Tre
La mattina seguente fui svegliata da una voce proveniente dall'esterno. Qualcuno stava cantando.
«Dimme chi è
che me fa sentì 'mportante anche se nun conto gnente,
che me fa Re quanno sento le campane la domenica mattina...»
Mentre la voce misteriosa cantava mi girai verso il comodino per controllare l'ora sulla sveglia. Erano le sei e mezza del mattino.
«Quale universitario si alza così presto quando le lezioni non sono ancora cominciate?» borbottai tra me e me a bassa voce, sperando di non svegliare Veronica.
Mi alzai di malavoglia dal letto e alzai di poco la serranda cercando di fare meno rumore possibile. Aprii la finestra e sporsi la testa fuori per capire da quale casa potesse provenire la voce.
Notai che la casa di fronte, al piano superiore, proprio davanti ai miei occhi, aveva una finestra aperta. Poco dopo da quella finestra apparve un ragazzo castano dall'espressione apparentemente arzilla con un paio di T-shirt in mano.
«Dimme chi è, chi è
che me fa campà sta vita così piena de problemi
e che me dà coraggio si tu nun me voi bene!»
Il ragazzo lasciò le magliette ad asciugare sul davanzale della finestra aperta e rientrò dentro. Era lui a cantare, un nostro coetaneo, un nostro vicino di casa.
«Chi è che si dispera di prima mattina?»
Veronica, con la voce impastata dal sonno, si era svegliata a causa del rumore.
Mi girai verso di lei. «Ma quale disperarsi Vero, questa è Grazie Roma di Venditti!»
«Scusami, il sonno gioca brutti scherzi» replicò lei.
«Graaazie Roomaaaa, che ci fai piangere e abbracciaaarci ancooraaaa!» continuava il ragazzo dalla finestra di fronte.
«Non è possibile, non sono neanche le sette» bofonchiò Veronica guardando la sveglia.
«Il nostro vicino sta facendo asciugare i panni» la informai alzando gli occhi al cielo.
«Che tornasse a dormire» sentenziò lei leggermente sconcertata «Anzi, adesso ci parlo direttamente.»
Detto questo si diresse con passo stanco verso la finestra, aprì del tutto la serranda e si affacciò.
«Ehi! Buongiorno!» esclamò agitando il braccio per attirare l'attenzione del vicino, che si girò così verso di noi «Scusa, potresti abbassare la voce? Siamo arrivate ieri sera da Rimini e vorremmo dormire» concluse, cercando di mantenere la calma.
Il ragazzo sembrò mortificato. «Regà, scusatemi. Stavo a stenne n'attimo ste majette pe falle asciugà pe ora de pranzo» si giustificò con il suo accento romano.
Bene, un altro del posto, pensai.
«Non abbiamo intenzione di interromperti» continuai io «Ma potresti cercare di cantare a voce un po' più bassa?»
«Nessun problema, avete fatto bene a dirmelo» rispose lui cordialmente «Rimetteteve a dormì, cosa che adesso farò anche io» aggiunse accennando una risata.
Mi sentii sollevata, il nostro vicino sembrava simpatico. «Grazie mille.»
«Di niente, scusatemi ancora. E buona dormita» aggiunse divertito prima di richiudere la finestra.
Terminata questa breve conversazione, Veronica ed io tornammo in men che non si dica nei nostri rispettivi letti per riprendere a dormire.
«Che soggetto» commentò lei accennando una risata.
«È stato gentile dai, non mi sembra antipatico» replicai.
«No, infatti. Dopo pranzo possiamo andare a presentarci da buone vicine» propose Veronica.
E così facemmo. Dopo esserci nuovamente svegliate quasi cinque ore più tardi uscimmo per fare la spesa, cucinammo, mangiammo e ci recammo davanti casa del nostro allegro vicino, che ci aprì con espressione alquanto sorpresa.
«Ah, siete voi!» esordì con il suo accento «Avete dormito bene?»
«Sì, sì, tranquillo!» risi.
«"Grazie Roma" ce stava però» commentò divertito tra sé e sé, mentre ci faceva cenno di entrare.
«Ma non alle sei e mezza del mattino» ribatté Veronica «Nessuno studente si sveglierebbe a quell'ora se non ha lezioni.»
«Che ce volemo fà, sono mattiniero» ci informò lui «Comunque piacere, Valerio.»
Ci presentammo anche noi.
In quel momento mi ricordai di un fatto che ci aveva raccontato Claudio.
«Sei un amico di Claudio Giuliani? Lui ci ha raccontato che un suo amico di nome Valerio abita di fronte casa nostra» gli spiegai.
Valerio si illuminò. «Ahò, certo! So' io, Valerio Fiore in persona. Anvedi 'n po' Claudio quanta gente conosce.»
«È il coinquilino di un nostro amico» disse Veronica «Frequenteranno la stessa facoltà.»
«Ah, ecco, adesso capisco. Voi invece quale facoltà avete preso?» ci domandò curioso.
«Lingue. In particolare Mediazione linguistica» risposi «Tu, invece?»
«Architettura, con il mio coinquilino. Lui ha già un lavoro, però» ci informò.
Veronica si incuriosì. «Sì? Che lavoro fa?»
«Lavora in una pizzeria qui vicino.»
A quell'affermazione mi bloccai un istante. Avevo capito bene?
«In una pizzeria?» ripetei.
«Sì, fa dei turni in pizzeria» annuì Valerio.
Oh per la miseria, pensai.
«Forse lo conosciamo, ieri sera abbiamo mangiato una pizza nella via qui dietro» gli spiegai.
«È lui, è Juan» confermò «Ahò, siete arrivate da meno de ventiquattr'ore e già conoscete tutti.»
«Non direi, è un caso» rise Veronica.
Mi fermai un attimo a riflettere.
Il ragazzo della pizzeria era il coinquilino di Valerio, nonché il nostro vicino di casa, frequentava l'università e si chiamava Juan. Uno spagnolo, da quanto sembrava.
«Ah, è spagnolo?» domandai.
«Sì, ma ormai è italiano in tutto e per tutto» mi spiegò Valerio, che si interruppe un attimo udendo un rumore di chiavi.
«Ah eccolo, è tornato» riprese «Ora ve potete fà raccontà da lui.»
Juan fece il suo ingresso nel soggiorno in jeans e camicia bianca, con espressione perplessa. Accorgendosi della sua espressione, Valerio gli raccontò gli ultimi avvenimenti.
«Juan, oggi abbiamo due ospiti: Sofia e Veronica, trasferite ieri! E indovina 'n po'? So' nostre vicine de casa.»
Finalmente Juan sfoggiò il suo bel sorriso.
«Ah, ragazze! Scusatemi per come sono entrato ma non me lo aspettavo proprio» ci disse imbarazzato «Mi sembra di avervi visto ieri sera in pizzeria, o sbaglio?»
Notai subito il suo italiano impeccabile, non c'era traccia di accento romano e praticamente neanche di accento spagnolo. Rimasi meravigliata da questo fatto.
«Sì, eravamo noi» annuimmo sorridendo gentilmente, mentre lui veniva a sedersi con noi.
«Juan Ramírez, piacere di conoscervi. Anzi, di rivedervi» aggiunse divertito, e ci presentammo anche noi.
Juan Ramírez... Suonava bene.
Valerio sì inserì nella conversazione dopo un sonoro sbadiglio. «Er materasso me sta a chiamà. Forse potevo dormire un po' di più stamattina.»
«Vai a dormire Valè, tranquillo. Sarebbe ora che dormissi di più» commentò Juan «Parlo un po' io con loro.»
Valerio alzò il pollice in segno di ok e senza farselo ripetere due volte filò dritto in camera da letto.
Rimanemmo così in tre, io e Veronica con Juan. Ancora non riuscivo a credere che lui fosse un nostro vicino di casa, e non vedevo l'ora di conoscerlo meglio.
Spero vi piaccia questo terzo capitolo e che continuiate a seguire volentieri la mia storia!
Votate e/o commentate se volete che continui :)
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