13. Nick: Italia

Là dentro l'aria non circolava abbastanza. Per questo non mi piaceva così tanto andarci.
Mi sforzai di aguzzare la vista per cercare la mia compagna di squadra, sperando che non avesse fatto la stessa fine della sua amica.
Mi saliva ancora il nervoso solo pensandoci.
Fa tanto la responsabile ma poi si metteva in situazioni simili?
Pregai con tutto il cuore che Ary non si fosse cacciata nei guai come suo solito, non avrei sopportato.
Uscire era stata proprio una brutta idea, considerando che non mi ero divertito nemmeno.
Forse era per via del mio pessimo senso del ritmo.
Quando eravamo a San Francisco, James ci incitava spesso ad uscire alla sera per divertirci, cosa che non facevo spesso, nonostante Arianne e Tiara cogliessero sempre le opportunità.
Me ne stavo rintanato nella mia stanza a leggere manga e guardare anime e talvolta riproducevo pure alcuni personaggi dei miei personaggi preferiti.
Ovviamente il mio talento del disegno non era lontanamente paragonabile a quello di James, però non me la cavo male. Il mio stile è meno realistico e molto più animato.
Al di sopra della musica si udì un coro di esclamazioni di stupore e degli accesi chiacchiericci attirarono la mia attenzione.
Una folla di persone ronzava attorno a qualcuno. Qualcuno che faceva parecchio rumore.
Si udirono dei vetri rotti e un tonfo sordo.
Sfruttai il momento in cui la folla si allontanò dallo stupore per sgusciare tra le persone e inoltrarmi tra i primi spalti.
Arianne aveva appena buttato a terra due ragazzi e un terzo era in piedi sconvolto.
Una ragazza era caduta a terra dallo spavento e fissava Arianne stupita.
«Chiedi scusa! Brutto porco!» ringhiò la ragazza stringendo la presa.
Il tipo a terra biascicò qualcosa di incomprensibile. Evidentemente non era in grado di parlare ma alla mia amica non sembrava importare.
Mi precipitai verso di lei e tentai di trascinarla via, ma appena le toccai una spalla rischiai di ricevere una gomitata in faccia.
Se non fosse per i miei riflessi avrei avuto già il naso rotto. Come quell'altro tizio che si lamentava a terra e con le mani premute sul naso.
«Ary!» esclamai tra l'arrabbiato e lo spaventato.
«Cosa?!» esclamò lei.
«Andiamo via di qui, sei impazzita per caso?» chiesi afferrandole per un braccio. E questa volta si lasciò allontanare dal povero Popolano malcapitato.
«Sei ubriaca anche tu?» le chiesi ignorando la gente che bisbigliava. Fortunatamente molti avevano preferito ritornare a farsi gli affari propri.
«Sono minorenne.» fece notare lei.
«Nessuno dei nostri ha l'età per bere, è per questo che abbiamo utilizzato i nostri documenti falsi per entrare.» replicai.
«Non bevo mai. Per principio. Posso divertirmi anche senza alcol.»
«Picchiando Popolani?» sibilai tirandola per un braccio e cercando di allontanarla ancora.
Ma lei puntò i piedi infuriata.
«Stavano importunando quella ragazza!» sbottò indicando il punto in cui poco fa avevo scorto la ragazza a terra. Ma era sparita.
«Che adesso non c'è più! Ma prima c'era!» insistette alzando il mento verso di me, come a provare a contraddirla.
«Ary, non è una buona motivazione per...»
«Guarda Nick, non sono impulsiva come credi.» mi disse bloccandomi.
«Ho provato a fermarli civilmente come avreste fatto tu o Tiara ma poi mi hanno palpata il se...»
«Loro hanno cosa?!» fu il mio turno di interromperla.
«Non tutti e tre, solo quello dalla quale mi hai allontanato.» si affrettò a dire mentre ritornavo indietro.
Evidentemente aveva capito le mie intenzioni prima di me.
Il ragazzo si stava rimettendo in piedi con l'aiuto dell'amico.
Lo raggiunsi e gli diedi un pugno in faccia, facendolo cadere di nuovo, assieme all'amico che lo stava trattenendo.
«Sei fortunato che non sia autorizzato a mutilarti.» gli dissi chino su di lui con le mani a trattenere la parte anteriore della maglia.
Poi mi rialzai raggiunsi Arianne e le presi il polso per poi trascinarla fuori dal locale.
Continuai a trattenerla anche quando non rischiavamo più di perderci a vicenda in mezzo alla folla.
Arianne era stranamente silenziosa, così rallentai per controllare che fosse tutto a posto.
Lei stava sorridendo ampiamente, anche se cercava di trattenersi, coprendosi inutilmente la bocca con la mano libera. Sembrava parecchio divertita da qualcosa.
«Perché stai sorridendo?» le chiesi.
A quel punto lei iniziò a ridacchiare.
Okay, mi stavo spaventando. Aveva fumato qualcosa inavvertitamente?
Arianne si coprì gli occhi e poi si accarezzò la guancia, senza smettere di ridacchiare in quel modo strano.
«Stai bene?» chiesi.
«Sì, sì, sto una favola!» squittì tutta allegra.
Mi fermai e la presi per le spalle, fermandola.
La fissai negli occhi, cercando di capire se fosse lucida.
Lei smise di ridere per poi coprirsi il volto con entrambe le mani.
«Sicura di stare bene?» chiesi afferrandole le mani per liberarle la faccia.
«Sto benissimo!» esclamò liberandosi dalla mia presa per poi correre davanti a me, saltellando.
«È che sono così felice!» disse voltandosi e incrociando le mani dietro la schiena.
Aveva i lampioni in controluce che le creavano una sorta di aureola bianca attorno ai capelli dorati acconciati in cima alla testa.
«Sei stato così figo là dentro. È stato carino quello che hai fatto per me.» affermò.
«Oh! Quello.» mormorai distogliendo lo sguardo.
Ripensandoci ero stato veramente troppo precipitoso. James non avrebbe mai perso il sangue freddo, nemmeno in una situazione del genere.
Dovevo realmente lavorare sui miei impulsi.
«Meglio non dire a nessuno che ho preso a pugni un Popolano. Altrimenti non ci farebbero più tenere l'Element.» commentai raggiungendola.
«E cosa c'entra?» chiese.
«Si suppone che almeno il leader della squadra Élite sia in grado di controllarsi sempre. Se non riesco nemmeno a trattenermi davanti ad un pervertito cosa mi impedisce di cedere alla tentazione dell'Element?» commentai.
«Tu potresti farcela, credo in te. E poi quel tipo se lo meritava.» disse lei.
«Sophie era la persona più allenata della storia della B.L.C. e ha ceduto all'Element, anche se per poco. Non sono migliore di lei. A detta dei russi ci vuole un buon equilibrio tra costanza e incostanza per sviluppare una resistenza maggiore. E comunque non è il tipo che mi ha fatto perdere lucidità. Sei stata tu.» affermai.
«I-io?» balbettò.
«Nessuno allunga le mani sulla mia Arianne Barker, non è così?» dissi con affetto.
Arianne distolse lo sguardo.
«Suppongo sia così.» mormorò.

La mattina seguente mi alzai alla buon ora.
La valigia e il borsone erano pronti, pieni dello stretto necessario, quindi provvisto dei miei manga ancora da leggere e qualche album da disegno.
Fortunatamente non sono un grande amante dei colori e preferisco di gran lunga utilizzare solo matita e carboncino.
Oh, e anche tutti i vestiti e biancherie, già.
Controllo l'ora e poi raggiungo il primo cassetto della scrivania.
Il cofanetto bianco e rigido sembra pericoloso posto sopra tutti i quaderni e altre cose di cancelleria.
Lo afferrai e lo aprii con cautela, rivelando il ciondolo contenente il materiale più pericoloso al mondo.
Percepivo il suo grande potere e non potei non ammettere di essere elettrizzato all'idea di poterlo portare.
Indossai la collana e poi uscii dalla stanza.
Raggiunsi il bunker senza impazzire. Ero a buon passo.
C'era da dire che il vero potenziale dell'Element era parecchio limitato dal contenitore trasparente e non era allo stato naturale, quindi il potere non era particolarmente forte.
Però ero curioso. Se quella collana dava il potere di un Geminus, cosa comportava con me che sono effettivamente un Geminus anche senza l'oggetto?
«Allora? Sei ancora sano di mente?» mi chiese la voce di Cray alle mie spalle.
«Preoccupati per te stesso.» commentai controllando se le mie due compagne di classe fossero arrivate.
La B.L.C. ci aveva negato l'autorizzazione sul get privato, quindi eravamo costretti a prendere un aereo Popolano. Per questo speravo si muovessero, non volevo certo perdere il volo.
Siccome i fondi della B.L.C. erano volati per lo più verso le ristrutturazioni delle Basi, verso i contributi sociali e ricerche, avevano dimezzato la generosa quota che fino a sei anni prima era usufruibile ai Imperium.
Quindi quando si poteva, si usavano mezzi più economici.
Inoltre non avevamo uno spazio sicuro in Italia dove atterrare senza destare sospetti.
Arianne e Tiara comparvero assieme, trascinandosi dietro le rispettive valigie. Quella di Arianne era particolarmente vistoso nel suo rosa. Tra l'altro anche il suo abbigliamento giocava tra il rosa e il nero, mentre Tiara era come al solito sepolta nei suoi colori neutri e l'inseparabile giacca di pelle bordeaux.
«Prima partiamo, prima arriviamo.» commentai mentre le ragazze si avvicinavano.
«Tecnicamente quello che hai detto è scorretto, considerando che l'aereo ha il suo preciso orario di partenza. E poi abbiamo i posti segnati. Non c'è nessuna fretta.» sentenziò Tiara che mi sembrava fin troppo saputella e saccente per essere una che la sera prima aveva deciso di fare la spogliarella.
Alzai gli occhi al cielo.
«Bene. Ary, appena saliremo sull'aereo ti darò l'Element, dovrai tenerlo tu per tutto il viaggio. Poi lo darai a Tiara.» la istruii. Ma Arianne mi fissava assente con un sorriso.
«Ary!» esclamai.
«Cosa?!» replicò confusa trasalendo.
«Ben tornata dalle nuvole, hai sentito quello che ho detto?» le chiesi pazientemente.
«Certo!» affermò fissandomi.
Sostenni lo sguardo e inarcai un sopracciglio.
«Insomma, forse.» disse continuando a tenermi testa.
Piegai la testa e le labbra in una smorfia di disappunto.
«Okay, non stavo ascoltando.» mormorò affranta.
Sentii un improvviso bisogno di muovermi, una fretta che mi fece accelerare il cuore.
Abbassai lo sguardo e mi voltai, cercando di calmarmi.
Le mie dita iniziarono a formicolare come attraversate da un'energia tangibile.
Poi ad un tratto, mentre raggiungevo la mia postazione sul minivan della B.L.C., ebbi una strana sensazione.
Per un momento avevo iniziato a vedere il mondo a strati. Era come percepire qualcosa talmente chiaramente da poterlo rendere solido.
In quel breve momento, ebbi la certezza di poter dominare qualsiasi aria, gas e persino la gravità. Anzi, essere essi stessi.
Ma il momento svanì, non appena fui seduto sui sedili posteriori e Arianne si mise accanto a me, con la spalla premuta contro la mia.
«Tutto bene?» mi chiese lei.
«Sì, perché?» chiesi.
«Non so, stai sudando.» fece.
«È che fa caldo.» replicai.
«Suppongo che essere te faccia questo effetto.»
«Come?»
«Niente.»
Già, ma ero certo che non fosse niente. Era l'Element. E mi piaceva.

L'Element mi aveva fatto sentire stabile e sicuro per la prima volta in vita mia. Mi aveva fatto credere di poter controllare l'incontrollabile e l'imprevedibile. Mi aveva dato solidità nell'aeriforme. E quello che avevo sentito era solo un assaggio del poco Element che avevo.
Non immaginavo come potesse essere quello allo stato naturale.
Ero così concentrato sull'Element che mi portavo appresso che non sentii nemmeno l'attesa e l'entrata nei gate. Mi resi conto che stavamo effettivamente partendo per l'Italia, un paese che si trovava su un altro continente oltreoceano, solo quando mi fui seduto al mio posto.
Tiara era al mio fianco e dall'altra parte, accanto al finestrino, c'era Rose.
Arianne era imboscata in qualche posto centrale assieme ad Eloise e Cray.
I sedili erano confortevoli e più larghi di quanto avessi pensato e davanti a noi, oltre alla solita tavoletta del cibo, c'era un microtelevisore con annessi alcuni film. Tutto preparato per un lungo viaggio per la Berlino. Infatti da lì in poi avremmo dovuto prendere un altro aereo per arrivare a Milano.
Mio fratello aveva detto che sarebbe venuto a prenderci lui.
Attesi che tutti i passeggeri fossero saliti a bordo prima di raggiungere Arianne per consegnarle l'Element.
«Qui mi arriva l'aria direttamente sul collo!» stava dicendo Eloise che era seduta al centro, tra Arianne e Cray.
«Non dovrebbe essere un problema per un'Imperium dell'aria.» disse Cray.
«Oppure, più semplicemente, potresti spegnere questo.» affermai allungando una mano verso il pannello sopra di loro.
«Sta attenta Ary.» le dissi mentre le consegnavo l'Element.
Sentivo una certa riluttanza a lasciare la presa però.
«Tranquillo.» replicò lei sorridendomi ampiamente.
«Tanto che ci sei, consegni il mio a Rose?» intervenne Cray.
«Per favore» aggiunse sorridendo.
Mai visto sorriso più falso.
Glielo strappai di mano e di nuovo fui invaso dalla sensazione che mi aveva preso al Bunker.
Sarebbe stata veramente difficile gestire sia l'Element e la squadra... Per non parlare di mio fratello.

Appena uscito dai gate, scorsi mio fratello tra le persone con il cartello.
Sul cartello c'era scritto:"Sono un bignè e aspetto gli altri bignè".
Nemmeno il tempo di godermi la sensazione di essere in un paese straniero che già volevo tornarmene a casa.
Mi avvicinai rigidamente verso di lui e coprii il più possibile il cartello imbarazzante, il mio gesto strappò delle risate ad alcune persone.
«Puoi evitare?» sbottai semplicemente.
«Nick!» esclamò Eli tutto sorridente e felice. Ero diventato più alto di lui negli ultimi tempi e, non vedendolo da molto, la cosa mi destabilizzò leggermente.
Avevo odiato profondamente mio fratello, anche se ora è passato.
Era diventato la causa di ogni mio dolore e sofferenza.
Eppure non potevo negare quella parte di me che teneva ancora a lui.
All'epoca, durante i primi giorni di terapia dopo essere rimasto il superstite di Susan Blackwood, mi permisero di andarlo a trovare, dopo avermi detto dell'incidente.
Io non volevo andarci, ma poi mi convinsi di raggiungerlo.
Cioè che vidi fu solo mio fratello tenuto dalle cinghie del letto d'ospedale, che gridava e urlava di dolore.
Non capivo se era un problema mentale per quello che aveva subito o il dolore agli occhi fosse veramente così lacerante.
Scappai da quella visione e lui non seppe mai che lo ero andato a trovare.
Per un periodo mi ero persino convinto che se lo fosse meritato.
Poi, quando iniziò la guerra, nel mio cuore sentii il bisogno di partecipare. Non era solo voglia di combattere i cattivi, il bisogno di essere utile come era stato per Arianne. L'avevo letto nei suoi occhi altruisti che era quello che la spingeva a voler partecipare alle battaglie.
Ma io... Io volevo solo uccidere Susan. La volevo uccidere perché aveva strappato tutto alla persona che più odiavo. Non aveva senso.
Rivedere Eli era stata la cosa più dolorosa che mi potesse capitare.
Ero diviso tra il rancore per lui, per avermi abbandonato, per aver ucciso la mamma portandomi via da lei e la pena che provavo per la sua cecità, di tutto il dolore che lui aveva dovuto sorreggere sulle spalle, la felicità di poterlo rivedere. Eppure lui non mi vedeva più.
«Caspita! Quanto sei cresciuto!» esclamò appoggiando affettuosamente una mano sulla mia spalla.
«Ehi! Ciao ragazzi! Da quanto tempo non ci si vede, eh?» esclamò affacciandosi oltre di me verso gli altri, come se li vedesse per davvero.
«Salve, Mr. Twain!» esclamò Tiara arrossendo.
Mio fratello era considerato ancora il più forte Imperium della terra, quindi non poteva non essere l'idolo della mia compagna di squadra.
«Eli, chiamami Eli, Tiara.» insistette lui mettendosi il cartello sotto braccio.
«Carino il cartello.» commentò Cray. Lo disse senza sarcasmo, ma ce lo lessi comunque.
«L'ha scritto Court. Non mi ha detto cosa c'è scritto. Dice che sarebbe stato impossibile non notarlo.»
Vidi Rose ed Eloise guardarsi come per consultarsi se rivelare o meno a mio fratello la verità.
«Vero. Suo fratello l'ha notato subito dopotutto» commentò Cray. Arianne gli diede una gomitata nelle costole.
Eli rise.
«Non voglio sapere. Sarà qualcosa alla Court, comunque andiamo, c'è la macchina che aspetta.» disse Eli voltandosi.
«Lei è venuto con la macchina?» chiese Rose stupita e confusa.
«Hai mai visto un cieco al volante?» commentò Arianne. Poi si tappò la bocca con entrambe le mani, temendo di esser stata indiscreta.
«Non sarebbe impossibile per me guidare. Ci vuole solo un po' più di concentrazione. Io non devo per forza toccare il terreno per sentirlo.» spiegò Eli.
Quindi era migliorato fino a questo punto?
«E come fa esattamente?» chiese Tiara incuriosita.
Mio fratello si voltò verso di lei.
«Vedo che porti l'Element.» disse.
Lui e la sua mania di usare termini sulla vista.
«Sì, è un nostro esercizio per abituarci ad esso e il suo potere.» replicò Tiara, anche se vedevo dal suo sguardo che in realtà avrebbe preferito che mio fratello le rispondesse.
«Interessante.» commentò lui.
«Come per gli Imperium dell'acqua che sentono la presenza del proprio elemento per poterlo evocare. Stessi principi applicati su un elemento diverso.» spiegò poi mio fratello sempre facendoci strada verso l'uscita.
Era parecchio ironico che un gruppo di persone avesse come capo fila un non vedente.
«Ed è una cosa possibile per un comune Imperium di terra?» chiese Tiara.
«Non saprei, la mia percezione del mio potere è diversa dalla vostra. I Geminus lavorano su un piano con differenti limiti e regole.» affermò.
Tiara parve delusa.
«Scusa, ma se abbiamo l'Element a nostra disposizione... Potresti aiutare Tiara ad allenarsi come un Geminus.» intervenne Arianne.
«Non siamo autorizzati ad utilizzarlo.» mi affrettai ad intervenire prima che a mio fratello venisse voglia di "fare una gentilezza" e aiutare Arianne.
«Il nostro Element ha solo lo scopo di fortificarci alla dipendenza.»
«Appunto per questo secondo me FireLiz avrebbe ragione. Dobbiamo imparare a non dipendere da esso, e quale modo migliore per abituarci se non utilizzarlo?» intervenne Cray.
«Non ci sono se o ma. Non si può utilizzare e basta. È troppo pericoloso.» dissi. Eppure non sembravo sicuro come al solito.
«Se ci riescono i russi cosa impedisce a noi di riuscirci? Considerando poi che siamo stati preparati sia fisicamente che mentalmente fin da giovani. E poi se qualcosa va storto c'è sempre Eli che ci può fermare. È solo Elements normale. Non è allo stato naturale e fa meno danni. Il potere di Eli è sufficiente a fermarci, considerando che ha pure l'esperienza dalla sua parte.» insistette Cray con tono annoiato.
Era così convincente che non riuscivo a trovare un modo per negare. Anche perché avevo veramente voglia di utilizzarlo pure io.
«Utilizzare l'Element non è qualcosa che si prende così alla leggera. Se alla B.L.C. ve li hanno consegnati, significa che si fidano di voi e del vostro giudizio.
L'abitudine è una cosa che non va sottovalutata, se proprio insistete ad utilizzarlo fatelo, non sono la B.L.C., non posso negarvelo. Però accettate un mio consiglio. Fatelo solo se necessario. Anche in quello stato, il suo potere è distruttivo.
E poi non sapete nemmeno il vostro ascendente. Oh, siamo arrivati.»
Eli si diresse verso un minivan grigio e anche piuttosto sporco, parecchio diverso dai pulitissimi e lucenti mezzi della B.L.C., in sosta sul marciapiede che causava parecchi disguidi a pedoni e ad altre auto.
Mio fratello tiro fuori il suo bastone, inutile, da vista.
«Ohi, Eli! Sei davvero riuscito a recuperarli! Sei il cieco più impressionante del mondo!» esclamò l'uomo grosso e peloso alla guida, in italiano.
«Grazie per averci aspettato, Gianluca» replicò il mio fratello.
Aveva uno strano accento quando parlava in italiano, sembrava avesse il raffreddore.
«Mettere borse dentro borsaiaio» ci disse l'autista.
«Che?» chiese Arianne.
L'uomo peloso dalla barba nera indicò il bagagliaio con il pollice poi le nostre valige.
«È il mio vicino di casa. Siccome Court non è ancora tornata dal suo tour ho chiesto a lui di accompagnarmi.» ci spiegò mio fratello.
«Piacere di conoscerla.» vidi Cray attaccare bottone con facilità.
Iniziò a snocciolare tutto ciò che aveva imparato in quelle poche lezioni avute con Frost e quei rimasugli base insegnateci all'epoca degli Iniziati. Così facendo riuscì a intrattenere una conversazione di almeno cinque minuti con quel Gianluca finché non concluse con un comodissimo "non capisco, scusa".
Trovammo qualche difficoltà a entrare tutti e sette in macchina, considerando che i posti dietro erano occupati dalle valigie.
Così Arianne, che era la più minuta, mi finì in braccio.
Una volta saliti e partiti, scoprimmo che per Gianluca la barriera linguistica non era affatto un problema, quel che non riusciva a dire o spiegare lo compensava con gesticolazioni esagerate che facevano ridere le ragazze.
Gianluca era un muratore, per questo era così abbronzato nonostante il periodo dell'anno. Era un genere di colore che nonostante fossi californiano non sarei mai riuscito a raggiungere.
Viveva solo con la moglie e la figlia e ci fece un lungo discorso sul fatto che la figlia avesse preso il cognome della madre. Non compresi bene se avesse insistito tanto perché non era d'accordo o perché ne era immensamente felice.
Poi parlò dell'Italia e delle sue meraviglie e in seguito di quanto fossero adorabili i suoi vicini, ovvero di mio fratello e Courtney.
Mio fratello ogni tanto ci traduceva quel che diceva perché Gianluca infilava parole italiane tra un discorso e l'altro, parole che sicuramente non ci avevano insegnato a lezione.
La lingua italiana era molto più affascinante di quanto le lezioni potessero mai essere.
Ogni tanto mi concedevo di guardare fuori dal finestrino, anche se con Arianne addosso e i suoi capelli che mi arrivavano in faccia per via del finestrino anteriore aperto era complesso.
I paesaggi mutavano molto frequentemente, si passava da alberi a case nuove, palazzi, strani edifici a case in rovina in un attimo.
Ma nonostante ciò quel posto mi piaceva. Aveva un che di caotico allegro e antico. Popolano.
Il viaggio durò circa un'ora e in quell'ora Gianluca aveva raccontato tutta la sua vita.
Fortunatamente, arrivammo a destinazione senza dargli il tempo di chiederci di noi.
Quando scesi dall'auto mi stirai indolenzito.
«Scusa.» commentò Arianne mentre mi scrollavo una gamba addormentata.
«Per cosa?» le chiesi.
«Sono pensante e ti sto sempre sopra.» affermò. Poi arrossì di botto. «Ecco, mi è uscita un po' male però hai capito il contesto» farfugliò agitando le mani.
Inarcai un sopracciglio.
Ma che farnetica?
«Ary, è tutto apposto, il viaggio è stato lungo per tutti, entriamo.» le dissi mettendole una mano sulla spalla.
Lei fissò la mia mano, poi continuò a fissare la spalla anche quando andai a recuperare la mia valigia.
Il quartiere in cui viveva mio fratello era alle periferie di Milano.
Si era trasferito da poco, considerando che prima viveva a Roma.
Era un paesino tranquillo con un gruppo di case popolari parecchio carine, ognuna con il suo stile. Si trovava a due strade dai palazzi più alti e da una specie di bosco dalla sterpaglia indomabile.
La casa di mio fratello era all'angolo della strada, o dovrei dire vicolo considerando quanto è stretto, ed era piccola ma graziosa, con il muro di un giallo tenue. Aveva due piani si poteva raggiungere quello superiore anche da delle scale esterne.
Superammo lo stretto cancello e ci trascinammo tutti dentro la casa di mio fratello con l'aiuto del buon vecchio Gianluca.
Sulla porta era appesa una ghirlanda fiorita di metallo con al centro "Benvenuti" scritto elegantemente in corsivo.
Eli aprì la porta, ma non prima di aver aperto un siparietto, a beneficio del vicino, sulla sua incapacità di riconoscere le chiavi e di trovare a tastoni la serratura, quando sapevamo tutti che non ne aveva di questi problemi.
«Benvenuti in Italia.» disse tutto allegro mio fratello una volta varcata la soglia di casa.

Angolo Autrice

Scusate immensamente per il ritardo, ma sono occupata con lo studio quindi ho relativamente poca vita.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, siamo ormai in Italia e dal prossimo capitolo entreranno in scena Anche altri personaggi italiani! Non vedo l'ora di farveli conoscere!

Quando mi era mancato Eli! Sarà un personaggio molto presente nel periodo italiano per mia grande fortuna!

Qui sotto ho fatto un disegno dei personaggi in versione Alice nel paese delle meraviglie. Ovviamente non ci sono tutti ma arriveranno anche gli altri... Quando avrò il tempo di disegnarli.

Ciao ciao

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