5. Un desiderio esaudito
Bisogna stare attenti a ciò che si desidera, perché a volte il fato, o la divina provvidenza, a seconda che si creda in Dio o meno, decide di ascoltare la voce insita nell'animo umano e assecondarne la richiesta.
Iris aveva trascorso l'intera estate desiderando di non essere mai stata incinta, cercando di autoconvincere se stessa che, se ci avesse creduto intensamente, con tutto il proprio cuore, si sarebbe svegliata un giorno realizzando che non c'era nessun bambino che cresceva, fastidiosamente ingombrante, nel proprio ventre; che se avesse ignorato la gravidanza, questa sarebbe sparita davvero. Probabilmente, ci aveva messo tanto di quell'impegno che il suo desiderio era stato esaudito.
Le settimane successive all'incidente erano state di autocommiserazione, dove accusava se stessa di aver provocato, con la propria mancanza d'amore, la morte del bambino che aspettava. Poi era arrivato l'autunno e l'autocommiserazione si era trasformata in ossessione verso la spasmodica ricerca della verità.
« Mi dispiace, Iris. Sono tornato in quella strada quasi ogni giorno nell'ultimo mese, ho parlato con chiunque sia solito trovarsi da quelle parti, dagli spazzini ai barboni sul marciapiede. Nessuno ti ha vista o ha sentito nulla. »
Sebastian se ne stava appoggiato, a braccia conserte, alla portiera della sua Berlina nera, davanti all'entrata principale della Abbie's Cupacake Bakery, a Village Square in Beverly Hills. Il volto era nascosto da un paio di Ray Ban di uno stile un po' vintage che, insieme alla giacca di cuoio appoggiata sulla spalla sinistra, richiamavano quello del celebre Top Gun, del quale era patito fin da ragazzino. A dire di lui avrebbero dovuto renderlo irriconoscibile agli occhi delle fan, a quello di Iris, invece, attiravano ancora di più l'attenzione. In altri tempi avrebbe giocato sulle arie da divo che il suo migliore amico, stella nascente in una serie televisiva per teenager, aveva iniziato a darsi da quando il suo ruolo era stato confermato per una seconda stagione; in altri tempi, probabilmente, si sarebbe anche data delle arie insieme a lui, ma di sicuro non in quelli.
« Hai provato ad offrire loro del denaro? Magari ricordano magicamente di aver visto o sentito qualcosa. »
Iris si guardò alle spalle attirata dal suono di una risata cristallina, due ragazzine con le uniformi del liceo stavano entrando nel locale. Era andata in pausa pranzo da dieci minuti lasciando Stephanie da sola al bancone, la propria coscienza le suggerì che la bionda non si sarebbe nemmeno accorta delle ultime arrivate, ma era troppo presa dalla conversazione con Sebastian per preoccuparsene. Tornò a guardarlo, le mani ancora appoggiate sui fianchi mentre lui, a labbra spalancate, stentava a credere a ciò che aveva sentito.
« Stai scherzando, mi auguro. Iris, se offri dei soldi tutti ti daranno risposte ma nessuna sarà la verità. Avanti, sei meno ingenua di così. »
Rimase in silenzio, non rispose, limitandosi a rivolgere lo sguardo altrove, poi sospirò rassegnata. Aveva ragione lui.
« L'investigatrice privata che hai ingaggiato? È passato oltre un mese ormai, come è possibile che non abbia scoperto ancora nulla? »
Tornò a guardarlo lasciando trasparire incertezza, fece spallucce in risposta; se lo chiedeva anche lei.
« Sembra che quella stessa notte ci sia stato un altro incidente. Non ho ben capito chi sia, ma era un personaggio facoltoso, aveva una clinica privata proprio in quella zona. Ma al momento non si vede nessun collegamento.»
Iris tornò indietro con la memoria ad un torrido martedì di inizio Ottobre, al suo primo incontro con Veronica Morrison, la detective che le aveva consigliato Mercedes. A prima vista le era parsa più giovane di lei, o forse era colpa della statura minuta e del corpo esile, se poi si aggiungeva un grazioso viso diafano, con bellissimi occhi azzurri e capelli biondi sbarazzini, veniva spontaneo chiedersi se fosse realmente lei la detective infallibile di cui le avevano parlato.
Sarebbe stata ipocrita ad ammettere che si fidava ciecamente della donna, anche per questo, quando le aveva affidato l'incarico, le aveva posto una condizione su tutte, avrebbe partecipato alle indagini insieme a lei; non se ne sarebbe di certo rimasta a casa in attesa di un suo messaggio. Veronica, che a primo acchito si era mostrata accogliente e alla mano, aveva tirato fuori tutta la sua spavalderia per convincerla a desistere dalla sua malsana intenzione, le sarebbe stata solo di intralcio facendole perdere tempo prezioso, le aveva detto, ma poi anche questa, proprio come Sebastian, aveva dovuto arrendersi all'idea che nulla le avrebbe impedito di fare ricerche. L'unica scelta sensata era stata evitare di lasciarla da sola, certi entrambi che, prima o poi, si sarebbe cacciata nei guai.
« Un altro incidente? Strano, non ne ho sentito parlare. Proverò a cercare in rete, magari capiamo chi è. »
Sebastian si staccò dalla macchina spostando lo sguardo da lei alla porta alle sue spalle. Stephanie, con aria minacciosa, la fissava sulla soglia.
« Iris! Se hai finito di flirtare con Maverick, cosa ne diresti di venire ad aiutarmi? Ci sono delle clienti se non lo avessi notato. »
Iris non si voltò, si limitò a sbuffare sollevando gli occhi al cielo esasperata, chiedendosi cosa avesse fatto di male perché Ariel la mettesse sempre di turno con la Casablancas.
« Devo tornare a lavoro adesso. Ne parliamo stasera a casa.»
Sebastian annui trattenendo a stento un sorrisino di comprensione, poi si voltò pronto per rimettersi alla guida della sua Berlina. Iris, invece, si avviò di nuovo verso la Abbie's, poi parve ricordarsi di qualcosa e tornò a reclamare l'attenzione dell'amico.
« Seb, me lo faresti un favore? »
Lui si voltò di nuovo, fermandosi con un piede dentro e l'altro fuori dall'auto.
« La prossima volta che vieni, evita quegli occhiali da sole. Sono fuori moda. »
Lui rise, lei anche; quantomeno era riuscito a strapparle un sorriso spontaneo. Di quei tempi, per Iris, erano rari. Poi sfrecciò via con un egocentrico rombo di motore.
***
Erano da poco passate le otto di sera. Sul vecchio dondolo di vimini, fuori dalla terrazza della sua mansardina, Iris si affacciava da quella che le piaceva definire la propria finestra sul mondo. Facebook.
La home della zia Clara era piena, come suo solito, di brevi video nei quali la donna ripercorreva qualche tradizionale ricetta di cucina ispanica. Nulla di sorprendente, la zia Clara amava la cucina da sempre e, se non si fosse ritrovata troppo giovane a crescere una nipote ribelle e problematica, sicuramente avrebbe aperto il ristorante che sognava da tutta la vita. Peccato che ciò che risaltava particolarmente dai suoi filmati fossero gli abiti eccentrici che indossava, troppo colorati e vaporosi per permettere allo spettatore di capire quale ingrediente stesse affettando con tanta minuziosità, mentre parlava dei venditori di ortaggi al mercato come se stesse spettegolando con il suo gruppetto di amiche del club dello scarabeo.
Anche Sebastian aveva caricato una foto, più o meno due ore dopo che si erano lasciati. Era sul set di What about us? insieme ad uno dei co-protagonisti della serie. Entrambi con lo stesso paio di occhiali da sole retrò. Chissà se era lui la persona speciale di cui non voleva farle il nome, si chiese con un mezzo sorrisetto in viso.
Scrollò ancora la home, Blanca Riveiro, una vecchia compagna di studi all'università, si era sposata da pochi giorni. La foto di lei e suo marito fuori dalla chiesa attirò la sua attenzione, non per i soggetti inquadrati, quanto per la struttura in mattoncini rossi dalle finestre variopinte sullo sfondo. La chiesa di suo padre, Juan Castro, pastore della congregazione protestante di Madrid dai primi anni ottanta fino al giorno della sua morte nel Luglio del 2006. Inevitabilmente quella fotografia richiamò uno sciame infinito di ricordi nostalgici della sua infanzia, delle domeniche passate a disertare la chiesa con la scusa delle interrogazioni del lunedì, dei sermoni toccanti sulla compassione, la carità e la speranza nell'avvenire.
Scese ancora più in basso cercando di allontanare da se i ricordi tristi tanto quanto quelli felici. Pubblicità, contenuti multimediali di pagine seguite, poi di nuovo lui. Elle Beaudonte. Si fermò istantaneamente notando che la foto in questione, un palese scatto rubato sulla Fifth Evenue, nella caotica New York, non fosse altro che un tag da una pagina di notizie flash. Non era stata caricata da lui.
Iris si spostò con il mouse entrando nel profilo dello scapolo d'oro di Forbes. Non vi erano più stati movimenti dall'ultima volta che ci aveva parlato, almeno un mese prima, se non per qualche tag esterno che lo mostrava per lo più indaffarato nel suo lavoro, a giudicare dall'immancabile borsa di pelle presente in ogni foto. E non ci furono movimenti nemmeno nelle settimane e nei mesi a seguire, come se l'uomo perfetto agli occhi di Stephanie Casablancas e dell'élite statunitense avesse deciso di staccare la spina al mondo rintanandosi in un universo senza internet. Sembrava quasi paradossale per un tipo come lui, si era ritrovata a pensare nei giorni che precedevano il Natale, troppo pieno di se per non essere sotto i riflettori. Poi, d'un tratto, all'inizio della seconda settimana di Febbraio, riapparì di nuovo, ma in lui vi era qualcosa di inspiegabilmente diverso, quasi malinconico.
Elle Beaudonte
8 Minuti fa
" È proprio quando smetti di cercarlo che il tuo destino trova te. "
Elle Beaudonte era tornato. Restò un lungo attimo assorta su quello che poteva essere il reale significato del pensiero pubblicato, cercando la risposta giusta da dargli con una teoria che avrebbe dovuto smentire la sua. Poi il suono della chat la distolse dal suo intento. Abbassò lo sguardo verso la finestra pronta ad archiviarla, ma il nome che appariva accanto ad uno sgargiante pallino verde la fermò. Era lui.
« Buonasera, Iris. »
« Bentornato, Mister Beaudonte.»
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