39. Nathan: Essere rimproverato

La sua pelle era morbida sotto le mie labbra, le mie dita, il mio corpo. Essere così vicino a lei sembrava un sogno o un allucinazione.
Mi sentii per la prima volta in vita mia fuori di testa, ma allo stesso tempo, mancava qualcosa.

Lo percepivo nella mia pelle e nelle mie viscere. Percepivo che era lontana, assente, persa.
Nonostante avessi i suoi gemiti a portata d'orecchio, le sue unghie conficcate nella schiena e le sue gambe ad avvolgermi, non sentivo la sua presenza.

E questo mi faceva arrabbiare.

Arrabbiare come non sono mai stato arrabbiato.

Ero così arrabbiato che non ci pensai nemmeno ad essere gentile o pensare ai suoi bisogni o difficoltà.

Volevo possederla e far in modo che appartenesse completamente a me anche a costo di farle male.

Era assurdo provare estasi e godimento contemporaneamente angustia e collera mentre facevo sesso con la persona che amavo.

E quando iniziò a piangere durante il rapporto mi sentii come se mi avesse conficcato una lama nel petto.

Temetti di averle fatto troppo male, di aver esagerato nel riversare su di lei la mia frustrazione e rabbia che stavo covando. Soprattutto su quel suo corpo puro fino a poco prima.

E mi misi di nuovo quelle restrizioni, quelle che mi portavo dietro sempre e mi legavano, trattenevano e frenavano in qualsiasi passo della mia vita.

Non respiravo mentre la baciavo, non ragionavo mentre mi muovevo seguendo quell'istinto violento che categorizzava gli esseri umani come animali e riuscivo nemmeno a dirle che la amavo.

Non mi avrebbe comunque ascoltato.

Ed era calda tra le mie braccia, sempre più bollente come se desiderasse scioglierci completamente.

Mormoravo il suo nome al suo orecchio, sperando che rispondesse con il mio. Ma era troppo distante perché mi potesse sentire. Non mi ascoltava, era come se stesse sparendo.
Come se volesse sparire mentre era tra le mie braccia.

Come il mare si ritira, per poi rilasciare e sbattere le onde contro le coste erodendole fino a farle sparire. Un moto impossibile da fermare.

Ci fu solo quel momento in cui la sentii più vicina, quando perse completamente la testa, si lasciò andare, il suo fragile corpo che tremava e la voce soffocata sulla mia spalla con i denti conficcati nelle mie carni.

Un momento che mi fece perdere la testa anche a me, incapace di trattenermi per la gioia di averla finalmente avuta.

Mi accarezzò il viso prima di perdere conoscenza e mi sorrise, con i suoi capelli biondi sparsi come a creare raggi di sole attorno al suo dolce volto.

«Nathan»

Mmm, non ricordo che mi avesse chiamato per nome.

«Nathan?»

L'unico vantaggio di avere la memoria perfetta è ricordare questi momenti...

«Nathan!» esclamò la donna seduta davanti a me.

Spalancai gli occhi e le sorrisi come se niente fosse.

«Sì, Mrs. Gordon?»

Lei sospirò, come se fosse abituata al mio atteggiamento e non ci sarebbe più cascata.

«Potresti anche fingere di tenerci. Sei una persona intelligente e sai che se non porti risultati, i nostri incontri non possono far altro che aumentare.» mi disse la mia psicologa.

«Anche lei è una persona intelligente e sa anche lei che i nostri incontri non portano a nulla. Inoltre, non è che mi piaccia avere la madre di un mio amico che mi scava in testa nel vano tentativo di capire cosa penso tutto il giorno.» le sorrisi più amabilmente possibile.

«I tuoi parametri...»

«Sì, lo so, sono ad un punto critico e sono sotto osservazione eccetera eccetera eccetera. Tranquilla, non ho intenzione di fare un attacco terroristico o creare volontariamente caos per tutto il mondo anche se troverei la cosa parecchio intrigante. Lo sa, glielo ripeto da anni e francamente seguirmi fino a San Francisco? È qui per me e non per Ian. Il ragazzo potrebbe sentirsi abbandonato e magari i suoi parametri peggioreranno per colpa della madre negligente...»

«Ian non c'entra niente. Non cambiare discorso ogni volta, Nathan. Sono io l'unica a seguirti perché sono l'unica che non cade nelle tue trappole mentali tra tutti i psicologhi della B.L.C.» commentò annoiata Mrs Gordon incrociando le gambe.

Sistemò il tablet sulle cosce e continuò a tenere lo sguardo fisso su di me.

«Ah, Mrs Gordon, se non sapessi che è una moglie devota penserei che sia interessata me» commentai sorridendo.

«Sono interessata a te, anche se non nella tua allusione sessuale. Dopotutto, non esistono menti brillanti come le tue.
Comunque sia, ritornando al nostro colloquio, so che il giovane Direttore della Base 5 ti ha riempito di botte l'altro giorno. Non commenti l'accaduto?» chiese con noncuranza.

«Sono andato a letto con la sua innocente cognata vergine, quindi sì, mi ha riempito di botte. Ma non me ne pento assolutamente» replicai con lo stesso tono tranquillo ed indifferente.

«Ian ha detto che è perché l'hai portata a casa in spalle perché non riusciva a camminare, Nathan. Che dici? I tuoi impulsi a letto non sono controllabili come credi? O, hai avuto fatica a mantenere la ragione di cui vai tanto fiero perché si tratta di Arianne Barker?» appuntò qualcosa sul tablet.

«Questa è una domanda super indiscreta, Mrs. Gordon.» lo dissi mantenendo il mio sorriso.

«Eppure non ti sei fatto problemi a raccontare dei tuoi primi rapporti» mi fece notare mantenendo la sua espressione stoica.

«Beh, lo sa anche lei che volevo solo metterla in difficoltà»

«Come se parlare dell'intimità di un adolescente potesse far vacillare una psicologa del mio calibro.»

«Errore mio. Ed è imparando da quell'errore che ho aggiornato le mie risposte e deciso che riferimenti legati alla mia vita sessuale non sono più concessi nei nostri incontri. Quindi, la sua domanda era indiscreta» dissi.

«Se solo non fossi così bravo con le parole» sospirò la donna.
«Comunque sia, ritorniamo alla tua vita... Ti senti a disagio a parlare dei tuoi sentimenti e delle tue emozioni più profonde? Non sembra neanche così dato che sembravi parlare molto volentieri di quello che definisci "la tua oscurità"» riprese in fretta.

«Stessa cosa di prima: volevo spaventarla. Comunque sia lei è la dottoressa meno professionale che abbia mai avuto. Da quando i terapisti forzano le domande in questo modo?» dissi.

«Se fossi come tutti gli altri miei colleghi sarei scappata a gambe levate come loro. Ho capito che per qualcuno come te, che differisce dalla norma, serve un approccio anticonformista. Contraddice molto i miei principi professionali, ma non sono importanti quanto i tuoi di principi» spiegò battendo il pennino del tablet sullo schermo.

«Ma c'è l'ha una morale?» chiesi sorridendo.
«Soggettivamente sì. Mi adatto agli individui. Ma questo vale anche per te, no? Più che altro tu ti basi su un criterio di morali sociali, avevi spiegato una volta ad un altro collega» commentò prendendo nota.

«Non avendo una morale introiettata mi baso sulle morali comuni di questa società. Ho bisogno di parametri per poterli distruggere nei momenti opportuni.» dissi.

«La pensi ancora così?» chiese lei.

Se fingo di essere bravo mi lascerà andare via prima? Vorrei andare da Arianne... Non è divertente parlare con Mrs Gordon.

Pensai.

«Sì, la penso ancora così» dissi.
La pietra sul bracciale di metallo che avevo al polso si illuminò di rosso.

Ops, quasi scordavo.

Durante gli incontri con i psicologhi avevamo in dotazione il gingillo cugino delle Manette fashion della B.L.C.

Non potevo dire bugie.

«Mi viene il dubbio di sapere come funzionano questo oggetto. Insomma, se mento ma non so di mentire, si illumina lo stesso?» sospirai.

«Dopo gli ultimi aggiornamenti sembra che si basa molto sull'incertezza delle persone quando dicono una cosa»

«Ma io ero sicuro di voler mentire» dissi.

«Non è il mio campo questo, perché non lo vai a chiedere al dipartimento tecnico?» mi chiese lei.

«Mi hanno bandito per uso abusivo dei prototipi delle nuove invenzioni. Le volevo solo testare al loro posto»

Mrs Gordon aprì la bocca per poi richiuderla.

Scosse la testa e sospirò:«Ma sei qui da meno di un mese! Come fai ad essere già stato bandito? Miami non bastava?»

«Almeno alla Base 1 non mi hanno bandito» dissi.

«Ma sei sulla lista nera di tutte le Basi»

«Anche James» feci notare.

La madre di Ian sembrava sul punto di dire qualcos'altro, ma scelse di tacere.

«Allora Nathan? Di cosa mi vuoi parlare?» scelse di cambiare approccio.
«Che ne dici di parlare di quello che ti hanno chiesto di fare i tuoi superiori?» aggiunse.

«Pensavo fosse top secret» commentai per nulla scosso.

«Ho dato io il permesso, sono la tua terapista» mi fece notare.

«Oh? Quindi mi trova idoneo? Non l'avrei mai detto» commentai con sarcasmo.

«Mi dispiace» disse.

Se fossi stato tipo da sorprendermi sarei rimasto senza parole, ma rimasi con il mio finto sorriso.

«Non è vero che le dispiace, Mrs mamma di Ian» commentai.
«La nota positiva è che non è obbligatorio. Sono libero di decidere almeno questo.»

«Se non accetti rischi...»

«Conosco i rischi»

«Non sembra» mi guardò seriamente.

Non le risposi e lei riprese.

«È per lei? È per Arianne? Lei è davvero più importante di questo mondo?» chiese.

Chiusi gli occhi e mi immaginai il sorriso di Arianne Barker.

«Sì» dissi.

«Perché? Tu meglio di tutti dovresti aver capito perché è stata presa questa decisione nonostante tutto e nonostante ciò...» si fermò.

«Pensi che sia egoista?» le chiesi.

«No, ne hai tutto il diritto... Ma...»

«Cosa avresti fatto se l'avessero chiesto ad Ian?» chiesi.

«Ian non ne sarebbe capace»
«Certo che no. Ian non è un deviato come me»
«Non era quello che intendevo» mi disse seriamente.

Sembrava quasi sincera.

Risi. Non era una risata vera.

«E dire che quando ero piccolo piacevo a tutti» dissi con finto tono nostalgico.

«Non te l'abbiamo chiesto perché sei depistato.» precisò.

Certo, come no. Mi trattate alla stregua degli psicopatici.

La donna davanti a me tirò un sospiro profondo e disse:«Dato che ora come ora il tuo mondo gira attorno ad Arianne Barker, che ne dici se ti racconto un po' di lei?»

«Che ne sai tu di lei? Da quel che so non sei la sua stessa terapeuta e non dovresti aver acceso ai suoi file» replicai.

Il mio commento la fece sorridere.

«Io sono la donna che ha cresciuto Arianne Barker.» disse.
«Almeno, una delle tante persone che l'hanno avuto in carico fin dalla nascita.»
«Vero che anche tu sei originaria della Base1» replicai atono.

«Vedi, Arianne è una bambina nata in provetta, questo lo sanno tutti.

La donna che l'ha avuta in grembo per nove mesi non ne ha voluto sapere niente di lei dopo averla partorita. Diceva di non sentire alcun legame con lei.

È stato un atto piuttosto crudele da parte sua... Ma io sapevo che non la pensava così veramente.
Io e lei eravamo migliori amiche, conosciute ai tempi in cui eravamo Iniziate.

La differenza tra noi due stava nel fatto che lei seguiva troppo alla lettera gli ordini. È sempre stata così. Tutto pur di compiacere chi le aveva salvato la vita.
Per questo quando Christopher Barker scelse i geni di lei per creare Arianne, lei non si negò e quando lui le disse di lasciarla andare e di non pretendere di essere la madre di quella bambina, lei accettò.

Però, Barker non era interessato ad Arianne. Per lui esisteva solo Sophie, colei che sarebbe stata la sua arma perfetta, l'erede di ogni sua ambizione. Arianne era solo un ripiego in caso qualcosa fosse andato storto con Sophie. Arianne era il piano B. »

Era solo una premessa della vita di Arianne e già non mi capacitavo delle condizioni crudeli in cui era nata.
Il solo pensiero della sua nascita era sbagliato.

«Quindi, quando nacque incaricò qualcuno che si prendesse cura di Arianne e la crescesse come una brava Imperium obbediente.

Non poteva essere sua madre, per evitare che si affezionasse a lei e non la lasciasse più andare, come era accaduto con Theresa Barker.

Quindi, scelse me e alcune mie colleghe.

Io ero la persona più vicina alla sua madre naturale e avevo un ottimo curriculum anche se non ero potuta diventare un'Imperium.
Sapeva che mi sarei presa cura della bambina perché volevo bene a sua madre, sapeva che non l'avrei mai fatto con freddezza.

In un certo senso, Barker ci teneva che Arianne crescesse sentendo di essere amata da qualcuno.

I primi mesi furono semplici. Quel piccolo pargoletto era la creatura più bella che avessi mai visto. E non potevo far altro che darle tutto il mio amore, era impossibile non farlo.
Prendermi cura di lei mi ha anche obbligato a distanziarmi da Ian e mio marito... Ma nessuno dei due me ne ha fatto mai una colpa.

Nella sua infanzia, Arianne mi credeva sua madre, fu difficile disabituarla a chiamarmi a quel modo. Perché tra tutte le persone assegnate ero io quella che ci teneva di più.

Non avendo contatto con altri bambini, non si era mai chiesta perché non avesse una madre o un padre.

Proposi a Barker di farle conoscere dei bambini della sua età per abituarla, ma lui non era molto interessato. Mi lasciò abbastanza carta bianca.

Quindi iniziai a portarla fuori dalla Base 1, inoltrandomi nelle città portuali e facendole fare conoscenza con la gente fuori dalla Base.
Sapeva di avere un nonno, lui la andava trovare ogni tanto e lui le parlava di Sophie.

Arianne era piccola, aveva sui cinque anni quando iniziò a desiderare di conoscere sua cugina.
Vivevano sotto lo stesso tetto, la Base1, eppure non si erano mai viste in vita loro.

Non volevo portarla a vedere sua cugina. Sophie Hunter seguiva degli allenamenti troppo duri per una bambina della sua età e raramente aveva tempo libero.

Avevo paura dell'impatto che avrebbe avuto su Arianne.
E se avesse voluto assomigliarle? E se si chiedesse perché sua cugina dovesse affrontare tutte quelle cose orribili e nessuno si sia opposto?

Mi facevo troppi problemi però Arianne iniziava ad insistere, così, controllai il programma di Sophie e cercai di raggiungerla nei suoi orari di pasto.

A Sophie era vietato consumare cibo in mensa. Il cibo le veniva portato direttamente in camera, strettamente sorvegliata.

Cercai di informarmi meglio quando scoprii che alcune guardie tendevano a lasciar "fuggire" appositamente Sophie di tanto in tanto.

Qualche volta capitava che Sophie scappasse nella Serra per consumare i suoi pasti.

Iniziai a portare Arianne alla Serra, sperando che si incontrassero per caso. In qualche modo mi ero procurata un permesso per quel luogo.
Poi un giorno vidi per la prima volta quella bambina prodigio.

Era scavalcata dalla propria finestra e si era lasciata calare con un'agilità fuori dal comune.
Aveva sì e no dieci anni. Magra, con delle gambe e braccia così sottili e fragili.

Era chiaramente una bambina, una bambina con bende e ferite che non avrebbe dovuto avere, una bambina con uno sguardo così solo e triste.

Non assomigliava per nulla ad Arianne.

La vista di quella bambina mi fece dubitare che un incontro tra loro potesse finire bene. Non volevo che Arianne crescesse volendo assomigliare a lei. Che crescesse pensando che soffrire fosse giusto. O semplicemente che la sua ideale cugina non fosse ciò che pensava... Avevo molti pensieri allora, molti pensieri non giusti.

Oggi, differentemente da allora, la penso diversamente. Forse avrei dovuto farle incontrare. Che diritto avevo io di negare loro questa possibilità?
Ma non lo feci mai.

E se io non lo feci per Arianne, nemmeno i miei colleghi lo facevano. Erano ancora meno disposti a prendere le decisioni che potevano contrastare gli ordini di Barker.

Per questo Arianne non aveva potuto incontrare la sua famiglia, cresciuta in solitudine e poi costretta a trasferire una volta che Sophie era sparita.

Non potevo rimanere con lei per sempre e Ian necessitava delle mie attenzioni. Avevo paura che anche Ian sarebbe diventato così solo e non lo potevo permettere.

Quando chiesi a Barker le dimissioni mi aspettavo qualche protesta da parte sua... Ma mi lasciò andare come se niente fosse. Era un uomo incomprensibile per me.

Arianne non si ricorda di me perché prima della sua partenza alla Base 8 aveva subito il Flash. Era una misura di sicurezza per le mie dimissioni... Non potevo più essere coinvolta nella sua vita.

Non lo trovi ironico? Come Barker si era premurato di allontanarmi da lei per poi continuare ad ignorarla?»

Rimasi in silenzio finché non dissi:«Arianne non sa di aver perso memorie su di te. Tutto quello che sa erano alcune persone buone che si prendevano cura di lei e non ha mai specificato i nomi... L'ho sempre trovato strano»

«Sua madre è Mrs Cooper?» chiesi ad un tratto.

Vidi Mrs Gordon sgranare gli occhi sorpresa e quasi mi venne da ridere.

«E fammi indovinare, si è sottoposta pure al Flash per dimenticarsi di Arianne» aggiunsi.

«Come...?» fu l'unica cosa che riuscì a balbettare Mrs Gordon.

«Che la nostra cara ex insegnante di scherma è la madre di Arianne? Questa volta niente di particolare. Si assomigliano e ho fatto qualche ricerca» commentai con noncuranza.
«Ricerche che mi hanno bandito anche dal dipartimento biologico.» mi girai i pollici distrattamente.
«Per quanto riguarda il Flash... Per quanto Mrs Cooper non voglia avere a che fare con Arianne è impossibili rimanere completamente freddi, soprattutto per qualcuno che è sua amica. Almeno, secondo il parere profilo psicologico che mi sono fatto» dissi.

«E non l'hai mai rivelato ad Arianne?» chiese.

«Perché avrei dovuto? Come può essere utile saperlo? Mrs Cooper non la considerava nemmeno. Non potevo dirle che non la considerava perché aveva voluto scordarsi di lei.» replicai.

Sentii un allarme suonare e capii che il nostro tempo a disposizione era finito.

Mi alzai con tranquillità, ma prima di uscire le dissi:«Barker l'ha allontanata da lei perché aveva probabilmente altri piani per Arianne. Non era uomo da lasciare le sue pedine al caso»

«E quali piani erano?»

Sorrisi e piegai la testa con fare innocente.

«Non è ovvio? Ha preso la decisione di trasferirla alla Base 8 dopo i test attitudinali» dissi.

«E quindi?»

Il mio sorriso si fece più ampio, ma non le risposi e uscii dalla stanza.

In corridoi venni preso per la collottola da qualcuno che iniziò a trascinarmi con forza sorprendente rischiando di strozzarmi.

Poi mi sentii sollevare da terra e trasportato come un animale in una gabbia fatta di vento.

Mi fluttuavano i vestiti e i capelli, disordinandoli tutti, ma non protestai.

«Joanne sei così rude» commentai incrociando le braccia.

«Saresti scappato a vista se non ti avessi catturato subito» replicò camminando a testa alta.

Mi portò fino alla sala allenamento per poi farmi finire a terra.

«È inutile parlare. Attaccami Nathan e sfogati.» mi disse.

«Non molto carino da parte tua nei confronti di Mrs Gordon» dissi. Dopotutto avevo parlato fino a poco fa con lei.
«Non ti voglio attaccare Joanne» aggiunsi rialzandomi.
Non ce l'ho con te.

«Allora dimmi cosa c'è che non va! Ti stai comportando in modo strano da quando siamo tornati dall'Italia!» esclamò.
«Sei cambiato» disse aggrottando la fronte.

«Sono sempre la stessa persona di sempre, Joanne» replicai con un sorriso.

«Come puoi dirlo dopo avermi inviato quel genere di rapporto e combinato tutti quei casini?» esclamò.

«Ho sempre saputo che fare il prestigiatore fosse qualcosa di terapeutico per te... È perché non hai potuto farlo per tanto tempo? È stata la missione... L'Element...? Ti stanno...»

«Non ti devi preoccupare per me. Non ucciderò nessuno solo per il gusto di farlo se è questo che ti preoccupa. Le valutazioni di Mrs Gordon sono esagerate» affermai con voce noncurante interrompendola.

Joanne rimase in silenzio a fissarmi, poi mi mise le mani sulle spalle.

«Sei come un fratello minore per me, Nathan. E sono anche tua mentore. Per questo conosco le tue capacità di autocontrollo e ciò che sei. Ma nonostante ciò ti accetto per quel che sei.»

Sussultai impercettibilmente.

Perché? Perché senti il bisogno di dire che mi accetti nonostante quel che sono? Perché ci vuole sforzo ed impegno per accettare me?Perché non ci pensi nemmeno ad accettare persone che giudicate buone con i vostri criteri morali? Perché sono classificato diversamente dagli altri?

«Non sei l'unico ad avere oscurità nel cuore.
L'unica persona che non ha accettato quella parte di te sei solo tu.»
Cazzate Joanne. Dire di accettarmi e accettarmi veramente sono due cose differenti. Io sono l'unico che si accetta.

«Mio fratello si fida delle tue capacità. Si fida di te, per questo ti ha detto quelle cose.
Però, Nathan... Se quello che ti ha chiesto Jase è troppo...»

«Sì, quel che mi ha chiesto è troppo» dissi.
Joanne sussultò.

«Ma non voglio dirgli di no.» affermai.
«Gli ho detto che è uno stronzo e che è crudele. Vi ho fatto intendere che non voglio farlo e che sono arrabbiato... E davvero... Non voglio farlo. Ma non ho ancora detto di no» dissi.
«Perché se dicessi di no deluderei James, lo so... Passerei per quello egoista anche ai suoi occhi. È l'unico motivo per cui non sono ancora andato da Mr. Xu e a dargli un pugno in faccia»

Guardai la mia mentore degli ultimi anni. Era stata con me molto più tempo di James, ma nonostante ciò era diversa.

James rimaneva l'unica figura che avrei voluto seguire ed era per questo che lo detestavo.

Inoltre, mi aveva abbandonato.

«Jase...» sentii dire Joanne e mi voltai di soprassalto incontrando lo sguardo color verdemare del giovane uomo.

Mi sentii un po' in imbarazzo dato che, l'ultima volta che lo avevo visto, mi aveva tirato un pugno in faccia ed ero piuttosto certo che avesse sentito tutto quello che avevo appena detto.

«Vieni» mi disse.

***

Era un silenzio opprimente finché non arrivammo davanti al garage di una piccola villetta che riconobbi come la casa di James.

All'interno della casa, sul tavolo da cucina e con il portatile sul tavolo c'era Sophie Hunter.

«Sei tornato con... Un altro studente?» chiese la donna alzandosi sorpresa.

Rimasi anche io destabilizzato quando vidi il suo ventre gonfio.

«Nathan Cray, Mrs Sharp» dissi allungando una mano facendo passare in fretta lo shock.

«Ci siamo già visti da qualche parte?» chiese lei accigliandosi.

«Sono piuttosto famoso sui social e in generale per i miei giochi di prestigio. I miei video vengono condivisi piuttosto spesso» suggerii sorridendo.

«Davvero?» commentò. Non sembrava sicura.

«Tre anni fa frequentavo la Marcey anche io. Mi sono poi trasferito e sono ritornato qualche mese fa. Ero anche amico di Arianne» spiegai.

«Oh! Eri quello con cui litigava sempre!» esclamò ricordandosi.

«Non vorrei essere ricordato in questo modo, ma sì, ero quello con cui litigava sempre» affermai accennando un sorriso imbarazzato.

«Non ti avevo riconosciuto! Sei cambiato così tanto!» esclamò scuotendo la testa.

Mi limitai a sorriderle.

Oh? Non è interessante?

In passato, dopo che Sophie Hunter aveva subito il Flash volontario per salvaguardarsi, non ero mai andato a trovarla se non una volta o due volte. E solo una volta ero anche con Arianne. Che ricordi che litigavo spesso con Arianne è curioso.

A meno che non ricordi qualcosa di prima ancora...

«Vuoi qualcosa da mangiare? Bere?» chiese voltandosi da padrona di casa.

James la precedette e iniziò a maneggiare la cucina come se avesse letto nella mente di Sophie.

Mentre tirava fuori dei biscotti dalla credenza disse:«Sei la guardiana di Arianne, pensavo ti sarebbe piaciuto conoscere il suo ragazzo»

Perché quando gli altri lanciano bombe altrui sono giustificabili, mentre se sono io a farlo sono un insensibile?
Ora so da chi ha imparato Tiara.

Mi limitai a mantenere il mio candido sorriso.

Angolo autrice

Eh eh, ho mantenuto la promessa e sono stata puntuale 😎

Questo è un capitolo di Nathan quindi ci saranno molte cose incomprensibili immagino 🥸

Se avete domande e non avete capito, chiedete. Risponderò se non è spoiler... Anche se molte cose che dice sono misteriose appositamente 😅

Il prossimo capitolo dovrebbe essere di Nick 🥰 mi manca un po'.

Arriverà il 18/01/21 se tutto va bene 👍🏻 (trovo ancora strano scrivere 2021)

Ps. Ho un profilo Instagram "winter.s.black" se siete curiosi anche se non posto da secoli 😅

Ricordo, no PLAGIO e "Gli Imperium" sono MIEI chiaro?! Persone che controllano poteri naturali e vengono chiamati Imperium sono di MIA INVENZIONE. 

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