57. Sof: Sovrastata

«C'è poca gente» notai mentre attraversavo i corridoi con James al mio fianco.
«Max ha mandato la maggior parte dei membri verso le città colpite dai Ribelli.» affermò il ragazzo.
Entrammo nell'ascensore e James premette il pulsante per il piano terra. Le porte si chiusero ma una mano le bloccò prima che lo facessero. Eli entrò trafelato.
«Scusate, anche io vado al piano terra.» affermò sorridendoci.
Eli sembrava abbastanza affaticato. Sotto i suoi occhi ciechi, si vedevano i segni della stanchezza o di notti insonni e sul suo volto si vedevano altri segni di affaticamento.
«Perché non ti riposi un po'?» chiesi.
Eli si voltò verso di me.
«Sono messo così male?» chiese senza nemmeno nascondere la sua umiltà.
«Abbastanza.» affermai facendo un' alzata di spalle.
«Buono a sapersi.» ridacchiò il ragazzo. «Voglio finire in fretta di riparare la B.L.C.» disse il ragazzo.
«Che fretta hai?» chiese James.
Eli ci sorrise. «Perché poi posso andarmene.» affermò.
«Andartene? Dove vai?» chiesi quasi allarmata.
«Mr. Xu ci ha lasciato carta bianca, no? Per chi volesse ancora lavorare per lui può rimanere qui, la paga è buona e non ci sarebbero più le restrizioni rigide del vecchio capo.» disse il ragazzo. «Però posso anche decidere di andarmene e farmi una vita. Mi sento finalmente libero di fare quel che voglio.» esclamò allegramente.
«Viaggerei oltre oceano. Voglio andare in Europa e visitare i luoghi famosi.» ci spiegò. «Ora penserete "ma tu sei cieco! Cosa vai a vedere?" Peccato per voi che riuscirei comunque a visualizzare monumenti come il Colosseo o la Torre Eiffel o la Grande Muraglia... Piuttosto non potrei mai vedere la Monnalisa, ma non credo mi perda molto.» disse come un fiume in piena.
«Ma Nick?» gli chiese James. Le porte dell'ascensore si aprirono e noi uscimmo, percorrendo l'ampio atrio che stava tornado ai suoi antichi splendori.
«Nick non ha più bisogno di me. Ha i suoi amici ora. Si è fatto da tempo una vita senza di me.» affermò Eli dirigendosi con sicurezza verso la zona in ristrutturazione.
«Quindi prima finisco il lavoro, prima posso partire. Ho un volo che mi aspetta.» esclamò voltandosi verso di noi e regalandoci un sorriso enorme. Un bellissimo sorriso che gli illuminava tutto il volto, anche gli occhi vacui.
Lo restituii. Eli tornò ad aiutare i suoi colleghi mentre io mi voltavo verso James.
«Se ne va anche lui. Se ne vanno tutti.» dissi con voce atona.
«Dovresti essere felice per loro. Fanno quello che finalmente possono fare.» mi disse James avvolgendomi un braccio attorno alle spalle, mentre ci incamminavamo verso le guardie che sorvegliavano l'ingresso.
«In realtà ho come la sensazione che stiano fuggendo da me.» affermai ridacchiando. Ad un tratto qualcosa attirò la mia attenzione, il tempo di alzare lo sguardo verso il soffitto che la sensazione svanì.
«Non voglio più uscire.» affermai voltandomi verso James. Lui inarcò un sopracciglio.
«E che vuoi fare?» chiese.
«Ci sono centinaia di schermi in questo edificio. Potremmo collegarci a Netflix e guardarci qualcosa.» proposi con un'alzata di spalle.
«Prendiamo i cuscini e le coperte dalle stanze e rubiamo qualche sacco a pelo termico dai laboratori?» continuò lui capendomi al volo.
«Ottimo!» esclamai.
«Perché questo cambio di idea?» mi chiese. Mi resi conto che non lo sapevo. Non mi ricordavo nemmeno di aver pensato a ciò, semplicemente ad un tratto le mie corde vocali avevano deciso di cambiare idea, senza che essa passasse per la mia mente.
Alzai le spalle.
«Non so, istinto da nerd.» affermai piegando le mie labbra.
«Se avessimo avuto una vita normale, sono convinto che avremmo passato le nostre serate accoccolati sul divano a spararci serie TV e libri.» mi disse.
«Mica male.» replicai. «Ho un animo pigro.».

Ero accoccolata tra le braccia di James, mentre guardavamo una delle puntate di Sherlock nel nostro rifugio di fortuna, quando arrivò di nuovo quel mal di testa. Mi rannicchiai su me stessa, cercando di contenere ciò che il dolore mi voleva far sprigionare. James mi sussurrava qualcosa, ma io non sapevo veramente cosa stesse dicendo. Sentivo solo me stessa, ma allo stesso tempo sentivo la materia che potevo dominare a mio piacimento.
Una parte di me venne sconvolta dalla mia stessa brama di potere, da quella assurda dipendenza. Ma l'altra era così affamata e forte che faticavo a contenere.
Ho sempre creduto che il mio personale nemico fossero il mio nonno oppressante e la distruttiva Susan Blackwood, ma a quanto pare mi sono sempre sbagliata. Il vero nemico sono sempre stata io. Io sono l'inizio e la fine di tutto quello che è successo. Finché sono viva causerò sempre più danni, finché non sarò come una seconda Blackwood.
Quando tutto cessò aprii lentamente gli occhi. Il dolore scemato, la stanza crepata e una decisione difficile presa.
Gli occhi di James mi scrutavano preoccupati, era assurdo che non avesse riscosso nemmeno un graffio.
«È finito.» affermai per rassicurarlo.
Lui si limitò ad annuire e a serrare la mascella. Era colpa mia se si sentiva così male.
«Sophie, dobbiamo andare alla sala riunioni, ora. Dobbiamo vedere Max.» mi disse alzandosi in piedi. Mi tese una mano, in attesa che io l'afferrassi. E così feci.

Davanti a me iniziarono a danzare fiamme bellissime, capaci di distruggere tutto il creato,  assai potenti e potei già vedere la stanza bruciata dal mio stesso potere. Un'opera d'arte che...
«Ehi» mi sussurrò dolcemente James. Mi voltai verso di lui, preoccupato. La sensazione e la visione di prima erano sparite.
«Stai bene?» chiese lui accarezzandomi la guancia.
«Sì» mentii. James inarcò le sopracciglia diffidente, ma poi si chinò per baciarmi dolcemente. Risposi con gratitudine, lui mi faceva dimenticare tutto il resto, permettendomi di concentrarmi solo su noi due insieme.
Diedi un'occhiata alle mie mani e le trovai inspiegabilmente tremanti. Senza che James se ne accorgesse, me le infilai sotto le cosce.
Ci trovavamo in una delle sale riunioni appena ristrutturate, in attesa di Max. A quanto pare mi doveva parlare di qualcosa e James non aveva voluto anticiparmi nulla.
«Smith è stato trasferito nelle prigioni stamattina, appena guarito.» mi informò il mio ragazzo con un tono di scherno.
«Oh, passerà il resto della vita lì? Non è bello stare rinchiusi.» mormorai cercando di non pensare a quel sussurro inconscio che mi diceva di dar sfogo ai miei poteri.
«Ora ti dispiace per lui?» mi chiese James appoggiando il volto sulla mano. I suoi occhi verdi trovarono i miei, mentre un sorriso strafottente disegnava le sue labbra.
«No... Solo che... Michael è libero.» gli feci notare. Il cuore mi batteva forte forte. I miei sensi percepivano la presenza di ogni oggetto nella stanza con dettagli impressionanti che mi destabilizzavano. Sentivo anche l'elettricità che scorreva e illuminava le lampade sul soffitto. Continuavo a distrarmi, non riuscivo a stare attenta.
«Michael si trova ai Caraibi con la moglie e il figlio per aver prestato servizio.» affermò James scimmiottando la voce di un ufficiale e gesticolando con la mano, alzando i suoi occhi al cielo.
«E Court?» chiesi.
«In riabilitazione. Sta seguendo dei corsi da psicologi professionisti che le insegneranno a fare la brava, cosa che accadrà anche a Smith, purtroppo. Già, Max ha detto di non volere più prigionieri.» affermò appoggiandosi allo schienale, annoiato.
«I Ribelli latitanti?» chiesi ancora per tenere viva la conversazione.
«Li stiamo cercando.» minimizzò James.
Poteva sembrare rilassato e in pace con se stesso ad un occhio esterno, ma io vedevo i muscoli tesi e in allerta, la tensione che tradiva il suo sguardo e il sorriso forzato.
Max entrò dalla porta a passo svelto.
«Ciao ragazzi.» ci salutò frettoloso, prima di fare il giro del tavolo di sedersi davanti lo schermo del computer. Inserì una chiavetta e fece attivare lo schermo grande della sala. Immediatamente dei diagrammi colorati comparvero.
«Allora, Sophie.» disse ruotando la sedia girevole verso di me.
«Sono qui per parlarti della tua salute.» affermò.
«Ho un cancro terminale?» chiesi cercando di cacciare la sensazione di oppressione che mi aveva attanagliato il petto appena era comparso Max.
«Cosa? No!» esclamò Max confuso. Poi sembrò pensarci sù e mi chiese: «Perché dovresti averne uno?»
Feci un'alzata di spalle.
«No. Più che altro sono qui per dirti come stanno le cose.» affermò tamburellando le dita sulla scrivania.
«L'Element allo stato naturale è la sostanza più potente al mondo. È come una droga, dà piacere e potere, ma provoca anche dipendenza. Ma questo lo sai, no?» disse velocemente. «Inoltre, più sì è adulti, meno si riesce a mantenere il controllo.»
Annuii.
«Susan, all'epoca era giovane, ed ha mantenuto il controllo per un buon periodo, il suo percorso verso la follia è stato graduale. Ogni giorno, l'Element si prendeva un po' della sua umanità.» disse.
James appoggiò una gamba sul ginocchio che cominciò a ballare dal nervosismo. Anche Jo iniziava a battere il piede a terra quando era nervosa.
«Il tuo caso, è diverso. In te scorreva già una quantità anomala di Element. Già, di per sé ciò avrebbe dovuto essere fatale per te, ma sei sopravvissuta. Non so esattamente se col tempo avresti subito gli stessi effetti di quello Naturale, ma ormai non lo scopriremo più.» disse l'uomo.
«Ma il contatto con quello naturale ha reagito con quello nel tuo corpo e sta ripetendo il processo avuto da Susan.»
«In pratica diventerò Susan Blackwood 2.0.» affermai con praticità, dato che lo sapevo.
«Ma non è tutto. In te reagisce tutto più in fretta, stai saltando le tappe, il degrado verso la follia avviene troppo troppo troppo velocemente.» Max era teso e i suoi occhi a mandorla trasudavano preoccupazione.
«Ma c'è una soluzione.» mi disse prima che potessi parlare.
«Sì?» chiesi scettica. Forse una parte di me si era già arresa e non desiderava combattere per la speranza.
«Utilizzare il Flash. Farti dimenticare tutto sulla B.L.C. e sui tuoi poteri. Se non sai che esistono non puoi dipendere da loro. E piano piano ti potresti disintossicare.»
Mi voltai immediatamente verso James che non mi guardava nemmeno per sbaglio.
«Così facendo potremmo fermare questo degrado, che è direttamente proporzionale all'uso dei tuoi problemi. All'aumentare di uno, aumenta anche l'altro.»
Continuavo a fissare James che teneva gli occhi posati sulle sue mani.
«Non mi state chiedendo il permesso, vero?» chiesi.
Max alzò le sopracciglia, sorpreso.
«È la soluzione migliore.» affermò.
«C'è un'altra alternativa, però.» dissi incrociando le braccia al petto.
«Quale?» chiese James, che finalmente mi guardò. Niente finta maschera allegra. Pura disperazione. Quasi mi piaceva vedere quell'espressione su di lui.
«Uccidermi.» affermai gelida.
«Non se ne parla nemmeno!» sibilò il ragazzo con rabbia.
«Se perdo la memoria è la stessa cosa. Mi scorderei di te, Jay. Sarà ugualmente come se fossi morta. Tanto vale uccidermi e avere un bel ricordo di me, invece di sapere di Sophie diversa e vuota.» affermai con tono pacato e tranquillo.
«Non dire stronzate.» mi ringhiò contro alzandosi dalla sedia e bloccandomi alla mia, con entrambe le braccia ai miei lati e appoggiato allo schienale del mobilio. Torreggiava su di me e mi fissava con il mare ardente del suo sguardo.
«Jay» lo chiamai cercando di tranquillizzarlo.
«Cosa ami di me?» chiesi ad un tratto, sorprendendolo.
«Perché lo chiedi?»
«Perché non capisco cosa tu possa amare.» affermai decisa.
«Vi lascio soli.» affermò Max cauto e andandosene silenziosamente, rispetto a come era arrivato.
«Quando avrete deciso... Chiamatemi e decideremo quando usare il Flash.» disse uscendo dalla stanza.
Rimanemmo di nuovo solo io e James.
«Hai affermato di amare ciò che fa di me Sophie Hunter, vero? Ma dimmi, Jay. Se perdessi la memoria sarei ancora io?» spostai le mani sulle sue braccia.
«Sei sempre tu. Quello che c'è dentro di te, non è mai cambiato. Anche se gli avvenimenti ti modellano e strutturano, il materiale primario è sempre lo stesso, ed è quello che amo.» mi disse appoggiando una mano sulla mia guancia.
«Non sai nemmeno che materiale è...» sussurrai.
Lui si inginocchiò ai miei piedi.
«Sophie, non mi importa se non ti ricorderai di quel che abbiamo passato. Voglio solo che potrai continuare ad avere un futuro, un futuro migliore.»
«Ma a me importa, Jay. La mia vita sarebbe un'illusione. Non ricorderò degli altri, di coloro che sono morti in questa insensata lotta! Glielo devo a loro!» iniziai a piangere. Le lacrime mi bagnavano le guance, ma non le cancellai. James strinse la presa sulle mani.
«Li ricorderò io anche per te. Renderò loro omaggio. Ma non farmi perdere anche te.»
«Mi mentiresti tutta la vita solo per salvarmi?» risi senza gioia.
James strinse le labbra.
«Sì.» affermò dopo un silenzio che durò un attimo eterno.
Risi e mi liberai dalla presa di lui.
«Sei un egoista.» dissi alzandomi in piedi e allontanandomi da lui.
«Lasciarmi morire sarebbe la soluzione migliore per tutti.» affermai.
«E quindi? Anche se fossi egoista? È così sbagliato non volere perdere la persone che più si ama? È così sbagliato non volere più avere altre perdite?» chiese avanzando verso di me.
«E voler morire non è una scelta egoistica anche per te?» sussurrò a pochi centimetri da me.
«Vuoi finirla con tutto ciò e smettere di soffrire. La consapevolezza che vivrai nella menzogna ti disgusta.
Ma pensa alle persone che ti amano. Tuo padre, tua sorella, Joy, io! Quante persone renderesti felici?» mi disse.
«Sei uno stronzo» sibilai.
«Esatto, e ti strapperò la memoria con la forza se questo significa tenerti in vita.» ringhiò.
Tra i nostri visi c'erano solo pochi centimetri di distanza. I respiri accelerati si mescolavano e la mia pelle formicolava dalla voglia di toccarlo. Ma ero arrabbiata.
Qualcuno bussò alla porta. La figura di Jo entrò scattante.
«Sof» annunciò con un ampio sorriso.
«Uh, ho interrotto qualcosa?» chiese notando i nostri sguardi.
«Niente.» affermai. «Che c'è?» chiesi.
«Tuo padre è sveglio! Max aveva mandato un professionista a visitarlo e ora è sveglio! Scarlett è lì con lui.» disse allegramente.
Diverse emozioni fecero a gara in me. Felicità. Amore. Paura. Tristezza.
Rimasi paralizzata dalla notizia. Mio padre era sveglio, ma era senza la mamma. Non sapeva nemmeno che nonno Paul fosse morto.
«Vuoi chiamarlo?» chiese Jo avvicinandosi con il telefono in mano. «Ci ho già parlato io, gli abbiamo spiegato un po' la situazione della B.L.C. e gli abbiamo detto di tua madre...» affermò.
«Gli avete raccontato tutto?» chiesi incredula e arrabbiata.
«Sì... Ci sembrava il modo più giusto... Insomma, in caso fosse andata male ci sarebbe stato il Flash...» affermò Jo stupita dalla mia reazione. «Dopo il racconto ha solo chiesto di te.»
Senza dire niente afferrai il telefono e chiamai verso l'ultimo numero.
Mentre l'altro capo della linea suonava, il terrore prese il sopravvento. Non sentivo mio padre da mesi e non sapevo nemmeno cosa dire. Ma poi lui rispose.
«Pronto
Iniziai nuovamente a piangere al suono della sua voce.
«Pronto? Con chi parlo?» chiese ancora.
«Papà... Sono io.» sussurrai con tono tremante. Il silenzio seguì le mie parole.
«Sophie... Tesoro.» lo sentii dire con voce spezzata.
«Stai bene?» chiesi.
«Mi hanno dismesso. Sono a casa con Lettie... È vuota.» affermò.
«Lo so...» mormorai senza sapere cosa dire.
«Quando torni a casa, piccola?» mi chiese lui.
«Sento tanto la tua mancanza... E anche la sua...» ancora la voce rotta. Mi stavo sentendo male. Mi sentivo soffocare. Ero così spezzata dentro che non pensavo di riuscire ancora a parlare.
«Tornerò, prestodissi tirando sù col naso. «Aspettami. Devo solo sistemare alcune cose.»
«Mi hanno raccontato a grandi linee quello che è successo. Non ne sapevo niente... Sono veramente il peggior padre del mondo. Non sapevo nemmeno che mia figlia...»
«Non dire così.» dissi categorica. «Sei un padre meraviglioso e presto ti riabbraccerò. Ti amo, papà.» affermai prima di chiudere la chiamata, senza attendere una sua risposta.
Il silenzio calò nella stanza. Jo alternava lo sguardo da me a James, senza comprendere la causa della freddezza che si era creata tra noi.
«Quindi è così che va... Svegliare mio padre ora...» mormorai.
«Tuo padre andava svegliato da tempo.» affermò James.
«Di cosa state parlando? È una cosa positiva che il signor Hunter si sia svegliato, no?» affermò Joy stupita.
«Datemi del tempo da sola.» dissi dirigendomi verso la porta. James fece un passo avanti.
«Tranquillo, non distruggo niente.» dissi atona. Una voce priva di emozione. Parole rassegnate che esprimevano il mio stato d'animo.
Non avevo mai creduto nel destino, ma in quel momento pensai che forse c'era. Magari non era scritto chiaramente, ma il finale tragico o comico era già deciso. Gli avvenimenti susseguivano verso un'unica conclusione, come tessere di domino cadenti.
Forse era meglio così. Dimenticare tutto, dimenticare tutti e le sofferenze che mutavano in incubi ogni notte. Iniziare nuovamente da capo, come se niente fosse successo. Vivere pensando di avere solo una strada dritta e tranquilla da percorrere, invece delle tortuose montagne russe della realtà.
Le strade mi avevano portato nei sotterranei con le prigioni senza nemmeno che me ne accorgessi. Stavo decisamente perdendo la cognizione del tempo e dello spazio.
Tirai fuori il mio pass e lo mostrai alle guardie. Loro mi seguirono dentro, scordandomi verso l'unica cella occupata.
«Guarda un po' chi è venuta a trovarmi! Sophie Hunter! Come ci si sente ad essere la persona più forte al mondo?» chiese il ragazzo disteso a terra.
Si alzò in piedi con un balzo e posò gli occhi castani su di me. Non aveva più i suoi ricci morbidi. Soltanto una zazzera di capelli corti, più scuri di quando erano lunghi. Indossava una semplice felpa con il logo della B.L.C. sul petto e pantaloni da tuta, mentre i piedi erano scalzi.
«Lo sai che verrai sottoposto ad un lavaggio del cervello?» chiesi come se fossimo vecchi amici.
Il ragazzo alzò un sopracciglio.
«Prima che te lo facciano, ti volevo dire che non sono più arrabbiata con te. Non capirò mai i motivi che ti hanno spinto ad essere un traditore, ma ti perdono.» affermai chinandomi verso il vetro.
«Perché nonostante tutto, mi hai aiutato in quel periodo e per questo ti ringrazio.» dissi, pur sapendo di avere un volto inespressivo.
Philip non disse niente, completamente zittito dalle mie parole. Si limitava a fissarmi.
Dato che non parlava mi alzai.
«Andiamo. Ho finito qui.» dissi alla guardia che mi aveva seguito. Ma prima che potessi allontanarmi troppo, Philip mi parlò:«C'è stato un momento in cui ti ho vista come un'amica.» disse il ragazzo. Mi voltai verso di lui e sorrisi.
«Allora non è stato tutto completamente finto.» affermai.
«Beh, i tuoi maltrattamenti erano veri.» sbuffò lui facendomi sorridere appena.
«Addio, Phil.»
«Addio, Sof.»

Courtney era in una stanza con un grande schermo che trasmetteva cartoni animati. Entrai senza bussare.
«Grazie, Dio! È finita!» esclamò voltandosi verso di me. Poi si accorse di chi aveva davanti.
«Ah, sei tu. Che ci fai qui?» chiese posando di nuovo lo sguardo sullo schermo. Incrociò le gambe fasciate da stretti jeans scuri.
«Questa sarebbe la riabilitazione?» chiesi fissando i pony sullo schermo.
«Assurdo vero? Non capiscono che mi fanno incazzare di più? Ho voglia di bruciarli.» affermò la ragazza posando la guancia rovinata sulla mano. Accessi le luci controllando l'elettricità della corrente.
Courtney mi guardò con espressione stanca.
«Posso chiederti qualcosa?» le chiesi appoggiandomi al muro e incrociando le braccia dietro la schiena.
«Ormai sei qui.» affermò lei con tranquillità.
«Perché sei rimasta?»
Courtney tamburellò le dita lunghe e smaltate di rosso sul volto, pensando ad una risposta.
«Perché magari voglio che trovino qualcosa di buono in me. So che c'è.» affermò. «Almeno, questo è quello che dice Eli. Sembra più psicologo dei strizza cervelli che mi mandano.» sbuffò lei.
Le sorrisi.
«Sembra che tu vada d'accordo con lui.» affermai convinta.
«Che c'è? Pensi che così non avrai più una rivale in amore? Tranquilla, anche se fossi ancora perduta per James, per lui ci sei solo tu. Non hai mai avuto rivali.» affermò la ragazza con un sospiro.
«Non era quello che intendevo.» le dissi abbassando lo sguardo sui miei piedi.
«Perché sei venuta qui?» mi chiese lei. «Da me?» aggiunse.
Scossi la testa.
«Non lo so.» affermai alzando le spalle. «Ultimamente faccio molte cose senza sapere il perché. I miei piedi mi hanno portato qui.» affermai sinceramente.
«Sei parecchio confusa.» disse lei. «Come biasimarti, dopo quello che hai combinato.» sussurrò lei con un tono accondiscendente. La bocca del mio stomaco si strinse per il fastidio di quelle parole. Ma non replicai.
«Posso chiederti perché hai preso l'Element e sei scappata?» chiesi ben sapendo che ne possedevamo uno anche noi, portato da James dalla sua missione.
«Perché non volevo che la B.L.C. ottenesse altro potere.» rispose la ragazza semplicemente. «Ma non riuscivo a prenderli tutti e due. Sarebbe svanito l'effetto a sorpresa.»
«E poi cos'è successo?» mi informai, curiosa.
«Niente. Mi sono buttata. Ho utilizzato il mio stesso elemento per attutire la caduta. Cercavo un posto per nasconderlo quando ho incontrato Frost e la Cooper. Invece di nasconderlo l'abbiamo distrutto. Volevo scappare dopo averlo fatto, ma quel ragazzo mi ha voluta trascinare fin da voi, ed eccomi qua.» affermò la ragazza con tranquillità. Mi resi conto era strano che noi due parlassimo così apertamente e pacificamente. Courtney era molto diversa da come l'avevo conosciuta, una ragazza altezzosa e arrogante. Poi l'avevo incontrata di nuovo, trovando davanti a me una giovane piena di rabbia, sensi di colpa e dall'irritazione facile, ma in quel momento, mi sembrava fragile, come una creatura appena nata. Anzi, rinata. Courtney era rinata di nuovo e in quel momento mi sembrava più bella che mai. Molto più bella di quanto io sia mai stata.
«Eli ha deciso di partire per un viaggio dopo la ristrutturazione della Base. Lo sapevi?» le chiesi. Quelle parole sembrarono colpirla. Le sue spalle, poco prima rilassate, si irrigidirono.
Ma dalle sue labbra non uscì qualcosa di più di un :«Oh».
«Non... Ti dispiace?» chiesi.
«Perché dovrebbe?»
«James mi ha detto che prima di buttarti l'hai... Baciato... Pensavo che...» balbettai confusa.
«Stava cercando di fermarmi, l'ho solo confuso per potermene liberare.» rispose lei con stizza.
«James mi ha detto anche che suonavi il piano» dissi.
«James mi ha detto. James mi ha detto. Ma quanto sei noiosa a parlare sempre di lui?» esclamò ad un tratto la ragazza scattando in piedi dalla sedia. Puntò su di me.
«Se sei qui a sbattermi in faccia la tua vita felice, non ne ho bisogno, grazie. Siccome sto tentando di averne una anche io.» affermò stringendo la mascella e puntando l'indice e gli occhi cobalto su di me.
«Potresti iniziare col farti curare la mano.» sussurrai. «Ti farai aiutare dai dottori non come la B.L.C., ma come professionisti nel loro lavoro. Permetti loro di aiutarti.» dissi a bassa voce, con il pony rosa in sottofondo.
Lei non mi rispose.
«Fallo per te.» aggiunsi.
«È patetico farmelo sentire da te.» sibilò avanzando ancora, finché non fu ad un palmo dal mio naso. Non mi mossi. Lei restò a fissarmi, sfidandomi con lo sguardo, ma io non demorsi.
«Forse non ho nulla da invidiarti.» sussurrò quasi dispiaciuta per me.
«Non hai nulla da invidiarmi.» convenni. Forse aveva visto qualcosa nei miei occhi e aveva capito. 
Mi voltai e aprii uscii dalla porta, lasciandomi alle spalle l'espressione dispiaciuta di Courtney.

Quel giorno girai tutta la Base, incontrando persone con cui avevo avuto a che fare nel corso dei ultimi mesi, parlando con loro e ascoltandole nei loro racconti sul passato e sul futuro. Desideravo arricchirmi di quelle informazioni per la mia sete personale. Più una persona parlava, meno mi sentivo volenterosa a subire il Flash. Ma era anche terapeutico parlare e ascoltare.
Trovai Seth ad allenarsi.
«Sai, ora potrei batterti.» affermai mentre lui spaccava una roccia gigantesca, frantumandola in più pezzi. La polvere si diradò.
«Non ho dubbi che potresti.» replicò il ragazzo più gelido di me.
«Perché non puoi essere più carino con gli altri?» chiesi col tentativo di suonare scherzosa.
«Non vedo la necessità di farlo.» replicò il ragazzo voltandosi e asciugandosi la fronte con un panno.
«Ma se può farti sentire meglio. Sei stata un' allieva mediocre.» disse con un cenno, puntando i suoi occhi scuri su di me.
«Nonché unica.» risposi.
«La prima, semmai. Potrei avere molti altri allievi in futuro.»
«Diventerai un tutore?» chiesi.
«No. Mr. Xu ha assegnato l'ala bellica sotto il comando di Mr. Steel. Ho deciso di aiutarlo. Mi occuperò dei cadetti.» replicò il ragazzo fissando il fondo della palestra appena ristrutturata.
«Esperto militare? Tipo un comandante di un esercito?» chiesi.
«Fai troppe domande.» mi disse lui voltandosi verso di me con le sopracciglia inarcate.
«Cosa vuoi da me?» chiese il ragazzo.
«Ringraziarti, presumo. Per avermi fatto da insegnante.»
«Non è stato niente di che. Hai sempre avuto un talento naturale.» mi disse sorprendendomi.
«Da quello che mi dicevi, non mi era sembrato che fossi orgoglioso di me.» ridacchiai.
«Non lo ero. Serviva per motivarti.» disse lui alzando le braccia.
Sorrisi.
«Ti prenderai cura di Jo, vero?» gli chiesi indietreggiando. Il ragazzo non mi chiese di cosa stessi parlando.
«Come sempre.»

Chi c'era ancora nella lista? Eli, Max, Jo... James.
I miei passi mi portarono nella nuova ala ristrutturata per commemorare i morti. Un nuovo cimitero per le persone che erano perite in questa insensata lotta, di cui il ne ero la causa. Eli era seduto su una panca, senza fissare un nome in particolare.
Avevano fatto i funerali quando ero ancora rinchiusa, e fino a quel momento non ero riuscita a dire addio a nessuno.
«Curioso, ci sono così tanti nomi.» disse Eli sentendo i miei passi avvicinarsi.
«Chi volevi salutare? Ti dò una mano.» affermai.
«Oh, ci sono molte persone che vorrei salutare...» mormorò il ragazzo sorridendo al vuoto.
«Sai, forse sono maledetto.» disse alzando la testa. «Tutti quelli che mi stanno accanto, muoiono prima o poi.»
«Per questo volevi partire? Per salvare chi ti è rimasto da te?» chiesi.
«Non credo. Voglio partire per cambiare aria.»
«Anche io forse sono maledetta.» sospirai sedendomi accanto a lui sulla panca. Mi guardai attorno e colsi il nome di Aiden. Una stretta al cuore mi fece trattenere il fiato per secondi interminabili. I sensi di colpa mi sommersero e le lacrime iniziarono a premere negli occhi. Ma non volevo piangere.
Come se la mia coscienza sporca mi volesse avvertire, colsi altri nomi, come quello di Coral, di Zach e di Opal. Così tanti volti conosciuti che non avrei mai più rivisto.
«Loro non sono qui, lo sai?» disse Eli interrompendo il corso miei pensieri.
Mi voltai verso di lui.
«Ho visto il tuo sguardo... Anzi, ho percepito la direzione del tuo sguardo.» precisò il ragazzo in spiegazione.
«Dopo essere stato cremati, le ceneri dei gemelli Day sono stati portati via da Nox, o dovrei dire Lucas.» mi disse Eli.
«Non lo sapevo.» mormorai.
«Credo che sia quello che ci sia rimasto peggio dalla loro mancanza.» continuò.
Eli si alzò e andò a poggiare la mano sul nome in rilievo di Coral. Passò le dita sulle data e sulla frase commemorativa, scendendo fino alla stella rossa. Poi passò verso gli altri nomi, chiudendo gli occhi e lasciando che il tatto gli facesse da vista. Fece un giro per la stanza, saltando alcuni nomi, poi tornò al punto di partenza, il tutto in un religioso silenzio.
«Ho sentito che te ne vai in giro a chiacchierare con la gente. Stai dicendo addio a questo posto?» chiese.
«Sto dicendo addio alla mia vita.» replicai.
«Spero di rivederti in quella nuova, allora.» affermò il ragazzo prima di uscire e lasciarmi sola con la compagnia dei morti.

Sapevo che Max, Jo e James erano dietro la porta del vecchio ufficio di mio nonno. Ma con la mano sospesa a mezz'aria, non trovavo il coraggio di aprire la porta. Era ovvio che la cancellazione della memoria andava fatta il prima possibile, quando il mio stato mentale me lo poteva ancora permettere, ma una parte di me voleva più tempo per ricordare, per ricordare ciò che dovevo dimenticare.
La porta si aprì in automatico, scorrendo di lato e producendo il suono del metallo strisciato. Gli occhi di Jo mi si pararono di fronte, grandi e lucidi di lacrime represse. La ragazza di morse il labbro inferiore appena mi vide, cercando di trattenere il tremore di esso.
«Ti ricorderai di me.» disse prima che potessi entrare, cogliendomi alla sprovvista e facendomi venire una gran voglia mi piangere ancora e scappare.
«Non la vera te.» mormorai con un sorriso forzato.
«Sono sempre stata me stessa con te. Semplicemente non soffriremo più.» disse la ragazza prendendomi per mano e indietreggiando per farmi entrare nella stanza. Mi sentivo in trappola tra quelle quattro mura.
L'ordine che aveva scorto la prima volta che vi entrai era stato sostituito dal caotico disordine di Max. Ma rendeva quella stanza un posto migliore. Fissai la libreria, sapendo che dietro nascondeva una stanza segreta per l'Element recuperato da James, poi lasciai scorrere lo sguardo sull'uomo che aveva in mano la familiare penna dorata. Max mi guardava dispiaciuto, come se stesse per fare qualcosa di moralmente sbagliato ma che andava fatto. Cosa che secondo me, era vera. James non mi guardava. Era seduto sulla sedia davanti alla scrivania e non si azzardava nemmeno a muoversi. Fissai la sua ombra stagliarsi sul tappeto grigio sul pavimento, che giungeva fino ai miei piedi. Mi sarei scordata anche di questo momento. Era quasi incredibile da crederci.
Difficile credere che in poco tempo, la mia mente sarebbe stata privata di ricordi che mi avevano resa quel che ero, da ricordi dolce amari di cui faticavo a separarmi e che mi legavano alla vita alla quale appartenevo. Non potevo proprio avere un lieto fine. 
«Allora è così che finisce.» mormorai guardando tutti i presenti. James ancora non si girava.
«Max, mi puoi dire cosa accadrà in futuro alla B.L.C.?» chiesi sentendo il bisogno di sapere che tutto andrà per il meglio.
«La Brain Limitless Company si rimetterà in piedi. Porterà innovazione e studierà la progressione, seguendo gli ideali per la quale era nata. Non ci saranno più vittime. Le Basi verranno tutte ristrutturate e creeremo anche accessi per i Popolani. Ho idee molto ambiziose per il futuro della B.L.C.» affermò Max con un sorriso.
«Bene... Oh... Max» dissi ricordando un'ultima cosa, mentre Jo mi stringeva una mano per darmi forza.
«Non mi impiantare ricordi falsi, per favore.» sussurrai.
«Sophie, i falsi ricordi servono per compensare il vuoto che si crea con la perdita della memoria. La tua mente lavorerà comunque per riempire quel vuoto. Se non ti mettessi dei ricordi per riempire quel vuoto, è anche possibile che la tua mente possa trovare quelli veri o elaborare qualcosa di più terribile. È un rischio molto grosso» mi spiegò l'uomo agitando il Flash. Il cristallo all'estremità rifletté la luce proveniente dalla finestra e attirò la mia attenzione. In quel momento mi sembrava una bomba pronta ad esplodere. Come me.
«Non mi importa, correrò il rischio. Non voglio avere dei falsi ricordi. Non potrei sopportarlo ancora.» dissi categorica con una freddezza che gelò il mio stesso sangue.
Max scosse la testa rassegnato e fece due passi verso di me. D'istinto indietreggiai e mi scontrai con Jo che era posta dietro di me.
«Scusate.» mormorai. «Sono pronta, veramente.» li rassicurai alzando le mani, cercando di non cogliere i loro sguardi. Il mio si posò nuovamente sulla nuca di James che non si voltò. In due falcate lo raggiunse e mi posi di fronte a lui. Il ragazzo alzò lo sguardo su di me, la mascella serrata, lo sguardo corrucciato e una smorfia sofferente.
«Fallo tu.» dissi categorica. «Voglio che l'ultima cosa che veda sia il vero te.» affermai appoggiando le mani sulle sue braccia, chinandomi verso di lui.
«Non puoi chiedermi questo.» sibilò. «È abbastanza difficile essere qui ad assistere mentre ti perderò un'altra volta.» sussurrò a bassa voce.
«Anche io sono egoista, Jay.» dissi pensando alla nostra discussione precedente.
James si allungò verso di me, posando una mano dietro la mia nuca e mi baciò con ferocia e urgenza. Come se potesse essere l'ultimo.
Appoggiò la fronte alla mia mentre recuperavamo entrambi fiato. Sollevò lentamente le palpebre. Mi rivedi riflessa nei suoi occhi, che in quel momento sembravano un scuro mare in tempesta.
«Verrò a prenderti, Sophie Hunter. Verrò a prenderti per scrivere il nostro futuro.» mi disse accarezzandomi la guancia con il pollice.
«Ti aspetterò.»
James si fece consegnare il Flash e si alzò in piedi, davanti a me.
Guardando lui, mi sentivo veramente pronta. Mi sentivo pronta a lasciare tutto alle spalle ad attendere un futuro senza passato.
James regolò il Flash e lo posizionò tra noi. Lo afferrò con entrambe le mani tremanti, senza riuscire ad attivare l'ordigno. Posai le mie mani sulle sue, per infondergli coraggio.
«Posso davvero cancellarti la memoria?» sussurrò con voce spezzata. Una domanda fatta più a se stesso che a me.
Sorrisi.
«Non puoi chiedere ad una persona se le puoi cancellare la memoria, James.» replicai stringendo la presa sulle sue mani e fissandolo negli occhi verdi.
James serrò nuovamente la mascella, incapace di proseguire.
«Tocca te. Avanti, dì la tua battuta.» sussurrai incoraggiante piegando leggermente la testa, senza smettere di guardarlo.
«Hai ragione.» fece una pausa. «Si fa e basta.»
A quel punto il lampo mi accecò.

Angolo Autrice

Imperium, il 31 pubblico l'ultimo capitolo conclusivo e l'epilogo, che combacia con il giorno del compleanno di Sophie e il giorno in cui Susan rubò l'Element, così finisco tutto nel giorno in cui è iniziato! Spero di riuscire a farlo.

Non posso credere che vi saluterò veramente... Wow, è stato un lungo percorso! Ma lo dovrò ricominciare da capo se voglio migliorare le mie creature.
Lo so che per ogni finale di libro vi faccio sempre dannare, ma ehi! Non sarebbe un finale interessante altrimenti. Vi dico che non dovete saltare a conclusioni affrettate perché con me non si sa mai cosa può succedere! Ricordate tutti gli insulti del capitolo 56 di Rapita? Beh, non rifatelo, altrimenti vi lascio in sospeso senza epilogo. 😈
Detto ciò... Allestirò un capitolo finale per i dibattiti conclusivi, in modo da poter parlare con voi e vedere cosa vi è piaciuto e cosa meno. Farò domande alla quale dovrete rispondere bene! È importante per me.

Scena finale del capitolo:

Ciao ciao! Ci sentiamo tra pochi giorni!

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