Segreti
Elleonor si rigirava nervosa nel letto, era ancora notte fonda, quella sensazione di "nervoso" allo stomaco non se ne voleva andare. Lui russava beato, come se non avesse provato la minima attrazione verso di lei, forse era così, si disse, in fondo era meglio che non sentisse nulla, doveva darsi una regolata e smetterla con quelle assurde fantasie, è un orco, si ripeteva, un mostro, una creatura malvagia, qualcosa di cui aver paura.
Tuttavia non ci riusciva, si disse che forse era dovuto alle cicatrici, alla sofferenza che aveva subito, al fatto che avesse amato qualcuno. Quelle cose messe assieme lo rendevano quasi umano, una creatura di con cui potersi aprire, sentiva che l'avrebbe capita. Ne provò invidia, una bestia con un cuore e lei dagli uomini era riuscita a ricavare soltanto soprusi.
Un nitrito la attirò, strappandola finalmente da quei suoi pensieri. Si affacciò alla finestra, con quel buio non si vedeva molto, intuì che il cavallo si trovasse sul retro della casa dei Gehimen, chi poteva mai essere in piena notte? Un ladro non di certo, la casa era quasi un rudere che continuava a stare in piedi per miracolo, qualche viandante che non poteva pagarsi una camera? Molto più probabile, di sicuro non sarebbe andata a controllare. Odiava quella casa.
«Ḗ un uomo, da solo».
Elleonor trasalì portandosi le mani alla bocca per soffocare un urlo, Troin era tanto silenzioso quanto grosso. Si avvicinò maggiormente a lei, percepiva il suo calore, i suoi muscoli contro il suo corpo.
«Alto, magro, capelli scuri» osservò attentamente i suoi movimenti, si muoveva agile, doveva conoscere bene il posto :«Sta portando dentro dei sacchi».
«Riesci a vedere bene al buoi» non gli disse che l'uomo che aveva appena descritto le ricordava Adamfo. Dopo tutto era casa sua, poteva far quel che voleva. La cosa le sembrava ugualmente strana, lui detestava quel posto quasi quanto lei, poi cosa doveva portarci in piena notte? Nascondeva sicuramente qualcosa.
Ci rimase male, loro si erano giurati di dirsi tutto dopo quel giorno. Guardò Troin, anche lei aveva un segreto, poteva confidarsi con Adamfo e rivelargli cosa stava combinando? Sicuramente l'avrebbe convinta a farlo catturare, lo avrebbero ucciso, prima chissà cosa gli avrebbero fatto per farlo parlare, per carpire i segreti degli orchi. Ripensò alle sue cicatrici, moniti, le aveva chiamate. Gli umani si sarebbero accaniti su di lui, scosse il capo a scacciare quei pensieri.
«Torniamo a letto» istintivamente lo prese per mano, gli si sdraiò accanto, rimanendo in silenzio a osservarlo nella penombra.
Troin chiuse gli occhi, cercando di non pensare al profumo che emanava. Pensa ad altro, alla guerra, le gallerie, i tuoi compagni, pensa a Kelte. Da quanto tempo era solo? Dopo di lei non volle nessun altra compagna. Ventitre anni, tanti erano passati dalla sua morte e ancora non riusciva a farsene una ragione. O quella era soltanto una scusa per vivere in solitudine e non rischiare più di soffrire?
Adamfo stava finendo di legare la sua merce sul carro.
Elleonor lo aveva aiutato, studiandolo attentamente, come a cercare di leggere nella sua mente, voleva sapere perché fosse andato in piena notte a casa sua, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire o di cui sospettare se lo avesse fatto durante il giorno.
«Adamfo noi siamo amici vero?».
«Più che amici» la tirò a sé e la baciò.
«Abbiamo giurato di dirci tutto».
«Cosa c'è, hai forse qualche segreto da confessare?» Le sorrise e fece l'occhiolino, ritornando a controllare il carico.
Elleonor gli andò dietro :«No, è solo che-» cosa fare, dirgli che lo aveva visto portare qualcosa in casa sua?
«Sei più strana del solito» ricontrollò i finimenti del cavallo «Sicura che non devi dirmi nulla?».
«Sì. Quanto tempo starai via?» Meglio lasciar stare, avrebbe finito solo per insospettirlo e allora sarebbe stato lui a tartassarla di domande e capire che era lei, per davvero a nascondere qualcosa.
«Non molto, devo sbrigare un affare a Vozden».
Che ci andava a fare a Vozden? Quella era una città di minatori, fabbri e armieri, non di sicuro il posto adatto in cui commerciare stoffe e spezie.
«E cosa mi porterai da lì, una spada?» chiese scherzando, sperando che si lasciasse sfuggire un dettaglio, anche minimo.
«Può darsi, o una bella armatura, con la guerra alle porte non sarebbe una cattiva idea».
La guerra, si era quasi dimenticata di quel piccolo dettaglio :«Quindi secondo te arriveremo a questo?».
Adamfo la abbracciò baciandole la fronte :«Non preoccuparti, qui sarai al sicuro» disse poco convinto «Presto arriverà l'esercito e gli orchi saranno fermati prima ancora di scendere a valle».
Adesso sì che era serena, se solo avesse saputo. Per un attimo fu tentata di dirgli tutto, ma il timore che potesse capitare a Troin qualcosa di male la trattenne.
Adamfo salì sul carro, schioccò la frusta e partì. Elleonor rimase a guardarlo allontanarsi, quante volte si era ripetuta quella scena? Lui andava via, girava il mondo e lei restava immobile in quella sua misera esistenza, strinse i pugni e tornò al lavoro. Era lei a non desiderare di allontanarsi da lì, non riusciva a separarsi dalla sua casa, dalla sua rosa, da ciò che custodiva.
Dopo aver accontentato un paio di clienti Elleonor si dedicò a rassettare la camera di Adamfo, una volta finito rimase nel corridoio, camminando lentamente da un capo all'altro. Cercava di elaborare tutto ciò che le era accaduto in quei giorni, le cose dette da Adamfo e quelle nascoste. L'arrivo dei soldati, la guerra, Troin e sospirò. No, non doveva pensare a lui.
«Elleonor sei ancora qui?».
«Perché Elanus, qualcosa non va?» Gli si avvicinò, guardandolo dritto in quei suoi occhi verdi, lui arrossì.
«No, solo che è quasi sera, tu non resti mai fino a tardi».
Elleonor non voleva tornare a casa, non voleva sentirsi strana a quel modo a causa di un orco. Non poteva rompere così il giuramento che aveva fatto, la sua regola d'oro. Mai un uomo, mai amare. Doveva proteggersi, era stanca di soffrire a causa loro.
Si avvicinò ancora di più al giovane, il suo corpo lo sfiorava, lui deglutì balbettò qualcosa.
Elleonor gli prese le mani, lo guardò e le venne l'idea che forse, per una volta, poteva essere lei a servirsi di un uomo. Lui avrebbe ubbidito a ogni suo ordine, non faceva altro che ripeterlo. Sì, pensò, anche se era solo un ragazzo poteva farlo, lui non aspettava altro, la desiderava.
Elanus era completamente spiazzato, gli stava capitando la cosa più bella al mondo e non riusciva a dire o fare nulla. Gli si era seccata la gola, gli tremavano le mani e la sua eccitazione era talmente tanta che rischiava di venire nei pantaloni.
Cercò di fare qualcosa, come si sarebbe comportato un uomo in quell'occasione? Le prese il viso fra le mani e la guardò in quegli occhi scuri, magnetici, passò col pollice sulle sue labbra, passandosi la lingua sulle sue aride, socchiuse gli occhi e si avvicinò fino a sfiorarle il naso.
Elleonor guardava in quei suoi occhi, così limpidi, ingenui, che ancora credevano che tutto potesse andare bene e che i problemi si sarebbero risolti, che l'amore fosse una cosa meravigliosa e la cosa che contasse di più fosse amare ed essere amato.
Anche lei un tempo era così, poi la vita l'aveva ingoiata, masticata e sputata nella melma, adesso i suoi occhi erano spenti, l'unica cosa che li animava era la rabbia, con una dose di paura che non la abbandonava mai del tutto. Solo scavando molto a fondo si sarebbe potuta intravedere una flebile luce che ancora resisteva, ma diventava sempre più lieve e fredda. No, non poteva fare questo a Elanus, non se lo meritava e lei non voleva divenire come chi le aveva strappato tutto.
«Sei davvero un caro ragazzo, spero che troverai una donna capace di ricambiare i tuoi sentimenti» gli diede un bacio sulla fronte :«Io non sono una brava persona, cerca di capirlo».
Elanus rimase imbambolato, poi si girò e le disse :«Non è vero, non sei solo bella, sei gentile, attenta, almeno con me, a Quercino vuoi bene, lo so e anche a me. Almeno spero».
Elleonor si fermò senza voltarsi :«Ḗ proprio per questo che ti dico così tu non mi conosci, non sai di cosa sono capace». Tornò a casa.
Troin stava dormendo, rimase a guardarlo, poggiata allo stipite. Che le stava capitando? Si sentiva strana, scossa da un qualcosa cui non sapeva dare un nome, che la teneva in continuo inquietudine. Diede la colpa all'ansia per la guerra e la paura di essere scoperta.
Quando si accorse che sulla tavola c'era ancora il piatto coperto che aveva lasciato a Troin sollevò il coperchio, quando vide il contenuto si mise a sedere. L'orco aveva diviso tutto ciò che conteneva a metà, lasciandole la sua parte. Era rincasata tardi di proposito, non le andava di passare troppo tempo con lui, e se avesse continuato a comportarsi a quel modo avrebbe iniziato a dormire alla locanda. Non era più abituata alle gentilezze, non si fidava di quei gesti. Specialmente se fatti da un orco per giunta.
Gli unici ben accetti erano le premure di Adamfo e del povero Elanus, sapeva che loro erano sinceri, lei però cercava di non ricambiare quelle loro attenzioni, cercava di mostrarsi indifferente, fredda, come se non le importasse nulla. Non mangiò ciò che le aveva lasciato, non le importava di apparire ingrata, Troin doveva capire che doveva stare al suo posto e non pensare che sarebbero potuti diventare amici.
Si buttò sulle coperte con quei pensieri ancora in testa e si addormentò.
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