🔥Visite inaspettate: James

E anche gli ultimi documenti li avevo letti.
Mi stirai sulla sedia e massaggiai il collo intorpidito. Ero stato seduto per così tanto tempo che temevo di non riuscire più ad alzarmi.
«Maledetto, Max» mormorai infastidito. Mi aveva obbligato a prendere posizione come dirigente della Base 5, temeva che avessi troppo tempo da perdere. In effetti, sarebbe stato un peccato se il mio intelletto fosse stato sprecato, ma non era una scusa per riempirmi di impegni e inutili responsabilità.
Rimisi a posto le ultime cartelle sulle indagini e mi diressi verso l'uscita. Appoggiai la mano sullo scanner e le porte si spostarono di lato.
Feci scrocchiate le ossa del collo e le nocche mentre raggiungevo l'uscita. Mentre passavo, gli ultimi scienziati rimasti mi salutarono, prima di tornare ai loro problemi.
Presi l'ascensore a tubo, il quale mi trasportò dietro la libreria della sezione "chimica" della biblioteca.
La Marcey Academy era diventata veramente una scuola. Ma era interamente dedicata ai prodigi, giovani con un intelletto superiore e con futuri assicurati.
Uscii dalla biblioteca e attraversai i corridoi ormai vuoti della scuola.
I miei passi risuonavano tra le mura, aumentando il senso di solitudine.
Passandomi una mano tra i capelli, spalancai i portoni e uscii da lì, come se niente fosse, attraversando l'ampio cortile e raggiungendo i cancelli.
Raggiunsi la mia auto quando percepii un movimento. Saltai indietro proprio mentre un proiettile di fuoco passava nel punto in cui ero prima, andando a schiantarsi sull'asfalto.
Mi voltai di scatto e mi misi in guardia prima di riconoscere la persona che avevo davanti.
Courtney abbassò lentamente il braccio e mi sorrise.
«È da un po' che non ci vede, James» affermò.
Portava un prendisole a fiori piuttosto semplice e ridicolo, ma su di lei in qualche modo donava. Aveva uno zainetto su una spalla e una borsa rosa a tracolla, mentre ai piedi portava semplici sandali senza tacco.
Non era il suo genere, un tempo indossava abiti decisamente... Diversi. Però, in qualche modo quel nuovo look le stava meglio, soprattutto se accompagnato dal sorriso radioso che aveva sul volto.
«Court, che ci fai qui?» chiesi sorpreso raddrizzandomi e stirando con una mano la camicia nera.
«Abbiamo pensato di venirvi a trovare. Poi a Eli mancava suo fratello.» disse lei con tranquillità avvicinandosi.
A quanto mi aveva detto Nick, la relazione tra Courtney e Eli era diventata ufficiale, la cosa non mi aveva sorpreso in sé, è il tempo che hanno impiegato a chiarirsi che mi è sembrato eccessivo. Convivevano in un appartamento a Roma, Italia, poco lontano da Villa Borghese, anche se sinceramente, non so dove sia Villa Borghese.
L'abbracciai per salutarla e lei restituì il gesto con affetto.
«A proposito, dov'è lui?» chiesi guardandomi intorno ma trovando il parcheggio vuoto.
«Oh, nel dormitorio maschile della Marcey a cercare Nick.» fece la ragazza.
«Ti trovo bene.» dissi con un mezzo sorriso.
La ragazza si passò timidamente una mano tra i capelli biondi, che non avevano più nessun accenno delle vecchie punte colorate.
«È stato un bel periodo, sì.» disse quasi con imbarazzo.
La trovavo veramente molto cambiata negli ultimi quattro anni, ma sicuramente in meglio.
«James!» mi voltai per vedere Eli che mi raggiungeva, tenendo quello che sembrava un bastone per non vendenti ritratto in mano. Sapevo che non ne aveva bisogno, ma forse doveva mantenere una certa apparenza.
Ad Eli erano cresciuti i capelli scuri, che in quel momento erano pettinati elegantemente, a differenza di quelli del fratello solitamente in disordine. Indossava una camicia a maniche corte a quadri e jeans scoloriti. Anche lui, aveva appeso su una spalla uno zaino.
Courtney si aggrappò al suo braccio libero.
«Eli! Che bello vederti.» dissi sorridendo, avvicinandomi per dargli un leggero pungo sulla spalla.
«Vorrei poterti dire lo stesso, ma mentirei.» scherzò. Non aveva perso la sua ironia.
«Dunque? Quanto state a San Francisco?» chiesi.
«Oh! Non molto, una settimana al massimo. Sono qui solo per Nick. A proposito, se potessi concedergli del tempo. L'ho trovato mentre stava ancora studiando a quest'ora.» disse il fratello.
«Ti preoccupi che lo maltratti?» chiesi con finta minaccia.
«No, beh, fai bene il tuo lavoro, solo che...»
«Tutta la squadra si merita del riposo.» affermai con noncuranza. «E anche io, a dire il vero.» dissi incrociando le braccia al petto.
Dato che non avevo abbastanza da fare, Max aveva pensato bene che tanto valeva che oltre a dirigente, potessi fare anche da mentore a tre marmocchi. Nick, il fratello di Eli, era sotto la mia supervisione, così come la cugina di Sophie e, infine, Tiara.
«Dove dormite? Avete chiesto alla reception di assegnarvi una stanza?» chiesi indicando alle mie spalle l'edificio in cui lavoravo.
«No. Preferiamo la vita Popolana. Abbiamo preso una stanza all'Hotel Star.» disse Courtney alzando entrambe le mani.
«Sto andando a casa, potreste stare da noi.» affermai per essere ospitale. Un tempo non ero certamente così altruista.
«Noi? Vivi con Sophie?» chiese Courtney sollevando le sopracciglia stupita. «Pensavo che... Le avessero...» mormorò.
«Sarà felice di vedervi.» la interruppi aprendo la portiera del guidatore.
«Beh, io non vedo l'ora.» acconsentì Eli aprendo la porta dei sedili posteriori per fa entrare prima la ragazza. Galanteria al massimo.

Parcheggiai davanti al garage è appena scesi dall'auto una figura uscì da casa e mi placcò.
«Credo di essere incinta!» esclamò Sophie agitata con quello che sembrava un test di gravidanza in mano.
«Oh! E si è rotto il lavandino del bagno.» aggiunse affranta. Poi si rese conto di avere ospiti e diede un'occhiata ai propri pantaloncini corti e la mia camicia che aveva addosso.
Sophie aveva preso l'abitudine di mettersi i miei vestiti quando era in piena secessione esami o quando tornava sfinita dal suo lavoro part-time come insegnante di jujitsu. Li definiva più comodi dei suoi. Ma sapevo che voleva semplicemente avere il mio profumo addosso.
«Oh...» mormorò imbarazzata nascondendo il test dietro la schiena.
«Emh... Auguri!» esclamò Courtney nel tentativo di cacciare l'imbarazzo che si era creato.
Io invece ero rimasto sotto shock, con ancora la mano sulla portiera e lo sguardo fisso sulla ragazza di cui mi ero innamorato.
Eli era accanto a me e preferì rimanere in silenzio.
«Emh, entrate, fra freschino fuori. Non si sa mai che inizi a piovere» rise nervosamente Sophie indicando la porta di casa ancora aperta. «San Francisco è bizzarra.» affermò precedendoli. Courtney la seguì confusa mentre io non mi accennavo a muovermi, ancora incapace di recepire le informazioni.
«Andiamo dentro, amico?» mi suggerì Eli.
Mi voltai a fissarlo e boccheggiai senza emettere alcun suono.
«Capisco, ma non ne è sicura. Potrai spaventarti più avanti, dato che potrebbe trattarsi di un errore. E in caso sia vero, sono sicuro che sarai un fantastico papà.» disse semplicemente Eli spingendomi verso casa mia.
Cos'ha detto? Papà? Io?

Sophie si era cambiata, mettendosi addosso una maglietta e un paio di pantaloni e stava servendo il tè a Courtney, blaterando del clima e dei mezzi pubblici.
Courtney non sembrava molto interessata ad ad ascoltarla, piuttosto, la osservava intensamente, cercando di capire come avrebbe dovuto comportarsi.
«Dimmi una cosa, James. Lei non sa chi siamo, no?» sussurrò Eli accanto a me, sulla soglia della porta.
«No. In teoria no.» riuscii a spiccicare parola. Pensavo solo di parlare da solo con lei. Dovevamo chiarire.
«Allora perché si comporta come se ci conoscesse da una vita?» chiese il ragazzo confuso.
Non seppi cosa rispondere. Forse era in imbarazzo e parlava a vanvera, ma era stranamente loquace verso Courtney e non sembrava nemmeno sorpresa della cecità di Eli. Il quale invitò a sedere.
Sophie si ritirò in cucina e approfittai del momento per raggiungerla. La bloccai tra me e il frigorifero mentre lei mi fissava con la teiera ancora in mano.
«Che significa che credi di essere incinta?» dissi immediatamente.
«Significa che non so di esserlo o meno.» disse lei.
«È positivo o negativo?» chiesi nervosamente, senza sapere se desiderare di sentire la prima o la seconda risposta.
«Negativo.» mi rispose prontamente. Mi accigliai confuso. Non ero un esperto, ma ero quasi sicuro che negativo significasse no bebè a mia immagine e somiglianza.
La mia espressione doveva aver parlato perché affermò.
«Magari si sbaglia... Solo che sono in ritardo da un po' e... Umh... Noi abbiamo... Umh...» balbettò imbarazzata facendo tremare la teiera. Gliela presi dalle mani e lo appoggiai sulla credenza. Poi sospirai.
«Sei arrabbiato?» chiese appoggiandomi delicatamente le dita sul braccio.
«No! Perché dovrei esserlo?» esclamai sorpreso.
«Non lo so... Perché sono corsa fuori di casa come una pazza dopo che il lavandino è esploso e ti ho detto di essere incinta davanti ai tuoi... Amici?» chiese facendo saettare lo sguardo ovunque tranne che su di me. «Tra l'altro l'acqua perde tantissimo. Dovremmo fare qualcosa prima che si allaghi la casa... Di nuovo.» disse. Chiusi gli occhi e percepii lo scorrere dell'acqua del bagno. Lo fermai con facilità, ghiacciando le fratture.
«Senti, prenota una visita per accertarci se esisterà un James Jr. Poi...»
«Chi ti ha detto che sarà un maschio? Cioè... Se fosse vero...» scattò lei inarcando il sopracciglio.
«Potrebbe essere anche femmina, sicuramente.» mi affrettai a correggermi. In quel momento, l'idea non mi dispiacque nemmeno.
«Intanto accogliamo gli ospiti che stanno...» iniziò Sophie spostandosi in soggiorno ma poi indietreggiò in fretta.
«Beh, forse gli ospiti hanno trovato intrattenimento tra loro.» mormorò Sophie imbarazzata.
Mi affacciai incuriosito, trovando Courtney seduta in braccio ad Eli. Non si baciavano o altro. Semplicemente le braccia della ragazza cingevano il collo di lui ed Eli teneva le mani sui suoi fianchi e l'orecchio appoggiato sul suo petto, ad ascoltarle il battito del cuore.

Riparai in fretta il lavandino del bagno mentre Sophie tentava di cucinare. Era migliorata negli ultimi anni... Però... Ma l'importante è che ci provava con impegno, no?
Eli e Courtney cenarono con noi, raccontandoci dei loro viaggi. Sforzarono di mandar giù i piatti cucinati dalla mia ragazza senza lamentarsi, cosa di cui fui grato.
Il più parlava Eli e Courtney stava stranamente in silenzio a fissare il ragazzo seduto accanto a lei con un sorriso. Mi rendeva felice il fatto che non avesse mai guardato me in quel modo.
Quando se n'erano andati, non sapevo se Eli avrebbe mai ricambiato i sentimenti che Courtney stava iniziando a provare per lui. Ma in quel momento, mente entrambi ridevano di una figuraccia fatta ad un ristorante italiano, realizzai che lui non poteva far altro che ricambiarla. I sorrisi di Eli erano diversi, sembravano più veri, così come la ragazza aveva perso il broncio.
Sophie rise di gusto. Un gusto che non sembrava provare per il piatto davanti a lei. Nemmeno lei riusciva a sopportare il suo stesso cibo.

Dopo aver finito di mangiare, Courtney mi sorprese ad offrirsi di sparecchiare assieme a Sophie. Tutta quella gentilezza... Era veramente maturata a quanto pare. Così come tutti noi.
Mi assentai, dirigendomi in camera nostra, quella che un tempo apparteneva ai suoi genitori e cercai il pass per entrare nella Base 5, così che potessero raggiungerci quando volevano. Frugai nella raschia della mia giacca, ma nel farlo cadde fuori un pacchettino turchese. L'avevo comprato una settimana prima e tra il lavoro e i ragazzi, me n'ero quasi dimenticato. Lo aprii, per controllare che fosse tutto apposto.
«È un anello quello?» chiese l'improvvisa voce di Eli.
Se non fossi stato allenato, avrei sobbalzato.
«Già.» dissi richiudendo la scatolina e infilandola di nuovo nella tasca della giacca. Consegnai a Eli il pass.
«Per entrare alla Base 5, Nick passa più tempo sotto che sopra.» lo informai.
Eli lo prese.
«Grazie.» disse stupito. «Quindi le vuoi chiedere di sposarti?» mi chiese infilando il pass nel portafoglio tornando all'argomento precedente.
«Uh... È presto.» mormorai. «Per lei ci conosciamo solo da quattro anni e conviviamo da uno.» dissi.
«Ma in realtà vi volete bene da quanto? Diciassette anni? Il Flash non ha cancellato quello che ha provato per te in questo periodo, no?» disse lui. «Sono solo numeri. Cosa sono i numeri quando puoi contare sull'affetto?» aggiunse.
«Di la verità, hai preso lezioni da Max per parlare in questo modo.» dissi inarcando un sopracciglio. Lui rise.
«No. Niente di ciò. Comunque dobbiamo andare. È stato un piacere rivedervi e una sfida per il palato restare qui.» scherzò.
«Abituato troppo alla cucina italiana?»
«Non sai quanto.» rispose. Prima che uscissimo dalla stanza mi chiese:«Da quanto tempo non vedi Lucas?»
Quella domanda mi stupì e mi riempì di un'antica nostalgia.
«Da quando se n'è andato.»
«E non vi siete mai sentiti?» mi chiese accigliandosi.
«Qualche volta. Lascia delle tracce e dei messaggi.» replicai ricordando le strane incisioni di una corteccia che mi avevano riportato i ragazzi.
«L'abbiamo incontrati all'aeroporto. Era diretto in Africa.» mi disse. «E aveva due biglietti e due passaporti in mano.» Ancora mi stupivo di quanti dettagli potesse notare Eli, nonostante fosse cieco.
«Capisco.» dissi accompagnandolo alla porta.
«Mi sembrava strano che non te l'avesse detto.» replicò Eli facendo un'alzata di spalle.
«Perché me l'hai detto?» gli chiesi prima che arrivassero le ragazze.
Eli rise di gusto:«Non è ovvio? Davo per scontato che sarebbe stato lui il testimone di nozze, te l'ho detto così sapevi dove cercare.»

Sophie era sul letto a gambe incrociate, con un'asciugamano a coprirle i capelli bagnati e l'accappatoio verde sopra i pantaloni grigi del pigiama, intenta a studiare il libro aperto davanti a lei.
Ad un tratto esplose e si sdraiò sul letto. L'asciugamano le sfuggì dalla testa, lasciando i capelli bagnati sparsi sul copriletto.
«Chi me l'ha fatto fare ad iscrivermi al college?» sbuffò infastidita.
«Tuo padre?» azzardai.
«James, se dici che vuoi che molli, mollo tutto.» mi disse tornandosi a sedere mentre la raggiungevo e iniziavo a spogliarmi.
«Molla tutto.» dissi.
«Cosa?! No! Non lo farò mai! Nemmeno se mi obbligassi!» esclamò scandalizzata. Sorrisi e mi voltai verso di lei, avvicinandola con la mano dietro la nuca, e la baciai.
«Lo sapevo che avresti reagito così.» le dissi mentre lei deglutiva, con gli occhi smeraldo spalancati.
«Sai che se fossi veramente incinta potrei rischiare di dover abbandonare tutto?» mi chiese con una nota malinconica, abbassando lo sguardo. Non lo voleva. Sperava di non esserlo, non voleva abbandonare la scuola. La cosa, stranamente, mi dispiacque. Non era pronta.
Ma nemmeno io lo ero, no? Eravamo giovani, lei aveva solo ventun anni, io ventidue. Non eravamo pronti per ciò. Allora perché mi dispiaceva?
Sophie andò ad asciugarsi i capelli, mentre io mi addormentai sul copriletto, ormai sfinito, e sognai una bambina con i miei occhi.

Il giorno dopo scoprii che Sophie non era affatto incinta, il suo problema poteva benissimo derivare dallo stress degli esami. Era una cosa comune tra le studentesse.
Decisi che l'anello avrebbe aspettato.

Angolo Autrice

Ragazzi! "Rapita" è arrivata ad 1 milione di letture!!!! E questo capitolo è la sorpresa di cui accennavo negli altri social. Sapete che vi dico? Altra sorpresa!
Elements avrà quattro libri! Senza contare lo spin-off di Arianne.
Come quattro libri, Winter?! Mi prendi in giro? Il finale è perfetto così com'è!
È che la storia mi mancava e ho pensato di scriverne un'altra dato che sono piena di idee.
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Ed è uno scherzo. Non scriverò un quarto libro, il finale è quello.
Però è vero che ci saranno 4 libri. Ho purtroppo notato, facendo la revisione, che il terzo libro è lungo il doppio degli altri due e stando ai calcoli potrebbe arrivare ad avere 800 o 900 pagine. È decisamente troppo, rispetto agli altri due. Quindi, pensavo di dividerlo in due parti, e chiamare il terzo "Diviso" e il quarto "Perdita".
Oppure cambiare tutti i titoli in:
Elements
Elements Rapire
Elements Dividere
Elements Perdere
Ma in realtà sono più propensa a lasciare "Rapita","Diviso", "Perdita". Oppure reinventarmi dei titoli hahaha.
Che ne dite?

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