*3*
Quando riuscì a vedere finalmente la sorella adottiva minore di persona, Ginger sentì effettivamente un piccolo peso scivolarle via dalle spalle: Jennifer era sveglia, seduta sul lettino ospedaliero su cui aveva trascorso la notte, e nulla nel suo aspetto fisico lasciava presagire che ci fosse qualcosa di serio che non andava; senza indugiare un solo istante, la più grande si precipitò a sedersi sul bordo del lettino per stringere la minore in un caloroso abbraccio che venne subito ricambiato.
Pamela non era presente nella stanza perché stava discutendo col dottore che si era occupato di Jennifer, Keith era in asilo mentre Demi Richard era a casa di Lindy e Nick: Ginger aveva chiesto alla moglie del batterista se poteva occuparsi di lui durante la sua assenza, perché non aveva alcuna intenzione di fare un passo indietro e presentarsi da David, correndo il serio rischio di ritrovarsi faccia a faccia con la puttanella americana per cui era stata scaricata; per sua fortuna, Lindy si era dimostrata fin da subito disponibile e non le aveva rivolto nessuna domanda curiosa od insistente.
"Mio dio, Jen, neppure immagini lo spavento che mi hai fatto prendere!" esclamò la rossa, sciogliendo l'abbraccio ed allontanandosi per prima "quando mommi è rientrata dal negozio tutta trafelata e mi ha detto quello che era successo, io... Ti giuro che non so come sia riuscita a restare a casa coi bambini per tutto il pomeriggio e tutta la sera senza uscire di testa, perché ti assicuro che ho rischiato d'impazzire!"
"Mi dispiace" mormorò la mora, con uno sguardo triste "non volevo far preoccupare nessuna di voi... Speravo di non avere più nulla a che fare con gli ospedali dopo... Insomma, lo sai anche tu... Dopo quello che è successo ad agosto..."
"Lascia perdere quello che è successo al tuo compleanno: hai capito di aver sbagliato ed è questo ciò che importa veramente, ed avevamo anche concordato di non tirare fuori mai più questo argomento. E non scusarti per quello che è successo ieri, perché tu non hai alcuna colpa... Vuoi dirmi cosa è successo? Mommi mi ha accennato ad un mancamento, ma non ha aggiunto altro"
"Sono svenuta dopo aver fatto una corsa" spiegò Jennifer con una punta d'imbarazzo nella voce, arrossendo lievemente "Danny mi ha proposto una corsa giù in collina per sfogarmi, proprio come facevamo da bambini, ed io credo di avere esagerato un po'... Ohh, sono un completo disastro! Povero Danny: adesso si sentirà terribilmente in colpa perché è stato lui a proporre di fare quella corsa, ma non è affatto così! Lui voleva solo aiutarmi a distendere un po' i nervi!"
"E perché avevi bisogno di distendere un po' i nervi?".
Jen si rese conto troppo tardi che nella foga del momento si era lasciata scappare molto più di quello che avrebbe voluto; provò a rimediare, minimizzando le sue stesse parole e cercando di cambiare argomento, ma Ginger iniziò ad insistere così tanto che alla fine la più piccola si ritrovò costretta a cedere ed a confessare la verità.
"Sono molto preoccupata per te, Ginger, vedo quanto stai soffrendo e soffro anche io a mia volta perché non è giusto".
La confessione di Jennifer provocò un tuffo al cuore nella rossa, che avvertì il peso di un nuovo macigno sulle spalle: concentrata com'era sulle proprie sventure personali, non si era resa conto di averle trasformate in problemi anche delle persone che la circondavano; se Jen era così stressata da avere avuto perfino un mancamento improvviso al termine di una corsa a perdifiato, la colpa era solo ed esclusivamente sua.
"Ohh, Jen... Mi dispiace tanto, io non..." prese a balbettare la più grande; adesso era il suo sguardo ad essere dispiaciuto e triste "sono grata di tutto quello che tu e mommi state facendo per me, e per essermi così vicina, ma non devi stressarti al posto mio. Non è necessario che tu non dorma di notte per quello che sta accadendo a me: sono cose che succedono, è un brutto periodo come tanti altri e presto o tardi passerà... Anzi, sono certa che passerà molto prima di quello che penso. Passerà così in fretta che quasi non me ne renderò conto".
Ginger non credeva a nulla di quello che aveva provato a dire col sorriso sulle labbra e nel tono più convincente che era in grado di fare: non credeva affatto di star attraversando un momentaneo periodo buio che ben presto sarebbe passato (non aveva neppure idea di come fare per superarlo, da dove iniziare), ma non poteva permettere che Jennifer si preoccupasse ancora così tanto per lei da arrivare ad avere un altro crollo nervoso; in agosto aveva compiuto appena vent'anni, e meritava di vivere appieno quel periodo spensierato prima che se ne andasse per sempre.
"Sono certa che prima o poi passerà tutto perché tu, oltre mommi, sei la persona più forte che io conosca" disse Jen, con un accenno di sorriso sulle labbra carnose che si spense subito "però, Ginger, quello che sta succedendo non è giusto perché non hai fatto nulla per meritartelo. Non è giusto né per te né per i bambini... I bambini! Sei riuscita a..."
"Sì, sono riuscita a fare quel discorso... E non è neppure servito che fossi io a tirare fuori l'argomento perché ci ha pensato Keith: aveva già capito tutto quanto da solo. Sono stata io una stupida a pensare che un bambino così intelligente non intuisse qualcosa"
"E come l'ha presa?"
"Non lo so. Non lo so proprio" mormorò la più grande, scuotendo lentamente la chioma ramata "sembrerebbe fin troppo bene nel complesso, ma è ancora presto per dirlo con certezza. David è stato la prima figura maschile nella vita di Keith. È quasi come un padre per lui. Non so davvero quale potrà essere la sua reazione quando si renderà conto di quanto è stata stravolta la sua vita, temo quelli che potranno essere gli effetti a lungo termine... E non credere che Demi mi preoccupi di meno. Lui e David sono una cosa sola, forse proprio perché si assomigliano così tanto..."
"Mi dispiace, Ginger" sussurrò a sua volta Jennifer, prendendo per mano la sorella adottiva maggiore "ma quelle che ho detto prima non erano solo parole di circostanza: penso davvero che tu sia una persona estremamente forte, e proprio per questo sono sicura che presto o tardi riuscirai a buttare giù questo boccone amaro ed andare avanti. Evidentemente David non era la persona adatta a te... Forse l'uomo giusto non lo hai ancora incontrato"
"Ti prego: al momento non voglio proprio sentire parlare di uomini. Mi hanno delusa così tanto in generale che per un bel po' di tempo non voglio avere a che fare con nessuno di loro, fatta eccezione di Keith e Demi. Penso che molto probabilmente trascorrerò il resto della mia vita da sola, così non correrò ancora il rischio di andare incontro a braccia aperte ad una delusione inutile" la rossa si lasciò scappare una mezza risata divertita, ma era tutt'altro che allegra: Jennifer stava bene, e quello era già un enorme sollievo, ma ogni volta che la guardava in faccia le tornava in mente la notte movimentata trascorsa con Roger e ricominciavano i sensi di colpa.
Non doveva venire assolutamente a conoscenza dell'errore che aveva commesso con Waters (perché non era stato altro che un errore), ma già sentiva il peso del segreto che nascondeva; ed anche se sapeva che non avrebbe avuto più nulla a che fare col cupo bassista, quel pensiero non era affatto consolatorio.
In verità, una parte di lei desiderava ardentemente confessare tutto alla sorella adottiva minore per togliersi quel peso opprimente dalle spalle, ma non poteva farlo perché non solo l'avrebbe distrutta nel peggiore dei modi, ma ci sarebbero state ripercussioni irrimediabili nel loro rapporto; come minimo, Jennifer l'avrebbe odiata per il resto della propria vita perché era andata a letto con quello che considerava a tutti gli effetti il suo primo amore, anche se non lo aveva mai incontrato di persona.
E forse neppure lo avrebbe mai incontrato, visto che tra lei ed il gruppo era stato troncato ogni rapporto lavorativo... Non per colpa sua, sia chiaro. Solo ed esclusivamente a causa di David.
Ma per quanto a lungo sarebbe riuscita a mantenere il segreto prima di essere letteralmente schiacciata dal suo peso?
"Jennifer..." la rossa si ritrovò a pronunciare il nome della mora senza rendersene conto, e forse nello stesso modo si sarebbe ritrovata anche a confessare quello che era accaduto tra lei e Roger se proprio in quel momento Pamela non fosse entrata nella stanza per annunciare alle ragazze, con un sorriso, che finalmente tutte e tre potevano ritornare a casa.
"Povero Danny!" esclamò Jen, posando la cornetta del telefono a chiamata terminata; lei e Ginger disponevano di un telefono personale nella loro camera da letto, ed in passato, nel periodo dell'adolescenza, era stato la causa di numerosi litigi tra le due sorelle adottive perché entrambe volevano sempre usarlo immancabilmente nello stesso momento "era così preoccupato... Ed era ancora convinto di essere il responsabile del mio mancamento"
"Lui non c'entra nulla. L'unica e sola responsabile sono io, perché ho commesso l'errore di trasformare i miei problemi nei vostri problemi" ribatté prontamente Ginger, assumendosi ogni responsabilità; la più grande stava piegando alcuni vestitini che appartenevano a Keith ed a Demi e non si accorse della minore che roteò gli occhi in un'espressione esasperata.
"Ginger, non è colpa tua, è successo e basta. E non pensare di tenerci nascosto qualcosa d'ora in avanti solo perché hai paura di stressare troppo me e mommi. Devi raccontarci tutto perché noi vogliamo sostenerti ed aiutarti, e perché se non lo fai rischi seriamente di esplodere. So come sei fatta: sei una persona che ha bisogno di sfogarsi di tanto in tanto per non esplodere come una bomba" Jennifer guardò Ginger per qualche istante prima di proseguire, perché stava per tirare in ballo un argomento piuttosto delicato "hai detto di non essere intenzionata a fare un solo passo indietro con David perché merita solo di essere fatto a pezzi, e su questo sono d'accordissimo con te, ma, visto che siamo in argomento, vuoi procedere allo stesso modo anche con Rick?".
La rossa smise all'istante di piegare una salopette in jeans di Demi Richard e fissò la mora.
"Perché pensi che possa essere intenzionata a comportarmi in modo diverso con lui? Non mi sembra di avere mai detto nulla di simile. Non ho mai risposto alle sue chiamate e non credere che possa iniziare a farlo da ora solo perché mi manca"
"Sì, ma voi due siete inseparabili fin da quando eravate bambini e..."
"E appunto per questo il suo tradimento è ancora peggiore di quello di David" Ginger concluse la frase in tono categorico, lasciando intendere che per lei la questione era conclusa lì e non c'era più nulla di cui discuterci "Rick sapeva tutto quanto da mesi e non mi ha detto nulla, preferendo parare il culo a quel bastardo schifoso. Ha preferito lui a me: direi che questo dice tutto quanto da sé senza che ci sia il bisogno di aggiungere altro. Ha scelto lui? Ha scelto di stare dalla parte di un suo compagno di band perché era la strada più conveniente? Benissimo, evidentemente per lui il nostro rapporto non era importante tanto quanto lo era per me. Se fossi stata al posto suo, non avrei esitato un solo istante a metterlo al corrente di quello che stava accadendo!"
"Però le persone possono sbagliare, Ginger, e poi rendersi conto dei propri errori".
Per l'ennesima volta, la più grande si ritrovò a pensare alla notte che stava cercando di cancellare in qualunque modo possibile.
"Ci sono sbagli e sbagli" sentenziò alla fine, riprendendo ad occuparsi degli ultimi vestitini dei bambini da piegare e da riporre in una cesta di plastica "e quello di Richard è imperdonabile".
Jennifer emise un lungo sospiro (ci aveva provato, ma a volte dimenticava quanto la sorella maggiore fosse un osso duro. Sperava, però, che prima o poi cambiasse idea riguardo Rick, perché era un vero peccato che il loro rapporto d'amicizia ed amore fraterno finisse in quel modo per un fraintendimento) e si lasciò andare contro il cuscino; a Ginger non sfuggì nulla di tutto ciò e le chiese se si sentisse bene.
"Sì, sto bene... Ho solo la testa che mi gira ancora un po'"
"Beh, questo perché sei ancora scombussolata dal mancamento e dalla notte trascorsa in ospedale"
"Sì, deve essere sicuramente così"
"Chiudi gli occhi e cerca di riposare, io vado giù a prepararti qualcosa di caldo in grado di conciliare il sonno".
Ginger uscì dalla sua vecchia camera da letto portando con sé la cesta di plastica, la sistemò nella camera dei bambini, controllò che stessero entrambi dormendo profondamente e rimboccò loro le coperte, e scese in cucina, dove trovò Pamela seduta davanti ad una tazza fumante.
"Ohh, hai preparato del the caldo? Benissimo, casca proprio a pennello perché Jen avrebbe voglia di bere qualcosa di caldo" la giovane prese una seconda tazza da una credenza, la riempì con del the tenuto al caldo nel bollitore e solo mentre stava già per tornare in salotto, diretta verso le scale, si accorse dello sguardo perso nel vuoto della madre adottiva "mommi, va tutto bene?".
Pam si riscosse nell'udire la voce di Ginger.
"Ohh, sì, sì, certo... Va tutto bene... Tutto bene, vai pure" si affrettò a rassicurarla con un sorriso, agitando la mano destra, ma la ragazza tornò indietro e prese posto davanti alla madre adottiva.
"Mommi, dici sempre che io e Jen siamo dei libri aperti ai tuoi occhi, ma lo stesso vale con te per noi due. Ormai so riconoscere molto bene quando c'è qualcosa che ti preoccupa e questo è uno di quei momenti: c'è qualcosa che ti tormenta, ma non vuoi parlarmene. Perché? Sei anche tu preoccupata per quello che mi sta succedendo?" la rossa allungò la mano sinistra per stringere quella destra di Pam "mommi, non preoccuparti per me, vedrai che in qualche modo riuscirò a superare anche questa. Concentriamoci sulle cose belle: quello di Jennifer non è stato altro che un semplice mancamento ed adesso è di nuovo a casa con noi. Abbiamo preso solo un bello spavento".
Ginger sorrise, ma ritornò seria alla vista di Pamela che non ricambiava: non sembrava essere solo pensierosa, sembrava essere anche triste.
E sembrava pure aver pianto, come testimoniavano i suoi bellissimi occhi azzurri lucidi.
O forse stava cercando di trattenersi in qualunque modo... Ma perché? Perché aveva pianto o stava per farlo?
"Mommi, sei proprio sicura che vada tutto bene?" chiese di nuovo la ragazza allarmata, perché ormai era fin troppo chiaro ed evidente che era accaduto qualcosa di cui era ancora all'oscuro; di fronte all'insistenza della figlia adottiva maggiore, Pamela Rose non riuscì più a trattenersi e crollò definitivamente: nascose il viso dietro le mani e scoppiò in lacrime.
Ginger la raggiunse, dimenticandosi completamente del the che si stava raffreddando, cercò di consolarla e, con gli occhi spalancati, le chiese che cosa stesse accadendo perché iniziava a preoccuparsi per davvero: non aveva mai visto la madre adottiva scoppiare in lacrime all'improvviso e singhiozzare in modo così disperato, ed iniziava a dubitare fortemente che dietro una reazione così violenta ci fosse la semplice preoccupazione per il divorzio burrascoso tra lei e David.
Sì, doveva esserci altro per forza.
"Bevi un sorso di the finché è ancora caldo e vedrai che ti sentirai subito meglio"
"Ti ringrazio per le tue premure, tesoro" mormorò Pamela, sforzandosi di sorridere e di non versare altre lacrime; prese la tazza che Ginger le stava porgendo, la sua, ma anziché seguire il suggerimento di bere un lungo sorso della bevanda calda, la posò di nuovo sul tavolo: non solo non aveva sete, ma sentiva sia lo stomaco che la gola chiusi in una dolorosa morsa "ma temo che in questo caso il the possa fare ben poco. Magari tutti i problemi potessero essere risolti grazie ad una buona tazza di the caldo!"
"Vuoi dirmi cosa sta succedendo?"
"Ginger, io non... Non credo sia il caso visto quello che stai già passando. Perché non vai a letto e pensi solo a riposarti un po', mh? Ne riparliamo in un'altra occasione, quando si presenterà il momento adatto"
"Non se ne parla nemmeno" affermò la ragazza, dando l'ennesima dimostrazione del carattere testardo che possedeva fin da piccola; quando erano ancora solo loro due, Pamela aveva affrontato numerose battaglie con lei perché non voleva vestirsi in un determinato modo o perché non voleva mangiare le verdure "c'è qualcosa che ti turba e non è giusto che vuoi tenertelo per te solo per non darmi un'altra preoccupazione: o me lo dici adesso o troverò comunque un modo per scoprirlo da sola... Ma se dovessi scoprirlo per conto mio, sappi che potrei arrabbiarmi molto"
"Ohh, Ginger, non credere che non voglia raccontarti nulla perché desidero avere un segreto con te... Ti direi tutto quanto subito se potessi, ma il vero problema è che non so proprio come farlo. Cose come questa non sono mai semplici da dire perché, purtroppo, non esiste neppure un modo adatto per comunicarle. Qualsiasi possano essere le parole che una persona usa, non cambieranno il loro effetto"
"Adesso sto iniziando ad avere davvero paura" mormorò la ragazza, con gli occhi ancora più sgranati e le labbra socchiuse "sta succedendo qualcosa di grave, vero? Qualcosa di veramente grave che riguarda te, giusto? Stai male? Sei malata? Mommi, hai scoperto per puro caso di essere malata e non sai come dirlo a me ed a Jennifer?"
"No, Ginger, no... Non si tratta di me" la donna chiuse gli occhi e prese un profondo respiro prima di confessare finalmente il peso che si portava appresso dalla mattina "si tratta... Si tratta di Jen"
"Jen?" Ginger ripeté il nome della sorella adottiva minore e sbatté le palpebre, certa che qualcosa le fosse sfuggito "che cosa c'entra Jen in tutto questo? Lei... Lei sta benissimo, no? Ha avuto un semplice mancamento, ha trascorso la notte in ospedale per degli accertamenti ed adesso è di nuovo qui con noi. È ancora un po' stanca perché è scombussolata, ma sta benissimo. Fino a poco fa ho parlato con lei e ti assicuro che è perfettamente normale. Sta bene, mommi".
Pamela strinse le mani alla figlia adottiva più grande, la guardò negli occhi e scosse lentamente la testa.
"No, tesoro" mormorò poi, con lo stesso tono materno che usava quando la rossa era solo una bambina e c'era qualcosa che proprio non riusciva a capire "purtroppo non è così. Jen... Lei non sta affatto bene".
Ginger corrucciò le sopracciglia e sbatté di nuovo le palpebre, come se non riuscisse a mettere bene a fuoco la stanza attorno a sé; sulle sue labbra carnose e rosee apparve un sorrisetto nervoso.
"Ma... Ma cosa stai dicendo?" domandò subito dopo, confusa e sconcertata "che cosa... Che cosa significa che Jen non sta affatto bene? Io... Ti ho appena detto che sono stata con lei fino a pochi minuti fa, l'ho vista coi miei stessi occhi e sta benissimo! Insomma... Si capisce subito quando una persona non sta bene ed è malata, e Jen... Jen non ha affatto l'aspetto di una persona malata!".
No, quello che la madre adottiva le stava dicendo non aveva alcun senso: aveva visto Jennifer coi suoi stessi occhi, ci aveva parlato e scherzato fino a pochi istanti prima e non aveva l'aspetto di una persona malata. Di una persona seriamente malata. Tutte le persone che erano affette da una patologia seria erano magre, fragili, ed avevano il viso pallido e smunto, gli occhi spenti e profonde occhiaie nere. Erano dei fantasmi che ancora camminavano tra i vivi. Jennifer non aveva affatto l'aspetto di un fantasma vivente. Non aveva l'aspetto di una persona malata. Era solo un po' stanca, ma era comprensibile.
Perché, allora, Pamela le stava dicendo quelle cose senza alcun senso? Ma, allo stesso tempo, perché avrebbe dovuto raccontarle una simile bugia? Perché giocarle uno scherzo così crudele?
"Ginger, tesoro, ascolta..." mormorò, allora, la donna, chiudendo per un istante gli occhi e prendendo un profondo respiro mentre la giovane continuava a fissarla con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse in un'espressione di profonda incredulità "non tutte le malattie si manifestano subito con sintomi lampanti ed evidenti... Quelle brutte, in particolar modo, tante volte iniziano con sciocchezze... Con piccoli segnali che non vengono neppure presi in considerazione... Come, magari, un mancamento. Tesoro, vorrei tanto dirti che si tratta di uno scherzo, ma purtroppo... Purtroppo in questo caso non è così"
"Ma... Ma... ma siamo certe che in ospedale non abbiano scambiato i risultati dei suoi esami con quelli di qualcun altro? A volte... A volte succedono errori come questo, no? Forse è proprio quello che è accaduto nel caso di Jennifer!" esclamò la ragazza, aggrappandosi alla speranza legata all'errore medico, ma Pam scosse di nuovo la testa.
"No, Ginger, non c'è alcun errore. Anche io vorrei tanto che fosse uno scherzo, ma non è così. Mi dispiace, tesoro, ma non è così... Io... Non so davvero che cosa dire" sussurrò in risposta la donna, scuotendo per l'ennesima volta la chioma bionda ed ammutolendosi, perché non sapeva che altro dire: per la prima volta in vita sua non aveva la più pallida idea di come consolare la figlia adottiva maggiore e di quali parole dire per infondere forza e coraggio sia a lei che a sé stessa.
Ginger guardò la madre adottiva e si ritrovò a ripensare al giorno in cui Roger era passato a prenderla per andare da Syd e durante il viaggio d'andata aveva fermato la macchina all'improvviso, si era voltato a guardarla negli occhi e, senza tanti giri di parole, le aveva detto che il suo migliore amico non era più lo stesso perché aveva il cervello bruciato dall'LSD; in quell'occasione, in quel preciso istante, la giovane si era sentita completamente annientata, ed ora le era tornato in mente proprio quell'episodio perché stava rivivendo la stessa devastante sensazione di annientamento interiore: non riusciva né a pensare né a parlare.
Non riusciva a chiedere altro in merito alla malattia alla madre adottiva (come, ad esempio, quale fosse la malattia di Jennifer, cosa aveva detto il dottore in merito, come dovevano comportarsi, quale terapia Jennifer doveva seguire e quanto grave fosse); non riusciva neanche ad avvertire il dolore, tanto era stordita e confusa.
Ma riguardo il dolore già sapeva per certo che era solo questione di tempo prima che esplodesse in tutta la sua prepotenza.
E difatti la prima ondata arrivò dopo una manciata di secondi, senza alcun preavviso, e lasciò la rossa completamente senza fiato, come se fosse stata fisicamente colpita da una vera onda del mare; poi, com'era prevedibile, arrivarono anche le lacrime, che iniziarono a scivolare silenziosamente lungo le guance.
Infine, senza rendersene conto, Ginger si ritrovò piegata in avanti, con le mani premute contro il viso per soffocare i singhiozzi, i gemiti ed i lamenti che le uscivano dalle labbra, stretta tra le braccia di Pamela, che stava piangendo silenziosamente.
E nessuna delle due si era resa conto che in cima alle scale, seduta sul primo scalino e con le braccia attorno alle ginocchia, c'era Jennifer.
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