🔥Una casa senza la casa: Nox
La chiave non entrava nella toppa. La alzai sopra la testa per controllare in controluce se fosse deformata in qualche modo, ma invece era normale.
«Allora perché non entri?» borbottai stropicciandomi gli occhi.
Avevo viaggiato tre giorni di fila dopo che ero partito dal Centro, dormendo solo occasionalmente per strada e mangiando in café aperti ventiquattro ore su ventiquattro.
Ero stanco. Le palpebra mi si stavano chiudendo a forza e forse vedevo due serrature invece di una.
Quando finalmente riuscii ad entrare trovai davanti a me il buio. Solo buio. Ma era il genere di buio soffocante, chiuso, stretto e profondo che più temevo. I ricordi di quella buca scavata nel Rifugio mi travolsero completamente, cominciavo a sentire le pareti stringersi attorno a me, rubandomi l'aria e impedendomi di correre libero all'aperto.
Le mie mani tastarono il muro e finalmente trovarono l'interruttore della luce. Le ombre scivolarono via come incubi ormai rapiti dal giorno e l'aria tornò respirabile. Era casa mia. Era casa nostra. Era stata casa nostra. In quel momento era solo mia.
La morsa nel petto tornò a farsi sentire e stringeva. Stringeva tanto da farmi male. Un dolore quasi fisico se superava qualsiasi paura paralizzante. Un senso di colpa che non si sarebbe mai estinto.
Credevo ancora che l'essere sopravvissuto a quel colpo fatale mi avesse portato via i Gemelli.
Una catena che mi stringeva e mi trascinava indietro, impedendomi di seguire la luce davanti a me. Una luce che ormai non vedevo più da quando loro se n'erano andati. Loro che avevano animato la mia vita, piombando in casa mia senza preavviso.
Prendendo un grosso respiro entrai e mi chiusi la porta alle spalle. Il tonfo fece eco in quella casa fin troppo silenziosa.
La polvere depositata nei mesi di assenza fluttuò in aria facendomi starnutire.
«Forse dovrei fare le pulizie... Gradirei una mano.» dissi alla casa. Quella non mi rispose.
Perché era così silenziosa?
Ero stato così abituato al chiasso che trovavo ad ogni mio rientro da aver dimenticato com'era sentirsi soli.
Pensavo che il silenzio della solitudine fosse la libertà che avevo sempre bramato, quando in realtà era la gioia della compagnia la vera libertà dell'anima. Non mi ero reso conto che la loro presenza mi avesse alleggerito e fatto sentire tanto bene.
Il soggiorno era pieno di foto di noi. Una costante che non c'era più.
Afferrai la prima sulla mensola e la osservai con interesse.
Era stata scattata un lontano Natale e c'era anche James. Lui era in primo piano e teneva la fotocamera. Io e i Gemelli eravamo seduti sul divano e non ricordavo perché stessi cercando di scappare dall'abbraccio di Zach. Sullo sfondo l'albero di Natale che avevo fatto crescere in casa era decorato con le luci rosse e gialle e le sfere di cristallo acquistate da Opal.
Non mi resi conto di essere finito a terra finché non sentii il muro contro la schiena. Strinsi la cornice della foto tanto da tagliarmi la mano e farla sanguinare. Ma non me ne importava. Sentivo le ossa spezzate da Susan Blackwood ancora fragili nel mio vuoto contenitore. Come se stessero per frantumarsi una seconda volta. Un dolore insostenibile che disintegrava nel profondo. Il dolore fisico diventava un solletico a confronto.
Faceva troppo male.
Era per non provare tale dolore che non volevo affezionarmi troppo a nessuno. Pensavo che stando meno tempo in casa e passare più tempo da solo avrei attutito l'affetto, ma era qualcosa che non si poteva controllare con il tempo usato.
Mi erano entrati sotto pelle senza che nemmeno me ne rendessi conto e io che mi consideravo attento e osservatore.
Lo zaino davanti ai miei piedi che conteneva le ceneri di Opal richiamava la mia attenzione come un faro. Mi ricordava costantemente che non era rimasto nulla di suo fratello, solo un'urna di ceramica commemorativa.
Ero tornato a casa con l'idea di riordinare le loro cose. Volevo bruciare ciò che era appartenuto a Zach in modo che ci fosse qualcosa in quella ceramica vuota.
Volevo fare un sacco di cose per loro, in loro memoria, ma non riuscivo a muovere un solo muscolo.
«Dio, quanto mi mancate.» sussurrai mentre una lacrima mi rigava la guancia.
«Non è casa senza di voi.»
Ed era la dura realtà.
Angolo Autrice
Questa breve One-Shot dal POV di Nox, l'avevo voluta scrivere da tempo, solo che non sapevo come far sentire il suo dolore al meglio. Probabilmente per la morte dei Gemelli è quello che ha sofferto di più. Come biasimarlo?
Oh! sofisemmi questo è il tuo regalo di compleanno da parte mia 😁 lo so, ti metto tanta allegria 😂. Tanti tanti tanti auguri 🎉
Anche Noxxy prova a farti gli auguri.
A più tardi la diretta su Instagram! Se non trovate il mio profilo trovate il link sulla mia descrizione. Accetto domande anche sulle altre storie... E cercherò di non fuggire a gambe levate.
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