Il Vero Ladro
Pioveva forte. Rientrai nella casa di Vanessa, avevo bisogno di fare un attimo mente locale. In realtà non c'era niente su cui pensare ulteriormente: Marco mi aveva detto di no. Prendersela è un atteggiamento da immaturi, ma quello che mi ha fatto pensare è stato il suo 'Lo so'. Come faceva a saperlo?
Presi un mucchio di palloncini colorati e me ne andai sconvolta, la pioggia che mi ricordava freneticamente il mio stato d'animo. Doveva essere la serata decisiva, in cui tutto si sarebbe dovuto risolvere e invece non avevo ottenuto nulla se non delusioni. Camminavo nella pioggia, i palloncini che mi facevano da ombrello non funzionante. Il trucco e i vestiti erano del tutto fracidi, come lo erano anche i miei occhi, ma non per via della pioggia.
Conoscevo Marco da 6 anni, e lo reputavo il mio secondo migliore amico ( il primo era Bob ). Era inizialmente una semplice amicizia, ma io ho iniziato a vedere nei suoi occhi uno splendore antico che faceva battere il mio cuore e mi faceva sentire in una specie di dimensione paradisiaca dove nulla era sbagliato e nulla era giusto. Dove non c'erano muri che dividevano ma solo angeli e demoni che cantano in coro all'unisono. Probabilmente ero stata sfrontata nel dirgli il tutto in modo così diretto. Lui comunque non mi vede nemmeno come una migliore amica. Mi vede come un'illusa, una stupida senza personalità che per venire ad una festa ha deciso di stravolgersi del tutto. Arrivai a casa, i vestiti esageratamente bagnati e il trucco completamente sbavato che mi faceva sembrare un panda.
- Com'è andata? - mi chiese mia madre, abbracciandomi.
- Bene - mentii.
- Perché piangi? - mi prese il viso, provando ad asciugare le lacrime che ormai stavano per solcare la mia pelle.
- È la pioggia che mi fa piangere. - mentii, imperterrita.
Mi tolsi immediatamente quegli orribili vestiti, che erano stati come intrisi da una specie di magia negativa. Mi buttai sul letto e iniziai a piangere davvero come una fontana.
Andai a letto subito perché avevo intenzione di aggiungere ben più di un secondo al sogno quotidiano.
In effetti funzionò. Scoprii che il cambio di inquadratura riservava per me dei piccoli dettagli della stanza sacrificale in cui il sogno era ambientato. Riuscii a scoprire l'esistenza di un leggio e di un altare vero e proprio con sopra del pane e dell'uva. Forse sarebbe stato meglio non scoprire i nuovi dettagli inquietanti del mio sonno.
Il giorno dopo mi vestii come ho sempre fatto. Il vestiario tamarro non faceva parte del mio modo di essere e se Vanessa era mia amica, avrebbe dovuto apprezzarmi per ciò che ero davvero. In realtà non avevo intenzione di parlare con lei, perché avevo bisogno di discutere con Bob e Serena.
- Ragazzi, sono successe troppe cose. - raccontai tutto nei minimi particolari, dall'ispezione al sogno.
- Sei sicura di aver controllato bene? - mi chiese Serena.
- Si e non posso più farlo. - risposi.
Bob era pensieroso. Stava escogitando sicuramente teorie su chi potesse essere il vero ladro del Diario.
- Ho un'idea. Ma potrebbe essere dolorosa. - esordì.
- Non è la prima volta che me lo dici. - risposi scherzando.
- Marco ha il Diario. - concluse, solenne.
- Cosa?! -
- È impossibile. Perché dovrebbe farlo?- disse Serena, sicura del l'impossibilità delle sue parole.
- "Marco, voglio che le nostre vite si incontrino." 'Lo so'. Come dovrebbe fare a saperlo? - spiegò Bob, con l'espressione del 'è così ovvio!'.
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