Capitolo otto
- Non so come sia potuto accadere. - disse mia madre singhiozzando. - Oh Kristian se non siamo capaci di proteggerli qui dove abbiamo il pieno potere, come pensi che potremmo farlo da lontano?
Mio padre la strinse forte ed io distolsi lo sguardo per lasciargli un momento di intimità.
Guardai gli altri volontari , seduti su quelle sedie grigie nella sala d'aspetto dell'ospedale, i loro volti erano confusi e spaventati , proprio come doveva sembrare il mio. Nuru scuoteva la testa come se facendolo fosse potuto tornare indietro. Mi avvicinai a lui lentamente, come si fa con gli animali feriti.
- Ehm ... ciao. - dissi, cercando di mantenere un tono calmo. - Mi dispiace tanto per quello che è successo al tuo amico. - continuai, tenendo gli occhi bassi.
- Non era mio amico. - affermò guardandomi - Solo che ... niente. Non è niente.
- Se non vuoi parlarne non importa. Io in fondo non sono altri che una del gruppo, magari neanche mi prendono per la missione tanto sono insignificante ... Comunque ho visto sulla mappa dell'ospedale che c'è un terrazzo, magari potremmo andare lì mentre non si sblocca la situazione. Non dovrai parlare per forza.
Nuru annuì e dopo qualche minuto e parecchi scalini ci ritrovammo all'aperto. Lo vidi respirare profondamente, ad occhi chiusi e poi guardare le stelle sopra di noi.
- È passato così poco da quando siamo partiti che ho già perso la cognizione del tempo. - affermò, fissando i suoi in quel cielo che non sembrava avere fine. - Il problema è che ho paura ... paura per me, di essere preso ma , e so che questo può sembrare stupido, ho paura anche di essere scartato. Ho paura per mia moglie e il bambino che deve nascere, se non potesse mai avere la possibilità di conoscermi? Se mi perdessi il meglio di lui e da grande me lo rinfacciasse? Non dico di voler essere un padre perfetto, la perfezione non esiste, non davvero ... vorrei solo essere un Padre.
Annuii come se capissi davvero quello che voleva dire, e mi sentii allo stesso tempo egoista e terribilmente infelice.
- Il ragazzo che è morto, si chiamava Lithon. Un bravo giovane ... ma era pazzo già da un po'. La rappresentazione che il genio sfocia nella follia. Diceva che suo padre era stato ucciso dagli alieni ... cose senza senso. Adesso si era offerto volontario per lottare contro questi esseri diversi da noi ... ma la paura di fallire ha vinto sulla possibilità di provare. Non voglio fare la stessa fine. - ammise, parlando più con se stesso con me.
- Non la farai Nuru. Io , non sono molto brava con le persone ma se senti di star diventando pazzo fammelo capire; se hai bisogno di me, fa qualcosa che non abbia bisogno di parole. - gli dissi, senza saper bene come spiegare quel che avevo in mente.
- Che ne dici se incrocio le dita? Magari qualcuno lo scambierà con un tick nervoso e non ci farà caso.
- Ottima idea. Incrocio di dita per dire "Ho bisogno di te."
- Una sola cosa: Lo farò solo se vale anche per il contrario. Una specie di aiuto reciproco.
Io anuii e insieme, sotto le stelle, trovai un nuovo e prezioso amico.
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