1. Inventare se stessi
Settembre 2015
Welcome to the City of Angels, la città dove puoi reinventare te stesso ogni volta che ti trovi fuori moda, diceva un enorme graffito a Melrose Avenue. Un angolo del murales riportava due vignette eccessivamente colorate di una Kim Kardashian e il suo migliore amico, un chirurgo plastico che le gonfiava il fondo schiena come una palla da basket. Los Angeles, la città dove l'apparenza non era solo uno stile di vita ma molto di più.
La nuova cameriera assunta da Ariel sembrava rispecchiare quell'emblema a pennello. Capelli biondi raccolti in una morbida coda di cavallo che cascava in un perfetto boccolo sulla spalla, le unghie laccate di un bianco semi trasparente che lasciava immaginare ad una ricostruzione in acrilici da centinaia di dollari, per dare una forma più lunga ed affusolata alle dita, il trucco preciso e pulito e, sotto l'uniforme, collant setificati che non poteva non chiedersi come facesse a tollerarli. Stephanie, così le pareva di aver capito si chiamasse, per inventarsi ci stava mettendo decisamente molto impegno.
Lì, seduta al bancone con il suo buffer griffato, si dava alla lettura di Forbes, una rivista che a quello che diceva lei era di grande ispirazione. Da quando aveva cominciato a leggerla si è lasciata andare a svariati commenti su tutti i requisiti che David, il ragazzo con il quale usciva, paragonato agli uomini di successo che il giornale riportava, non aveva ma avrebbe dovuto acquisire nel minor tempo possibile se non voleva rischiare di perdere una ragazza di classe come lei.
« C'è differenza tra essere un ragazzo ed essere un uomo. Se poi sei anche un uomo di successo allora... »
Iris scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla pulizia della sala ancora troppo disordinata per le sue preferenze. Se non avesse dovuto lavorare da sola, mentre la sua collega si dava alla ricreazione, probabilmente sarebbe riuscita anche a spostare qualche tavolo in una posizione più centrica e meno casuale.
« Tu ce l'hai il ragazzo, Iris? »
Per un attimo ebbe la sensazione di essere ritornata al liceo, dove tra i banchi di scuola circolavano domande impertinenti al solo scopo di tirare su una conversazione quando gli argomenti a disposizione scarseggiavano o semplicemente quando si era eccessivamente ficcanaso. Sollevò lo sguardo verso l'orologio sulla parete contando i secondi alla fine del turno.
« No, ma ho una cagnolina che mi da maggiore soddisfazione a quanto pare. »
Un ragazzo. A lei non serviva un ragazzo, l'esperienza di una volta le era stata sufficiente per dire basta. Le relazioni comportavano problemi, aspettative e delusioni, e lei non aveva né tempo e né voglia per quelle cose, soprattutto in quel momento della sua vita.
« Scusami, non volevo essere indiscreta. Per un attimo ho avuto l'impressione che tu fossi incinta. Non so perché, forse per i tuoi sbalzi di umore. »
Era la prima volta che qualcuno che non fosse Sebastian lo diceva ad alta voce. Si prese qualche secondo per pensare a una risposta da darle, ma non riuscì a trovarne nessuna. Aveva perso lo smalto di una volta, pensò, sarà che i tempi del liceo per lei erano finiti da almeno dieci anni.
« Non sono incinta, ma se invece di perdere tempo a chiacchierare mi aiutassi con il lavoro, il mio umore sarebbe migliore. »
Acida, tagliente eppure si era trattenuta. L'espressione sorpresa di Stephanie le fece invano sperare che potesse farlo anche lei e ricominciare a lavorare. La bionda, poco convinta, rivolse lo sguardo verso il ventre di lei, poi arricciò il naso indifferente voltando pagina alla sua rivista.
« Secondo me, ti serve un ragazzo invece, fa bene alla salute e all'umore. Uno come questo qui, guarda... Elle Beaudonte, bello, ricco e di successo. Peccato per il nome da donna ed il cognome impronunciabile, anche se è uno dei più facoltosi a Los Angeles. Se il mio ragazzo fosse come lui, anche il mio di umore sarebbe migliore. »
Si avvicinò al bancone posando lo straccio umido sulla superficie. Il giornale aperto e rivolto verso di lei riportava un articolo su quello che era stato eletto lo scapolo dell'anno, a cui Stephanie aveva appena trovato due difetti. Una foto dell'uomo in primo piano ne lasciò trasparire l'enorme bellezza, ma anche la smisurata sicurezza in se stesso. Moro, occhi scuri, dalla carnagione abbronzata, la barba leggermente folta. La mano era appena appoggiata sul mento quasi come se volesse solo sfiorarlo, il viso inclinato verso il lato esterno della scapola, mentre lo sguardo, invece impenetrabile e severo, era rivolto nella direzione opposta. Si era davvero messo in posa? L'articolo, da quel poco che riusciva ad intravvedere, lo dipingeva come un uomo di successo che, malgrado la giovane età e il cognome altisonante, si era fatto strada da solo nel campo della medicina e della filantropia. Eppure, quello che vedeva lei era un uomo che, in un'altra foto dell'articolo, solcava la passerella sfilando come un modello qualunque. Il sociale doveva essere solo un mezzo come un altro per far parlare di sé. No, non era il genere di uomo che sarebbe mai potuto interessare a lei. Una smorfia le si disegnò sul viso tirandole via la rivista dalle mani per poi riporla al suo posto sotto al bancone.
« Perché continui a stare con il tuo ragazzo se mi hai citato almeno cinque uomini che ti piacciono di più? Sii sincera con lui e cercati un Beaudonte, o come hai detto che si chiama, se è quello che vuoi. »
L'espressione di Stephanie si trasformò in indignazione. Le mani appoggiate sui fianchi, il labbro proteso appena a lasciar trasparire irritazione.
« Iris, come sei superficiale. Perché lo amo. »
Poi la vide aggirare il bancone ed uscire dal locale. Si era davvero offesa? Per un attimo le sembrò quasi un paradosso, poi realizzò di essere a Los Angeles.
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