa, discutendo dell'episodio appena accaduto.

Arrivate a destinazione trovammo Juan davanti alla porta di casa sua a spazzare via le foglie secche e a pulire lo zerbino.

«Ti sei svegliato presto oggi» scherzai.

«Diciamo prima del solito» rise lui «Valerio ha cercato di buttarmi giù dal letto.»

«C'era da immaginarselo!» esclamò Vero.

«Hai sentito la cantata di Valerio e Claudio di stamattina?» gli chiesi.

«Mi è sembrato di sentire qualcosa, ma mi sono riaddormentato subito» ammise «Avevo troppo sonno.»

«Beato te» commentò Veronica «Non ti sei perso niente, fidati!»

«Noi non ci siamo più riaddormentate e siamo uscite a fare colazione con loro» aggiunsi.

«Avete fatto bene» ribatté Juan divertito «Non prendete esempio da me che dormendo fino a mezzogiorno perdo un quarto di giornata...»

Sospirai. «Non possiamo più permettercelo, purtroppo. Abbiamo il primo esame fra due settimane e dobbiamo assistere più spesso alle lezioni...»

Ebbene sì, il primo esame universitario mio e di Veronica si stava sempre più avvicinando. Io avevo scelto di iniziare con spagnolo, mentre lei con inglese, ma avremmo sostenuto l'esame nella stessa settimana.

«Spagnolo, vero?» mi chiese Juan.

«Io sì, lei inglese» risposi rivolgendo lo sguardo verso la mia amica.

Lui annuì pensieroso. «Se vuoi ti posso aiutare.»

Cercai di trattenere il sorriso che mi si stava formando spontaneamente, evitando lo sguardo di Veronica che sembrava stesse facendo altrettanto.

«Sì, perché no... Se ti fa piacere per me va bene» risposi dopo essermi ricomposta interiormente.

Juan alzò un sopracciglio. «Se non mi avesse fatto piacere non te lo avrei detto.»

Sorrisi. «Grazie, Juan.»

Lo salutammo e Veronica aprì la porta per rientrare. Feci per seguirla, ma venni bloccata.

«Sofia...»

Feci un respiro profondo prima di girarmi. «Dimmi.»

Ma Juan esitò un attimo. «No, niente, tranquilla...»

«Sicuro?» domandai perplessa.

Lui annuì. «Sì, sì, niente di importante.»

Ben poco convinta, lo salutai e mi richiusi la porta alle spalle.

Cosa stava succedendo?

Ciao a tutti, eccomi con il solito appuntamento del sabato sera!

Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate?

Che impressione avete avuto di Elisabetta?
Juan aiuterà Sofia per l'esame?
E cosa avrebbe voluto dirle prima di chiudere la porta?

Votate e/o commentate se volete che continui :)
Grazie!

P.S.: Per qualsiasi dubbio o curiosità personale sulla storia o su di me non esitate a chiedere, vi risponderò volentieri in un capitolo a parte :)

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