25. Nathan: Freddo pungente

A. A. : Messaggio importante sotto al punto 5.

«Ary? Su, forza, Ary, dobbiamo andarcene da qui.» sussurrai respirando a fatica.
Ma Ary non so svegliava.
Le copio la guancia leggermente, ma non ottenni alcun risultato.
Alzai lo sguardo verso l'alto. Avevamo veramente fatto una bella caduta. Se non avessimo avuto il fiume sotto non avrei saputo che fare.
Mi meravigliavo che fossimo ancora vivi e che non fossimo feriti.
Era stata una precipitazione pazzesca e le correnti erano molto più forti della mia volontà. Tali che avevo sentito la piena potenza della natura ed era parecchio più feroce e viva della mia.
Ne eravamo usciti fuori per un pelo.
Ma non potevamo rimanere su quella riva, eravamo troppo vulnerabili e la Resistenza ci avrebbe scovati.
I nostri vestiti erano ancora grondanti d'acqua ma la evaporai in un attimo.
«Devono essere qui!» sentii dire.
Maledizione! Schifosi funghi parassiti! Vi siete buttati con noi da averci già raggiunto?
Mi caricai Ary sulle spalle e iniziai ad allontanarmi il più in fretta che potevo.
Le enormi rocce non mi sembravano un buon riparo quindi mi diressi verso la vegetazione. Al momento la cosa importante era allontanarsi dalle voci.
Cercai di far perdere le mie tracce come ci aveva insegnato Seth Frost e mi inoltrai nella foresta.
Dovevo immediatamente trovare un posto in cui nasconderci a tempo indeterminato in modo che potessi prendermi cura di Ary, la quale stava tramando come una foglia sulla mia schiena.
Mi nascosi dietro un albero secolare ad ascoltare i fruscii dei nostri inseguitori sempre più vicini.
Avevo bisogno di depistarli in qualche modo.
Contai in quanti fossero: sei individui, due donne e quattro uomini.
Li studiai osservandoli mentre ci cercavano vani.
Tre di loro si stavano allontanando nella direzione sbagliata due cercavano nella nostra zona e uno dei uomini si stava avvicinando a noi.
Quando fu ad un passo da noi feci scoppiare un petardo alle sue spalle, l'alveare sopra la sua testa cadde e si schiantò sul suo capo.
Gli altri due più vicini accorsero come previsto finché non inciamparono e affondarono nel terreno fangoso che avevo preparato quando ero passato.
Non avevo ancora studiato quale secondo elemento mi potesse dare l'Element che portavo. Ci volevano anni di preparazione fisica e mentale per controllare un solo elemento, anche se avessi saputo quale fosse il mio ascendente, a questo punto, diverrebbe inutile. A meno che non fossi stato un Geminus dell'acqua.
«Stupido gioiello inutile. Oltre a rendermi più cattivo non sai fare altro, eh?» commentai fissando il ciondolo.
L'Element all'intento del cubo divenne di plasma come a rispondere al mio insulto.
Trovavo curioso che cambiasse spesso da una forma all'altra senza mai diventare solido.
Mi caricai di nuovo Arianne in spalla e mi allontanai di nuovo prima che la Resistenza si riprendesse.
Nel mio percorso creai false strade di depistaggio e trappole invisibili. Mi stavo addirittura divertendo a immaginarmi qualcuno cadere in quegli innocui inganni.
Quanto si sentirebbero umiliati? Quanto dolore proverebbero? Quanto sorpresi sarebbero?
Ero quasi tentato di attenderli per vedere le loro facce, ma Ary aveva la precedenza.
Nonostante fare tutto quel lavoro in più portasse via più tempo era più sicuro agire in quel modo. Mi permetteva di essere in vantaggio.
Alzai lo sguardo verso il cielo il quale era pressoché invisibile ricoperto da rami secchi e foglie non cadute di alti alberi morenti.
L'aria era fredda e anche se avevo asciugato entrambi e ci stavamo muovendo sentivo il freddo penetranti nelle ossa.
Ary si lamentò e sussurrò qualcosa di non comprensibile.
«Ti porto al sicuro adesso, resisti ancora un po'» dissi. Anche se la frase era più per me che per lei.

Dopo esser inciampato varie volte ed essermi graffiato una guancia con un rametto maledetto, riuscii a scorgere un posto in cui nasconderci.
Una piccola grotta coperta in parte dagli arbusti. Speravo solo che non ci fosse un orso dentro.
Mi guardai attorno e usai la mia percezione per controllare se ci fosse qualcuno nei paraggi. Fortunatamente, a parte animali, di vivo e pericoloso non c'entra nessuno.
Come sempre, la percezione mi risucchiò tutta l'energia rimasta, ma ormai avevo trovato un rifugio, quindi non me ne preoccupai molto.
Spostai gli arbusti ed entrai dentro, facendo distendere Ary.
Stava tramontando il sole e il freddo stava scendendo sempre di più.
«Maledizione, Ary. Potresti anche svegliarti per accendere un fuoco, eh?» borbottai mentre cercavo di accenderlo con dei sassi e dei ramoscelli.
Non avevo mai prestato particolarmente attenzione alle lezioni di sopravvivenza.
Guardai verso Ary che nonostante la mia giacca stava tremando, ancora del tutto incosciente.
«Forza, forza, forza, accenditi mucchio di legna...» borbottai a denti stretti.
Del fumo iniziò ad alzarsi ed emozionato mi abbassai per iniziare a soffiare. In breve un debole fuocherello iniziò a scoppiettare allegramente.
Finché c'era ancora luce potevo approfittarne per riscaldarci. Poi sarei stato costretto a spegnerlo per non rivelare la nostra posizione.
Avvicinai Ary al piccolo falò, ma lei continuava a tremare.
Le toccai una guancia.
«Dannazione, scotti.»
Mi sentivo malissimo. Ero troppo abituato ad usufruire dei medicinali della B.L.C. che avevano sempre risolto qualunque problema fisico. In quel momento mi sentivo così inutile e impotente con Ary che scottava di febbre.
Dovevo solo sperare che i nostri compagni ci trovassero prima della Resistenza, cosa difficile dato che ci trovavamo nel loro territorio.
Ary tremava ancora, scottava ma aveva freddo e anche io gelavo.
Avevo così freddo che sentivo anche il petto congelarsi.
È perché ho consumato tutte le mie forze?
Mi avvicinai a lei e la sovrasta con le mani appoggiate ai lati della sua testa.
«Senti, ti chiedo scusa in anticipo, okay?» le dissi. Ovviamente non mi rispose. Poi strinsi Ary tra le mie braccia.
La divisa avrebbe dovuto essere quel tipo di indumento fresco quando faceva caldo e caldo quando faceva freddo, ma, nonostante essa, Ary continuava a tremare come una foglia.
«Fa freddo...» borbottò nel suo dormiveglia.
Sembrava semi cosciente, ma non abbastanza da capire quello che le stava attorno.
Si strinse ancora di più a me.
Ary era sempre un tremore costante, se non più grave, nonostante provassi a stringerla, ma il suo corpo era più bollente che mai.
È la divisa?
Toccai l'interno del colletto ed effettivamente era fresco.
Che abbia reagito al calore di Ary? Per questo invece che fornire calore fornisce freschezza?
Fissai il volto arrossato di Ary che respirava a fatica e rabbrividiva dalla testa ai piedi.
La devo spogliare. Fu la conclusione raggiunta.
«Satana, fammi il favore di non possedere il mio corpo ora» mormorai.
Considerando l'incidente dell'episodio più recente con l'asciugamano, non provavo alcun senso di colpa nello sbottonare la divisa e tirare giù la lampo. Però coscientemente provai a sentirmi in imbarazzo, fallendo miserabilmente.
Non sarebbe dovuto essere normale essere almeno un minimo irresoluti?
Le mie mani non avevano nemmeno un accenno di esitazione mentre la spogliavo con fluidità.
La maglia sotto la divisa era bagnata dal sudore ed era diventata anche fredda per colpa della divisa. Quindi le tolsi anche quella.
Deglutii.
Ebbi la decenza di lasciarle l'intimo addosso mentre mi spogliavo anche io.
Nonostante la terribile situazione non potevo far altro che pensare ai "se", ma essi rimasero solo nella mia testa, senza aver modo di essere sviluppati in qualche modo.
Abbracciai il suo corpo bollente e ci ricoprii entrambi con i vestiti, mentre condividevamo il calore corporeo.
La guancia di Ary era appoggiata contro il mio petto e il suo caldo respiro iniziava a regolarizzarsi.
Abbassai lo sguardo su di lei e l'occhio non mi cadde solo sul suo volto arrossato dalla febbre.
Sembri così indifesa...
Se il Dio di Dante esisteva, sarei finito nel girone dei lussuriosi in quel preciso istante.
Chiusi gli occhi e cercai di trattenere i miei pensieri poco casti e non concentrarmi su quella situazione surreale.
Si trattava solo di sopravvivenza.
Dai che razza di persona orribile e depravata pensa a certe cose di una ragazza innocente, pura, indifesa e con la febbre?!
Ce la puoi fare Nathan Cray!
Diamine, sei un fottuto Imperium dell'acqua! Hai allenato la tua forza di volontà fino allo stremo!
Chi meglio di un Imperium dell'acqua può resistere ad una situazione simile? Come pretendi di controllare chilolitri d'acqua se non riesci a controllare il tuo stesso corpo?
Se cedessi preda dei tuoi istinti non saresti meglio di un animale!
Sei un essere umano dotato di ragione. Anzi sei la persona con più sale in zucca che tu stesso conosca. Hai una ragione. Ergo sei umano. Quindi non osare ad agire come un animale.
Il mio discorso auto-motivazionale in testa sembrava funzionare sui miei stessi ormoni, dovevo solo persistere.
Piano piano il corpo di Ary si fece meno tremante e anche il suo respiro si regolarizzò.
Cercai di calmare anche il mio battito chiudendo gli occhi e meritando, ma continuavo a distrarmi. Lei continuava a distrarmi.
Fissai il falò che avevo acceso e seguii il fumo uscire dalla grotta.
Il sole stava calando colorando di arancione il paesaggio esterno. Poi rosso. Un bellissimo rosso.
Attesi. Contando i miei stessi battiti e cercando di cogliere anche i rumori esterni.
Piano piano l'ombra degli arbusti che facevano filtrare la luce nella grotta si allargò finché non inghiottì tutto attorno.
Spensi con un calcio il falò e venimmo inghiottiti dall'oscurità.
Il vento freddo e pungente soffiava e ululava all'esterno, filtrando tra i rami secchi ed esplorando tutta la grotta.
Mi strinsi di più anche ad Arianne cercando di cacciare le orribili immagini che mi iniziarono ad infestare la mente.
No, no, no! Andate via! Non ora!
Ma il suono del vento e quel buio non facevano che ricordarmi quegli anni che avevo provato disperatamente a dimenticare.
Generalmente, una normale mente umana dimenticava i traumi insopportabili del passato. Era normale dimenticare in generale i dettagli di quando si era piccoli.
Ma io avevo sempre ricordato tutto della mia infanzia come se fosse stato il giorno prima.

Avevo circa tre anni all'epoca.
La mia vita non aveva un valore né per me, né per gli altri. Semplicemente respiravo tutti i giorni, mangiavo e dormivo. Le giornate passavano senza significato, senza interesse, senza motivi. Senza nulla.
La balia che si prendeva cura di noi non mi trattava come tutti gli altri bambini e non sapevo il perché. Mi guardava e quando anche io le restituivo lo sguardo lei sfuggiva.
Perché? Mi chiedevo.
Ma non sentivo niente nel venire trattato differentemente dagli altri bambini.
Ripensandoci, probabilmente mi sentivo solo, ma non sapevo cosa fosse la solitudine.
Anche gli altri bambini in genere mi ignoravano, tra quelli più grandi e anche i miei coetanei.
Da che ricordassi, ero cresciuto lì e vissuto lì anche prima di alcuni.
Tra i più giovani c'era una bambina che veniva spesso presa di mira dalle altre bambine. Aveva gli occhi verdi simili ai miei ed era persino bionda come me. Le era stato dato il nome di Abigail.
Quel periodo alla casa famiglia era vuoto e un vortice d'oblio, quando sarebbe dovuto essere pieno di amore e allegria.
Poi, un anno dopo, arrivò un altro tipo d'oblio che segnò la mia vita.
Quell'uomo si presentò come Mr. Cray e io ed Abigail eravamo stati assegnati alle sue cure.
Ci aveva adottato e ci avevano insegnato ad essere grati.
Mr. Cray voleva solo una bambina, ma per qualche motivo ero stato scelto pure io.
Quando arrivammo nella sua grande villa e vidi Mrs. Cray, capii che probabilmente era per i miei capelli biondi e occhi verdi che mi avevano adottato, poiché anche quella donna portava quei colori.

La famiglia Cray era molto ricca ed influente.
Mr. Cray, nonostante si prendesse molta cura del suo aspetto, aveva i capelli tinti di biondo e la plastica facciale evidente. Tentava in ogni modo di sembrare più giovane.
Sapevo che Mr. Cray fosse un multimiliardario e che la sua unica peculiarità fosse l'investimento.
Aveva ereditato la sua azienda metallurgica dal padre, ma presto l'aveva venduta al miglior offerente.
Faceva una vita da uomo ricco, ma senza fare esattamente nulla.
Mrs. Cray aveva almeno quindici anni in meno di Mr. Cray. Era giovane e bella e sguazzava nel denaro del marito.
I motivi erano chiari perché avessero deciso di adottare bambini invece che averli loro.
Abigail era trattata come una principessa in quella casa, ma più che una persona sembrava essere la loro bambola da collezione personale. Amavano esporre Abigail e riempirla di oggetti e regali.
Per una bambina che era stata maltrattata dagli altri bambini, quello doveva sembrare un paradiso.
Al contrario, lo stesso non valeva per me.
Quando avevano scoperto che a soli quattro anni sapevo già leggere e scrivere e fare i calcoli velocemente, il loro favore cambiò immediatamente.
Quello di Mr. Cray più chiaro che mai. Mi guardava sempre con disgusto e quasi con odio. Ma era uno sguardo familiare.
Mrs. Cray mi ignorava semplicemente. Forse perché quando mi ordinava di sorridere non lo facevo o forse perché non le permettevo di toccarmi quanto volesse.
Mi chiamava spesso "Mostriciattolo".
Per qualche motivo, ad Abigail piacevo. Non sembrava provare pietà, ma un semplice attaccamento. I Cray non le davano amore, ma io ero la persona che era entrata in quella casa con lei. Forse era quello il motivo della sua ossessione.
In qualche modo sapevo che il mio modo di pensare era differente dai miei coetanei.
Essendo spesso solo, leggevo tanto, prendevo in mano qualsiasi libro trovassi nella libreria di casa. Si trovavano in un grande studio della villa ed era una stanza veramente poco usata. I governanti dicevano che tutti quei libri appartenessero al precedente Mr. Cray. Quindi avevo qualcosa con la quale intrattenermi.
Essere ignorato era regolare, ma quando arrivavano ospiti in casa, i Cray mi ordinavano di restare in camera mia e non uscire per alcun motivo.
Spesso le loro feste duravano giorni e notti e in quei giorni ero completamente dimenticato. Rimanevo per tutto il tempo senza bere, né mangiare e la porta della mia stanza era chiusa dall'esterno.
Nessuno neanche pensava di cercarmi.
In quelle notti sentivo freddo più che mai e sentivo solo le risate e schiamazzi degli ospiti.
E dopo che si erano tutti addormentati solo l'ululato del vento mi faceva compagnia.
Guardavo spesso la TV quando i Cray uscivano con Abigail e non mi era mai venuto in mente che potessi volere andare a scuola e a conoscere gente.
Tutto quello che conoscevo dal mondo veniva dalla TV, il computer e i libri.
Non sapevo cosa volesse dire avere sentimenti o avere legami con qualcuno.
Non sapendolo, non ne sentivo la mancanza.

Poi un giorno venne un uomo in casa che chiedeva investimento da parte di Mr. Cray.
Diedi un'occhiata anche io ai suoi progetti e nonostante la mia età, capii che non sarebbe andato lontano. Se Mr. Cray ci avesse investito avrebbe potuto anche perdere tutto.
E l'idea mi elettrizzava.
Mr. Cray mi aveva sempre ignorato, quindi per la prima volta volevo provare ad attirare la sua attenzione per poter essere più partecipe alle sue operazioni. Sapevo che nessuno avrebbe preso in considerazione le parole di un bambino ma io sapevo di essere più intelligente di qualsiasi bambino o anche adulto.
Partii da Mrs. Cray.
Mrs. Cray amava le cose belle ed essere sempre al centro dell'attenzione così piano piano iniziai a sorriderle sempre più spesso, a comportarmi da bambino e, soprattuto, a farle i complimenti. Inizia pure a fare giochi di prestigio pur di accomodarla.
Cominciai a piacerle e quindi anche a frequentare di più la società.
Poi passai a Mr. Cray. Quell'uomo era solamente avido, quindi dovevo solo fargli capire che la mia intelligenza poteva essergli utile.
Era anche un giocatore d'azzardo, quindi era abbastanza facile corromperlo.
In meno di un anno, dall'ignorarmi passò a consultarmi spesso e per non destare alcun sospetto sorridevo loro.
Adoravo vedere le persone avide che vedevano solo ciò che volevano vedere.
Quanto potevano essere stupidi a dimenticare che tipo di demone fossi?
E quando si credettero in cima al mondo. Tutto andò in fallimento.
Caddero a precipizio dalla loro nuvola e il patrimonio dei Cray andò perduto.
Vedere la loro disperazione, però, non mi diede la soddisfazione sperata.
Era forse andato storto qualcosa? Non li avevo fatti soffrire abbastanza?
Nella totale disperazione, Mr. Cray ci vendette ad un laboratorio che aveva finanziato suo padre tempo prima. Quel laboratorio in realtà era parte di un'Organizzazione segreta chiamata B.L.C. ed è così che la mia vita cambiò di nuovo.

«C'è qualche problema?» chiesi facendole il mio miglior sorriso.
La donna in camice sembrava stupita. Alternava lo sguardo dal tablet a me.
L'uomo al suo fianco si era avvicinato alla sua collega mentre questa le faceva vedere i dati sullo schermo.
L'uomo sgranò gli occhi stupito e mi guardò.
«Sicura non ci siano errori? Com'è possibile che sia così alto? E anche se per la matematica fosse possibile anche le conoscenze generali sono pazzesche! Quando ha avuto modo di imparare tutte queste cose? Capire come funziona la politica Statunitense a sette anni?» bisbigliò.
«Se gli facessimo uno dei test avanzati? È sorprendente trovare un prodigio di questo calibro! Sarebbe uno spreco farlo diventare Imperium! Qualsiasi professione sceglierebbe sarebbe il migliore nel campo!» disse la donna con un picco d'entusiasmo.
«Ma ci è stato detto di esaminarlo come un Iniziato. È stato venduto dai suoi genitori adottivi per questo motivo.» commentò l'uomo sbiancando.
«Mi scusi» intervenni. Entrambi mi fissarono.
Capii dal loro sguardo che era inutile fingermi innocente e comportarmi propriamente come un bambino della mia età.
«Se avete dei problemi a decidere dove piazzarmi, posso suggerire di seguire il programma prefissato? Mi hanno detto bene o male cos'è un Imperium e lo trovo più stimolante che studiare come una persona normale. Comunque sia, nessuno mi impedisce di contribuire al ramo scientifico anche dopo esser diventato Imperium, non è così?» dissi.
Da come vidi i due reagire capii che non si aspettavano un discorso sensato da un ragazzino che non arrivava neanche alle cifre doppie. Nonostante avessero le prove del mio intelletto sullo schermo davanti loro avevo comunque la faccia di un bambino.
«In effetti... Anche se è impossibile per i Dottori far parte dei Imperium non vale lo stesso al contrario...» commentò la donna.
«Felice di sapere che andiamo d'accordo. Non vedo l'ora di farmi tanti amici.» dissi balzando giù dal lettino.
«E non c'è bisogno che condividiate i miei risultati con i miei insegnanti. Desidero essere trattato alla pari come gli altri, altrimenti non ci sarebbe gusto, no?» dissi loro sempre sorridendo amabilmente.
Mentre uscivo dalla porta scorrevole sentii mormorare all'uomo:«È normale che un bambino di sette anni mi faccia accapponare la pelle? Ho lavorato al Centro anni prima e nemmeno Sophie Hunter e il primato degli Iniziati alla Base 1, James Sharp sono così...»
«Ricorda un po' Mr. Barker, non credi?» commentò lei.
«Non dirlo neanche per scherzo. Uno di quell'uomo basta e avanza».

Considerando quanto mi fosse piaciuto manipolare e avere le persone come pedine sotto il mio controllo, volli fare la stessa cosa nel mio nuovo mondo. Però quel nuovo mondo era molto interessante di suo, sorretto da sistemi logici e interessanti e misteriosi. Mi piaceva così com'era.
Anche le persone avevano mentalità e morali diversi dall'esterno, delle quali mi sentivo veramente in sintonia.
Ma le persone erano sempre persone ed erano facili da conquistare.
In qualche modo, mi sarebbero tornati utili per scopi futuri.
Poi non vedevo l'ora di poter usare i miei poteri quindi mi impegnavo a modo mio.
Tutto mi sembrava un gioco e controllabile fino a quando non arrivò alla Base 8 la nipote del fondatore di tutto quel paradiso.
Figli di potenti.
Caratterizzati dai stessi tratti: arroganza, credevano sempre che il mondo girasse attorno a loro; stupidità, non sapevano mai fare qualcosa con le proprie mani e pretendevano che le facessero gli altri; orgoglio, non ammettevano mai di aver sbagliato; narcisismo, si amavano e prendevano che tutti li amassero.
E questo tipo di persone si sentivano in cima al mondo, intenti e guardare gli altri dall'alto. E più in alto stavano, più disperati e sofferenti erano quando cadevano.
Ribaltare le opinioni altrui. Sorprendere le persone. Sconvolgerle. Farle a pezzi. Adoravo tutto ciò, soprattuto quando poi capivano che ero io l'artefice.
Stupiti, sconvolti e ammirati dalle mie capacità.
Ero parecchio emozionato all'idea che Arianne Barker sarebbe scesa dal suo piedistallo alla Base 1 per deliziarci della sua presenza a Boston.
Perso nelle mie stesse convinzioni fallii nel vedere come presero la notizia gli altri Iniziati.
Non essendo interessato ai miei coetanei, non avevo dato molto peso a cosa avessero passato ciascuno di loro e non capivo veramente quanto potesse essere fragile un bambino. Per questo rimasi sorpreso da quanto astio provassero per Arianne Barker senza neanche un buon motivo.
Perché essere gelosi di lei quando nemmeno la conoscevano? Perché accusarla di essere una finta persona, quando la maggior parte di noi, anche se nati naturalmente, non eravamo voluti? Perché detestarla quando nemmeno l'avevano mai incontrata?
Arianne Barker, oltre al suo status, non aveva nulla di speciale ai miei occhi.
Ci rimasi quasi male al realizzarlo quando arrivò alla Base 8. Era arrogante ma non lo ostentava; era orgogliosa e ne andava fiera; non sembrava molto sveglia, qualcuno che andava avanti con le sue sole forze e capacità senza alcun pensiero base e ragionevole dietro.
Tutto sommato la sua vita era penosa e schifosa come tutti noi, soprattuto se gli Iniziati se la prendevano così tanto con lei.
Nei libri, persone del genere, venivano chiamare capro espiatorio.
Fu inevitabile che rimanesse sola nonostante quel carattere solare e abbastanza invasivo.
Non dovevo fare nemmeno nulla nel vederla cadere, ma poi... Perché non si arrendeva?
Non era nella natura umana rinunciare dopo esser precipitati tanto in basso da quell'altezza stratosferica? Come i Cray che non sapevano più che fare e piangevano nella disperazione quando persero la loro fortuna.
Era perché non aveva ancora capito di essere così miserabile?
Una persona che non era in grado di pensare ed usa la ragione, fuorviata dalle proprie emozioni, non avrebbe dovuto sentire maggiormente la pressione esterna?
Cosa? Cosa non la faceva arrendere?
«Perché ti impegni tanto? Nessuno qui ti darà credito anche se ti impegni così» le dissi un giorno.
L'avevo torturata molto da quando era arrivata, giusto per vedere fin dove si sarebbe spinta, in attesa di vedere un suo limite. Era normale che si sentisse all'erta ogni volta che le parlavo.
«Non importa quanto tu sia intelligente. Ci saranno sempre cose che non capirai e questo ti rende stupido ai miei occhi.» mi disse assottigliando lo sguardo.
Piegai la testa di lato.
Non mi aveva neanche risposto.
È perché non aveva capito la mia domanda?
Avevo notato che nonostante gli altri Iniziati la trattassero male, non rivolgeva mai loro lo sguardo e quando guardava gli adulti aveva sempre questa espressione vivace.
Ma in quel momento mi stava guardando con risentimento. Non sembrava nemmeno sorpresa, come se sapesse che genere di persona fossi.
Nemmeno gli adulti mi guardavano in quel modo. Nemmeno i Cray che avevo rovinato o Abigail che avevo ignorato si erano mai permessi di guardarmi in quel modo, dall'alto in basso, anche una volta scoperto quanto fossi così... Crudele.
Non capii quella sensazione che provai. Era una sensazione sconfortante e fastidiosa che stringeva nel petto e metteva in subbuglio lo stomaco.
«Interessante.» commentai.
Se stavo ancora con lei, avrei imparato a provare altre emozioni? Avrei imparato altro, qualcosa che era impossibile trovare studiando nei libri? Avrei imparato a stupirmi?
Anche se in seguito conobbi altra gente capace di vedermi, lei rimase diversa ai miei occhi.
Non era che al mondo non esistessero persone più interessanti e complesse di Arianne, o che brillassero più di lei.
Semplicemente non riuscii più a vedere qualcosa di più attraente di lei, offuscato da quelle nuove emozioni che non comprendevo. Potevano essere sensi di colpa, gelosia, invidia, avidità, ossessione. Come potevano essere allegria, compassione, generosità o ammirazione.
Era stata Arianne a farmi realizzare che ero io stesso ad essermi messo su un piedistallo e pretendendo di controllare le persone attorno a me al loro stesso livello.
Era un mondo vuoto e freddo. Dentro di me e attorno. Faceva così freddo in quella solitudine infinita e senza fondo. Era come stare in fondo all'oceano nel buio assoluto e gelo pungente, circondando da banchi di pesci che nuotavano e esistevano senza scopo e valore.
Non me n'ero mai accorto perché era tutto quello che conoscevo all'epoca.
Lei aveva qualcosa che io non avevo. Forse l'avevano anche gli altri, ma non mi importava veramente perché io avevo visto solo la sua di luce.
E da quel freddo pungente, sentii finalmente un lieve calore. Era così flebile ma così necessaria a me che avrei fatto di tutto per trattenerla e non lasciarla mai andare via. Non volevo ritornare ad essere solo. Ad essere quello che ero un tempo.
Tutto ciò che volevo era quel sole.

Non mi ero nemmeno accorto di essermi addormentato mentre tenevo Ary tra le mie braccia.
Mi ero pure ripromesso di fare da guardia per l'intera notte, ma la stanchezza dopo lo scontro contro la Resistenza aveva preso la meglio.
Un grido mi fece aprire di scatto gli occhi, ma, prima che potessi capire qualcosa, un violento schiaffo mi fece scattare la testa da una parte con il serio rischio di avere il mio collo reciso.
Oh, luce della mia vita. Qual buon risveglio è mai questo?

Angolo Autrice

(È un angolo autrice lungo, quindi se siete stufi andate a leggere solo il punto 5 che è un messaggio importante.)

1. Innanzitutto ecco un Nathan selvatico sopra.

2. Ogni tanto vi invito sempre e comunque a seguirmi su Instagram sotto il nome di winter.s.black

3. Allora, in questo capitolo più che avvenimenti in generale (tanto era ovvio che sopravvivessero), il protagonista è Nathan in tutto e per tutto.
Ora conoscete la sua mentalità attuale e quella che era la sua mentalità prima.
Mmm, non so se vi sia arrivata l'immagine chiara di Nate da bambino, vi potrebbe sembrare surreale immaginare un bambino di sette anni capace di pensare a certi schemi e parlare con una logica fuori dal comune.
Ma è proprio questa l'immagine che volevo dare.
Nathan era un bambino prodigio che più prodigio non si può.
Sapeva fare matematica ancor prima di poter parlare correttamente e ha iniziato relativamente in fretta a camminare. Ovviamente, finché sei entro i due anni sei meraviglioso e speciale, ma da orfano che era, all'età di 3 anni, la sua intelligenza iniziava a spaventare. Consideravano anormale un bambino così intelligente se non un mostro.
Ovviamente sia prima di essere adottato che dopo, nessuno si preoccupava di insegnargli qualcosa e dargli un'educazione appropriata.
I primi lo temevano, e comunque non avevano le disponibilità per fargli studiare a dovere, e i secondi erano straricchi ed egoisti a cui non fregava della sua intelligenza.
Aveva studiato da autodidatta traendo il massimo profitto da quello che imparava in autonomia.
Era talmente annoiato da leggere pure documenti notarili.
Nathan era solo. Cioè, anche se Abbie era sempre con lui, quando non era trattata come una bambolina, lui non la vedeva. Infatti, non la nomina spesso nel suo ricordo perché per lui la sua non era una presenza che gli facesse effetto.
Era stato lasciato solo e ha continuato a conoscere solo solitudine. In un certo senso aveva imparato che essendo intelligente c'era una linea che lo separava dal mondo.
Era vuoto, non avendo ricevuto affetto, amore o attenzione di alcun tipo.
Quindi non provava niente. Solo dopo quando si è aperto alle emozioni, grazie anche ad Arianne che è più o meno la chiave della sua realizzazione, ha capito che si sentiva solo e che quella persona senza emozioni faceva paura anche a lui.
Nathan vede le sue emozioni come qualcosa di prezioso e flebile, qualcosa che si potrebbe perdere se il suo io negativo prendesse il sopravvento.
Perché lui si crede orribile, non che non lo sia, ma con sentimenti umani e positivi.
È così ossessivamente legato ad Arianne come se lei rendesse tangibili quelle sue emozioni.
Cioè, non è che Arianne gli abbia aperto gli occhi in qualche modo. Okay, che Ary è carina e differente, ma di persone sofferenti come lei ce ne sono a valanghe, stesso per gente con morali come la sua. Tecnicamente poteva essere chiunque se solo lui avesse avuto l'intenzione di interessarsi.
Quindi Nathan ha deciso di vederla ed è rimasto incuriosito. Diciamo che ha scelto lei.
Quindi beh, non sto negando che l'amore di Nathan per Arianne sia autentico. È assolutamente vero che la ama.
Nathan si è interessato alla B.L.C. come struttura organizzativa mirante a studiare la mente umana e trovando tutto ciò affascinante ha iniziato a provare interesse per chi ne è a capo. E Arianne era la nipote, creata pure in provetta, di questo capo.
Questo la rende curiosa ancor prima di incontrarla.
Se Arianne non avesse avuto una personalità come la sua, Nathan non si sarebbe innamorato.
O immaginate che avesse incontrato Sophie, non l'avrebbe amata solo perché ha prestato la sua attenzione.
O se avesse prestato veramente attenzione ad Abbie, non l'avrebbe amata lo stesso.

4. Cosa differisce tra James e Nathan? È stato il dubbio di molti.

5. Importante: No ai plagi.
Mi è capitato di recente, fresco fresco, di imbattermi in una certa storia che mi sapeva di fan fiction di Elements. Ovviamente, non è la prima volta, ma questa era particolarmente deplorevole ai miei occhi.
Per ora non nominerò il titolo, sto ancora leggendo la storia per poter fare la lista delle cose che mi hanno urtata e preparare bene il discorso.
Sta di fatto che voglio chiarire cosa sia un plagio: è la ripresa e copiatura di idee originali altrui.
Ora molta gente prende ispirazioni dalle storie che amano, ed è assolutamente normale.
Prendiamo per esempio Elements la quale ha preso James ispirazione da tutti i personaggi fighi che ho amato follemente, ma si tratta di ispirazione. James ha una sua identità e le sue caratteristiche. Lui è unico e solo.
Oppure Eli che è preso ispirazione da Toph, in "Avatar". Ma anche qui, oltre al fatto che sia cieco e che usa la terra, Eli ha la sua identità.
Per non parlare del fatto che la usa differentemente e abbia un carattere e storia differente.
Poi è vero, ci sono i grandi classici del Bad boy, cool guy monosillabico alla Seth, principi azzurri, ragazza acqua e sapone ecc... Ma se prendi il cool and gloomy guy, lo piazzi ad una fidanzata dark dal carattere arrogante, sicuro di sé e che vede le cose o in bianco o in nero, diventano Seth e Jo.
Poi sembra che le rosse scontrose vadano di moda, ma sorvoliamo.
Parliamo di elementi della mia storia molto comuni che potrebbero comparire in altre storie:
i 4 elementi non sono di mia proprietà;
il latino come titoli dei ruoli non è di mia proprietà;
i nomi propri in generale non sono di mia proprietà e la natura e gli astri non sono di mia proprietà.
Ci sono molte cose che prese singolarmente non sono di mia proprietà. Ma sono io, la prima ed unica, ad aver messo messo in un insieme tutte queste cose e quell'insieme è di mia proprietà.
I capelli scuri e lisci e gli occhi a mandorla sono comuni. Ma se si trovano sulla mia faccia fanno parte della mia identità fisica.
Mi spiego meglio.
Un Geminus arrogante di nome James, fuori dal comune, detestato da tutti per via della sua personalità o dissidi passati, capace di dominare due elementi e protagonista della storia è il mio James Andrew Sharp. Punto e basta. È tutto ciò che lo descrive, è la sua essenza, la sua identità.
Quindi questa tizia anche se gli cambia colore di capelli, occhi, poteri e altri tratti di carattere, ha plagiato James.
In una storia basata sugli elementi legati agli astri e quindi al segno della loro nascita, con titoli latini simili a Imperium e utilizzando persino i Geminus, anche se ci aggiungi altri nomi latini per i dominatori da tre o quattro elementi e lo ambienti in un mondo parallelo con una scuola anziché in basi segrete, è plagio.
Non si "prende ispirazione" dall'essenza delle storie. È la base della mia saga, è l'anima dei miei personaggi. Se copi quella è plagio, non importa quante cose tu ci costruisca sopra diverse.
Se si costruiscono due case da una stessa pianta ma una è a Toronto e l'altra in New Mexico, chi fosse andato in queste due case avrà comunque la sensazione di esserci già stato!
Poi, i nomi dei miei personaggi in sé non sono di mia proprietà, ma non si può prendere i tre quarti dei nomi dei miei personaggi e rimescolarli!
Esempio a caso: Non puoi chiamare la madre Zelda Steel, il fratello Seth Steel, il padre Christopher Steel, il migliore amico Eli Hunter, la compagna di stanza Coral Day Solo perché ti è piaciuta la mia storia. Cioè è semplicemente prendere i nomi e rimescolarli, anche se singolarmente non sono di mia proprietà.
Anche io prendo nomi delle storie che mi sono piaciute, ma da storie diverse e per motivi diversi, in memore. Noah è in memore a Noah Shaw della saga di Mara Dyer, ma oltre a Noah non ho preso altro. Frost viene da Jack Frost ovviamente e Joanne è il nome della Rowling. Ma sono cose "in onore". E non sono mai i protagonisti.
Amo Harry Potter ma non è che per questo chiamo i miei personaggi Luna Granger o Ginny Lovegood o Ronald Black, tutti insieme. Certo potrei prenderne 1 di questi per ricordarmi del mio amore, ma non è la stessa cosa.
I protagonisti devono avere nomi originali e motivati che facciano dei nomi donati la loro identità.
Quando io penso a James penso a Sharp ed è ovviamente il mio personaggio, anche se ho letto di molti personaggi chiamati James. Perché lui si è fatto l'identità con questo nome e cognome.
Non avrei mai potuto chiamarlo Potter di cognome perché Potter è e resterà per sempre Harry. Non avrei mai potuto chiamarlo Jackson perché è già il cognome di un altro protagonista, Percy. Cioè, in sostanza non chiami il tuo protagonista con il nome o cognome di una storia che hai amato. È una regola non scritta e morale di ogni lettore-autore.
Puoi chiamare personaggi secondari con quei nomi ma non i tuoi protagonisti.
Cioè, se scrivessi una nuova storia non chiamerei mai la mia protagonista Shannon, perché è la protagonista di Mirror di sofisemmi o anche solo Joan Anderson il protagonista maschile.
Poi, come se non bastasse, i nomignoli: non mi importa nulla della logica mica logica, ma "Rubinetto", chiamato come presa in giro per dominatori dell'acqua, è solo e soltanto Nathan Cray. Cioè, è inconfondibile anche se sembra banale. Come anche "FireLiz" è di mia proprietà.
Poi le frasi importanti e discorsi:
- "non puoi chiedere..." "hai ragione, si fa e basta"
- "Io sono Nox" "io Lumos"
E altre frasi eclatanti, mi pare scontato che se prese sarebbe citazione, no?
Idem per i ruoli: Se esiste un tipo che chiami "Umbra" e che fa il giustiziere risolvendo tutti i problemi causati dai corpi principali... Rimane Nox anche se gli cambi il nome.
Infine, lo svolgimento della storia... I tradimenti, menzogne, rapimenti, perdita di memoria, il fatto che erano amici di infanzia e che si sono ritrovati dopo tanto tempo, solo uno dei due ricorda ecc... Per favore, anche se singolarmente non sono info di mia proprietà, un certo insieme di avvenimenti e situazioni lo rendono fin troppo simile, non credete?

Detto questo, desidero veramente che non ci sia gente che prenda i 3/4 delle mie creazioni originali aggiungendoci altri dati per "fuorviare" e passarsi per originali.
Cioè, se uno prende ispirazione è una cosa, anzi, adoro l'idea di aver reso famoso il cognome Sharp. Però come io non chiamo i miei protagonisti Potter, Everdeen, Jackson, Herondale, Snow, Stark (Storie dove il solo nome del protagonista fa tremare i lettori), non voglio vedere altri protagonisti con questo cognome. Se poi è l'amica di turno o altri personaggi secondari non è un problema.

Spero di non aver urtato alcun sentimento e che capiate il mio punto di vista. Ma ho avuto varie esperienze anche in passato dove ho chiuso un occhio, anche perché non sembravano riprese troppo eclatanti.

6. Detto ciò, il POV prossimo è quello della mia dolce Ary. Pubblicherò fra 10 giorni il 22/06/20.

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