Capitolo dodici

Il corpo era riverso a terra, gli occhi ancora aperti.
Il sangue ricopriva il pavimento come un tappeto liquido ... probabilmente nel suo corpo non ne era rimasto più.
Seiko era in lacrime e io la stringevo come avrei fatto con la mia migliore amica.
I due giorni precedenti erano stati felici e divertenti. Le nostre famiglie avevano fatto conoscenza, e noi, oramai certi di dover partire insieme, ci eravamo avvicinati molto di più.
Seiko e Nuru erano le persone su cui contavo di più ma anche Aiden stava diventando, inaspettatamente, parte del gruppo.
Avevamo fatto un grandissimo pic-nick ad Hide Park durato fino al tramonto , ma una volta salutati i familiari nessuno se la sentiva di andare a dormire, quindi tutti eravamo rimasti sulla terrazza interna del centro a guardare attraverso la cupola di vetro le stelle.
Eravamo rientrati tutti verso le tre del mattino, tutti tranne ...
- Morgan! Morgan ...
Anche Simoon piangeva, si era seduto accanto a suo fratello , mello stesso lago di sangue e continuava a gridare, a ripetere il suo nome.
Per tirarlo via di lì dovettero sedarlo, proprio come lui aveva fatto con me la prima volta che ci eravamo visti.
Aiden e Nuru stavano in un angolo, non osavano muovesi e a malapena respiravano.
Mia madre e mio padre stavano parlando con la scientifica, a quanto pare si trattava di suicidio; quelli che erano i miei genitori indossarono una maschera di indifferenza e nel pomeriggio ripresero a lavorare, dovevano trovare un nuovo volontario per l'America, ma chi si sarebbe proposto adesso che due candidati erano morti?
Qualche giorno dopo Simoon si disse pronto per la missione. Spiegò che l'avrebbe fatto per suo fratello e per il bene dell'umanità.

- Sei sicuro di volerlo fare? - chiese Seiko la sera prima della partenza.
- Non sono sicuro più di niente. - ammise Simoon guardandoci. - Nessuno lo è.
Avevamo passato tutto il giorno a prepararci, ognuno a modo proprio e quando dico "a modo proprio" intendo che mia madre aveva parlato tutto il tempo di cosa avrei dovuto o non dovuto fare e solo quando venne il momento della partenza scoppiò in lacrime.
Indossavamo tutti una tuta bianca, troppo aderente per quanto mi riguardava, e solo a Seiko sembrava stare bene.
- Mi mancherai bambina mia. - disse mio padre a voce bassa. - Faremo il possibile per riavervi qui. - poi si girò verso gli altri. - Siete l'orgoglio del nostro pianeta. Andate e fate il vostro dovere.
Annuimmo tutti e se qualcuno avesse potuto vederci avrebbe pensato che eravamo dei combattenti, che eravamo preparati ma ... eravamo solo dei ragazzi che provavano a fare qualcosa di giusto.

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Stava piovendo quando la navicella atterró.
I volontari terrestri furono subito portati in quarantena e nessuno ebbe il tempo di vederli.
La maggior parte di noi era contenta che fossero arrivati visto che la malattia andava diffondendosi sempre di più, ma prima di iniziare ad analizzarli dovevamo tenerli sotto osservazione per assicurarci che non fossero malati di qualcosa che avrebbe solo peggiorato la situazione e che fossero capaci di adattarsi alla nostra gravita, più bassa di quella terrestre, e della nostra aria , che aveva meno ossigeno.
- Koan , va tutto bene? - chiese mia madre, entrando con il pensiero nella mia testa e  fissandomi con quei grandi occhi neri, occhi così simili a quelli di ... di chiunque in realtà.
- Niente, è solo che non so se questa cosa funzionerà. - le risposi di rimando, cercando di non parlare ad alta voce ed indicando l'ultimo terrestre che entrava.
Era una ragazza, che camminava a testa alta, senza paura.
Allora mi sentii invidioso e arrabbiato.
Mi sentii prigioniero sul mio stesso pianeta.

Spazio autrice: Ringrazio tutti quelli che stanno leggendo. Se volete lasciatemi un parere così che io possa migliorare. Mi assenteró per una settimana per ricaricare un po' le pile ma tornerò piena di capitoli. A presto.

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