10. Ary: Non è un granché

«Come ti sembra Nathan Harrison come nome?» chiese con le mani intrecciate dietro la testa.
«Non è un granché.» commentai piatta.
«E Nathan Ellis?» chiese ancora.
«Pensavo odiassi i tuoi veri genitori, perché me lo chiedi?» replicai accelerando il passo per raggiungere il suo fianco.
«Almeno hanno qualche valore in più di Cray, dato che non sento niente per questo cognome.» commentò.
«Ma prima di Cray non hai avuto alcun cognome, giusto?» chiesi.
«Nessuno.» confermò.
Accelerai di due passi e mi voltai verso di lui con le mani allacciate dietro la schiena.
«Non importa che cognome hai. Tanto per me sei solo il Rubinetto perdente.» gli dissi. Poi sorrisi e mi fiondai verso le scale della metro.
Prima che potessimo salire venimmo circondati da alcuni individui vestiti di abiti neri. In silenzio ci guardarono e si avvicinarono piano piano. I Popolani lanciavano solo sbieche occhiate per poi tornare a farsi gli affari loro.
Il Rubinetto mi prese per un polso.
«Non reagire.» mi avvertì.
Per una volta gli diedi ascolto.
Non ero così scema da far sfogo ai miei poteri con tutti quei Popolani e senza un Mini-Flash a portata di mano.
Seguimmo quei uomini in silenzio su per le scale.
Poi ci fecero salire su un'auto nera.
«Vi manda Harrison?» chiese Nathan con tono fermo.
L'autista non replicò.
Non impiegammo molto a giungere a destinazione, ovunque essa fosse.
Ci aprirono la porta dell'auto.
Un uomo con gli occhiali da sole mi fece il cenno di scendere.
Lo feci.
Mi trovavo dinanzi ad un edificio alto e bianco, dotato di finestre riflettenti che rispecchiavano alla perfezione il cielo azzurro.
Il Rubinetto fu immediatamente al mio fianco.
Ci fecero salire sull'ascensore.
I numeri lampeggiavano, aumentando di numero finché non si fermarono all'ultimo.
Appena le porte dell'ascensore si aprirono ci ritrovammo in un'ampia sala dal pavimento lucido e bianco. Le uniche macchie di colore erano la segretaria dietro il bancone con l'abito nero in tinta con la sedia girevole sulla quale era seduta. Il resto era tutto bianco, compresi i divanetti del piccolo atrio alla destra. Sulla sinistra, invece, c'era un grande portone con doppi battenti, bianco anch'esso e praticamente fuso col muro.
«Penso che mi piacerà distruggere questo posto» sussurrai al Rubinetto.
«Idem» replicò lui sorridendo.
La segretaria si staccò dalla sua sedia e si avvicinò per aprirci la porta.
Mi aspettavo il vecchio del Rubinetto, che effettivamente c'era, ed era in piedi dietro una figura seduta di spalle, affacciato su un panorama da vertigini dall'alto della sua postazione.
Dall'altro fianco c'erano due uomini vestiti esattamente come i tizi che ci avevano scortato fin lì.
«Sì, è proprio questo ragazzino.» disse il verme che aveva dato alla luce il Rubinetto.
«Harrison, Harrison, Harrison... Tutto questo trambusto solo per via di un bambino?» commentò la voce calma della sedia.
Si girò verso di noi.
Un ragazzo sui venticinque anni ci sorrise da sotto gli occhiali squadrati.
I capelli mossi gli arrivavano indomabili fini alle spalle ed erano trattenuti da un semplice elastico.
«Mi sembra di avervi già visto da qualche parte. Ci conosciamo?» chiese con voce piatta e calma.
Scattò in piedi e girò attorno la scrivania, squadrandoci da capo ai piedi.
Anche a me sembrava di averlo già visto da qualche parte.
«Perché portarci fin qui?» chiese il Rubinetto.
«Oh, niente di speciale. Ho fatto un favore al mio socio d'affari. Lui ha fatto qualcosa per me e io ricambio con qualcos'altro.» commentò il ragazzo agitando la mano tranquillamente.
«Però mi sembra eccessivo, Harrison. Cosa vuoi fare loro?» chiese il ragazzo al vecchio balordo.
«Mr. Smith, questo ragazzino ha violato la mia privacy, mi ha umiliato e ferito. Lei puoi anche tenertela ma voglio che lui soffra, in modo che capisca con chi abbia a che fare» affermò l'uomo.
Fui veramente disgustata dalle sue parole che non potei non intervenire.
«È tuo figlio! Schifoso vecchio pelato! Ha tutto il diritto di prenderti a pugni!» esclamai puntandogli un dito contro.
«Stai zitta stupida ragazzina! Non sono affari tuoi!»
Il ragazzo in completo scosse la testa e rise, facendo zittire sia me che l'uomo.
«Andiamo Harrison, un figlio? Sul serio? Sei proprio un bravo contadino, eh?» commentò con ironia.
«Mr. Smith, sicuramente mentono. Non può essere mio figlio. Vuole solo ricavare qualcosa da me. Ma non glielo possiamo permettere!» esclamò l'uomo corrucciando la fronte.
«Se ti ha preso a pugni penso che essere tuo figlio sia un buon motivo per farlo, non è così?» chiese Smith con la voce più bassa e con un filo di minaccia.
Infatti il padre del Rubinetto tremò e si zittì a pugni stretti.
«Però un favore è un favore. Quando si è uomini d'affari bisogna accettare di vendere l'anima al diavolo e di fare cose deplorevoli. Anche picchiare un ragazzino.
Janis, cerca di non fargli troppo male e fai in modo che Harrison sia soddisfatto.» concluse Smith tornando dietro la scrivania e girando nuovamente la sedia per darci le spalle.
Evidentemente non voleva guardare quello schifoso verme.
Uno dei due uomini avanzò verso di noi facendo scrocchiare le nocche.
Ma non diedi a nessuno il tempo di godersi il Rubinetto a prendersi un pugno nello stomaco che ero già addosso all'uomo. Gli saltai al collo e torsi il corpo, sfruttando la forza dello slancio per puntarlo a terra. Poi veloce saltai sulla scrivania e con una capriola a mezz'aria buttai a terra anche il vecchio pelato.
Tirai indietro il pugno chiuso, pronta a colpirlo su quel muso spaventato e spaccargli il naso, ma qualcuno mi afferrò per il polso e mi trascinò indietro violentemente.
Una mano incandescente minacciava di bruciarmi la faccia.
Era l'altro bodyguard.
Imperium pensai.
«Molla l'osso ragazzina. Vedo che te la sai cavare bene, ma non puoi farcela con qualcuno con i poteri del fuoco.» disse il bodyguard compiaciuto come se fosse sicuro di avermi in pugno.
«Che ne dici di un po' di ghiaccio per gelare questa calda situazione?» sussurrò il Rubinetto comparso ad un tratto alle spalle del bodyguard, avvinghiato a lui come se lo stesse abbracciando ma con una punta di ghiaccio affilato tra le mani a puntargli il collo.
«Siete Imperium.» disse la voce di Smith ad occhi sgranati.
Anche l'uomo pelato a terra era sconvolto e notai con crudele divertimento che era così impaurito da aver bagnato i pantaloni.
«Beccati.» dissi sorridendo prima di accendere le fiamme.
Da quel momento in poi ci fu un putiferio.
Io e il Rubinetto ingaggiammo una lotta accesa contro i due bodyguard che erano entrambi Ignis. Quel genere di persona che faceva sfigurare il mio elemento.
Riscaldai la situazione mentre Harrison si rannicchiava in un angolo a tremare, tendando di proteggersi con le mani sulla testa.
Uno dei bodyguard mi bloccò da dietro, serrandomi in una presa ferrea che mi bloccò la respirazione.
«Fermatevi.» disse categorico Smith quando il Rubinetto era sul punto di spezzare il braccio al bodyguard.
«Lasciala andare Janis.» il bodyguard mi lasciò immediatamente.
Allora quel che si diceva tra la B.L.C. era vero. Molti dei Ribelli avevamo messo a disposizione i loro poteri al miglior offerente.
«Siete della B.L.C.» sussurrò l'uomo.
Poi ad un tratto il vetro s'infranse. I cocci volarono ovunque io mi chinai per proteggermi.
Qualcuno si alzò da terra e si spazzolò tranquillamente i vestiti, mentre dall'alto del palazzo entravano folate gelide di vento.
«Mi spiace per le finestre Mr. Smith.» commentò Nick sorridendo modestamente all'uomo che guardava a bocca aperta i vetri infranti.
«Era vetro rinforzato! Non è certo fatto di zucchero!» esclamò allargando le braccia Smith.
«Be', io sono un Imperium rinforzato. Direi che le cose in questo modo acquistino un senso.» commentò Nick guardandosi attorno.
«In realtà non pensavo di fare tutto questo baccano...» aggiunse.
«Nick!» esclamai tutta felice correndogli incontro e abbracciandolo di slancio.
«Felice di vedere che stai bene, Ary. Ma sei in grossi guai.» mi bisbigliò all'orecchio prima di lasciarmi andare.
«Temo che ci sia stato un fraintendimento, Mr. Smith. La B.L.C. le porge le sue più sentite scuse.» affermò Nick educatamente.
«Ti rendi conto, ragazzo, che il danno più grande l'hai fatto tu?» chiese Smith a braccia conserte.
«Ho avuto qualche problema ad entrare nel palazzo e sono quindi ricorso a misure drastiche. Se l'incomprensione fosse durata tenevo per l'incolumità dei miei amici.» affermò.
«Ce la stavamo cavando benissimo prima del tuo arrivo.» commentò il Rubinetto.
Nick gli lancio un'occhiataccia.
«Non avrei fatto nulla di particolare. Sono della B.L.C. e nei miei accordi non devo più avere alcun rapporto con i loro membri.» commentò Smith tornando a sedersi dietro la scrivania, con il vento che gli scompigliava i capelli. Ma lui sembrava stare comodo.
«C'è anche un altro motivo per cui mi trovo qui, Mr. Smith. Sarebbe disposto a incontrare il dirigente Steel? Vorrebbe trattare con lei dei suoi... Traffici»
«Non se ne parla. I patti sono patti. Io lascio in pace voi e mantengo un profilo basso e voi mi lasciate in pace.» disse Smith.
«Mr. Smith, le assicuro che non si tratta di niente che le possa nuocere gli affari.» insistette Nick.
«Il signor Harrison qui presente se l'è fatta addosso dalla paura, perché non lo portate alla B.L.C. per fargli il lavaggio del cervello? Guardate, ho deciso di semplificarvi la vita facendovi prendere la strada più breve che il qui presente ragazzo ha appena aperto.» disse. Ed un secondo dopo il piagnucolante vecchio Harrison era stato buttato fuori dalla finestra rotta grazie ad un controllo perfetto dell'aria. Poi, prima che potessimo anche solo reagire, anche io, Nick e il Rubinetto venimmo buttati fuori.

Nick la prese molto meglio di tutti noi altri. Mentre precipitavo nel vuoto e il terreno di avvicinava pericolosamente a me, Nick si era appiattito perpendicolarmente, in modo da raggiungere più velocemente Harrison grazie alla gravità.
Anche io cercai di riprendermi, attivando il mio vistoso elemento e combattendo la gravità con la mia forza riuscii a riequilibrarmi in aria e a rallentare la caduta.
Il corpo del Rubinetto invece mi superò velocemente.
Realizzai che lui probabilmente non aveva alcun modo per attutire la sua caduta e così mi fiondai verso di lui e lo presi per un braccio. Ma il suo peso continuava a trascinarmi verso il basso.
Spinsi con tutte le mie forze finché finalmente riuscimmo a rallentare abbastanza da fare una caduta meno dolorosa.
I nostri corpi colpirono duramente l'asfalto e l'impatto ci fece rotolare di diversi mentre.
Faticai a riprendermi dal dolore.
«Ehi, grazie per avermi salvato, FireLiz» disse il Rubinetto divertito steso sopra di me.
Mi sorrise e mi fece l'occhiolino.
«Ma levati.» sbuffai spingendolo via.
Mettendomi seduta realizzai di essermi strappata i pantaloni e scorticata la pelle delle gambe e delle braccia.
Bruciavano, ma non sembravano danni particolarmente gravi.
Provai a mettermi in piedi per vedere se si era rotto qualche osso, ma stavo benissimo nonostante la brutta caduta.
«Non posso credere che ci abbia buttato giù dall'ultimo piano di un palazzo. È fuori di testa!» esclamai.
«Philip Smith non è una persona molto socievole.» convenne Nick avvicinandosi a noi.
Lui era messo bene, non aveva nemmeno un capello fuori posto. Però c'era da dice che lui era sempre messo bene per me.
«Philip Smith? Mi sembra di aver già sentito questo nome... Non era un Ribelle?» chiesi.
«Non era un semplice Ribelle. Era una spia collocata nella B.L.C. come un tumore nascosto. È una persona scaltra e intelligente che non va assolutamente sottovalutata. Al termine della guerra contro Susan ha firmato un patteggiamento in cui giurava di non aver più niente a che fare con la B.L.C. e i suoi affari se avesse potuto esercitare senza problemi l'attività di famiglia. Però ora avremo bisogno del suo aiuto e come vedete non ha molta voglia di cooperare.» mi spiegò Nick.
«Dov'è quel vecchio che ha buttato giù? Sei riuscito a salvarlo?» chiese il Rubinetto per nulla interessato al tizio che lo aveva appena buttato giù da dieci piani di altezza.
«L'ho steso su quella panchina. È svenuto durante la caduta.» replicò Nick indicando una piccola piazzola piena di piccioni su cui c'erano delle panchine.
«Ma ora non è il momento di perdersi in chiacchiere. Meglio usare il Mini-Flash sulle persone che ci hanno visto precipitare.» continuò Nick.
«Come facciamo con lui? È svenuto non può subire il trattamento.» chiesi indicando l'uomo viscido.
«Io lo lascerei così. Tanto se lo dicesse in giro lo prenderebbero solo per pazzo.» affermò il Rubinetto.
«No, meglio portarlo alla base con noi. Vedere una cosa del genere, non venire creduti e senza approfondimenti utili, sono cose che potrebbero portarlo alla pazzia.» Nick tirò fuori il Flash dalla tasca interna della giacca che portava.
Il Rubinetto non aggiunse altro, ma seguì Nick per aiutarlo nella rimozione dei ricordi.

Mr. Stark era in piedi davanti a me e mi guardava severo.
Non riuscivo a sostenere quegli occhi castani delusi di solito gentili.
«Arianne...» prese a parlare e a girare intorno alla sedia dell'interrogata, ovvero io.
Sembrava sul punto di continuare ma ripeté nuovamente il mio nome.
Sembrava non sapere cosa dire.
L'avevo deluso proprio tanto.
«Perché?» chiese infine.
Bella domanda.
Potevo dirgli che Nathan Cray mi sembrava sospetto, ma poi la conversazione sarebbe corsa a due possibili vie. O mi avrebbe accusata di accuse infondate su un compagno, o di azione sconsiderata anche se fosse stato vero. Bisognava sempre avvertire qualcuno prima di partire in quarta.
Sospirai.
«Mi dica la punizione. Me la sono meritata. Però voglio che sappia, Mr. Stark, che mi dispiace veramente tantissimo.» dissi abbassando lo sguardo.
«Ho la punizione perfetta per te.» annunciò lui come se non aspettasse altro.
Repressi un lamento dal profondo della gola e uscì fuori uno strano verso. Ma Mr. Stark parve non accorgersene.
«Questo compito lo dovevo fare io, ma lo passo volentieri a te e ad un'altra furbacchiona come te. Naturalmente, anche se avrete questo lavoretto in più non dovrete mancare alle lezioni e fare i compiti, sia chiaro.» disse Mr. Stark.
«Quali compiti? Mancano tre giorni alla partenza.» non riuscii a trattenermi dal dire.
«Essere in missione non significa smettere si studiare.» disse Mr. Stark.
Sospirai affranta.
«Di cosa si tratta? E con chi dovrei fare questa cosa?»
«Fra mezz'oretta arriveranno alcuni membri della S.S.U. Sono qui per la vostra copertura in Italia. Prenderanno il vostro posto nelle scuole.» mi spiegò.
«Quelli dell'Organizzazione Russa?» chiesi incuriosita.
Annuì.
«La signorina Cray la sta aspettando all'ingresso.» annunciò infine Hiram Stark facendomi un cenno per andarmene.
Senza aggiungere altro e felice che finalmente mi avesse lasciata andare, mi fiondai fuori dalla porta mentre Mr. Stark mi gridava dietro:«Che non si ripeta più!».
La punizione mi era andata anche bene. Dovevo solo accogliere qualche russo. Sono una persona socievole, non sarebbe stato un problema.
Quando arrivai all'atrio, non c'era nessuna Abigail Cray ad aspettarmi, così fui costretta a fare dietrofront per andarla a cercare.
Non sarebbe stata difficile trovarla, appariscente com'era.
Passai in mensa e anche in biblioteca, senza scorgere tracce di lei. Poi mi diressi nella sala relax, che solitamente era poco frequentata, tranne che da noi Senior.
Dentro c'erano alcuni dei ragazzi, tra cui i Gemelli, Tiara e Ian e altri individui che non conoscevo.
«Ohi! Papà ha finito di strigliarti?» chiese Alan accorgendosi di me. Stava giocando a carte con il fratello e stava perdendo.
«Concentrati Al, papà non è mai troppo severo con lei. Sta bene.» lo rimproverò Albert.
«Ho sentito dire che ti piacciono bad boy.» stava intanto dicendo Ian a Tiara occupata a scrivere qualcosa su un foglio.
«Io sono un bad boy, sai? Albert, dille cos'hai fatto ieri.» disse Ian facendo un cenno con la mano al biondino che gli dava le spalle. Ma quello non replicò.
«Albert!» si voltò Ian.
«Ian ha mangiato i dolci della cucina senza chiedere il permesso. È mooolto cattivo» disse Albert sbadigliando.
«Preferisco i ragazzi dolci.» disse Tiara distratta.
«Ma io sono dolce! Dolcissimo! Non si direbbe per via di tutta questa massa muscolare, ma qui dentro c'è un cuore grande che batte per te. Ed è tuo Tiara, mia diletta.» affermò Ian prendendole la sua mano e racchiudendola tra le sue.
Tiara alzò gli occhi al cielo.
«Mi piacciono gli stupidi» disse Tiara.
«E io sono stupito. Sono stupidamente innamorato di te.» disse Ian.
Ero stupita e divertita allo stesso tempo da quella confessione.
«Mi piacciono i gatti. Sei un gatto?» commentò Tiara.
«Emh, no»
«Allora torna a dichiararti quando sarai diventato più simile ad un gatto.» dichiarò Tiara riappropriandosi della propria mano e alzandosi dal divano.
«Sei proprio crudele.» commentai divertita. Mentre uscivamo assieme dalla sala.
«Mi conviene innamorarmi di qualcuno. Forse a quel punto mi lascerebbe stare. Ian da solo è perfino più insistente di quando c'erano i due gemelli a darmi fastidio.» sospirò Tiara.
«È dura essere così bella da avere tutti quegli spasimanti ai propri piedi, eh?» la presi in giro.
«Oh, ma piantala. Anche tu hai i tuoi.» commentò lei.
«Io? E chi?» chiesi divertita.
Tiara mi guardò poi scosse la testa sconsolata.
«Mi stavi cercando, comunque?» chiese Tiara cambiando argomento.
«Non esattamente. Stavo cercando Abigail, dobbiamo accogliere alcuni ospiti dalla Russia.» affermai.
«Oh! I ragazzi della S.S.U.!» esclamò.
«Tu lo sai?»
«Lo sapresti anche tu se non avessi partecipato ad una fuga romantica con Nathan Cray.» disse lei divertita.
«Ma sta zitta. Tra me e il Rubinetto non c'è niente di niente!» dissi categorica.
Tiara rise.
«A proposito di Nathan, Abigail era con lui poco fa. È stata punita anche lei per esser sta sorpresa a frugare nella stanza di Cray. Ora stanno chiarendo, credo.» mi disse Tiara.
«Non mi interessava affatto saperlo... Però è psicopatica? Fruga persino tra le sue cose?» chiesi storcendo il naso.
«A quanto pare... Oh! Eccoli lì» fece Tiara indicando due persone che camminavano davanti a noi.
«Abigail!» esclamai raggiungendoli.
La ragazza dai capelli viola si voltò verso di me.
«Che c'è?» chiese.
«Dobbiamo andare ad accogliere gli ospiti.» le dissi ignorando la presenza del Rubinetto.
«Oh! È vero. Devo andare Nate.» esclamò la ragazza colpendosi la fronte.
Mezzo secondo dopo era lei che mi trascinava di peso verso l'atrio.
Arrivammo appena in tempo per vedere il jet atterrare. Da esso scesero solamente due persone.
Io e Abigail li raggiungemmo.
«Benvenuti.» dissi in russo.
«Grazie! Ma parliamo la vostra lingua molto bene.» disse immediatamente con accento russo la ragazza guardandomi dall'alto in basso. Era veramente molto alta. Troppo. Probabilmente quanto Nick.
«Molto bene. Io sono Arianne Barker e lei è la mia collega Abigail Cray. Per qualsiasi cosa siamo a disposizione.» dissi in modo più socievole possibile.
«Io sono Rozana  Vorobyov e lui è Liev Pavlov» disse la ragazza alta indicando il ragazzo più basso accanto a lei.
Mi ero già scordata i loro nomi. Speravo solo di non necessitare di chiamarli per nome.
«Piacere di conoscervi.» dissi stringendo loro le mani.
La ragazza sembrava quasi schifata nel volerlo fare.
Aveva l'aria delle tipiche stronze di quartiere. Fosse bella, avrei capito l'atteggiamento, ma non era niente di che secondo me. Era alta, vero, ma era anche tremendamente magra. Gli zigomi erano troppo pronunciati, il naso troppo lungo e i capelli biondi e gli occhi azzurri la facevano solo sembrare ancora di più ad un fantasma.
Il ragazzo accanto a lei sembrava il suo opposto. Sembrava basso, ma solo perché era parecchio robusto e forse in sovrappeso. Anche lui era biondo con gli occhi azzurri, ma il naso schiacciato che si ritrovava non rendeva giustizia a quei bei colori.
Una parte della mia mente si era sempre immaginata tutti i russi come dei modelli super attraenti e fighi. Non è che le due persone davanti a me fossero brutte. Solo che passando tanto tempo con bellezze stratosferiche come James, Tiara e ovviamente Nick, persone del genere saltavano nell'occhio.
Inoltre ero sempre stata abituata alla gente della B.L.C. Esclusi i membri intellettuali, tutti gli Imperium avevano un fisico allenato e pressoché perfetto, quindi mi era piuttosto difficile immaginarmi quei due russi davanti come degli Imperium.
Però lo erano sicuramente.
Entrambi portavano la stessa divisa grigia, un completo a collo alto con un bottone sulla spalla. All'altezza della vita portavano una cintura con la fodera di una pistola al fianco. Anche nel loro completo c'erano gli anfibi, solo che i loro sembravano venuti direttamente da un film di fantascienza.
Tutti e due portavano una collana particolare. Il ciondolo era un cubo al cui interno brillava qualcosa di scuro. Ogni tanto pareva aver una forma gassosa, altre solida, altre liquida e altre sembrava essere un fuoco nero.
Era Elements.
«Siete solo voi due?» chiese Abigail parlando per la prima volta.
«Qui sì. Gli altri nostri compagni si sono distribuiti in qualche altra base.» replicò il ragazzo.
Quest'ultimo fissava con l'articolare interesse i capelli rosa di Abigail e sembrava che gli piacesse tanto.
«Bene allora! Vi facciamo vedere un po' la B.L.C. sono certa che vi piacerà.» affermai sorridendo.
«Più che ad una visita turistica ero più curiosa di vedere gli Imperium e quanto sono forti. Chiedo un duello.» disse la ragazza.
«Rozana...» l'avvertì l'amico.
Ma Rozana lo ignorò.
«Ci stai?» mi chiese. Chiaramente mi aveva puntata.
«Ci sto.» replicai sorridendo.
Sarebbe stato emozionante.

Angolo Autrice

Non so come scusarmi per il ritardo! Ho cinquemila scuse ma la verità è che non posso essere scusata! Sono un incompetente!
Comunque sia in questo capitolo è tornato qualcuno ed è arrivato qualcuno!
Mi sarebbe piaciuto approfondire la storyline della S.S.U., ma non è un problema che dovranno affrontare Ary e gli altri.
Magari metterò qualcosa in Segreti.
La S.S.U. è molto importante nel prequel con Susan e Chris, qui, in membri compariranno relativamente poco, considerando che sono in pace.
Per quando riguarda Phil... Ah! Chissà chissà.
Alla prossima dal POV di Nick 😊
P.s. tanto per la cronaca. Per la domanda dello scorso capitolo sul team Nate o Nick... Vi rivelo che apprezzo di più Nathan fisicamente e adoro il carattere di Nick, è una persona molto umana. Ma io sono team Ary.

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