52. Nick: Terrore
«Stai bene? Sei ferita?» chiesi immediatamente cercando di andarle incontro, ma rischiai solo di cadere.
Fu Tiara che mi sostenne.
«Arianne ti sta cercando e James ha bisogno di aiuto, dobbiamo...»
«Tu lo chiedi se io sto bene? Tu vuoi aiutare James ed Arianne? Ma ti sei visto, Nick?!» mi interruppe senza guardarmi.
Aveva i capelli scompigliati davanti al volto e la testa china e solo in quel momento mi resi conto che stava tremando per il pianto.
«Tiara, io sto bene. Cioè, non sto veramente bene fisicamente, ma ehi, sono un Imperium dell'aria, so volare!» affermai cercando di consolarla. Il fatto che non mi reggessi in piedi però, forse non giocava molto a mio favore.
Tiara non mi rispose, rimase con la testa china a piangere in silenzio, stringendo i miei vestiti con le sue esili mani tremanti.
Era una scena familiare. Nel corso degli anni ero spesso tronato ferito gravemente o avevo rischiato la pelle per un motivo o l'altro e ritrovavo sempre Tiara a preoccuparsi per me.
Non era così strano che la ragazza avesse sviluppato un istinto protettivo nei miei confronti.
Piangeva per me e io mi ritrovavo a cercare di consolarla tutte le volte.
Probabilmente ero la persona che più l'aveva fatta piangere nella sua vita.
Ero proprio un amico orribile.
«Perché? Perché lo fai? Cosa ti spinge a trattarti in questo modo?» chiese con voce flebile.
«Non è che avessi chiesto di venire rapito e torturato, sai?» cercai di metterla sul ridere.
In assenza di risposta aggiunsi:«Andiamo, Tiara, ci sono cose più importanti al momento».
Tiara alzò lo sguardo lapislazzuli coronato da lacrime macchiate di trucco e arrossati dal pianto.
«Nick smettila, smettila ti prego! Davvero dopo quello che ti è successo hai intenzione di buttarti in un altro pericolo?!» esclamò adirata.
«Che stai dicendo?! Non posso certo stare con le mani in mano mentre hanno rapito Tess e Arianne è chissà dove!» replicai.
«E che potresti fare in queste condizioni! Non puoi nemmeno usare i tuoi poteri!» esclamò la ragazza.
«Non hai due vite, Nick! Ne hai una! Una sola! E non te ne frega niente di questa tua vita!» mi gridò in faccia.
«Anche se non rimangono le cicatrici, anche se senza di te gli altri potrebbero ferirsi, non significa che tu debba sacrificarti!»
«Fermati Tiara» le impedii di proseguire.
Afferrai Tiara per le spalle e la guardai dritta fisso negli occhi.
Ero certo di aver sentito male, ma le chiesi comunque:«Cos'hai appena detto?»
«Non puoi continuare a farti del male, Nick...» replicò a denti stretti senza smettere di piangere.
Ma in quel momento non riuscivo a pensare alla ragazza in lacrime.
«Come fai a sapere che non posso usare i miei poteri, Tiara» precisai alla seconda domanda.
Tiara sgranò gli occhi lucidi e non rispose.
Il mio cuore sembrò che si fosse fermato.
Quella orribile brutta sensazione sembrava aver trovato la sua causa e sembrava deriderlo adesso che finalmente le prestavo attenzione.
Tutto aveva senso. Come Tiara avesse acconsentito a venire con noi quando era la prima che se n'era andata dal team di ricerca.
Com'era possibile non accorgersi delle persone che ci tallonavano quando c'era Tiara, una Imperium della terra dotata di incredibili capacità sensoriali, con noi?
No.
Era da molto prima.
Tiara era pressoché sparita dalla nostra vita come se fosse determinata a farsi una nuova vita.
Sembrava che avesse tagliato i ponti con tutti noi.
Ma era Tiara. Tiara aveva sempre fatto di testa sua senza chiedere opinioni altrui.
Tiara era auto dipendente.
Tiara era quella che ascoltava e non parlava.
Non ci eravamo accorti che il suo silenzio era cambiato.
«Cos'hai fatto, Tiara?» sussurrai incredulo.
«Non c'è altro modo per fermarti, Nick...» replicò con voce flebile con le labbra che le tremavano.
Mi strinse le braccia come se volesse richiamare la mia attenzione e sembrava non volesse lasciarmi andare.
«Quello scienziato non era nei nostri patti, Nick, di lui non ne sapevo niente, lo giuro! Sto malissimo nell' aver scoperto di essere la persona che ti ha messo in questa situazione... Io volevo... Volevo solo... Volevo che... Ho fatto in modo di riportare James, di chiamare aiuto... Non pensavo che sarebbero arrivati a tanto!» cercò di spiegare tra i singhiozzi.
«Perché?!» riuscii solo a dire senza poter scrollarmi di dosso la sua presa.
«Perché se li avessi aiutati avrebbero trovato il modo di toglierci i poteri permanentemente!» esclamò.
«Senza poteri non cercheresti di ammazzarti ogni santo giorno! L'ho fatto per te!» esclamò ad occhi sgranati.
Non ci potevo credere, non mi sembrava di riconoscere la persona con la quale ero cresciuto in quella ragazza.
Avrei voluto fare dei passi indietro se solo le mie gambe lo avessero permesso.
Avrei voluto fare dei passi indietro, voltarmi e allontanarmi da lei.
Ma fui costretto a rimanere e mi costrinsi a dire:«Quel che decido di fare non ti riguarda. Hai superato il limite, Tiara»
Il tono deluso della mia voce era così tangente che le vidi dipingersi un'espressione ferita sul volto istantaneamente.
«Credevo fossi importante per te» disse con voce spezzata.
Strinsi la mascella.
«E lo sei. Lo sarai sempre. Per questo avresti dovuto parlarne con me!» esclamai.
La mia percezione dell'ambiente dapprima offuscata iniziava a farsi più nitida, segno che l'Anti-Elements stava perdendo il suo effetto.
Me ne resi conto, ma non reagii.
«E tu mi avresti capita, Nick? Avresti smesso di metterti in pericolo? Riesci veramente a capire cosa provo ogni volta che ti vedo ferito o scopro che sei sparito e potresti non ritornare più? Riesci a capire come mi sento? Perché lo sento? Riesci a capire perché sono arrivata a tanto, Nick?!» mi chiese.
«No, perché non ci hai mai provato.» dissi.
La ragazza si sorprese quando mi liberai dalla sua presa e mi alzai da terra.
Con i miei poteri riuscivo a tenermi sollevato a diversi centimetri dal suolo e muovermi senza fatica in assenza dell'area senza gravità attorno a me.
Mi voltai per allontanarmi e raggiungere James, ovunque lui fosse, ma Tiara mi trattenne per i vestiti.
Non con una presa decisa.
Aveva la mano così tremante che mi sarei liberato facilmente se solo avessi voluto.
«Perché sono arrivata a tanto per te?» chiese la ragazza in un sussurro.
«Ho sempre avuto paura di tenere a qualcuno, per questo mi sono sempre comportata come se non mi importasse di nessuno. Ho sempre allontanato tutti brutalmente e freddamente tutti quelli che avevano buoni propositi nell'avvicinarmi, anche a costo di rimanere sola. Non ho mai accettato di aprimi a nessuno cosicché non avessero avuto armi per ferirmi... Almeno, credevo di aver fatto un ottimo lavoro nel proteggermi dalle mie emozioni.
Ma tu sei sempre così buono con tutti, senza chiedere mai niente in cambio di tutta la tua bontà. Distribuisci gentilezza liberamente senza pensare che sia un peso. Tieni così tanto alle persone attorno a te e fai di tutto per proteggerle e questo non fa altro che spingere loro a volerti bene...
Pensavo fossi ipocrita prima di capire che eri così altruista genuinamente, sai?
Sei gentile perché pensi che sia giusto così.
E questo ha iniziato a farmi male, così male che ho pensato ci fosse qualcosa che non andasse in me!
Perché mi si stringeva il cuore ogni volta che compivi azioni altruistiche?
Perché mi bruciava lo stomaco ogni volta che sorridevi a un'altra persona che non fossi io?
Perché sentivo il bisogno di vederti soffrire quando non capivi cosa provavo?
Perché mi sembrava sempre che il mondo stesse crollando ogni volta che ti succedeva qualcosa?
Perché non valeva lo stesso con gli altri?»
Ah, non voglio più ascoltarla...
Non posso ascoltarla.
Pensai con lo stomaco che mi si rivoltava per l'insensibilità del mio animo.
Sapevo come sarebbe andata a finire se l'avessi ascoltata ancora.
Male.
Male.
Male.
Ma rimasi. Rimasi perché pensavo che glielo dovessi.
Ero così egocentrico da pensare che fosse tutta colpa mia e che se solo la ascoltassi, o l'avessi ascoltata, non sarebbe andata a finire in quel modo.
La voce di Tiara tremò mentre richiamava la mia attenzione.
«Nick?» disse.
«Va bene, Nick? Va bene se mi piaci?» mi chiese con la mano che tratteneva la mia maglia tremante.
Non mi guardò, ma avvicinò il suo volto sulla mia spalla, senza appoggiarsi.
«Io...»
Non sapevo che dirle. Tiara aveva sempre avuto una grande difficoltà a legarsi intimamente alla gente e cercava sempre di mantenere soltanto un rapporto stabile e convenevole. Non voleva mai spingersi in intimità per paura di rimanere ferita.
Lo sapevo.
Per questo mi consideravo con orgoglio una delle poche persone a cui teneva.
Ma pensavo che fossi come una famiglia per lei.
E Tiara, in quel momento, mi stava chiedendo se l'avrei ferita come aveva sempre temuto se avesse provato affetto per qualcuno.
Non sapevo cosa risponderle.
Tiara era importante per me, ma non in quel modo che lei avrebbe voluto.
Sentendo la mia esitazione la ragazza lascio la presa, portandosi le mani al volto.
«Scusa. Non volevo farti sentire in colpa» disse.
Tornai a voltarmi verso di lei e allungai una mano nella sua direzione e le chiesi:«Ti penti?»
Sgranò i suoi occhi azzurri e lucidi dalle lacrime, confusa, ma la confusione sparì immediatamente e chiese con sguardo fermo:«Per aver cercato di salvarti da te stesso? O per essermi confessata?»
Sorrise amaramente.
«Io... Non posso cambiare... O forse non riesco. Ma sono certo di una cosa di me ovvero che la cosa che voglio di più nella mia vita è che tutte le persone che amo siano felici. E vale lo stesso per te. Voglio che tu sia felice, Tiara. Ma voglio anche che James e Sophie lo siano. Che lo sia anche Tess. Ed è per questo che adesso andrò a salvarla e non voglio che tu mi fermi.» le dissi.
«Non fermarmi. Ti prego.» ripetei.
E senza aspettare la sua risposta me ne andai senza mai voltarmi indietro.
Una parte di me si aspettava che mi avrebbe seguito e avrebbe combattuto al mio fianco. Ma quella parte venne delusa.
Mi lasciò andare.
***
Ero gravemente ferito, ma non potevo permettermi di essere cauto.
Mi girava la testa per aver perso troppo sangue e avevo perso sensibilità nelle ferite.
L'unica cosa che mi faceva andare avanti era la mia determinazione. Avevo in testa solo di arrivare a Tess. Buttai in aria la cautela e sbaragliai tutto ciò che mi ritrovavo davanti.
Non avevo esitazioni. Al minimo movimento evocavo i miei poteri e spazzavo via qualunque intralcio, che fossero detriti o persone, senza alcuna discriminazione su chi fosse.
Ah, mi sento svenire.
E in quello stato non mi accorsi delle loro guardie in arrivo.
Speravo che il mio potere li spaventasse abbastanza da farli desistere dall'attaccarmi, ma nel frattempo avevano capito che i miei attacchi non uccidevano.
Piovvero assalti indistinti da tutte le parti, ondata dopo ondata. Mi costrinsero a rallentare per difendermi.
Avrei tanto voluto essere come quegli eroi dei manga che leggevo così spesso, quegli eroi capaci di soverchiare le forze nemiche e salvare la situazione.
Ma non lo ero.
Non lo ero, nonostante i miei poteri travolgenti.
Quei poteri così straordinari che certe volte temevo di utilizzarli.
Venni accerchiato, catturato e trascinato a forza.
Ad un certo punto non avevo nemmeno più le forze di contrattaccare.
Anzi, non riuscivo nemmeno più a muovere i muscoli.
Non vidi chi mi stesse trasportando, in quanti fossero o come mi stessero portando.
Forse svenni pure.
Gli avvertimenti di Tiara riecheggiarono da qualche parte nella mia mente.
Ma non mi pento di niente.
Quando ripresi conoscenza, mi ritrovai in una grande stanza. Assomigliava alle sale d'allenamento degli Iniziati. Quelle utilizzate per analizzare le prestazioni fisiche dei giovani.
Infatti, alle mie spalle c'era anche una vetrata a specchio come quella di quelle sale, collegata alla stanza monitor.
Forse anche qui c'era una stanza monitor.
Il soffitto alto aveva solo una fascia di lampade accese che illuminava su alcune figure in camice dietro un uomo in divisa.
Aveva il viso controluce e con la vista sfocata dal sangue non riuscii a distinguergli il volto. Ma sapevo che la bambina che teneva imprigionata tra le braccia era Theresa Hunter.
A poca distanza da lei, a darmi le spalle e circondato da un gruppo di persone armate, c'era James.
Il nemico posò lo sguardo su di me, sorrise aprendo le braccia e come se fosse un padrone di casa mi accolse con un caloroso:«Il fratello minore dei Twain! Ivan ti ha cercato a lungo, non ha funzionato?»
La piccola Tess piangeva in silenzio con la bocca imbavagliata e non aveva nemmeno il coraggio di dibattersi. Rimaneva a tremare come una foglia e guardava con occhi lucidi il padre in cerca di disperato aiuto.
In quel momento l'uomo fece un passo indietro, avvicinandosi ai macchinari alle sue spalle e al freddo letto operatorio.
Il suo volto venne illuminato dalle lampade e con il volto visibile, lo riconobbi.
Tre anni fa, era il ricercato numero uno della B.L.C., colui che fu il motivo principale della missione congiunta con la squadra di Cray: Benjamin Icarus Thompson aka Bit.
Bit prese una fiala da un carrello di metallo e lo fece scivolare a terra. La piccola bottiglietta rotolò fino ai piedi di James che si limitò a dargli una breve occhiata, prima di tornare a fissarsi su sua figlia.
«Bevilo.» ordinò.
James alzò le mani.
Avanzò verso la fiala come gli era stato ordinato e la bevve senza alcuna esitazione.
Poi si lasciò spingere in ginocchio senza emettere alcun suono.
«James!» gridai.
«Resta lì, Nick.» mi zittì senza nemmeno guardarmi.
«Vedi? Patetica bambina. Tuo padre non può salvarti. Sta perdendo.» sussurrò alla povera bambina.
«Non parlarle!» ringhiò James con furia.
Il suo corpo era coperto di lividi e sangue, ma il suo sguardo era feroce e determinato.
Ricevette un'altra ginocchiata in faccia e sentii un brutto 'crack'.
Bit rise con la testa piegata indietro e le braccia aperte.
Iniziò a oscillare il suo corpo da un piede all'altro in modo sinistro, girando attorno alla bambina solo per provocare James.
«James Sharp, tutto ciò non basta nemmeno per ripagarti di tutta l' umiliazione che tu e la tua cagna mi avete fatto passare.» disse con una spaventosa calma mentre si leccava le labbra.
«Sarebbe stato fantastico se anche Sophie Hunter fosse stata qui, ma sono certo che se venisse a sapere di cosa succederà alla sua bambina, ne verrebbe fuori distrutta»
Alzò lo sguardo su me e James e rise:«Non vi preoccupate! Non verrà uccisa. Ma sapete tutti che certe volte la morte è una consolazione migliore»
Camminò in direzione di James. Gli altri si fecero da parte e Bit torreggiò sul mio mentore, ancora a terra e sanguinolento.
James lo fissò con sguardo feroce.
Bit gli diede un pugno e un altro ancora, poi passò a calci e a pestaggi. Continuò a ridere come un folle ad ogni colpo assestato.
«Ho James Sharp ai miei piedi! Patetico, debole e ginocchio!» rise a mani aperte con la testa piegata indietro.
Le luci delle lampade che illuminavano il suo viso mostravano un'espressione distorta dall'euforia.
Era completamente fuori di testa.
James affannava a terra, ma non distolse mai lo sguardo da Bit, come se stesse meditando una vendetta nonostante fosse in quella situazione.
«Toglietele il bavaglio, così che lui la possa sentirla chiamalo disperatamente»
I suoi lacchè si guardarono tra di loro e uno di loro disse:«Ma è necessario per la missione? Non ci hanno solo chiesto la bambina?»
«Certo che sì! Chiunque abbia ancora speranza di ribellarsi non è utile! Una volta che avrà visto quanto sia inutile il suo caro padre diventerà tranquilla come una bambola» disse sostenendo lo sguardo di James. Adorava vedere la furia e, dietro essa, la paura nei suoi occhi.
«NON TOCCATELA!» gridai con tutte le forze che avevo nei polmoni e con mia grande sorpresa quelli fermarono l'avanzata.
La mia voce echeggiò potente come un rombo di tuono e le guardie che mi stavano bloccando a terra portarono le mani alle orecchie.
Non sapevo bene cosa fosse successo, ma non mi lasciai sfuggire la breccia che si era aperta.
Spinsi il mio corpo indietro e colpii il mento della guardia alle mie spalle con la testa.
Il dolore esplose nelle mie gambe quando misi tutto il mio peso sui miei arti inferiori.
Ma presi un profondo respiro e soffiai piú forte che potevo.
La potenza fu abbastanza da allontanare il mio corpo da loro.
«Fermo là se non vuoi che queste rosee guance vengano decorate da un'eterna cicatrice»
La voce era diventata piatta, ma il ghigno vittorioso di Bit mentre conficcava le unghie nelle guance bagnate dalle lacrime di Theresa era sempre presente.
Bit liberò Theresa dal bavaglio e la bambina scoppiò in un grido più potente di quello di Nick.
«WAAAAAH! MAMMINAAAA!»
La voce della bambina era abbastanza acuta da irritare Bit così tanto che cambiò immediatamente idea e le tappò di nuovo la bocca con la mano.
Ci fu un attimo di silenzio tombale.
E poi il terreno iniziò a tremare. Prima piano, talmente piano che non si percepiva nemmeno.
Poi scosse violentemente.
Tutti coloro che erano in piedi persero l'equilibrio alcuni uomini di Bit caddero e altri a fatica rimasero in piedi.
Sentimmo rombi di tuono e le pareti tremare al forte boato.
I tuoni si susseguivano, sempre più frequenti e tutti semplicemente rimasero zitti ad attendere.
Cosa nessuno lo sapeva.
Mi batteva forte il cuore per l'anticipazione di qualcosa che sapevo essere catastrofico e sembrava che lo stesso valesse per i nemici.
Ma nonostante ciò, nessuno si mosse, paralizzati tutti da qualcosa che era più che paura. Una sensazione da estasi e terrore che nessuno poteva spiegare a parole.
Si sentì solo la debole voce della bambina che alzò lo sguardo verso il soffitto e sussurrò:«Mammina...»
E il tetto esplose.
Tutti i nostri sensi esplosero e tutto ciò che ci circondava si distrusse.
Mi piegai in due e incrociai le mani davanti a me per proteggermi dai detriti e dalla luce accecante. Quando il lampo svanì vidi un buco sul soffitto e una figura avvolta da crepitante elettricità discendere da esso.
La pressione che emetteva quella donna spingeva l'essere umano in ginocchio e toglieva il fiato a chiunque la guardasse.
In un attimo altre folgori caddero dal cielo come punizioni divine e colpirono esattamente tutti i nemici in quella stanza.
L'unico uomo rimasto era Bit, alla quale tremavano le mani talmente violentemente che lasciò sfuggire la bambina.
Prima che la bambina potesse raggiungere sua madre piangendo, lei era già dalla piccola e l'aveva avvolta tra le sue braccia, stringendola al petto.
Theresa nascose la testa e il volto nella sua spalla, accucciandosi nell'abbraccio della madre.
«Sono qui, Tess. Stringi i denti e tappati le orecchie per mamma, okay?» le disse con dolcezza, mentre i suoi occhi bruciavano di furia, fissi sulla persona che si era urinata addosso davanti a lei.
«Come avete osato?!» sussurrò con voce ferma, ma più opprimente di un urlo.
Bit aveva lo sguardo basso ed era accucciato a terra tremante di terrore.
Sembrava patetico, ma niente della sua figura avrebbe smosso pietà nella sua carnefice.
«Mostrami resistenza cosicché possa allungare la tua punizione e farti soffrire le pene dell'inferno! Tu soffrirai e continuerai a soffrire finché non avrò ottenuto giustizia per mia figlia.» minacciò con un tono basso ma chiaro.
Con un braccio Sophie Hunter stringeva ancora la bambina a sé e con l'altro puntò l'indice verso la sua patetica vittima.
Un filo elettrico andò a schiantarsi accanto a Bit, provocando un esplosione, uno squarcio si creò nel pavimento.
Bit rotolò via.
«Abbi pietà, ti prego!» esclamò prostrandosi a terra.
Con il volto inespressivo e privo di emozioni, Sophie Hunter lo guardò dall'alto verso in basso e con il tono più freddo che avessi mai sentito disse:«Silenzio»
E gli lanciò altre scariche elettriche che andarono a colpire gli arti di Bit.
L'uomo gridò dal dolore mentre piangeva e supplicava pietà e di essere risparmiato solo quella volta.
«Non pensate di poter scappare» affermò Sophie senza nemmeno voltarsi. Scariche elettriche colpirono le gambe e braccia dei sopravvissuti che stavano tentando di sfuggire inosservati.
«E voi altri che vi fingete morti, non pensare di poterla passare liscia così facilmente. Vi distruggerò prima che possiate pensare di attraverso una morte veloce» e sorrise alle sue stesse parole.
Ero spaventato e ammirato da quell'immagine davanti a me. No, più che spaventato ero terrorizzato da quella donna.
Non potevo far altro che chiedermi "È umana?"
«Sophie, Amore...»
James aveva ancora tutto il corpo coperto di sangue e le ferite visibili stavano già iniziando a gonfiarsi, ma era alle spalle di sua moglie, in piedi dritto come se non fosse mai stato meglio.
Sophie Hunter non si voltò nemmeno quando venne chiamata e rimase con lo sguardo sul nemico e rispose piatta:«Cosa, James? Mi fermerai di nuovo?»
James non rispose.
«Ti assicuro che ho pieno controllo delle mie facoltà mentali.
Non ti preoccupare, James, non li ucciderò, no, non lo farò.
E bada bene che non è per bontà di cuore.
Li risparmio perché nemmeno mille delle loro morti sarebbero abbastanza per saziarmi.» sibilò in modo così velenoso e cruento da far venire i brividi e sudare freddo a chiunque.
Le sue parole facevano tremare di terrore e soffocare dalla pressione persino me che ero distante.
Nessuno osava anche solo fiatare davanti a quella furia.
«Dovreste soffrire in eterno per questo affronto. Soffrire ogni singolo istante della vostra miserabile vita, soffrire così a lungo e intensamente che trovereste nella morte una liberazione.»
«E così sia» fu la risposta di James. Si avvicinò a lei e appoggiò il mento sulla spalla libera della moglie e strinse sia la moglie che la figlia in un abbraccio.
Diede un bacio sulla testa di Theresa Sharp e uno sulla tempia di Sophie Hunter.
Sfilò Theresa dalle sue braccia mentre i due coniugi si guardavano intensamente, come se stessero avendo una conversazione silenziosa tra di loro.
Tutto il terreno cominciò a tremare.
Si sentì un boato intenso, il pavimento si aprí e una luce intensa invase la mia vista.
Non potevo far altro che accucciarmi e coprirmi la testa con entrambe le mani.
Sentii inquietanti rumori forti di accartocciamenti, distruzione, caos. Tutto tremava. Non sapevo nemmeno perché non fossi stato ancora colpito da qualcosa.
Tutto il rumore e il terreno sotto di me che mi aveva strattonato a destra e sinistra, in alto e in basso, si fermarono di colpo, diventando un leggero sibilo e un dolce ondeggiare.
Finalmente ebbi il coraggio di aprire gli occhi giusto per vedere la sfera in protettiva di roccia, in cui ero apparentemente protetto, frantumarsi.
Mi ritrovai su una lastra di ghiaccio a fluttuare nel mare e cielo aperto.
Tutto era svanito. C'erano alcune persone, anche esse spaesati sulla loro piccola zattera di salvataggio e su una di queste c'era James che teneva moglie e figlia svenute tra le sue braccia.
Mi guardai attorno. Non c'era più niente. Niente di niente. Solo detriti e alcuni fortunati sopravvissuti che erano stati risparmiati dall'ira di Sophie Hunter.
Angolo Autrice
Scusate 🥲
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