*3*

Dalla finestra del piccolo ufficio in cui lavorava, e che si affacciava sul parcheggio anteriore degli Studi di registrazione, Ginger scorse il giovane che le aveva riparato la macchinetta fotografica e che l’aveva invitata fuori a mangiare un boccone un paio di settimane prima; lo vide appoggiarsi con la schiena alla fiancata di una macchina e chinarsi leggermente in avanti: dai suoi movimenti, capì che si stava accendendo una sigaretta e scosse subito la testa con un’aria contrariata.

Da quando era riuscita a smettere con quell’orribile vizio, non riusciva ancora di più a sopportare la vista di qualcuno che fumava, e gli uomini in generale avevano la pessima abitudine di fumare in modo assiduo; anche David aveva quell’orribile abitudine quando avevano iniziato a frequentarsi, ma era riuscita a farlo smettere dopo poco tempo.

E con profondo rammarico aveva appreso che da quando era iniziata la sua nuova vita con Virginia, aveva ricominciato anche a fumare.

Mancava poco all’orario di chiusura, erano rimaste poche persone negli Studi di registrazione compresa lei e ciò la spinse ad uscire a sua volta nel parcheggio prima che il giovane salisse in macchina; avvicinandosi trovò conferma al sospetto che stesse fumando e si tenne a qualche passo di distanza per non essere investita dalla puzza di fumo.

“Non mi hai detto il tuo nome”

“Mh?” il giovane non si era accorto della presenza della rossa e si girò a guardarla con un’espressione perplessa “come?”

“Ho detto che non mi hai detto il tuo nome. Sto parlando di quando siamo usciti a cena qualche settimana fa: tu mi hai chiesto come mi chiamo, ma non hai ricambiato dicendo il tuo nome”

“Ohh!” esclamò lui, sistemandosi un ciuffo di capelli “ora che ci penso hai perfettamente ragione… Beh, direi che questo potrebbe essere un ottimo spunto di conversazione per un’altra cena, non credi?”.

La giovane sbatté le palpebre allibita, totalmente incredula da quello che aveva appena sentito, e lui la stava osservando con uno sguardo troppo serio per essere una semplice battuta; quando lo vide riportarsi la sigaretta alle labbra avvertì l’impulso di afferrarla e gettarla a terra e si ricordò di averlo già fatto prima: era accaduto con Roger, ovviamente, quando un giorno di molti anni prima l’aveva chiamata per dirle che doveva parlarle ed aveva finalmente scoperto la verità riguardo a quello che stava accadendo a Syd.

“Sappi che a qualunque gioco stai giocando non mi piace affatto, quindi faresti meglio a smetterla fin da subito. Sono uscita fuori insieme a te perché avevo un debito nei tuoi confronti, non capisco perché adesso vorresti che uscissimo di nuovo fuori insieme”

“Perché sono due settimane che non ti vedo nonostante lavoriamo nello stesso posto”

“Beh, sai com’è, a lavoro si lavora, lo dice anche la parola stessa, non si va per fare amicizia e chiacchierare”

“Sono stato bene quella sera con te e mi piacerebbe ripetere l’esperienza: è così complicato da capire?”

“Avevamo stabilito che l’uscita era per ripagare la macchinetta fotografica”

“Si, ma pensavo l’avessi capito che si trattava solo di una scusa” disse il giovane, scrollando le spalle, per poi aggiungere “non sei mai uscita con un uomo prima d’ora?”.

Ginger spalancò gli occhi scuri: non riusciva a credere a quello che il giovane aveva appena detto, eppure lo aveva detto veramente ed in modo inconsapevole aveva appena oltrepassato il limite; gli strappò la sigaretta accesa dalle mani, la gettò a terra e gli puntò contro il petto l’indice destro.

“Ascoltami molto attentamente: per mia sfortuna sono uscita con fin troppi uomini che non hanno fatto altro che rivelarsi tutti quanti una grandissima delusione, ma almeno mi è servito per imparare a riconoscere quali solo le persone da evitare e tu appartieni proprio a questa categoria, con quell’aria spavalda e quell’eccessiva sicurezza che dimostri sempre di avere. Si, ho capito subito come sei fatto perché in passato ho conosciuto una persona molto simile a te. Pensi di avermi già ai tuoi piedi solo perché sei riuscito a riparare la mia macchinetta fotografica, ehh? Pensi che penda dalle tue labbra solo perché siamo usciti a cena una volta? O perché abbiamo scambiato poche parole?”

“Guarda che io non ho mai…”

“Zitto! Non ho finito di parlare e non sono interessata a quello che vuoi dire! Ohh, che cosa volevi dire adesso, ehh? Forse che tutto quello che ho detto non è affatto vero? Beh, ti risparmio la fatica di sprecare fiato per dire quelle che non sarebbero altro che bugie e piuttosto apri le orecchie ed ascolta quello che sto per dirti: magari con alcune donne questa tecnica funzionerà, ma non con me. Non m’interessa se sei riuscito a riparare la mia macchinetta fotografica o se abbiamo trascorso una serata piacevole, io non sono interessata a te. Non pendo dalle tue labbra e non m’interessa. Non m’interessa. E stai lontano da me” al termine della sfuriata, per ribadire il concetto, la rossa voltò le spalle al giovane e rientrò negli Studi di registrazione per terminare le proprie mansioni.

Lui non la seguì, e quando, un quarto d’ora più tardi, lei uscì nuovamente trovò il parcheggio completamente vuoto, ad eccezione della propria macchina, segno inequivocabile che aveva recepito il messaggio forte e chiaro.










“Mommi?”.

Pamela conosceva così bene la figlia adottiva da riconoscere immediatamente quando c’era qualcosa che la tormentava, ed a tutto il resto ci pensava il linguaggio del corpo: quando Ginger era nervosa, aveva la tendenza a giocherellare continuamente con una ciocca di capelli ed a mordersi ogni tanto il labbro inferiore, ed in quell’occasione non faceva eccezione.

La giovane la stava fissando con uno sguardo carico d’ansia e nel frattempo aveva già un ciuffo ramato attorcigliato all’indice destro; contemporaneamente, Pamela lasciò da parte le faccende domestiche di cui si stava occupando per concentrarsi sulla figlia adottiva e sul problema che doveva esporle.

“Che cosa c’è, tesoro?”

“Credo di avere commesso una sciocchezza” Ginger si lasciò andare ad un sospiro ad occhi chiusi “una sciocchezza alla quale potrebbe anche non esserci rimedio”

Pamela corrucciò le sopracciglia ed indicò il posto vuoto sul divano accanto al suo, invitando silenziosamente la figlia adottiva a raggiungerla; lei si sedette e, dopo un altro sospiro e senza bisogno di alcun incoraggiamento, si tolse subito il peso che sentiva di avere sul petto: raccontò quello che a lavoro era accaduto tra lei ed il collega di cui non conosceva ancora il nome, ed alla fine si passò entrambe le mani tra i capelli.

“Non so che cosa mi sia preso” mormorò al termine del racconto, ripensando a quei momenti “ancora una volta mi sono lasciata andare all’impulsività e guarda cos’ho combinato. Per fortuna era quasi l’ora di chiusura, quasi tutti erano già andati via, e nessuno ha visto nulla”

“Se sei così dispiaciuta per quello che è successo, basta che vai da lui e gli chiedi scusa, qual è il problema?”

“I problemi sono due in realtà. Il primo, è che da quando l’ho aggredito verbalmente le nostre strade a lavoro non si sono più incrociate. Il secondo, quello più importante, vorrei evitare che qualcuno notasse qualcosa, lo interpretasse in modo sbagliato e lo andasse a riferire alle persone sbagliate. Non voglio avere più problemi con David di quelli che sono già costretta ad affrontare, ho già corso abbastanza rischi per ottenere questo” Ginger tirò fuori da una tasca dei pantaloni un bigliettino, che mostrò a Pamela, su cui aveva scritto velocemente delle parole “è il suo indirizzo”

“Vuoi andargli a parlare di persona?” domandò Pamela visibilmente sorpresa “allora credo proprio che anche lui non ti sia indifferente. L’ultima volta che hai fatto qualcosa di simile è stato per…”

“No!” esclamò la giovane, bloccando la madre adottiva prima che potesse terminare la frase “no, ti sbagli assolutamente”

“Tesoro, tutte le volte in cui mi hai rivolto queste stesse parole poi è sempre finita con me che avevo ragione, perché questa dovrebbe essere differente?”

“Perché stiamo parlando di una persona che non conosco e perché per un bel po’ di tempo voglio stare il più lontana possibile dagli uomini in generale. Dopo tutto quello che ho passato, sarei proprio una stupida ad infilarmi nell’ennesima relazione, non ti pare? Voglio andare da lui solo perché non voglio che a lavoro qualcuno si faccia qualche idea sbagliata”

“Se lo dici tu…” commentò la donna di mezz’età con un tono di voce che lasciava intendere qual’era il suo pensiero a riguardo e che, difatti, irritò Ginger.

“Sì, ti posso assicurare che questa volta, a differenza delle precedenti, è proprio così. Non sono attirata da quel ragazzo, non voglio avere una relazione con lui, però… Però non farei altro che mentire a me stessa a dire che non mi è piaciuta la serata che abbiamo trascorso insieme. Era da tanto tempo che non chiacchieravo così con qualcuno e non mi dispiacerebbe avere di nuovo una persona che posso chiamare… Amico” la rossa si fermò un momento per deglutire “capisci che cosa intendo?”.

Pamela capiva perfettamente quello che la figlia adottiva stava cercando di dirle senza entrare troppo nei dettagli e si limitò ad annuire, senza più insistere, ed a domandarle se aveva già pensato a cosa avrebbe detto quando si sarebbero trovati faccia a faccia.

La giovane non rispose subito, e scrutò ancora il bigliettino su cui aveva scritto l’indirizzo di casa del collega.

“Veramente…” disse infine, sollevando gli occhi scuri “pensavo di scrivere una lettera e d’infilarla sotto la fessura della porta d’ingresso”.










Mentre camminava da sola lungo il marciapiede, Ginger non riuscì ad evitare di essere colta dalla strana sensazione di vivere un altrettanto strano deja vù, e la risposta dietro a ciò era semplice: quello che stava per fare le ricordava terribilmente quello che anni addietro aveva fatto con David.

Poteva anche essere trascorso molto tempo, ma ancora ricordava molto bene il giorno in cui nel bouquet di rose rosa ormai essiccate aveva notato una piccola busta rettangolare, l’aveva presa in mano e dentro ci aveva trovato un bigliettino con scritto l’indirizzo del ragazzo, e quel giorno stesso aveva deciso di recarsi da lui con la ‘scusa’ della fotografia che aveva sviluppato e che voleva consegnargli; in quella stessa occasione si era ripromessa di non commettere di nuovo l’errore di innamorarsi, ed invece era proprio accaduto l’incontrario.

Ma questa volta il passato non si sarebbe ripetuto per l’ennesima volta perché se nella propria vita aveva una sicurezza al momento, era proprio quella di non desiderare un uomo al proprio fianco per molto tempo, forse anche per sempre, e dubitava che potesse esistere al mondo qualcuno in grado di farla ricredere; quello di cui aveva realmente bisogno era una persona con cui parlare liberamente, con cui sfogarsi, una persona a cui poteva raccontare ciò che alla madre adottiva preferiva tacere per non farla sempre preoccupare.

Un amico.

Le mancava avere un amico come lo era stato in passato Richard; forse era più corretto dire che era proprio Richard a mancarle, ma il loro rapporto era stato compromesso in modo irreparabile.

Sperava di trovare una figura simile in quel collega che si era gentilmente offerto di riparare la sua macchinetta fotografica preferita, ma sapeva anche che tutto poteva svanire in un attimo, era sufficiente che lui dicesse di non desiderare una semplice amicizia, ma qualcosa di più.

Ginger si bloccò sul marciapiede e sollevò il viso verso l’edificio che si stagliava alla sua destra: un grande complesso di appartamenti; anche David viveva in un appartamento quando si erano conosciuti, ma quell’edificio era fatiscente, mentre quello che aveva davanti ai propri occhi era molto elegante e raffinato.

E dava l’impressione di non essere affatto economico.

La conferma a tale supposizione le arrivò quando, mentre se ne stava ancora ferma a controllare che l’indirizzo sul bigliettino corrispondesse a quello scritto sulla targhetta di ottone, vide due giovani uscire dal complesso di appartamenti e notò che entrambi indossavano abiti costosi, che di sicuro provenivano dalle boutique firmate dei grandi magazzini Harrods.

Possibile che quel giovane sconosciuto abitasse proprio lì? A quanto pareva, l’indirizzo era giusto.

Possibile che le avessero fatto uno scherzo? Sì, ma a quale scopo?

Non avrebbe avuto nessuna risposta se avesse continuato a restare immobile sul marciapiede, e ciò la spinse a riporre il bigliettino in una tasca dei jeans e ad entrare finalmente nell’edificio; l’appartamento in questione si trovava all’ultimo piano ed era il numero ventuno, e quando lo trovò si bloccò una seconda volta davanti alla porta chiusa.

Rimase in silenzio per sentire se dall’altra parte del legno proveniva qualche rumore, per sentire se riusciva a riconoscere la voce del collega, ma ricevette in risposta il silenzio assoluto; le ritornò di nuovo in mente la prima volta che era andata da David: quando si era fermata davanti al suo appartamento, aveva avuto la conferma di non avere sbagliato perché dall’altra parte della porta aveva sentito qualcuno suonare una chitarra e cantare.

Il vecchio appartamento.

Quante volte si erano incontrati là, e quanto era stato eccitante il lungo periodo in cui avevano tenuto nascosta la loro relazione a tutti quanti.

Quando la verità sulla doppia vita del suo ex marito era venuta a galla, ed aveva scoperto che in quello stesso appartamento lui e Virginia si erano incontrati altrettante numerose volte, un giorno si era recata là insieme alla vecchia copia delle chiavi che ancora possedeva ed aveva distrutto tutto quello che aveva trovato al suo interno e che le era capitato tra le mani.

Non aveva contribuito minimamente a migliorare la sua situazione, ma per un po’ l’aveva fatta sentire meglio.

Ginger tirò fuori dalla borsetta la lettera che aveva scritto, aveva le mani appiccicose a causa del sudore e sulla carta lasciò delle piccole impronte; abbassò lo sguardo, la osservò per qualche istante ed improvvisamente si sentì in procinto di compiere qualcosa di molto stupido.

Che cosa voleva fare? Che cosa sperava di ottenere? Qual’era il suo scopo? Non aveva alcun senso la sua presenza lì e con quella lettera non avrebbe fatto altro che dare dei segnali contrastanti; non era un caso se continuava a ripensare alla prima volta che si era recata nell’appartamento dell’ex marito, quello era un avvertimento per non cadere ancora una volta nella solita, stupida, trappola, ed era una vera fortuna che in casa non ci fosse nessuno, così poteva girarsi e tornare indietro come se non fosse mai accaduto nulla.

Lui non lo avrebbe mai saputo.

La giovane ripose nuovamente la lettera dentro la borsetta, intenzionata qual’era di abbandonare l’edificio il più in fretta possibile, ma dopo aver dato le spalle alla porta di legno chiaro s’immobilizzò nell’udire qualcuno pronunciare il suo nome; per un momento pensò di averlo immaginato, ma quando lo sentì per la seconda volta si ritrovò costretta a girarsi e ad affrontare quello che non aveva nessuna intenzione di affrontare: mentre le dava le spalle, non si era accorta che la porta dell’appartamento si era aperta e che il proprietario si era affacciato ed ora la stava fissando con un’espressione interrogativa, quasi non si aspettasse di vederla lì.

E, incredibilmente, si trattava proprio del suo collega.

Non sapendo cosa dire, completamente immobile perché era stata scoperta, a Ginger non rimase altro che ricambiare in silenzio lo sguardo del giovane, nella speranza che parlasse per primo; per fortuna che quando aveva aperto la porta, aveva già messo via la lettera, altrimenti la situazione sarebbe stata ancora più imbarazzante di quello che già era.

Avvertiva una fastidiosa sensazione di calore alle guance e sperava con tutta sé stessa di non essere avvampata come una ragazzina e di non avere assunto lo stesso colore dei propri capelli.

“Mi era sembrato di sentire dei passi che si fermavano qua davanti e di vedere un’ombra da sotto la fessura della porta, ma non immaginavo che avrei trovato proprio te”disse lui con una voce sorpresa che era lo specchio della sua espressione, per poi aggiungere la domanda più plausibile al mondo, quella che la giovane aspettava e temeva “che cosa ci fai qui?”.

La rossa mandò giù della saliva, conscia che non poteva più continuare a restare in silenzio, altrimenti avrebbe solo che peggiorato tutto, alla disperata ricerca di un modo per prendere tempo.

“Posso entrare?” non riuscì a trovare altro di meglio da dire, ma almeno in quel modo avrebbe avuto qualche minuto in più per pensare a qualcosa di più sensato; il giovane non rispose, ma si spostò di lato lasciando così intendere che era la benvenuta, e non appena Ginger varcò la soglia d’ingresso, le saltarono subito all’occhio le altre vistose differenze che c’erano tra quell’appartamento e quello che era stato il primo di David.

Quello di David era piccolo, spoglio, semplice e perfettamente in linea con l’affitto che poteva permettersi a quel tempo, e quando c’era stata per la prima volta il pavimento del salotto era quasi completamente ricoperto di scatoloni ancora da svuotare perché si era trasferito lì da pochissimo tempo, mentre quello in cui aveva appena messo piede dentro non solo era tutto l’opposto, ma non poteva nemmeno definirsi un semplice appartamento: era un bellissimo attico arredato con gusto da cui si godeva un’altrettanto bellissima vista della città di Londra, come testimoniava la vetrata che occupava un’intera parete; Ginger non era un’esperta nel settore immobiliare, ma chiunque, lei compresa, capiva al volo che un posto come quello non poteva avere un affitto mensile economico.

E non era solo l’affitto che non doveva esserlo, anche i mobili stessi non erano né di scarsa qualità né di seconda mano.

“Posso offrirti un the?” la giovane non si era accorta che mentre era impegnata ad ammirare l’attico, il giovane padrone di casa si era spostato dietro il bancone a penisola della cucina ed aveva preso in mano un bollitore, e si ritrovò ad annuire semplicemente col capo perché non riusciva nemmeno a parlare “che c’è, mentre venivi qui hai perso la lingua? Non ricordo di averti mai vista così silenziosa. L’ultima volta non lo eri di sicuro”

“Non mi aspettavo che vivessi in un posto simile”

“Ahh!” esclamò il giovane con un sorrisetto divertito, riempiendo il bollitore e posizionandolo sul fornelletto acceso “e questo cosa sarebbe? Una specie di strano complimento od un’offesa malcelata? Perché non suona molto bene nel modo in cui l’hai detto”

“Sono solo sorpresa da questo posto” rispose la giovane, chiudendo lì la questione; aveva la sensazione di trovarsi in un campo di sabbie mobili ed ogni volta che apriva la bocca diceva qualcosa di sbagliato che la faceva sprofondare di qualche altro centimetro “e vorrei parlarti proprio dell’ultima volta che ci siamo visti”

“Ahh, ed è per questo motivo che sei venuta fin qui di persona? Chi ti ha dato il mio indirizzo?”

“Me lo sono procurata a lavoro. Sono stata costretta a fare così perché non sono più riuscita a trovarti”

“Beh, l’ultima volta che abbiamo parlato nel parcheggio hai detto molto chiaramente che la mia presenza non ti è gradita e quindi ho cercato di rimediare subito”.

Ginger chiuse per un momento gli occhi e prese un profondo respiro; il suo collega aveva ragione a trattarla in quel modo visto che era stato aggredito verbalmente senza alcun valido motivo, al posto suo avrebbe reagito nello stesso modo e di sicuro non le sarebbe interessato ascoltare spiegazioni e giustificazioni di alcun genere.

“Sì, mi ricordo molto bene quello che ho detto e mi dispiace. E se adesso mi consideri una pazza sei liberissimo di farlo perché quel giorno mi sono comportata proprio come una pazza. Il mio più grande difetto è sempre stato l’impulsività, è da tanto tempo che sto provando a lavorarci ma è difficile. Ho provato a trattenermi, ma quando hai detto quelle parole nella mia mente è scattato qualcosa ed ho perso la testa”

“Quali parole?”

“Ohh, non possiamo evitare questa parte, lasciar perdere e soffermarci solo sulle scuse che sono venuta a porgerti?”

“Sì, possiamo farlo, ma sarebbe solo un modo come un altro per continuare ad evitare il problema. E se continui ad evitare il problema, come puoi pretendere di riuscire in qualche modo a cambiare un aspetto negativo del tuo carattere? Come puoi migliorare?”

“Credevo che il tuo lavoro avesse a che fare con la fotografia, od a tempo perso ti diletti anche come psicologo? Mi sono persa qualcosa?” commentò la giovane con un sorrisetto ironico, improvvisamente a disagio “senti, accetta le mie scuse e basta, per favore. Tutto il resto lascialo stare”

“Perché?” domandò lui, senza distogliere lo sguardo dalla due tazze che stava riempiendo di the fumante, e Ginger si lasciò scappare un altro sospiro.

“Perché si tratta di una storia troppo lunga e troppo complicata. Una storia troppo lunga e troppo complicata che io non ho voglia di raccontare e tu non hai voglia di sentire”

“E questo chi lo dice?”

“Lo dico io, fidati. E forse adesso è meglio che vada”

“Hai perso il controllo nell’istante in cui, per scherzo, ti ho chiesto se mai prima d’ora avessi avuto a che fare con i ragazzi” Ginger rimase in silenzio, bloccata a metà strada tra il bancone a penisola e la porta d’ingresso dell’attico, colta alla sprovvista dall’osservazione del collega che aveva colpito subito il centro del bersaglio; possibile che fosse diventata un libro aperto perfino agli occhi di un quasi totale sconosciuto? “non puoi andartene proprio adesso che il the è pronto. L’ho preparato apposta per te, dovresti restare qui a berlo e continuare a parlare”

“So che credi di avere capito tutto, ma credimi: non hai capito niente di questo argomento. Qualsiasi idea ti sei fatto a riguardo, stai pur certo che è completamente sbagliata”

“Ed io ti sto dicendo che sono qui per capire e che non ti considero una pazza a causa di quello che è successo nel parcheggio” ribatté lui “ma se vuoi andartene sei libera di farlo perché io non voglio trattenerti, ma pensa che in quel caso potresti sprecare l’occasione perfetta per toglierti finalmente qualche sassolino dalle scarpe”.

Il giovane sorrise e Ginger, anziché proseguire verso la porta d’ingresso come voleva fare in un primo momento, tornò indietro, si sedette davanti alla tazza di the fumante che era stata preparata apposta per lei e mandò giù un sorso.

“Tu cosa credi di avere capito?”

“Non mi diletto a fare lo psicologo nel mio tempo libero, come tu credi, ma, andando per deduzione, posso immaginare che tu abbia avuto delle esperienze poco piacevoli con gli uomini”

“Poco piacevoli” ripeté la giovane con una punta di ironia, per poi bere un altro sorso di the “sono parole un po’ riduttive in confronto a quello che ho passato. Ci sono persone che non hanno affatto fortuna in amore, ed io sono ormai giunta alla conclusione di appartenere proprio a questa categoria. Il primo ragazzo con cui sono stata insieme era un compagno di classe che mi ha chiesto di uscire solo per una stupida scommessa fatta con i suoi amici: gli mancava una rossa ed io ero l’unica che conosceva. Il primo vero ragazzo che ho avuto, il primo che mi ha fatta innamorare, ha perso la propria strada e non è più riuscito a ritrovarla, purtroppo”

“Che vuoi dire?” domandò il giovane corrucciando le sopracciglia ed appoggiando il mento sul palmo della mano destra, ed in tutta risposta Ginger si strinse nelle spalle e spostò lo sguardo altrove.

“Hai capito cosa intendo, non essere così ingenuo. Sto parlando della droga. Ha iniziato ad assumere sostanze stupefacenti per… Per vari motivi. E quando io ed i suoi amici abbiamo deciso d’intervenire perché non si poteva più andare avanti in quel modo, e perché ormai era chiaro a tutti quello che stava succedendo, era già troppo tardi. È stata una cosa a metà tra il ‘non poter essere aiutato’ ed il ‘non voler essere aiutato’. Non so se mi spiego”

“Ti sei spiegata molto bene. Mi dispiace”

“E quando è finita la nostra storia è stata la prima volta in cui mi sono detta che era meglio lasciar perdere gli uomini… Fin quando, tre anni dopo, non ho conosciuto quello che prima è diventato mio marito e poi il mio ex marito” spiegò la rossa per poi sorridere dinanzi alle sopracciglia del giovane che si inarcarono “sì, sono stata sposata, ed il matrimonio non è finito per causa mia. Non è finito decisamente per causa mia. all’inizio credevo di avere incontrato il principe azzurro, quello delle favole, perché era tanto bello dal punto di vista fisico quanto perfetto dal punto di vista caratteriale. Diceva di amarmi, che voleva stare con me per tutta la vita e che desiderava avere una bambina con i miei stessi capelli rossi… E poi, dopo due anni di matrimonio ed un figlio, un giorno trovo dentro uno dei miei libri di poesie un bigliettino con un indirizzo ed un numero telefonico e scopro che il mio perfetto principe azzurro delle favole non è poi così perfetto come sembrava. Aveva una relazione con un’altra donna che andava avanti già da sei mesi, non sapeva come dirmelo perché gli mancavano le palle per farlo e così ha piazzato quel bigliettino per rendere il tutto più semplice”

“Ohh!”

“Ti ho lasciato senza parole, vero? Ohh, ma il bello deve ancora arrivare perché quando ho scoperto la verità ha avuto il coraggio di dire che io per primo lo avevo tradito, inventandosi una fantomatica relazione extraconiugale che in realtà non c’è mai stata, solo per pulirsi la coscienza, e quello che fino a quel momento credevo il mio migliore amico sapeva tutto fin dall’inizio ma non me l’ha mai detto perché essendo anche suo amico ha preferito supportare lui anziché me: la persona che conosce fin da quando era piccolo e con cui è cresciuto insieme. Quando ho scoperto anche questo tradimento, ho troncato i rapporti anche con lui e nonostante siano trascorsi già sei anni non l’ho ancora perdonato e non ho alcuna intenzione di farlo”

“Capisco… E inizio anche a capire come mai la mia battuta abbia urtato così tanto i tuoi nervi”

“E non ho ancora finito col mio racconto, perché dopo la fine del mio matrimonio ho avuto un’altra breve relazione… Sempre se così può essere definita” Ginger si fermò, scosse la testa ed emise un sospiro “ti risparmio i dettagli perché si tratta di una storia fin troppo contorta. In questo caso sono stata io a comportarmi male, ma avevo le mie buone ragioni. Ho provato in qualunque modo a spiegarle a questa persona, ma non sono riuscita a farmi ascoltare. La mia macchinetta fotografica era in quelle pessime condizioni perché durante la nostra ultima conversazione lui l’ha presa e scagliata contro una parete. È stata l’ultima volta che abbiamo parlato, da quel momento in poi non ho più voluto sapere nulla di lui”

“Accidenti, può aiutarti a stare meglio se ti dicessi che in questo caso hai preso la scelta migliore? Se questo tipo è arrivato a ridurre la tua macchinetta fotografica in quelle condizioni, chissà cos’altro sarebbe stato capace di fare se non avesse trovato ancora un oggetto con cui sfogarsi. Io ne so qualcosa a riguardo, sai? Anche se non proprio in prima persona” commentò il giovane, attirando su di sé lo sguardo incuriosito di Ginger “sì, mia sorella ha avuto la sfortuna d’incappare in un individuo simile per una stupida ripicca nei confronti dell’uomo che frequentava. Per vendicarsi ha deciso di accettare l’uomo che nostra madre aveva scelto per lei e che era perfetto solo in apparenza. Ha impiegato pochissimo tempo a rivelare qual’era il suo vero volto e mia sorella è riuscita ad uscire da questa situazione prima di rovinarsi la vita per sempre. Lei ed il suo ex sono tornati insieme, si sono sposati ed adesso hanno due figli. E ti posso assicurare che lui non arriverebbe mai a compiere gesti come distruggere una macchinetta fotografica contro una parete”

“Ed invece io posso assicurarti che uomini così esistono, purtroppo” mormorò la rossa con una smorfia, per poi corrucciare le sopracciglia “perché prima hai detto che tua sorella, per ripicca, ha iniziato a frequentare l’uomo che vostra madre aveva scelto per lei? Che cosa significa? Voi due non siete liberi di scegliere la persona con cui stare?”

“Per quanto mi riguarda sì, e mia sorella concorda con me, ma lo stesso non vale per nostra madre. Lei è fermamente convinta che il mondo da cui proveniamo necessiti di matrimoni combinati: gli unici sensati da celebrare” l’espressione di Ginger si accigliò ancora di più “sto parlando della nobiltà”

“Tu sei un nobile?” domandò la giovane stupefatta per poi guardarsi ancora attorno: quella spiegazione era incredibile, ma al tempo stesso plausibile ed ora finalmente riusciva a capire come faceva un ragazzo così giovane a vivere in un attico così lussuoso in pieno centro città; non aveva motivo di credere che le stava raccontando una bugia solo per apparire più interessante.

“Sì, ma guarda che non ti perdi nulla, ci sono più aspetti negativi che positivi dell’essere nobile, e l’unica cosa di cui sono grato è che di solito funziona come cosa da dire per far colpo su una ragazza. Le cose andavano diversamente quando c’era mio padre e sono nettamente peggiorate quando io e mia sorella siamo rimasti soli con nostra madre. Lei, per esempio, è arrivata al punto di troncare i rapporti perché nostra madre non ha accettato suo marito”

“Mio dio, è orribile. Mi dispiace per tuo padre, come… Posso chiederti come è successo?”

“Malattia”

“Io non ho mai conosciuto il mio. E nemmeno la mia madre biologica” mormorò Ginger “sono stata adottata. E prima che tu possa chiedermelo: no, non m’interessa scoprire chi sono i miei genitori naturali, non ho mai avuto questa curiosità. La donna che mi ha adottato è stata in grado di farmi sia da padre che da madre”

“E mi è sembrato di capire che hai anche un figlio”

“Tre” lo corresse prontamente la giovane con un sorrisetto “ne ho tre, non uno. Come puoi vedere, ho una vita piuttosto incasinata”

“Come chiunque altro. Abbiamo tutti i nostri problemi”

“Quello che ti ho raccontato non ti ha spaventato?”

“No, anzi, ti ha resa ancora più interessante” rispose il giovane, strappando un altro sospiro alla rossa.

“Ascolta, mi dispiace per quello che è successo, mi dispiace aver perso il controllo ed averti aggredito verbalmente, ma il mio pensiero a riguardo non cambia: se sei interessato a ben oltre che una semplice conoscenza personale allora ti fermo subito, perché io non voglio nessuna frequentazione. Né ora né mai più. Sono stanca di avere sfortuna, ed ogni volta che ho deciso di concedermi una seconda possibilità perché sembrava quella giusta, ha sempre finito per rivelarsi un terribile errore”

“Anche mia sorella è stata altrettanto sfortunata. Ma anche se alle spalle ha due matrimoni disastrosi ed una breve relazione tossica, è riuscita comunque a trovare l’uomo giusto, sposarlo, avere dei figli e vivere in una bella casa. Perché per te non dovrebbe essere lo stesso?”

“Perché non per tutti è così, purtroppo, e questo vale proprio per me. Ed ora scusami, ma devo proprio andare. Grazie per il the e per avermi dato la possibilità di spiegarmi” Ginger si alzò dalla sedia anche se la sua tazza di the era ancora mezza piena e recuperò altrettanto in fretta la borsa e la giacca; voleva uscire dall’attico il prima possibile, a testa china, perché non voleva che lui si accorgesse dei suoi occhi lucidi, voleva uscire il prima possibile perché sentiva di essere vicina al punto di rottura e sapeva che se lo avesse raggiunto, avrebbe finito per commettere qualcosa di cui poi si sarebbe pentita amaramente.

La porta d’ingresso non era così lontana dal bancone a penisola, eppure tutto d’un tratto sembrava distare miglia e miglia dal punto dell’attico in cui si trovava in piedi.

Ti prego, non fermarmi’ pensò con una punta di disperazione; non voleva essere fermata, non voleva sentire una mano che le circondava un braccio e la invitava a voltarsi perché quello sarebbe stato l’inizio della fine.

Non voleva commettere ancora una volta lo stesso errore e non poteva permetterselo; non voleva e non poteva, non voleva e non poteva, non voleva e non poteva.

La giovane riuscì a raggiungere la porta d’ingresso, ed assaporò il primo assaggio del pericolo scampato quando strinse la mano destra attorno al pomello, ma proprio mentre lo stava per girare, sancendo così la fine di un incubo, sentì una mano posarsi sulla sua spalla sinistra, ed anziché ignorarla ed uscire, commise l’errore di girarsi d’istinto.

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