Capitolo 25:Sof
Angolo autrice
Lo so che vi ho rotto con i miei "angolo autrice" ma non ne posso fare a meno. Sopra Zach.
«Questo qui è perfetto» commentò James appoggiando la mano sulla corteccia di un melo di quattro metri, molto ramificato e con bellissimi germogli che un giorno sarebbero stati deliziose e succose mele. I rami superavano la recinzione ma erano troppo sottili per sostenere il peso di qualcuno, in sostanza, non aveva nulla di perfetto. James prese la rincorsa e si arrampicò velocemente su per il tronco, una scimmia non avrebbe saputo fare di meglio. Arrivato a un punto soddisfacente si sporse all'estremità del ramo che si piegò pericolosamente sotto il suo peso, ma lui continuò ad uscire senza guardarsi i piedi. Sembrava che potesse cadere da un momento all'altro, ma stranamente mantenne l'equilibrio. Arrivato proprio perpendicolarmente alle sbarre di ferro elettrificate e appuntite sotto di lui, si buttò in avanti, fece una capriola in aria e atterrò come un perfetto ginnasta olimpionico nel lato opposto. Espirai rumorosamente, non mi ero nemmeno accorta di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo, inoltre i palmi delle mie mani presentavano otto mezzelune, dovute ai miei pugni stretti per la tensione. «Muoviti, tocca a te» disse «Ma che cavaliere! Scavalchi senza nemmeno aiutarmi!» esclamai sarcastica «Shhhh, abbassa la voce. Non capisco quale sia il problema. Tu non hai bisogno del mio aiuto.» rispose «Non sono lei okay? Io non sono capace di fare il triplo salto mortale ad occhi chiusi e non conosco il kung fu, il karate sì ma non il kung fu, non sono capace di muovermi come una farfalla e pungere come un ape, io non...» iniziai a blaterare per il panico. Lui mi chiedeva sempre imprese che non potevo esser capace di compiere, mi sopravvalutava perché la Sophie di dodici anni che aveva conosciuto era una campionessa in tutto quello che faceva, dava per scontato che spingendomi al limite delle possibilità avrei risvegliato quella leggenda, tornando ad essere quello che lui voleva, ma io non potevo riuscirci, non avevo memoria di quello che ero stata un tempo e le poche volte in cui ero riuscita in qualcosa era stata pura fortuna, non riuscivo in qualcosa a comando, e non potevo arrampicarmi su un albero e buttarmi oltre un cancello elettrificato e appuntito senza farmi prendere dal panico o peggio senza farmi infilzare e fulminare. «Sophie?...» mi chiamò intanto lui «Credo di non sapermi nemmeno arrampicare! Ho bisogno di pratica e nessuno si è degnato di lasciarmi il tempo per imparare per bene... E» continuai freneticamente senza ascoltarlo «Sophie!» mi zittì «Ascoltami. Lo so che non sei più la Sophie che conoscevo. Non prendermi per uno stupido. Ma è nella Sophie di adesso che credo. La ragazza che mi ha scaraventato a terra quando le sono comparso alle sue spalle, la ragazza che non mi ha chiesto scusa nonostante mi abbia fatto guidare alla velocità del suono rischiando di uccidere metà popolazione canadese...» a questo punto sorrise attraverso le sbarre, mentre le sue parole cancellavano il fastidioso ronzio da mille volt e il panico che mi era salito «La ragazza che ha affrontato Law per me, la ragazza che mi ha convinto a buttarmi dall'ultimo piano di un grattacielo a cinquanta piani di altezza, la ragazza che ha il coraggio di affrontare un lungo viaggio con un grande criminale, sapendo che dovrà affrontare la donna più potente sulla faccia della Terra per poter salvare sua madre... Ecco è in lei che credo, va bene? Lei riuscirà ad arrimpicarsi su per quel fottuto albero e arrivare da me senza rimanere infilzata e folgorata. Hai affrontato di peggio Sophie, e affronterai di peggio, non ti bloccherà questa sciocchezza.» disse con molta sicurezza nella voce. «Allora ammetti di essere un criminale» commentai non sapendo come reagire a tanta fiducia. Lui rise. «Certo. Ora sbrigati». Presi in profondo respiro e mi agrappai alla corteccia. Nonostante la ruvidità e la leggera inclinazione, continuavo a scivolare graffiandomi le mani. Avrei voluto che Nox fosse stato insieme a noi, lui avrebbe fatto crescere appigli più comodi «Non devi arrampicarti come credi sia giusto, ma come vedi sia giusto» mi spiegò James impassibile «E questo che cosa vorrebbe dire?» chiesi sbuffando «Me l'hai insegnato tu» rivelò «quindi so che capirai» rispose tranquillo. Bene, ero un pozzo di saggezza senza fondo. Se solo avesse avuto un senso quella frase... In cosa sbagliavo? Mi arrampicavo come avevo visto fare a James, mettevo pure le mani dove le aveva messe lui, teoricamente dovevo riuscirci... Ma James è più alto e pesante di me. Il suo stile e bilanciamento dovevano essere differenti dai miei. Quindi dovevo cercare i miei appigli e il mio equilibrio. Studiai quel maledetto tronco e iniziai ad arrampicarmi seguendo i miei occhi, che localizzavano la meta mentre il resto del mio corpo seguiva senza difficoltà. Mi spinsi più in alto di James, ero più leggera me le lo potevo permettere, e poi il ramo sopra quello usato da lui sembrava più resistente e lungo. Avanzai senza guardare sotto, la regola numero uno per non farsi prendere dalle vertigini, finché non sentii il ramo scricchiolare spaventosamente. Mi concessi di guardare giù e mi accorsi che anche se mi lasciavo cadere perpendicolarmente sarei caduta lontano dalla recinzione. Feci un passo nel vuoto e il mio corpo si piegò automaticamente per attutire la caduta con una capriola. James mi raggiunse «Beh... Mi adoro quando ho ragione» commentò con un sorriso raggiante, ricambiai e gli diedi un pugno sul braccio per la sua arroganza. «Non c'è nessuno in casa per ora. Andiamo.» raggiunse il portone principale e tirò fuori da sotto il zerbino una chiave che utilizzò per aprirlo «Come facevi a sapere che c'era?» chiesi stupita «Non lo sapevo. Ho solo provato» rispose di rimando. La casa non era per niente accogliente all'interno come lo sembrava dall'esterno. Era come entrare in una cella frigorifera, rimpiansi di aver lasciato la mia giacca di pelle in macchina. Avendo solo una canottiera bianca, avevo le braccia ricoperte di pelle d'oca per i brividi di freddo. Dalla parte del ragazzo, nessun gesto di cavalleria, quale, togliersi la sua maledetta giacca e prestarmela. La dama in difficoltà decise di non sembrare bisognosa e di stringere i denti. «Se Seth ha vissuto in questo nono girone dell'Inferno, ci credo che sia fuggito di casa» commentai «E chi ha mai detto che è fuggito» commentò lui salendo le maestose scale di marmo. «Non è fuggito?» «La sua storia è affascinante, forse un giorno te la racconterò. Ora spalanca gli occhi e dimmi dove potrebbe nascondersi il Flash» disse aprendo la porta di quello che sembrava uno studio. «Il Flash?» chiesi sconvolta «Sì, ci sarebbe veramente utile nel nostro viaggio. Così non mi dovrò più preoccupare dei Popolani.» disse tranquillamente mentre iniziava a aprire cassetti a caso di una delle due scrivanie poste sotto la finestra. «Ma... Perché qui?» «Ah giusto... Qui abita Ellen Frost, Sullivan prima di sposarsi, ed è una delle luogotenenti di Susan Blackwood» mi spiegò mentre tastava la parete dietro il comodino. «Nox mi ha detto che , prima che arrivassimo noi, stava pedinando un tipo che ha consegnato il Flash a lei. Vedi questo aggeggio non è mai in un luogo solo, secondo Susan non è sicuro. Quindi viene trasferito ripetutamente tra i suoi luogotenenti che si occupano di custodirlo per un dato tempo.» spiegò bussando il muro e appoggiando l'orecchio sulla parete. «La madre di Seth è una Ribelle?!» chiesi ancor più sconvolta «Sì» rispose pacato lui «Ma non vuol dire che anche lui lo sia.» mi tranquillizzò «Ma non puoi aspettare il tuo turno? Anche tu sei un suo luogotenente» «Infatti, me lo sto prendendo... Con un mese di anticipo» rispose trasferendo la ricerca sul pavimento. «Che ne dici di smettere di fare domande e aiutarmi con la ricerca?» mi guardai intorno, la stanza era molto ampia per essere un semplice studio, sulla parete di fronte erano poste due scrivanie attaccate di mogano lucidato sotto una finestra che dava sul retro della casa, sopra la quale c'erano varie scartoffie, una lampada ikea e una fotografia incorniciata. Mi avvicinai e la presi. Ritraeva una bellissima donna dai capelli biondo chiaro e occhi di un meraviglioso grigio ghiaccio, che teneva in braccio un bimbetto sorridente altrettanto biondo, che identificai come Seth. Entrambi erano abbracciati, a sua volta, da un uomo dai capelli e barba color caramello fuso e gli occhi neri uguali al figlio, il padre. Il ritratto di una famiglia felice, sorrisi a quell'immagine. Posai la foto e cercai un buon nascondiglio, sulla parete destra vi erano delle ante di un armadio a muro, mentre sulla sinistra vi era una libreria dello stesso materiale delle scrivanie. Sulla parete della porta vi erano vari riproduzioni di quadri famosi, come la Monnalisa o l'Urlo, che stava già controllando James. Mi diressi verso la libreria sperando in qualche libro-attiva-passaggio-segreto. «Vedo che ti sei orientato bene in questa casa... e come mai sei così sicuro che sia in questa stanza con tutte quelle che ci sono?» chiesi a James. «Ho vissuto qui per un periodo, quando mi sono appena unito alla tua temibile nonna. Ellen è stata una sottospecie di madre addottiva per me, è lei che si occupa delle mie finanze finché non compio diciotto anni. E poi, è lei che mi ha insegnato a controllare il ghiaccio. Questo ufficio è la stanza in cui Ellen passa la maggior parte del suo tempo. Credo che se voglia nascondere qualcosa sarebbe qui, per tenerlo d'occhio.» rispose raggiungendomi alla libreria, aiutandomi a cercare. «Pensavo fosse stata mia nonna ad insegnartelo» era strano pronunciare "mia nonna", dato che non ne avevo una fino a pochi mesi fa «Lei non si occupa delle piccole reclute. Ho dovuto dimostrare di essere veramente capace per attirare la sua attenzione. Alla fine si accorse di me e si occupò personalmente della mia educazione.» spiegò «Ci sei affezionato?» «A chi? A tua nonna o ad Ellen?» «Entrambe» «Devo ammettere che non provo niente di affettivo per tua nonna, se non ammirazione per la sua forza e ambizione, è una donna notevole ma... Non è del tutto sana di mente. Non so se mi spiego. Per Ellen è diverso, mi ha sostenuto in un periodo per me difficile, anche se a volte è stata molto severa, e anche lei... Ha avuto un passato complicato.» raccontò senza guardarmi mentre si accarezzava il braccio. Avevamo terminato di ispezionare la libreria, ero talmente sicura della mia idea, soprattutto dopo aver visto "le cronache di Narnia", l'unico libro fantasy su una libreria formato da soli thriller e gialli. Ero convinta che si sarebbe aperto uno scomparto segreto come quello dell'... Armadio! Mi voltai e attraversai a grandi passi la stanza. Passai davanti alla porta e udii dei passi sulle scale, uscii e vidi del movimento al piano inferiore, corsi in fretta nello studio e trascinai James, chino nuovamente sulla scrivania, nell'armadio a muro. «Ma che...» iniziò lui. Gli tappai la bocca con una mano e chiusi le ante.
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