*4*
1973, novembre.
"Jen, vieni giù a..." Ginger si bloccò a metà frase, corrucciò le sopracciglia e guardò la sorella adottiva minore seduta sul pavimento della loro vecchia camera da letto, intenta a sistemare qualcosa dentro uno scatolone "che cosa stai facendo? Ti stai dando con largo anticipo alle pulizie di primavera?"
"Niente" rispose lei, restando a testa china e continuando a sistemare qualcosa dentro lo scatolone "sto solo dando una piccola sistemata alla camera. Ne aveva proprio bisogno".
Ad un'occhiata più attenta, Ginger si accorse che quelli che Jennifer continuava a sistemare all'interno dello scatolone in cartone erano fogli, e guardando più attentamente anche la stanza attorno a sé notò finalmente un cambiamento radicale: le due pareti vicino al letto singolo di Jen erano completamente spoglie; tutti i ritratti di Roger e le immagini ritagliate da diverse riviste erano sparite.
La rossa si avvicinò, si sedette a sua volta sul pavimento e diede un'occhiata all'interno dello scatolone: sì, i fogli sistemati al suo interno erano proprio i disegni e le foto ritagliate del cupo bassista.
"Jen, ma... Ma cosa stai facendo?"
"Te l'ho detto: la camera aveva bisogno di una piccola sistemata. Non sei contenta? Credevo non avresti avuto nulla in contrario a questa modifica visto che non hai mai approvato come avevo personalizzato la mia parte delle pareti"
"Sì, ma... Non capisco" ribatté la rossa, senza soffermarsi troppo a lungo sui fogli e concentrando lo sguardo sulla mora "perché da un giorno all'altro hai deciso di liberarti di tutto questo? È successo qualcosa?".
Jennifer si fermò per un solo istante prima di riprendere a sistemare gli ultimi fogli all'interno dello scatolone, e scosse lentamente la testa.
"No, non è successo nulla, mi sono solo resa conto che tutto questo non è altro che un'inutile perdita di tempo. Ormai non sono più una ragazzina, ed è arrivato il momento di aprire gli occhi e di accettare la realtà: sto continuando a perdere tempo con una persona che ignora completamente la mia esistenza, ed anche se dovessi incontrarla non cambierebbe nulla. Non riuscirei mai ad attirare la sua attenzione nel modo in cui io vorrei perché a lui non interessano le ragazze come me... Quelle come me sono invisibili ai suoi occhi, abituato com'è ad essere circondato da bellissime ragazze che potrebbero tranquillamente essere modelle od attrici... E se mai dovesse esserci una piccolissima possibilità per me, non sarei altro che l'avventura di una notte... Ho ragione? È così che sarebbe con lui?".
Improvvisamente, Ginger trovò difficile sostenere lo sguardo della sorella: diventava sempre più difficile a causa del segreto che lei e Pamela ancora custodivano, ma adesso era quasi impossibile perché stavano parlando di Roger, e la maggiore avvertiva sempre un profondo senso di disagio quando veniva nominato il bassista, soprattutto in presenza della sorella adottiva minore.
E perché si sentiva così a disagio ogni volta? Perché avvertiva il forte desiderio di abbassare lo sguardo, in modo vergognoso, e sentiva i palmi delle mani sudati ed appiccicosi? Perché erano i sensi di colpa. Erano i sensi di colpa a provocarle quel malessere fisico; li sentiva quasi strisciare fisicamente all'interno della testa, sottoforma dei vermi da cui Syd era convinto di essere perseguitato.
E la parte peggiore, era che quando calava la notte e si ritrovava a letto, con Keith e Demi profondamente addormentati, nel silenzio assoluto le sembrava quasi di sentire il rumore delle loro mascelle che masticavano e masticavano e masticavano.
La più grande si schiarì la gola e scrollò le spalle, accantonando la faccenda dei sensi di colpa simili a vermi che iniziavano a spaventarla sempre di più, proprio perché le ricordavano i vaneggiamenti di Syd quando ormai non era più sé stesso.
"Non penso che lui sarebbe la persona adatta a te, Jen, e non lo dico solo perché tra noi due non c'è mai stato un buon rapporto. Ho assistito a molte scene che non meritano di essere commentate e tu non meriti nulla di tutto ciò. Quello che Judith ha fatto non è giustificabile, perché non avrebbe mai dovuto agire in un modo così meschino e subdolo, ma in sua difesa sono costretta a dire che Roger proprio non conosce il significato della parola fedeltà. So per certo che lui le ha fatto le corna numerose volte. Funzionava sempre così: lui la tradiva, lei lo scopriva, lui la supplicava di essere perdonato e quando riusciva ad ottenere ciò che voleva, per un po' si comportava in modo irreprensibile, ma poi finiva sempre per ricascare nelle vecchie abitudini. Molte volte l'ho visto uscire dal suo camerino o dalla sua roulotte in compagnia di una ragazza... Ed a volte è capitato anche che fosse in compagnia di due ragazze. Non credo che i suoi sentimenti verso Judith non fossero reali, perché era distrutto quando l'ha scoperta a letto con un altro uomo" mormorò Ginger, ripensando al giorno in cui aveva trovato Roger, seduto davanti alla tastiera di Rick, nello Studio Tre e lui le aveva confessato che il suo matrimonio era crollato definitivamente a pezzi "ma sono certa che si tratta di una di quelle persone che non riescono proprio a rinunciare alle occasioni che gli si presentano: anche se dovesse stare con una ragazza che ama veramente, non rinuncerebbe mai all'avventura di una notte... Semplicemente perché è più forte di lui. Io non potrei mai stare con una persona così. Non riuscirei a fidarmi, sarei costretta a seguirlo sempre ovunque per poterlo controllare personalmente, e quanto potrebbe mai durare una relazione simile?"
"Insomma... Non mi sono persa nulla"
"No. Sotto questo punto di vista assolutamente no" confermò la maggiore, cercando di non divagare troppo con la mente.
Roger era un disastro dal punto di vista di una relazione sentimentale, ma era terribilmente bravo a scopare, quello purtroppo glielo doveva riconoscere (anche se mai e poi mai glielo avrebbe detto a voce); solo adesso riusciva a capire perché tutte le ragazze che trascorrevano una notte con lui avevano un'aria così soddisfatta la mattina seguente, o perché Judith avesse stretto i denti per così tanto tempo, perdonandogli tradimento dopo tradimento.
Jennifer emise un profondo sospiro ad occhi chiusi, li riaprì e chiuse lo scatolone con del nastro adesivo; quando allungò le braccia per prenderlo e portarlo in soffitta, Ginger si offrì volontaria per farlo al suo posto, perché non voleva che la sorella adottiva minore facesse sforzi inutili.
Jen non protestò, ma una volta in soffitta si lasciò scappare un altro sospiro.
"Che stupida sono stata a perdere così tanto tempo dietro una persona che non si accorgerà mai della mia esistenza. Sai, forse è stato meglio che ad agosto non abbia visto il concerto e non lo abbia conosciuto di persona, tanto che cosa avrei ottenuto? Niente di niente"
"Non abbatterti, Jen" dopo aver trovato il posto giusto per lo scatolone su uno scaffale, senza soffermarsi troppo con lo sguardo sulla finestrella che portava direttamente sul tetto della casa, Ginger tornò dalla più piccola e la strinse in un abbraccio per consolarla "bella come sei, non farai alcuna fatica a trovare la persona giusta per te. In questo caso non ti sei persa proprio nulla, guarda a me che cosa è successo frequentando prima Syd e poi David. Devo ancora capire quale delle due relazioni è stata la più disastrosa... Ma a te non capiterà nulla di tutto questo perché so per certo che ben presto incontrerai un ragazzo qualunque, ben lontano dal mondo dello spettacolo, che ti farà sentire la persona più speciale sulla Terra. Lo so per certo perché tu meriti solo cose belle. Anzi... Vuoi sapere una cosa? Magari questa persona potrebbe essere anche molto più vicina di quello che credi!".
Ginger, a differenza di Jennifer, aveva notato come gli sguardi di Danny nei confronti della sorella più piccola non fossero quelli di un semplice migliore amico; a differenza di sé stessa e Richard, era certa che Daniel fosse innamorato di Jennifer, ma evidentemente o era troppo timido per confessare i propri sentimenti o stava ancora attendendo il momento giusto per farlo.
E forse era proprio quello il momento giusto vista la situazione delicata di Jennifer... Ma Danny non sapeva nulla a riguardo. Né lei né Pamela lo avevano informato della malattia, come non avevano ancora trovato né l'occasione giusta né le parole giuste per mettere al corrente Jen: entrambe sapevano di doverlo fare, ma ad entrambe mancava il coraggio per farlo.
Perché non volevano distruggere la sua vita.
La rossa sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime che erano salite a pizzicarle gli occhi e strinse ancora un po' di più a sé la sorella adottiva minore.
No, no, no, non doveva lasciarsi andare a quei pensieri sconfortanti: Jennifer era ancora con loro e ci sarebbe rimasta per moltissimo tempo. Una malattia seria non portava sempre ad un unico risultato. Il suo destino non era segnato, ed al momento stava bene. Era trascorso un mese dal ricovero in ospedale e non c'era più stato nessun episodio di perdita di conoscenza, e quello... Beh... Quello non poteva che essere un segnale positivo ed incoraggiante.
Doveva essere ottimista. Doveva sforzarsi di essere ottimista e d'infondere coraggio anche nella madre adottiva, che era sempre pensierosa, stressata e triste.
"Dai, lasciamo da parte queste questioni e non pensiamoci per il momento. Sono venuta a chiamarti perché il the è pronto, ed è meglio se ora scendiamo prima che si raffreddi completamente!" esclamò la giovane con un sorriso, sciogliendo l'abbraccio; era certa di essere riuscita a rassicurare Jennifer fino infondo, che l'intera questione fosse conclusa lì e che non venisse mai più rispolverata, era certa che fosse stata accantonata per sempre sopra ad uno scaffale della soffitta, come lo scatolone che racchiudeva tutti i disegni ed i ritagli di giornale che riguardavano Waters, ma si rese conto di essersi profondamente sbagliata quando, dopo aver portato a letto Keith e Demi ed aver augurato la buonanotte a Pamela, mentre stava per augurare la buonanotte anche a Jennifer, quest'ultima scoppiò a piangere senza alcun preavviso: semplicemente, dopo essersi coricata sotto le coperte, nascose il viso tra le mani e prese a singhiozzare.
La rossa si affrettò subito a chiederle spiegazioni, preoccupata dal pensiero che la più piccola potesse avere intuito qualcosa di quello che né lei né Pamela avevano ancora avuto il coraggio di dirle, ma l'altra scosse con forza la testa senza smettere di singhiozzare.
"Se te lo dico, poi come minimo mi dirai che sono una stupida"
"Se questa cosa ti sta facendo piangere, non si tratta affatto di una sciocchezza. Cosa c'è, Jen? Sono tua sorella, sai che puoi raccontarmi tutto quanto. Ci siamo sempre dette ogni cosa".
O quasi ogni cosa.
"Beh... Ecco..." iniziò la mora, allontanando le mani dal viso e tirando su col naso, ma senza avere il coraggio di guardare la sorella adottiva maggiore negli occhi perché si vergognava troppo della confessione che stava per fare "si tratta di quello che ho fatto oggi pomeriggio. Dello scatolone. Non sono pentita di avere tolto i disegni e le foto e di aver messo tutto quanto in soffitta perché... Perché sono ancora certa che sia arrivato il momento di aprire gli occhi visto che quest'anno ho compiuto vent'anni, ma non è così semplice come immaginavo. Pensavo che lo sarebbe stato dato che io e lui non abbiamo mai scambiato una sola parola, ma ora non sono più convinta che sia così. Ricordi Mary, la mia compagna di classe?"
"Quella stupida oca che continuava a prenderti in giro, dicendoti che avevi le guance paffute come quelle di uno scoiattolo? Sì, purtroppo me la ricordo ancora molto bene, ma perché mi hai chiesto proprio di lei? Cosa c'entra adesso?"
"Durante l'ultimo anno scolastico è stata ancora più crudele nei miei confronti perché alcuni nostri compagni di classe hanno iniziato a rivolgere la loro attenzione verso di me. Ho avuto anche l'occasione di uscire con un paio di loro, ed erano tutti ragazzi molto carini, ma ho sempre rifiutato perché c'era solo uno che m'interessava, e sto parlando di Roger" Jennifer tirò di nuovo su col naso e si asciugò le lacrime che le rigavano il viso "sì, so quello che stai per dire: sono una stupida. Perché solo una stupida può rinunciare ad un'esperienza concreta per una fantasia che è destinata a restare per sempre tale, ma se avessi accettato uno di quegli inviti, non avrei fatto altro che commettere un grosso errore. Avrei avuto il mio appuntamento con un ragazzo di cui non m'importa nulla ed avrei dato il mio primo bacio sempre ad un ragazzo di cui non m'importa nulla. Avrei solo sprecato un momento che non avrei mai potuto ripetere, capisci? Ginger, io... Ricordi quando i ragazzi hanno avuto la loro prima intervista alla BBC?".
Questa volta la maggiore si limitò ad annuire con la testa.
Lo ricordava molto bene anche dopo sette anni: prima dell'intervista, Syd era andato a farle una visita a sorpresa dal momento che era bloccata a letto a causa della caviglia che si era slogata cadendo dalle scale.
"Non l'ho mai detto né a te né a mommi, ma quella sera sono sgattaiolata fuori dal mio letto ed ho spiato l'intera intervista dal salotto. E quando ho visto Roger per la prima volta... Beh, prendimi pure per una sciocca ragazzina, ma quando l'ho visto per la prima volta, tutto il resto ha perso completamente importanza. Non ho più visto nulla, come se in quel momento ci fossimo soltanto noi due, ed in sette anni non mi è capitato nulla di simile con nessun altro ragazzo, adesso capisci quello che intendo?".
Ginger annuì di nuovo.
Capiva fin troppo bene quello che Jennifer stava cercando di dirle, perché lo aveva sperimentato prima con Syd e poi con David... E molto probabilmente, a sua volta David lo aveva sperimentato con quella troia che aveva sfasciato completamente la loro famiglia, ad appena due anni da quando l'avevano creata.
E sì, anche lei si sentiva sempre più una sgualdrina perché era finita a letto con la persona di cui Jennifer era innamorata. Perché ormai era chiaro che la sua non era una semplice cotta passeggera come capitava a tante altre ragazzine nella fase dell'adolescenza.
"Ho avuto un'occasione per incontrarlo e sono stata così stupida da sprecarla. È tutta colpa mia, non avrei mai dovuto lasciarmi convincere a prendere quella pasticca... Ma come mi è saltato in mente? Che mi è preso? Perché sono stata così idiota da... Da... Da..." Jen riprese a singhiozzare e versare lacrime senza riuscire a terminare la frase; Ginger si affrettò subito a mormorarle delle parole dolci, ma la più piccola sembrava essere pressoché inconsolabile.
"Adesso ti sembra di vedere tutto nero, ma vedrai che cambierai idea non appena incontrerai la persona giusta. C'è la persona giusta per te, Jen, ma forse non è ancora arrivato il momento giusto che si palesi... Però sono certa che arriverà ben presto, riguardo a questo puoi stare tranquilla: una ragazza bella come te non passa affatto inosservata, ti garantisco che i ragazzi per strada ti guardano, hai capito? Hai capito, Jen?"
"Sì, ho capito"
"Allora prendi un profondo respiro e rilassati, non c'è bisogno di agitarsi così tanto. Vado a prenderti un bicchiere d'acqua fresca, d'accordo? Vedrai che dopo un bicchiere d'acqua fresca ti sentirai subito meglio, che ne dici?" propose la rossa, preoccupata, perché voleva evitare che Jennifer si agitasse troppo; le sue parole riuscirono finalmente a placare la piccola crisi isterica di Jen che, dopo aver accettato un fazzoletto dalla sorella adottiva maggiore per asciugarsi le lacrime e soffiarsi il naso, annuì con la testa e disse con un soffio di voce che quella del bicchiere d'acqua le sembrava proprio una buona idea "allora vado subito a prendertelo. Resta qui e cerca di calmarti, torno immediatamente".
Ginger sorrise, uscì dalla sua vecchia camera da letto, ma non appena posò il piede sul primo scalino la sua attenzione venne richiamata da un tonfo sordo che proveniva dalle proprie spalle; si voltò di scatto e, dimenticandosi in un attimo completamente del bicchiere d'acqua fresca, colta da un terribile sospetto, tornò velocemente in camera: spalancò di getto la porta solo per scoprire che il tonfo sordo non era stato un parto della propria mente, ma era stato provocato da Jennifer nel momento stesso in cui era caduta a terra.
"Jen!" la maggiore si precipitò subito a prestare soccorso alla più piccola: le passò il braccio sinistro attorno alle spalle e prese a schiaffeggiarla sulle guance, che avevano improvvisamente perso colore, nel tentativo di farla rinvenire "Jen, Jen, apri gli occhi, per favore! Non farmi preoccupare, Jen! Jennifer!".
Vedendo che i propri tentativi non funzionavano, e che stava sprecando tempo prezioso, prima di lasciarsi andare al panico, la ragazza si alzò dal pavimento, uscì dalla camera e si precipitò in quella della madre adottiva per svegliarla.
"Tesoro, perché non provi a chiudere un po' gli occhi e riposare? Guarda Demi" Ginger abbassò per un istante lo sguardo sul suo secondogenito che stava dormendo profondamente tra le sue braccia, col ciuccio in bocca, infischiandosene di tutti i rumori attorno a lui "perché non fai un tentativo per seguire l'esempio del tuo fratellino?".
Come già si aspettava, Keith, seduto alla sua destra, scosse con vigore la chioma corvina facendo dondolare i folti riccioli; si trovavano nella sala d'attesa di un ospedale: Pamela non era con loro perché poco prima era stata chiamata da un'infermiera, ed ora Ginger stava attendendo trepidamente il suo ritorno, ed allo stesso tempo stava cercando di dimostrarsi il più serena possibile agli occhi del suo primogenito.
Ma era certa di star fallendo miseramente.
"Non ho proprio sonno. Mamma, ma tra quanto tornano la nonna e la zia?".
Ecco la prima domanda, e di certo non sarebbe stata l'ultima.
"Ohh, molto presto, non preoccuparti. Ma sei proprio sicuro di non volere fare un tentativo per chiudere gli occhi? Guarda che se ti addormenti non ti lascio qui. Hai paura che ti lascio qui?" Ginger provò a sdrammatizzare la situazione con una battuta ed un sorriso, ma Keith scosse di nuovo la testa con un'espressione estremamente seria.
Fin troppo seria per un bambino di appena cinque anni.
"No, mamma, ma sono preoccupato per la zia. Perché è dovuta venire in ospedale?"
"Non essere preoccupato per lei, tesoro: la zia ha avuto solo un piccolo mancamento, si chiama così. Adesso le stanno facendo degli esami di controllo e poi potrà tornare a casa. Anzi, tra non molto potremo tornare tutti quanti a casa perché la nonna è stata chiamata per vedere i risultati, e stai pur certo che sarà tutto apposto. Sai, Keith: a volte succede di star male, ma non sempre significa che c'è qualcosa che non va. Ti ricordi quella volta che hai mangiato tante caramelle, anche se io ti avevo detto di fermarti, ed hai avuto quel bruttissimo mal di pancia che non voleva passare e ti ha fatto piangere? Che cosa è successo, poi? È passato, anche se tu eri convinto del contrario. Ecco, lo stesso vale anche per la zia Jen"
"Ma, mamma, alla zia non è successo qualcosa di simile anche il mese scorso? Non è successo anche il mese scorso che la zia è stata portata in ospedale e le hanno fatto alcuni esami? E se andava tutto quanto bene, perché adesso siamo di nuovo qua? Mamma, non è che i dottori si sono sbagliati, ed in realtà c'è qualcosa che non va nella zia?" Keith fissò con insistenza la madre in attesa di una risposta, ma per sua fortuna venne sollevata da quel gravoso compito dall'arrivo della madre e della sorella adottive; non chiese nulla, anche se avrebbe voluto farlo, perché Jennifer era presente, ma la faccia di Pamela non lasciava presagire nessuna buona notizia.
Ci pensò Keith, una volta in macchina, a porre la fatidica domanda, alla quale la nonna materna rispose con una spudorata bugia.
"La zia sta bene, tesoro: gli esami di controllo sono andati benissimo, i medici hanno solo trovato una carenza di vitamine e quindi deve prendere delle pastiglie"
"Ohh, menomale, adesso sono più tranquillo!" esclamò il bambino, in un tono di voce così buffo che riuscì perfino a strappare un sorriso alla donna; in realtà, non aveva la più pallida idea di cosa fosse una carenza di vitamine, ma la nonna aveva pronunciato quelle parole con un tono di voce che lasciava intendere che non c'era nulla di cui preoccuparsi, e questo gli bastava.
Ginger si ritrovò costretta a portare avanti la stessa recita quando accompagnò Jennifer in camera da letto per assicurarsi che non avesse un altro mancamento; non le era sfuggito lo sguardo pensieroso e preoccupato della sorella minore che l'aveva accompagnata per tutto il viaggio di ritorno, così come il suo silenzio, e di nuovo temeva che potesse aver intuito qualcosa di quelle che erano le sue reali condizioni.
Era quella la sua paura più grande: che Jennifer potesse arrivare alla verità da sola.
"Perché hai quell'aria così pensierosa, Jen? Non hai nulla di cui preoccuparti, hai sentito anche tu quello che i dottori hanno detto a mommi: hai una semplice carenza di vitamine e devi prendere degli integratori che ti faranno sentire meglio. Se ci pensi bene, questo spiega tutto quanto, compresi i due mancamenti che hai avuto e la sensazione di spossatezza che spesso avverti. Lo stress deve avere influito così tanto sul tuo corpo da provocare questo piccolo problema, ma fortunatamente non si tratta di nulla di serio. È solo un disagio passeggero" disse con un sorriso la rossa, porgendo alla più piccola il famoso bicchiere d'acqua fresca che alcune ore prima non era riuscita a darle; Jennifer prese in mano il bicchiere, avvicinò il bordo alle labbra e mandò giù un lungo sorso prima di parlare con un'aria accigliata, la medesima che l'aveva accompagnata per tutto il viaggio di ritorno.
"Sì, ma..." disse poi, posando il bicchiere sopra il comodino "se il problema è questo, perché non me lo hanno già detto l'altra volta? Anche il mese scorso mi hanno fatto degli esami di accertamento, ma non è uscito nulla. Non riesco proprio a capire perché questa volta sono usciti dei risultati diversi".
Ginger si ritrovò costretta a pensare in fretta a qualcosa di convincente.
"Sì, beh... Hai ragione, è vero... Ma forse l'altra volta ti hanno fatto degli esami più superficiali e generici che non hanno rivelato nulla, mentre questa volta hanno preferito farne altri più approfonditi che hanno rivelato la carenza di vitamine di cui soffri. Se li avessero già effettuati il mese precedente avremo risparmiato un altro spavento, ma ciò che importa davvero è che adesso conosciamo sia il problema che la soluzione. È probabile che nei prossimi mesi dovrai andare di tanto in tanto in ospedale per degli esami di routine, per vedere se gl'integratori funzionano in modo corretto, ma vedrai che questa storia finirà in pochissimo tempo!".
Jennifer rimase in silenzio a riflettere sulle parole della sorella adottiva maggiore, lasciando quest'ultima in trepidante attesa, ed infine, dopo diversi secondi annuì e sorrise.
"Hai ragione: la cosa più importante è che sono riusciti a trovare il problema. Ginger, sono un po' stanca, ti dispiace lasciarmi riposare?".
La rossa rispettò immediatamente il volere della mora e, dopo averle augurato la buonanotte ed averle detto di chiamarla per qualunque cosa in caso di necessità, uscì dalla sua vecchia camera da letto, precipitandosi subito in cucina (rischiando quasi di scivolare di nuovo sulle scale) per ricevere dalla madre adottiva la vera versione dei fatti.
E la vera versione dei fatti si rivelò anche peggiore di quello che aveva immaginato: la malattia di Jennifer stava avanzando, e lo stava facendo molto velocemente.
Il secondo mancamento che aveva avuto, ne era la prova concreta.
"Ma come può essere?" domandò la ragazza, incredula e posata con la schiena contro un mobiletto della cucina, sforzandosi a tenere un tono di voce basso e controllato per essere certa che le sue parole non arrivassero fino al primo piano: Jennifer era ancora sveglia mentre Keith poteva scendere perché aveva improvvisamente voglia di bere qualcosa di caldo che gli conciliasse il sonno "sei certa di avere capito bene o che il dottore con cui hai parlato non si sia sbagliato? Come può essere che sta avanzando così velocemente se è passato a malapena un mese dal primo mancamento? Ed io continuo a non vedere nessun sintomo allarmante in Jen, ad eccezione dei due mancamenti che ha avuto"
"Ginger, te l'ho già spiegato che non tutte le malattie importanti si manifestano con sintomi allarmanti. In alcuni casi si presentano quando la malattia stessa si trova ad uno stadio parecchio avanzato, ed ormai non è più possibile fare nulla per rimediare"
"E quindi questo non è il caso di Jennifer, giusto?" ribatté la rossa, allargando le braccia e lasciandole ricadere lungo i fianchi "se in lei non si è manifestato ancora nessun sintomo davvero preoccupante, significa che la malattia non è così avanzata e si può fare ancora qualcosa per lei! Le medicine che le hanno prescritto la faranno guarire e tutto tornerà come prima. E noi due non saremo costrette a dirle nulla, le racconteremo la verità solo quando i risultati diranno che non c'è più nulla di cui preoccuparsi e... E riusciremo perfino a riderci su un giorno!"
"Ginger, tesoro, io ti capisco, ma i medici hanno detto..."
"Neppure l'ordine dei medici racchiude in sé la conoscenza assoluta. Tutti quanti possono sbagliare e lo stesso vale anche per loro. Perché non possono aver commesso un errore nel caso di Jen? Lo sai cosa mi ha confessato proprio oggi? Che non è mai stata con un ragazzo. Non ha mai avuto un appuntamento e non ha ancora dato il suo primo bacio. Ed ha solo vent'anni. Non voglio credere che la sua vita sia segnata ad appena vent'anni. Io..." la ragazza si fermò un momento per riprendere il controllo, ma quando riprese a parlare aveva la vista già appannata dalle lacrime e la voce che tremava "io non posso pensare neppure lontanamente alla possibilità di perdere Jennifer. La mia vita è già abbastanza a pezzi così, non posso vederla sgretolarsi ancora di più. Se... Se dovesse, in qualche modo, verificarsi la peggiore delle ipotesi, non riuscirei mai ad alzarmi. Non potrei mai riprendermi da una botta simile. Mommi, si può sapere che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?".
Vedendola ormai prossima ad una crisi di pianto isterico, Pamela si alzò e raggiunse la ragazza per abbracciarla e darle forza, perché ormai non c'era altro che potevano fare a vicenda.
"Ohh, tesoro mio, tu non hai fatto nulla di sbagliato. Assolutamente nulla. Sono... Sono quelle brutte cose che capitano senza che dietro ci sia un motivo"
"Sì, ma perché tutte quante a me?" singhiozzò Ginger, posando la testa sulla spalla destra della madre adottiva, crollando definitivamente "prima Syd, poi David e adesso... Adesso a quanto pare Jennifer... D'accordo che non c'è sempre una spiegazione dietro a tutto quello che accade, ma perché le cose brutte devono perseguitare sempre e solo me? Ogni volta che sono felice deve puntualmente accadere qualcosa che trasformi il sogno in un incubo, ma perché? Perché? Inizio quasi a credere che la colpa sia solo mia, mommi. Se attorno a me accadono solo cose brutte, allora significa che forse c'è qualcosa che non va proprio in me"
"No, tesoro mio" si affrettò a dire la donna, scuotendo la testa ed accarezzando i capelli fiammeggianti della giovane "non dire mai più parole simili perché non è affatto così"
"No? Non è così? E come fai a dirlo con così tanta convinzione? A me sembra che tutto quanto suggerisca l'esatto contrario! Syd stava con me e l'ho perso per sempre, con David è accaduto lo stesso e Jennifer è la mia sorellina! Vedi che in tutto questo sono io ad essere sbagliata? Io sono il punto in comune tra queste tre persone!"
"Tu non sei sbagliata, non c'è nulla che non vada in te: quella di Syd è stata una tragica fatalità, per quanto riguarda David non hai nessuna colpa, perché è solo lui che dovrebbe essere divorato dai sensi di colpa, e per quanto riguarda Jennifer... Per quanto riguarda lei, come hai detto tu stessa, dobbiamo cercare di essere ottimiste: è ancora qui con noi, per il momento non ha manifestato nessun sintomo preoccupante e c'è la possibilità che i medicinali possano aiutarla a guarire. A volte accadono dei veri e propri miracoli, dobbiamo attaccarci alla speranza che sia così anche nel nostro caso. Adesso cerca di calmarti: ti preparo qualcosa di caldo per rilassare i nervi e poi vai a letto a riposarti. Cerca di dormire perché ne hai bisogno. È stata una serata difficile per tutti quanti, per te in modo particolare".
Ginger annuì e si asciugò le lacrime con il dorso della mano destra; riuscì a bere tutta la tazza di the caldo ai frutti di bosco che Pamela le preparò, ma quando si coricò a letto affianco a Keith (dopo aver controllato che sia lui che Demi Richard dormissero e dopo aver rimboccato loro le coperte) si ritrovò immancabilmente a fissare il soffitto con gli occhi spalancati, mentre con la mano destra accarezzava distrattamente i riccioli neri e folti del suo primogenito.
Aveva troppi pensieri in testa per riuscire a farsi la lunga dormita di cui aveva bisogno, e per una volta non avevano nulla a che fare con il divorzio burrascoso da David e l'intenzione di ottenere l'affidamento esclusivo del piccolo Demi Richard: ruotavano tutti quanti attorno a Jennifer, al secondo malore che aveva avuto, al responso dei medici, ma soprattutto alla confessione che Jen le aveva fatto mentre erano in soffitta.
Non riusciva proprio a togliersi dalla testa quello che la sorella adottiva minore le aveva detto riguardo Roger, le sensazioni che aveva avvertito la prima volta che lo aveva visto in TV.
Conosceva fin troppo bene la sensazione che Jennifer le aveva descritto singhiozzando e piangendo perché era la stessa che lei per prima aveva avvertito quando aveva incrociato lo sguardo di Syd per la prima volta; con David era stata una faccenda leggermente diversa, perché aveva cercato di soffocare il proprio interesse con lui fino al giorno in cui non aveva avuto l'incidente del cavo elettrico scoperto, ma con Syd... Con Syd era stato proprio amore a prima vista: quando aveva sentito la sua battuta, ed aveva sollevato gli occhi per vedere chi aveva parlato, anche nel suo caso tutto quanto era sparito nel momento stesso in cui i loro sguardi si erano incontrati.
Ricordava ancora tutto alla perfezione: il vicolo cieco in cui si era seduta per smaltire la rabbia (per puro caso, il giorno in cui aveva conosciuto Syd coincideva anche con quello in cui aveva conosciuto Roger ed aveva avuto la sua prima discussione con lui. Si era dimostrato terribilmente antipatico e disprezzante quel giorno, sia nei suoi confronti che in quelli del suo lavoro, su cui ci metteva anima e corpo), ogni singola parola che si erano scambiati... Ricordava perfino nei più piccoli particolari come il giovane era vestito: un lungo cappotto nero, pantaloni rossi ed un paio di stivaletti rialzati.
E quella meravigliosa montagna di ricci neri e folti che tutte le ragazze desideravano ardentemente toccare, e che Keith aveva ereditato da lui.
La giovane girò il viso verso destra e sorrise al primogenito che dormiva beatamente, ancora in gran parte ignaro del disastro che si stava abbattendo sulla sua famiglia... Anche se in parte aveva intuito qualcosa da sé, come lo dimostravano le domande che le aveva rivolto mentre erano nella sala d'attesa dell'ospedale.
Ginger emise un sospiro, tornò a fissare il soffitto e si concentrò di nuovo su Jennifer.
Sì, sia lei che la sorella avevano sperimentato il colpo di fulmine, ma mentre lei aveva avuto la fortuna di vedere i propri sentimenti ricambiati da Syd e vivere una breve, ma intensa, storia d'amore con lui, per Jennifer non era stato lo stesso con Roger: non si erano mai visti, non avevano mai scambiato una sola parola perché ad agosto era saltato tutto, ed a malapena il bassista era a conoscenza della sua esistenza.
Jen aveva rinunciato a frequentare dei compagni di classe in carne ed ossa per lui, ed adesso che le era stata diagnosticata una malattia seria e grave, ad appena vent'anni, non solo non aveva ancora avuto il suo primo appuntamento, ma non aveva ancora dato neppure il suo primo bacio!
'Tu hai avuto le tue occasioni, non importa se le tue storie d'amore si sono tutte concluse in un vero e proprio disastro perché hai comunque avuto la possibilità di uscire con un ragazzo, dare il tuo primo bacio e sperimentare la tua prima volta. Hai avuto anche la possibilità di sposarti e di diventare madre mentre Jen... Lei non è stata altrettanto fortunata' pensò la rossa, senza rendersi conto di aver iniziato a tormentarsi il labbro inferiore coi denti 'non solo non ha avuto le tue stesse possibilità, anche se le merita tutte quante, ma tu sei riuscita a combinare un enorme casino andando a letto con l'unica persona che le sia mai interessata. Che sorella maggiore stupenda che sei! Ma come hai fatto ad essere così cretina? Perché quella notte hai ceduto ad un momento di debolezza? Perché sei andata proprio da lui anziché restare da mommi? Se fossi rimasta da lei coi bambini, niente di tutto questo sarebbe accaduto, te ne rendi conto?'
Già... Perché quella sera si era recata proprio da Roger anziché restare nella casa materna? Perché non sapeva dove altro andare, ed in quel momento il cupo bassista le era apparso come l'unica persona in grado di comprendere appieno la sua situazione e di sostenerla, dato che entrambi si erano ritrovati da un giorno all'altro ad avere un bel paio di corna in cima alla testa... E le aveva fatto sentire eccome la propria vicinanza, soprattutto quando l'aveva raggiunta in cima alle scale, le aveva rubato un bacio e poi l'aveva portata in camera da letto.
E lei, cosa aveva fatto? Si era opposta?
No, certo che no: si era lasciata sollevare, portare in camera e si era goduta fino infondo una bella scopata prima di essere aggredita dai sensi di colpa.
Ginger si alzò silenziosamente dal letto matrimoniale ed uscì dalla camera per spostarsi in bagno; una volta là dentro, aprì il rubinetto e si bagnò più volte il viso con l'acqua fredda.
Dopo essersi passata l'asciugamano sulla pelle rinfrescata, si ritrovò a fissare il proprio riflesso nello specchio ovale posizionato subito sopra il lavandino.
Tutto nel suo aspetto gridava la parola 'colpevole'.
Perché era così che si sentiva.
Colpevole. Terribilmente colpevole.
Così colpevole da non riuscire quasi a guardarsi allo specchio, così colpevole da sentire l'impulso di abbassare lo sguardo ogni volta che parlava con Jennifer e di confessarle ogni singola cosa, sperando nel suo perdono; e più si sforzava di tenere tutto dentro di sé e di reprimerlo, con la speranza di riuscire a cancellare il ricordo di quella notte, più i sensi di colpa la tormentavano, soprattutto di notte, come vermi famelici all'interno della scatola cranica.
La giovane posò l'asciugamano sul bordo del lavandino, ma anziché tornare in camera e coricarsi di nuovo a letto, si appoggiò con la schiena ad una parete della stanza, ricoperta di mattonelle, e si lasciò scivolare fino a ritrovarsi seduta a terra, a gambe incrociate; appoggiò i gomiti sulle cosce e la testa tra le mani.
Ormai era chiaro quello che doveva fare se non voleva finire per scivolare lentamente nella follia: doveva trovare un modo per espiare il senso di colpa che avvertiva nei confronti della sorella adottiva minore.
E, per sua sfortuna, già sapeva qual'era l'unico che le avrebbe permesso di fare pace con sé stessa e di riuscire nuovamente a sostenere lo sguardo di Jennifer senza provare alcun sentimento di vergogna o rimorso.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top