🌪Jacklyn

Angolo Autrice

Questa AU è frutto di una sfida tra me e sofisemmi . La trama di questa one shot è stata data da lei, così come lei ne ha realizzato una con una idea mia. Quindi... Beh, godetevi lo spettacolo senza senso 🙂.

Il mio primo respiro sapeva di lavanda.
Ma non era lavanda. Non so come facessi a saperlo, sicuramente non era vera lavanda. Era qualcosa che quelle donne bionde spruzzavano nell'aria di questo negozio sulla ventunesima.

Le mie prime spalle furono di un manichino con una parrucca di capelli neri. Puzzava di plastica. Ma non ci potevo far molto per evitarlo, dato che non potevo muovermi.

Ero nata con un solo scopo. Essere vista. Indurre gli uomini a comprarmi, ad usarmi. Io avrei coperto il prescelto, io avevo lo scopo di renderlo più bello. Non avevo la possibilità di scegliermi il mio futuro padrone, ma fantasticavo sempre sui passanti che si fermavano in vetrina a fissarmi.
Solitamente erano donne, quindi stavano dall'altra parte della vetrata. Ma quando c'erano gli uomini, desideravo che entrassero e chiedessero alla commessa di me. Di me, non delle mie copie piegate e stirate all'interno. Sapevo di essere bella, ma non sapevo se sarei mai stata comprata. Non volevo passare di moda.

Ogni giorno che passava, mi disperavo sempre di più, finché non vidi lui.
Era un bel ragazzo dalla chioma castana ribelle, i due occhi verde mare, luminosi e acuti puntati su di me, donavano a quel viso, dai delicati lineamenti maschili, qualcosa di affascinante. Inoltre quelle spalle larghe e quel fisico asciutto ma ben definito... Su di lui sarei stata perfetta. Lui mi avrebbe reso perfetta e io avrei reso lui anche migliore di com'era. Volevo lui. Dovevo solo sperare un'ultima volta, sperare che avrebbe scelto me.
Avrei voluto urlargli, compra me! Ma non lo fece. Non entrò nel negozio e passò oltre, facendomi crollare in un mare di delusione. Sarei finita nel dimenticatoio, lo sapevo. Non mi avrebbe mai comprata.
Infatti mi rubò.
Non so come fece, ma dopo quella notte mi ritrovai ad abbracciare spesso le sue spalle muscolose. Lui mi amava, lo sentivo. Odiava abbandonarmi in giro, ma in un modo o nell'altro ritornavo da lui. Nascondevo i suoi segreti con le mie tasche. Rendevo quel corpo già perfetto mozzafiato. Eravamo un veramente perfetto come pensavo.

Lui si chiamava James. Era un bel nome. Un nome fantastico, a dire il vero. Avevo passato nuove e incredibili avventure con lui. Mi strappavo, mi sporcavo, di sangue mi macchiavo, ma non mi buttò mai via nonostante tutto. Anche quando il mio corpo non c'ero più e non si poteva più salvare, eravamo così uniti che la mia anima si trasferiva in altre giacche di pelle. E così tornavo da lui. E assieme a lui diventavo viva.
Penserete sia una sciocchezza. Sono solo una giacca. Ma quel ragazzo aveva il potere di farmi sentire meno oggetto. Anzi, aveva il potere di farmi sentire. Ma lui non sentiva me. Almeno, non come sentiva quella ragazza. Non mi piaceva quella ragazza.
Quella ragazza era sempre nei pensieri di lui. Talvolta riuscivo a percepirli e non ero contenta delle immagini. Nelle immagini io non c'ero mai. C'erano solo loro due. Soli.

Presto, nonostante il mio amore per il mio padrone, capii che non era possibile. Lui era un umano. Io una giacca. Già... Solo una giacca.

Non potevo fare niente... O forse sì? Magari ci sarebbe potuto essere qualcosa con qualche altro oggetto? Potevo trasferire la mia devozione per il mio padrone verso un altro della mia stessa specie? Poteva essere lui? NO! Non mi sarei mai innamorata di lui. Jeans. Lui che stava ai piani bassi. Lui che con il suo fascino strappato aveva conquistato scarpe e cinture. Lui aveva lo stile del padrone con quei buchi che si ritrovava. Quei fili sconnessi bianchi e il suo colore fatto di varie sfumature blu. Ed era resistente, nonostante sembrasse vecchio. Ma il suo aspetto consumato lo rendevano più caratteristico, unico e vissuto. Di solito era il penultimo capo d'abbigliamento che lasciava il corpo del padron James. Io ero sempre la prima a dovermi separare da lui purtroppo. Per questo dettaglio, ero convinta che lui facesse a gara con me, perché voleva dimostrarmi di essere il miglior abbigliamento per James. Però era inutile, perché io sapevo di essere la sua preferita.

Dopo quella riflessione non potevo far a meno di notare ogni volta che sfioravo jeans involontariamente, quando Padron James si chinava o si piegava in avanti. Ero combattuta tra la mia fedeltà verso il padrone e quello che sentivo per jeans.
Poi mi decisi, volevo parlare con lui. Volevo sapere se se ne accorgesse anche lui. Volevo capire. Ma quel che scoprii mi distrusse.
Noi non potevamo comunicare. Ero intrappolata nel mio corpo senza poter esprimermi. I miei sentimenti erano un'inutile bugia alla mia anima. Realizzai finalmente, anche nel mio profondo, che ero solo un oggetto che veniva utilizzato. I miei pensieri e i miei sentimenti erano un' anomalia rispetto a quel che ero. Non potevo far altro che andare avanti nel mio compito di coprire il padrone senza essere me stessa, finché un giorno non gli sarei più servita. Finché un giorno non sarei finita in un dimenticatoio. Era deprimente questo pensiero. Ma non ci potevo fare niente. Ero impotente.

Un giorno, iniziai a chiedermi se tutti gli oggetti fossero come me. Se fossero animate interiormente come me. L'ho sempre dato per scontato, ma forse non erano tutti come me, magari io ero l'unica. Ma se così fosse... Com'ero nata? Come mai potevo pensare e provare sentimenti? Cosa mi rendeva così umana? Cosa mi aveva dato una vita tanto temibile?
Forse un tempo ero stata umana, e come tale, avevo commesso così tanti peccati che ero stata imprigionata in un oggetto di uso comune. Forse valeva così per tutti gli oggetti. Erano custodi di anime peccatrici. E questo rendeva gli altri oggetti come me però, ma ciò mi renderebbe meno unica. Però, significherebbe anche che dentro jeans, che veramente qualcuno. Significherebbe che anche lui è un peccatore. Infondo, quale punizione è peggiore del vivere nell'impotenza? Nella solitudine di stare con se stessi? Nel non essere considerati? Nell'essere solo oggetti?

Quindi... Ero una persona? Avevo un nome diverso da "giacca di pelle"?
Una parte del mio inconscio mi suggerì un nome. Jacklyn. Mi piaceva. Poteva essere il mio nome.
Darmi un nome aveva migliorato notevolmente il mio umore.

Iniziai a fantasticare sul mio aspetto da umana. Nella mia fantasia avevo l'aspetto di quella ragazza nei pensieri di Padron James. Iniziai anche ad immaginarmi l'anima dietro jeans. Se ce n'era veramente una. Assomigliava vagamente a Padron James.
Mano a mano le fantasie mutavano e invece di esseri umani, eravamo noi. Una giacca ed un paio di jeans, appesi l'uno sopra l'altro su un attaccapanni. O ancora meglio, buttati scompostamente sul pavimento. Peccato che Padron James sia sempre stato un uomo ordinato.
Quel che sapevo, e che avevo capito da tali fantasie, era che deprimermi nella mia prigionia non aveva senso. Mi avrebbe fatto solo più male. Dovevo accontentarmi di poter abbracciare e proteggere il mio Padron James in qualsiasi momento. Anche quando mi metteva da parte per via della temperatura. Perché ero solo una giacca. Niente di più.

«Che c'è?» mi chiese Sophie. Fissai la giacca di pelle nera che avevo in mano. Per un breve istante mi era sembrato... Niente, era un pensiero assurdo.
«Niente.» ripetei ad alta voce e posai delicatamente il mio indumento preferito sullo schienale della sedia.
«Ti libererai mai di quella giacca?» mi chiese la ragazza avvolgendo le braccia attorno alla mia vita.
«No. Vivrà con noi.» dissi risoluto voltandomi verso di lei.
«Ci sei così affezionato che probabilmente le hai dato vita. È possibile secondo te? Amare così tanto qualcosa da rendere vivo quella cosa stessa?» chiese lei appoggiando una guancia sul mio petto.
«Non lo so. Ma so che il tuo amore rende vivo me. Non sono migliore di un oggetto senza esso.» le dissi.
«Sei così sdolcinato che mi fai venire il diabete.» scherzò lei posandomi una mano sulla guancia.
«Puoi chiamarmi Zuccherino se vuoi» replicai.
«Preferisco Jay.»
«Vada per Jay.»

Angolo Autrice

Okay, questa è la cosa che ne è venuta fuori. Non è un granché, è corta e breve, ma ho fatto del mio meglio 😂.

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