Capitolo 1

Siamo guaritori da generazioni, nella nostra famiglia.

Guaritore mio padre, il grande Dagnir, colui che scoprì quale tipo di energia spirituale va somministrato in caso di frenesia demenziale occulta. Guaritore mio nonno, il famoso Dagnarir, che per primo curò in un elfo il disturbo delle mille petecchie. Guaritore il mio bisnonno, Dagnarond, che, dopo una vita dedicata allo studio della scienza e magia medica, si occupò di scrivere un trattato che diventò leggenda tra i guaritori del mio popolo, intitolato nientepopodimenoche "Il Completo e Definitivo Atlante dell'Anatomia Elfica, Illustrato con Tavole a Colori", tuttora in uso nelle università della mia gente e attualmente abbreviato, dagli studenti, con il nomignolo "Elf's Anatomy". Il colore verde, nelle illustrazioni di quella pergamena, era stato ottenuto da autentica bile di drago: così mi ripetono, da secoli (e non in senso figurato), tutti i miei parenti, ai pranzi di famiglia.

L'enorme e tembile bestia non era stata uccisa da mio bisnonno: egli però curò l'elfo che era stato ferito da quel drago in un'epica battaglia. Non ci sono guerrieri nella nostra genealogia, solo guaritori: guaritore mio trisnonno, e così pure suo padre prima di lui e suo nonno pure. E così via, su e su per generazioni e generazioni, risalendo fino al mio trentasettesimo progenitore e, quindi, data la longevità della mia specie, fino quasi agli albori della storia elfica, non c'è un esponente della mia famiglia che non si sia dato anima e corpo alla scienza medica, conseguendo successi riportati negli Annali per qualche incredibile scoperta.

Poi ci sono io. Io che, un po' per scelta e un po' (tanto) per aspettativa degli altri, sono diventata a mia volta guaritrice ma che, ad esempio, oggi non ho nemmeno sentito la sveglia e sono qui a scapicollarmi, lanciata al galoppo sulla mia fedele Bethril, per attraversare un pezzo di Bosco Adamantino e mezza Cittapiana cercando di arrivare in orario, o almeno quasi in orario, all'ospedale dove lavoro. E dove, nemmeno oggi, brillerò particolarmente per la genialità delle mie intuizioni.

Finalmente sono arrivata, l'atrio dell'ospedale mi attende: pulito, luminoso e decorato, forse in maniera eccessivamente elaborata e preziosa. Ma, cosa ci volete fare, non è certamente una costruzione moderna e risente delle mode elfiche dei millenni scorsi. Il mio trisavolo, che lo edificò (e chi altro poteva farlo, se non un membro della mia famiglia?), non badò certo a spese: persino nelle stalle, dove poco fa ho lasciato Bethril, fece installare, a muro, delle elegantissime lanterne d'oro. Spesso mi stupisco che nei dizionari elfici esista la parola "sobrietà": eppure, vi assicuro, esiste. Certamente non l'hanno inventata i miei antenati, ma esiste, anche se è parecchio inutilizzata.

Arrivo, dunque, e tiro un sospiro di sollievo: fortunatamente non vedo il direttore dell'ospedale, che aleggia sempre per i corridoi e che avrebbe potuto farmi notare il ritardo, e farmi una lunga ramanzina, come al solito. Il problema è che, mentre io non lo vedo, lui vede me. Mi vede sempre. Ha una vista che è eccessiva pure per un elfo. E un gran brutto caratteraccio.

"Signorina Ayseriel! Lei è in ritardo! Anche oggi, lei è in ri-tar-do!" Eccolo che tuona, dietro di me, il suo disappunto e batte a terra con quell'odioso bastone adornato di foglie d'edera smaltate, sottolineando la scansione delle parole in sillabe.

"Un ritardo solo lieve, oggi, signor Direttore!"

"Il ritardo non si distingue in lieve o pesante, signorina. Si distingue in occasionale e rei-te-ra-to! E il suo è ostinatamente, insistentemente e dannatamente ricorrente! Si vergogni, i suoi avi arrossiscono per la sua condotta. Lei è il disonore della sua buona stirpe! I suoi antenati si rivolterebbero nella tomba, se fossero morti. Purtroppo sono tutti vivi, ahimè, e hanno ancora orecchie funzionanti. Tranne Dagnarond, gli ho trovato qualche problema d'udito, all'ultimo controllo otorinolaringoiatrico."

Cerco di giustificarmi: la colpa del ritardo non è solo mia, stavolta: "Mi scusi, Direttore, ma, mentre attraversavo la piazza, uno strano artefatto semovente mi ha tagliato la strada, e la mia cavalla si è inquietata, rifiutandosi di proseguire, e..."

"Storie! Frottole! Pan-za-ne! Lei è troppo fantasiosa, signorina! Tenga un po' meno la testa fra le nuvole e di più in mezzo alle pergamene da studiare! Vada subito a cambiarsi, oggi arriverà il nuovo responsabile del suo reparto. I suoi colleghi sono già stati avvisati. Arriverà a momenti, riunione immediata nella Sala delle Opali!"

"Ecco, allora... allora vado? Eh?"

"Ma è ovvio! Si fiondi, signorina, si ca-ta-pul-ti! Sparisca! Cosa ci fa ancora qui? Giovani imbranati... vergogna della razza elfica..."

Con le punte delle mie lunghe orecchie parecchio abbassate, come se sopra ad esse gravasse tutto il peso dell'umiliazione subita, ma soprattutto il greve fardello del mio sentirmi un fallimento totale, mi dirigo, trascinando i piedi e la borsa dove custodisco i miei strumenti medici e le mie pergamene, verso lo spogliatoio femminile. Il Direttore, dietro di me, avrà iniziato a criticarmi certamente anche per il mio portamento poco etereo e per niente fiero, ne sono sicura: non è così che dovrebbe camminare un elfo, uno del mio lignaggio poi! Ma non ho l'animo di prestargli attenzione: purtroppo un altro giorno è iniziato nel modo sbagliato e la mia postura è una diretta conseguenza del mio umore depresso. Spingo la porta dello spogliatoio e, senza staccare gli occhi dal suolo, mi dirigo verso la mia postazione, per recuperare la mia divisa e indossarla. Ma vengo distratta da alcuni suoni conosciuti, che provengono da poco distante.

Mi volto, sapendo già cosa a quale spettacolo mi troverò ad assistere, ma non essendo sicura di chi saranno gli interpreti di questa scena.

Davanti a me, per l'ennesima volta, due persone - due elfe - si stanno scambiando... ehm... tenerezze? Effusioni? Insomma, qualsiasi parola voi vogliate usare per descrivere una ragazza che tasta voluttuosamente il seno nudo dell'altra, con una mano, e con l'altra le sorregge il mento mentre cerca di esplorarle accuratamente il cavo orale con la lingua, andrà di certo bene. Se questa parola poi potesse includere nel suo significato anche strusciamenti a livello pelvico e gemiti sparsi, tanto meglio, sarebbe sicuramente più adatta.

"Ehm...", tossicchio, nel tentativo di interromperle.

"Che c'è?" risponde una delle due, quella che mi dà la schiena, non accennando minimamente a fermarsi o a interrompere il palp... lo strusc... insomma, quelli.

"Ehm, non dovreste... andare in un altro locale? Insomma, qui può entrare chiunque, da un momento all'altro"

"E con questo?" Risponde, girandosi e cessando finalmente la sua... ehm... attività. Ah, ecco, è Belwen, una delle tirocinanti del mio stesso reparto. Anche io sono una tirocinante, ma lei è una di quelle belle (noi elfi lo siamo tutti, ma c'è chi lo è di più e chi lo è di meno. Ci sono le Belwen e le Ayseriel insomma), una di quelle competenti sul lavoro e soprattutto arroganti e competitive, perché fin troppo consapevoli di essere la perfezione assoluta fatta elfo. Una di quelle che ti schiacciano con delicatezza di un intero esercito di olifanti corazzati, quando vogliono umiliarti per farti capire che invece tu sei tutt'altro che perfetta. "Siamo stanche, Elf's Anatomy."

Vi avevo detto che, saputo della mia discendenza da bisnonno Dagnarond, i miei colleghi hanno esteso a me lo stupendo nomignolo usato per il suo libro? No? Ecco, ve lo dico ora.

Belwen prosegue: "Abbiamo fatto un turno di otto ore e siamo stanche, energia a zero, capito? E stiamo solo cercando di recuperarne un po' rilassandoci. Abbiamo un altro turno che inizia tra mezz'ora e chissà quante persone dovremo trattare ancora. L'energia, ti ricordo, ci serve per curare i pazienti, e non è colpa nostra se tu sei una bacchettona frigida che non concepisce il fatto di ricorrere al sesso per ricaricarsi, Iceberg."

Vi avevo detto che i miei colleghi mi hanno soprannominato anche Iceberg, per via della mia eccessiva (secondo loro) freddezza? No? Quante cose non vi ho ancora detto.

Comunque, non c'è bisogno che mi ricordino che l'attività sessuale è un metodo consentito per ripristinare i livelli di energia, lo so benissimo, solo che... solo che non mi viene proprio naturale spalmarmi contro gente a caso per essere più produttiva sul lavoro! Altro che rilassamento, mi causerebbe uno stress intensissimo. Certo, sarebbe diverso, immagino, se questo tipo di attività le svolgessi nell'ambito di un normale rapporto con una persona verso cui sono veramente e sinceramente attratta ma... questa persona, al momento, non esiste. Per l'esattezza, non è mai esistita. Iceberg, per l'appunto: forse questo soprannome me lo sono davvero meritato.

D'altronde si può recuperare energia anche mangiando, ascoltando musica o, Dei dei Cielo, facendo ciò che la gente normalmente fa per riposarsi: dormire! Ma capisco chi sceglie di fare diversamente, d'altronde come fai ad avere il tempo per dormire otto ore filate, quando sei un guaritore in un pronto soccorso elfico? Gli elfi sono immortali e tutto, ma quando si ammalano vogliono essere curati e sono molto esigenti (l'idea di soffrire per il resto della loro vita di malanni vari non li attira molto). E puoi recuperare la stessa energia di otto ore di sonno in mezz'ora di altre... beh... di altre attività rilassanti.

"Beh, ecco... cercavo solo di ricordarvi che ci sono stanze apposite per... ehm... ricaricarsi... per il relax, diciamo... e che qui potrebbe entrare davvero chiunque, anche il nuovo capo che deve arrivare oggi..."

"Il nuovo capo! E' vero! Devo andare, dolcezza!" Belwen lascia andare l'altra ragazza (che non conosco), non senza prima averle sussurrato qualcosa all'orecchio e averne approfittato per leccarle un po' il lobo, poi si ricompone e lascia lo spogliatoio.

Finisco in fretta di infilarmi l'uniforme e corro anch'io (stavolta a una normale andatura elfica, ossia all'incirca veloce come il vento) verso la Sala Delle Opali, giusto in tempo per vedere il Direttore al centro della stanza che batte a terra il suo bastone per far zittire gli astanti.

"Silenzio! Si-len-zio!"

Accanto a lui sta ritta un'elfa, più o meno di un paio di secoli più grande di me, dai lunghi capelli rossi e con un'aria vagamente familiare. Mentre il brusio si affievolisce, cerco di capire a cosa può essere dovuta l'impressione di familiarità, ma nulla: quella sensazione si rivela essere solo una specie di sfuggente percezione destinata a non essere afferrata, almeno non nell'immediato, dal mio cervello ancora un po' intontito dal sonno.

"Gentili colleghi, gentili colleghe, tralascio i convenevoli perché voi sapete bene, come me, e forse più di me, che siamo qui per cu-ra-re le persone e non certo per fare conversazione o perderci in cerimonie inutili. Ma vi devo alcune spiegazioni. Ho tuttavia deciso di radunarvi qui per chiarire alcune cose, prima che si diffondano voci false o tendenziose, o inutili e spiacevoli polemiche.

"Come sapete le recenti normative internazionali e interrazziali, a cui anche noi Elfi ci siamo da poco assoggettati per il bene superiore di una pace tra mondi diversi, ci impongono principi fondamentali di libertà universale, quali quello della libera circolazione nelle terre dell'Unione. Forse alcuni di voi non saranno al corrente di queste novità, siamo professionisti di medicina e magia, non certo di diritto, ma posso assicurarvi che quanto vi dico è stato ovviamente controllato dai nostri legali.

Mi guardo attorno, e vedo altre facce stupite quanto la mia. Non capisco proprio dove voglia andare a parare il Direttore, con questa introduzione.

"Dunque quando abbiamo cercato un nuovo capo per il Pronto Soccorso, ci è pervenuto anche un curriculum proveniente dalle Terre di Fuori..."

Si alza nuovamente un chiacchiericcio, tutti si stanno guardando sbigottiti l'un l'altro. Dunque, la nuova dottoressa non è un'elfa? In effetti dai capelli non sbucano le orecchie, ora che ci bado. E' una mortale? Una donna della razza umana? E delle Terre di Fuori, per giunta?

"... e abbiamo dovuto considerarlo, attribuirgli punteggi, tutta una serie di cose burocratiche che non vi sto a dire. Sono stati fatti controlli... e controlli... e controlli. Per farla breve, è stata assunta la dottoressa Leda, proveniente dalle Terre di Fuori, da una landa chiamata Italia. Vi presento, dunque, il nuovo capo del Pronto Soccorso Elfico."

Il nuovo capo del Pronto Soccorso Elfico. Un'umana. Se lo sapesse mio trisnonno certo ne sarebbe allarmato. Ah, ma già, lo verrà a sapere di certo, prima o poi. Appena gli stureranno le orecchie.

Un applauso si leva incerto, titubante, come se la gente volesse applaudire giusto per cortesia ma senza troppa convinzione. Come se non volesse fare un torto a nessuno, anche se in casi come questo spesso in questo modo  si fa un torto a tutti. Come se volesse ingraziarsi la nuova arrivata (che d'ora in poi sarà il capo!) ma allo stesso tempo non volesse contraddire chi è giustamente perplesso da una simile novità.

"Grazie, colleghi." La dottoressa (questo è l'appellativo che riserviamo ai guaritori di altre specie, che, diversamente da noi, non hanno poteri magici per curare) prende la parola. "Sono certa che insieme potremo lavorare bene. Come sapete tra gli umani si lavora in modo molto diverso, nella medicina, e sono sicura che le diverse competenze e abilità si potranno unire e compensare, giungendo insieme a risultati migliori e insperati".

Parla un elfico perfetto, non c'è che dire. Si direbbe quasi una madrelingua.

"Come sapete, gli umani, ad esempio, combattono tutti i giorni contro una realtà che qui non costituisce una preoccupazione quotidiana. La morte, intendo dire.
Ma vi assicuro, e questo è il mio giuramento, che tratterò ogni singola patologia degli elfi come se fosse ugualmente grave, perché per me ogni paziente è ugualmente importante, e che darò lo stesso valore ad ogni problema, lo stesso valore che darei ad un caso di vita o di morte!"

Stavolta l'applauso sembra sincero. La dottoressa è piaciuta. Probabilmente le frasi ad effetto sono il suo forte. Tanta accoglienza da parte dei miei simili verso una straniera mi stupisce. Ma anche l'aspetto è dalla sua parte: è bellissima, alta, con un corpo slanciato e un portamento elegante... Praticamente un'elfa con le orecchie corte! Avrei voluto vedere io se fosse stata una nana o un'orchessa! Gli applausi sarebbero stati tiepidi anche la seconda volta.

"Ora se volete scusarmi, sono un po' stanca, e avrei bisogno di un po' di ristoro. Insomma, ho fatto un lungo viaggio dalle Terre di Fuori fino a qua, e sicuramente ho bisogno di ricaricarmi un po' le pile."

Non riesco a capire cosa siano fantomatiche "pile", ma la parola "ricaricarmi" mi suona assai familiare ed inizio a preoccuparmi...

"C'è qualcuno che si offre volontario per darmi una mano?"

Istantaneamente tutte le mani si alzano. Chi per adulazione, chi per ninfomania e chi perchè la dottoressa è davvero una gran bellezza secondo i canoni elfici: a quanto pare per qualche motivo tutti hanno una gran voglia di aiutarla a ricaricarsi, anche se umana. Tutti tranne me, ovviamente.

"Oh, bene, vedo che siete collaborativi. mi troverò bene qui. Beh, vediamo... Scelgo... sì ecco, scelgo lei. No, non lei, quella appena dietro. Lei con i capelli biondi, e lo stetoscopio azzurro, sì ecco, proprio lei."

Tutti si girano verso di me. Sento gli sguardi e l'invidia dei miei colleghi addosso. Compresa quella del Direttore, anche lui mi squadra, con la mano alzata da prima.

"Ma io... ma io non ho alzato la mano!.." Mormoro, quasi a giustificarmi. Anzi, proprio per giustificarmi. E per chiarire l'equivoco. E per sottrarmi a una seduta ricaricante con lei. O con chiunque altro.

"Lo so, ma cosa vuoi farci?" Risponde il mio nuovo capo, facendomi l'occhiolino. "Mi piacciono troppo le persone che si distinguono. Voialtri, al lavoro, su! I pazienti vi aspettano! Tu invece, tu ora vieni con me."

Mi prende per mano e mi trascina via, sotto gli sguardi attoniti di tutti gli altri.

E ora cosa faccio?



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Non commento nulla perché voglio vedere i vostri commenti. Vediamo chi ci arriva per primo.

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