56. Jase: Meglio arrivederci che addio

Caddi a terra, ormai incapace di reggermi ancora in piedi. Sophie mi aveva colpito il fianco dal quale proveniva un dolore acuto.
Avevo perso così tanto sangue che iniziava a girarmi la testa.
Non me lo sarei mai aspettato da lei.
Sophie mi aveva trafitto. Poteva uccidermi. Mi aveva trafitto. Poteva uccidermi. Poteva veramente uccidermi.
Ma non l'ha fatto.
«Jase» Mia sorella mi accorse e appoggiò una mano sulla mia ferita insanguinata.
«Dobbiamo andare alla base.» mi sussurrò preoccupata.
Senza dire nulla, coloro che erano sopravvissuti iniziarono a mettere soccorrere i feriti e a occuparsi dei morti. Una vera strage, una strage causata dalla ragazza che amavo.
Lei era in piedi, l'unica ferma e immobile. Teneva lo sguardo rivolto verso l'altro e lasciava che la pioggia naturale la investisse. Non mi era mai sembrata più vuota di ora.
Ad un tratto gli Imperium l'accerchiarono, le misero le manette ai polsi e la bloccarono.
Lei non si oppose minimamente.
«Ehi! Cosa state facendo?» chiese Joy alzandosi in piedi.
«Sono ordini del Dr. Xu.» rispose sbrigativo uno di loro.
«Non potete farlo!» esclamò lei indignata.
«Annie.» sussurrò Frost trattenendola. Joy lo guardò incredula.
«Non possono portarla via!» esclamò.
«Ora come ora è pericolosa, Annie.» sussurrò Frost, mentre gli Imperium conducevano la ragazza verso la Base. Sophie mi passò accanto, a sguardo basso, senza guardarmi nemmeno. La vista mi si fece sempre più sfocata mentre li vedevo allontanarsi. Lei si voltò un ultima volta, uno sguardo indecifrabile si intrecciò al mio, poi l'oscurità mi inghiottì.

Un suono meccanico ripetuto. Qualcosa mi aiutava a respirare. Aprendo gli occhi vidi il soffitto bianco di una stanza.
«Ti sei svegliato.» disse qualcuno. Una mano mi levò la mascherina dal volto e una testa di riccioli scuri invase il mio campo visivo.
«Dove sono?» chiesi.
«Stanza numero 613. Sono il tuo compagno malato.» affermò Nox tornando a sedersi a gambe incrociate sul letto di fronte al mio. Le fasciature erano diminuite, ma indossava ancora il camice del paziente. Notai che la indossavo anche io.
«Mi sento meglio.» mormorai toccandomi le fasce attorno all'addome.
«Certo che vieni infilzato spesso.» disse il ragazzo distendendosi sul suo letto.
«Mmm.» mormorai ripensando a quello che mi aveva detto Sophie. Mi aveva fatto più male delle altre volte.
«Ti hanno aggiustato tutte le ossa?» chiesi.
«Le medicine hanno iniziato a far effetto.» rispose con noncuranza.
«È rimasto ferito qualcuno qui alla Base?» chiesi ricordando quel che aveva fatto.
«Sono andate tre palestre e due sale riunioni. Erano vuote.» mi rassicurò il ragazzo.
«Fuori sono morte così tante persone...» mormorai.
«Non è colpa sua.» sì affrettò a dire Nox. «Dovresti starle accanto.» aggiunse.
Non risposi. Era già successo quella volta alla foresta amazzonica, però questa volta era stato lei a volerlo. Quello sguardo nei suoi occhi... Mi aveva terrorizzato.
«Dov'è?» chiesi.
«Max l'ha rinchiusa nella prigione di Barker.» rispose. «La sta tenendo sotto osservazione, pensava che qualcosa del genere potesse accadere e ha dato ordini precisi a riguardo.»
Premetti il pulsante per regolare il letto. Il mio sguardo poté posarsi su quella del mio amico.
«Max si prenderà del tempo per sistemare la Base e riportare tutti alle loro attività. Prima di passare ai funerali.» continuò a spiegare Nox abbracciandosi le ginocchia e fissando gli alberi fuori dalla finestra.
Realizzai che si stava tenendo occupato per zittire il suo dolore personale. Probabilmente è quello che ha sempre fatto. Forse il suo altruismo non era altro che il suo doloroso egoismo camuffato.

Passarono i giorni, settimane. Guarii, così come fece Nox e ci mettemmo ad aiutare gli altri a sistemare la Base. Non me lo sarei mai aspettato, che io, colui che prometteva di distruggerla, ora stesse aiutando a farla tornare come prima.
Joy mi cercò, tentando di convincermi ad andare a trovare Sophie, ma qualcosa mi bloccava. Ero certo di amarla ancora, ma non volevo vederla. Avevo bisogno di prendermi del tempo per riflettere e tenermi occupato, così che i miei pensieri non corressero verso tutte le perdite.
Una martellata, poi un'altra, una terza mi colpì il dito. Sibilai dal dolore e trattenni il pollice dolorante, imprecando in tutti i modi possibili.
«Te lo sei cercata.» affermò qualcuno.
Seth Frost era appoggiato a braccia incrociate su un sostegno in metallo. Giocava con alcune viti in mano. Le lasciò cadere e quelle tintinnarono, finché non rotolarono fino ad infilarsi nei buchi e avvitarsi da soli. Sbruffone.
Lo ignorai. Mi alzai, pronto a cercare altro lavoro da fare.
«James.» mi chiamò Frost per nome. Era forse la prima volta che lo sentivo chiamarmi per nome. Mi voltai, in attesa che dicesse qualcosa.
«Annie non la va più a trovare.» disse. Non c'era bisogno di capire a chi si riferiva.
«Perché.» la mia voce suonò più come un'accusa che ad una domanda.
«Perché ha detto di aver ucciso Aiden.» disse il ragazzo, tenendo lo sguardo fisso sul mio. La serietà del suo sguardo e le sue parole mi raggelarono. Sentii qualcosa cambiare, la consapevolezza che un'altra costante della mia vita non ci fosse più e il fatto che le mani della persona che amavo fossero più insanguinate di quanto pensassi. Una parte di me accettò l'informazione, la registrò e l'archiviò, ma un'altra parte più debole e sensibile si rifiutava di ammettere la realtà di quelle parole.
Abbassai lo sguardo.
«Che ti è successo?» chiese Frost, avanzando verso di me, le braccia incrociate al petto. «Ti sei rammollito fino a questo punto? Provi pena per quello che ti considerava suo unico rivale?» sibilò Frost assottigliando lo sguardo, l'accusa nel tono di voce.
«Non è questa la persona che lui considerava suo pari.» disse puntandomi il dito sul petto.
Lo scansai con la mano.
«Non so di cosa tu stia parlando.» dissi voltandomi.
«Perché non sei andato a trovarla? Perché non hai chiesto spiegazioni a Mr. Xu sul motivo della sua prigionia? Perché non la rivuoi accanto a te?» chiese il ragazzo.
Continuai a camminare per la mia strada, lasciando che la mia mente elaborasse le domande di Frost.

Max era il più indaffarato di tutti e stava assaporando le ore insonne di Nox. Le occhiaie sotto i suoi occhi a mandorla, confermavano la mia ipotesi.
Rimettere in sesto la B. L. C., non era una cosa facile.
In quel momento si trovava davanti ad una pila di cartelle cliniche. Non capivo perché le dovesse leggere tutti lui, ma, a dire il vero, non mi interessava saperlo veramente. Probabilmente perché non avevo più la forza di condividere il peso di alcuno.
«Cosa stai guardando, Max?» chiesi mentre teneva tra le mani dei fogli.
«Sono i dati sulle condizioni di Opal.» il suo nome mi provocò una fitta al petto. La spiacevole immagine di lei, distesa su un letto anonimo mi tinse di tristezza tutti gli altri bei ricordi che avevo di lei e Zach. Un tempo penavo a loro con divertimento, ma non potevo più farlo.
«Dunque?» chiesi prendendo la sedia accanto alla sua scrivania.
«Penso di sapere cosa le abbia fatto... L'aveva già fatto in precedenza ad altri Geminus.» affermò. «Sono rimasto con lei per un lungo periodo, l'aiutavo a superare gli effetti che l'Element aveva su di lei, finché non ha cercato di uccidermi.» mi spiegò.
«Quando Christopher ha iniziato a perseguitare i Geminus, Susan tentò di scovarli per portarli dalla sua parte, ma aveva già poco controllo sul suo umore. Era diventata crudele e torturava chi si ribellava al suo volere.
Torturava in genere con la paura. Amplificava le peggiori fobie di una persona, come ha fatto con Nox. In quel caso le persone diventavano vulnerabili e malleabili.» appoggiò i fogli sulla scrivania e si passò ripetutamente le mani sul volto stanco. Un inutile tentativo di risvegliarsi.
«Oppure andava sul classico e torturava con il dolore fisico, finché la persona non subisse un trauma irreversibile, nel caso di Zach.» tentò di versarsi da bere, le mani gli tremavano e sembrava non riuscisse nemmeno a sollevare la caraffa d'acqua. Mi sporsi per aiutarlo. Gli consegnai il bicchiere. L'uomo bevve alcuni sorsi, con le dita che gli tremavano.
«Nel mio caso, si è solo limitata a mantenermi abbastanza cosciente da vedermi soffrire.» affermò.
«Ma per Opal, ha sfruttato la forza della ragazza. Deve averla sicuramente torturata con l'elettricità, finché la ragazza non avesse creduto che quel potere fosse così nocivo da distruggere se stessa e gli altri, spingendola ad aver paura del suo stesso potere. È un trauma irreversibile.» spiegò. «Quelli sono gli appunti del Dr. Spencer, che aveva assistito ad Opal per un periodo. Se vuoi...»
«No.» dissi categorico. «Non voglio.» continuai.
Max alzò lo sguardo su di me, stupito dal mio tono di voce.
«Jase, hai bisogno di qualcosa? Ti posso aiutare?» mi chiese appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Perché l'hai richiusa?» chiesi. Non volevo saperlo veramente. Temevo la risposta, ma forse Frost aveva ragione. Forse mi stavo comportando da codardo e volevo scappare dalla realtà. Non volevo veramente scoprire di aver perso, non volevo veramente affrontare di aver smarrito molto di più di quanto i miei occhi hanno assistito.
«Lo sai il perché.» disse. Sì, lo sapevo. Ma non lo volevo ammettere, non riuscivo ad ammetterlo a me stesso.
Max mi allungò un pass.
«Cos'è?» chiesi.
«Il pass per la sua cella.» mi disse. «È ora di verificare se abbiamo ragione, ormai le ristrutturazioni stanno andando bene, la gente e gli Imperium si stanno riprendendo.» affermò lasciando il pass sulla mia mano aperta.
«Sai, capisco perché non sei andato a trovarla.» mi disse.
«Sì? Illuminami Max, perché credo di non aver ancora capito.» dissi con voce atona.
«Perché hai paura che sia diversa.» disse Max. «Quel che hai visto là fuori ti ha spaventato. Hai paura di diventare come Chistopher, non è così? La persona che hai odiato di più al mondo.» strinsi il pass nel mio pugno fino a farmi male.
«Te la porterò per i controlli.» dissi semplicemente uscendo dal suo ufficio.

Gli ascensori si aprirono, ritrovandomi nuovamente nel buio totale dell'atrio degli Elements. La prima volta ci ero venuto per la persona che più odiavo. In quel momento ero lì per la persona che più amavo.
I miei passi rimbombavano, mentre la familiare energia degli Element circostanti mi percorreva. La cella di vetro illuminata si avvicinava alla mia visuale e misi subito a fuoco la figura accovacciata al centro del pavimento. Mi dava la schiena, coperta da una cascata di capelli neri. Indossava solo uno camice da paziente grigio chiaro.
Era solo una macchia grigia e nera su uno sfondo totalmente bianco.
Allungai una mano ma i sistemi di difesa mi impedirono di toccare il vetro. La ritirai di scatto per la scossa.
«Pensavo non saresti più venuto.» disse senza voltarsi. Desideravo vedere il suo volto, la sua espressione, i suoi occhi. Ma non potevo.
«Jo non viene più... E perché dovrebbe? Le ho ucciso il suo migliore amico.» affermò.
«Fi...» sussurrai con voce roca, appoggiando un ginocchio a terra.
«Eli è passato.» disse con un tono di voce più alto, come se volesse surclassare la mia.
«Gli ho chiesto la lista delle persone che ho ucciso e lui mi ha detto che non era colpa mia.»
«Ha ragione.» sussurrai.
«Volevo crederci anche io, ma sapevi che l'ho quasi ucciso?» la sua voce tremò. Ma non si voltò per guardarmi.
«Ma non l'hai fatto.» dissi.
«Perché non ci sono riuscita, se non fosse stato per Coral sarebbe morto.» Strinsi i denti.
«È morta, lo sai?» Lo sapevo.
«E sono stata io.» Sussurrò.
«Fi...»
«È morto qualcuno all'interno della Base?» mi chiese interrompendomi di nuovo.
«Nessuno. Era un area deserta, solo qualche macchinario d'allenamento, ma non è una gran perdita» cercai di usare un tono tranquillo e scherzoso.
Le sue spalle parvero rilassarsi leggermente. Non potevo più restare a guardarla accusarsi di ogni danno.
«Sophie, avresti potuto distruggere tutta la base, ma non l'hai fatto. Avresti potuto trafiggermi il cuore, ma non l'hai fatto. Non l'hai fatto perché una parte di te stava contrastando la forza dell'Element e quella parte è la vera te.» dissi avvicinandomi alla cella, la corrente che la ricopriva mi fece vibrare i capelli.
«Ma ciò non cambia quel che ho fatto.» sussurrò.
«Non cambia che ho ucciso con le mie stesse mani i miei amici. Non cambia che non sia riuscita a fermare Susan prima che fosse troppo tardi, non CAMBIA NIENTE!» gridò.
Mi alzai di scatto, tirai fuori il pass dalla tasca. Dopo aver strisciato e digitato la password, la corrente smise di ronzare e i vetri iniziarono ad abbassarsi. Prima che lo facessero del tutto li scavalcai, fiondandomi sulla figura della ragazza che si stingeva le gambe. L'abbracciai da dietro, affondai il naso tra i suoi capelli ed ispirai il suo profumo, stringendo le braccia attorno al suo esile corpo tremante.
Venne scossa da violento tremiti, il mio udito colse i singhiozzi del suo silenzioso pianto.
«Perché non sei venuto subito?» disse con la voce vibrante.
«Scusa. Scusa. Scusa.» sussurrai lasciando leggeri baci sulla cute, sulla guancia, sul collo.
Lei si voltò verso di me e finalmente incontrai i suoi occhi verde smeraldo, umidi e lucidi di pianto. Le guance erano rigate da lacrime che asciugai con i miei pollici. Era rossa, calda, era la mia Sophie. Niente della folle ragazza che avevo visto fuori dalla Base. Era lei. Era solo lei.
«Non lasciarmi più» pianse con le labbra che le tremavano. La mano che stringeva la mia veste.
«Ti prego.» sussurrò.
«Non lo farò mai più. Promesso.» le sussurrai prima di coprire le sue labbra con le mie.
Era un bacio umido, disperato, urgente. Infilai la mano sotto la su veste leggera mentre lei avvolgeva le sue braccia attorno al mio collo e aggrappava le sue gambe sulle mie anche. La sollevai di peso, trasportandola sul letto.
La sua pelle calda sotto le mie dita e il suo respiro mi inebriavano, ricordandomi quanto mi fosse mancata. Anche le sue mani giunsero sotto i miei vestiti, scorrendo sui miei addominali, sul mio petto. Erano gelide e mi dettero i brividi.
«Sei fredda.» sussurrai al suo orecchio.
«Sei caldo.» rispose stringendosi a me.
«Lo so, Mia.» ghignai.
Mi persi. Mi persi in lei.

Sophie sembrava non avere riscontrato problemi dal contatto con l'Element allo stato naturale. Ma non si poteva essere certi, senza il risultato degli esami.
Christopher Barker ci aveva detto che se fosse venuta a contatto con l'Element naturale, le conseguenze sarebbero state disastrose.
Max aveva confermato questa ipotesi.
Fissai la mia ragazza mentre osservava con interesse il gelato sul cucchiaino di plastica, sapevo che in realtà stava cercando di ignorare le occhiate delle altre persone presenti nella sala ristoro.
«Buono?» le chiesi. Lei alzò lo sguardo e cercò di sorridermi.
«Sì.» mormorò portandoselo alle labbra.
Mi mancavano le sue risate. Quelle vere.
In quel momento, nella stanza entrò mia sorella. Il suo sguardo incrociò il mio in pochi attimi, poi si posò sulla nuca della ragazza seduta di fronte a me. Come se avesse percepito la presenza dell'amica, Sophie si irrigidì.
Joy si avvicinò e si sedette accanto a lei come se niente fosse.
Sophie non ebbe nemmeno il coraggio di voltarsi verso di lei. Strinse le labbra e abbassò lo sguardo, lasciando che un velo di capelli scuri le scivolasse in avanti.
Joy prese uno dei cucchiai colorati nel cestello al centro del tavolo e rubò una cucchiaiata di gelato dalla coppetta dell'amica e poi fece una smorfia.
«Odio il gusto vaniglia.» disse.
Sophie si voltò a guardarla stupita. Lei rispose con un sorriso gentile.
«Mi spiace.» disse Sophie mordendosi il labbro inferiore.
«Non è colpa tua se non mi piace la vaniglia.» esclamò Joy facendomi sorridere.
Sophie scosse la testa e fece per parlare ma non ci riuscì, interrotta da mia sorella.
«Non pensarlo.» disse con voce decisa.
«Non è colpa tua. È stata Susan Blackwood.» disse.
«Ma è stato il mio colpo che...»
«Ma sei stupida?» esclamò Joy colpendo la fronte dell'amica. Sophie si portò le mani sul volto, stupita.
Il volto di mia sorella si addolcì.
«Non perderò anche la mia migliore amica.» sussurrò.
«Non sono più venuta a trovarti perché sono andata a cercare il corpo di Aiden. Mi sembrava giusto venisse seppellito assieme agli altri, ricordato per il buon leader che è sempre stato.» spiegò.
«Frost è un idiota.» dichiarai.
«Cosa?! Che c'entra?» fece indignata mia sorella guardandomi.
«Mi ha solamente detto che non la vai più a trovare perché lei ha detto di averlo ucciso... Ho pensato che l'avessi incolpata.» dissi a bassa voce.
«Tecnicamente non è sbagliato quel che ho detto.» intervenne la voce di Frost, si sedette accanto a mia sorella e la baciò con trasporto. Distolsi lo sguardo e sbuffai.
«State di nuovo insieme.» realizzò la mia ragazza con un sorriso.
Joy appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
«Già.» affermò intrecciando le braccia a quello di lui.
«Avevo detto che le avrei dato una risposta al suo "ti amo" urlato al mondo.» Frost ricevette una spintarella imbarazzata dalla ragazza. Sembravano una coppietta in luna di miele.
«Sono felice per voi.» disse Sophie.
«Non ho realizzato che fosse così importante finché non l'ho perso.» affermò Joy.
«Anche io ho fatto la mia parte. L'ho lasciata quando aveva più bisogno di aiuto.» disse Frost con un tono più dolce nella voce.
Mi voltai a cercare lo sguardo di Sophie, per cercare della complicità sulla vomitevole coppia e farla divertire un po', ma incontrai solo uno sguardo vacuo e freddo.
«Fi?» la chiamai. Non rispose. Mi alzai dalla sedia e la raggiunsi, mi chinai e la scossi per le spalle, ma era come se fosse diventato improvvisamente un guscio vuoto.
«Sophie? Non spaventarmi.» dissi allarmato.
Le persone nella sala si girarono verso di noi, lasciando i loro pasti e conversazioni a metà.
Sophie posò lo sguardo su di me. Il tavolo prese a tremare, la lampada sopra di noi ondeggiava pericolosamente. Poi tutto cessò. Gli occhi di Sophie tornarono ad avere la loro speciale luce.
La mia presa su di lei si allentò.
«Dio, che colpo.» borbottai abbracciandola.
«James.» sussurrò la voce di lei. Mi staccai per ascoltarla.
«È successo... Qualcosa...» mormorò preoccupata.
«È tutto okay, Fi.» la rassicurai sperando che la paura svanisse dal suo volto. Ma non accadde.

Max ci disse di tenere d'occhio Sophie e contare i suoi "Blackout" per il momento, mentre lui studiava per lei una soluzione. Non ci disse altro prima di sommergersi nuovamente nel lavoro.
«Che fine hanno fatto Arianne e gli altri Iniziati?» chiese Sophie appoggiata alla mia clavicola.
Eravamo in Sala Grande e stavamo assistendo ad una partita a scacchi tra Seth Frost e Nox. Nox aveva perso quasi tutti i suoi pedoni e la Regina, ma aveva ancora entrambi gli alfieri, cavalli e torri. Frost, da parte sua aveva qualche pedone e la Regina a difendere il suo Re.
«Sono con Aylen, sistemano le altre Basi, si rendono utili.» rispose Eli appoggiato con la testa sulle braccia incrociate sul tavolino con la scacchiare.
Joy era silenziosa spaparanzarsi sul divano con uno dei miei album da disegno in mano e una matita nell'altra.
«Niente. L'arte non è un mio dono.» borbottò la ragazza sbuffando e stirando le braccia.
«Perché? Hai qualche dono?» la prese in giro Sophie.
«Ehi! Sono fantastica in un sacco di cose!» esclamò indignata. «Chiedilo a Seth.» aggiunse con tono malizioso. La pedina della Regina che Frost aveva in mano cadde, buttando giù altre pedine.
«Oh, ditemi che non è quello che penso.» dissi disgustato.
«Perché? A cosa pensi?» chiese mia sorella sempre con lo stesso tono mentre Frost rimetteva a posto le pedine.
«Non voglio pensarci.» dissi categorico.
In quel momento, mi sembrò quasi che fosse tornato tutto alla normalità.
«Non capisco di cosa stiate parlando.» affermò Nox alzando la testa.
«Non distrarti, potresti vincere.» lo interruppe Eli.
«Come fai a saperlo?» chiese il mio amico inarcando le sopracciglia scure.
«Gli scacchi vanno a pressione.» spiegò il ragazzo cieco. «E poi sono sempre stato bravo, vinco sempre ad occhi chiusi.» affermò facendo ridacchiare tutti.
«Vedremo, Eli. Aspetta che batti Lucas» affermò Frost usando appositamente il suo nome. Ormai Steel l'aveva annunciato a tutti e Nox non poteva farci niente.
«Sarà tutto da vedere, amico.» replicò Nox.
«Oh! Ma domani è il compleanno di Jay!» esclamò ad un tratto Sophie raddrizzandosi.
«Ah sì?» chiesi inarcando un sopracciglio.
«Ma sì! Il tre Agosto!» disse regalandomi un ampio sorriso. Me ne beai così tanto, non me ne poteva fregare di meno del mio compleanno.
«Già e io non me lo sono scordata come fanno certe persone.» borbottò mia sorella con una frecciatina.
«Chi se ne frega, non ho bisogno di nulla.» dissi.
«Ma compi diciotto anni!» esclamò Sophie.
«Posso anche compirne cento che non me ne fregherebbe niente.» affermai facendo un'alzata di spalle.
«Insisto che bisogna festeggiare. Spargere una buona e nuova atmosfera allegra e festiva migliorerebbe l'umore di tutti.» affermò lei decisa.
«Forse potremmo...» fece sorridendo, per poi bloccarsi di botto e fissare un punto impreciso con sguardo vacuo. Le stava succedendo di nuovo, si stava perdendo in un luogo a me irraggiungibile.
Ultimamente accadeva sempre più spesso.
Le luci si spensero e riaccesero attirando l'attenzione degli altri in Sala.
Il liquido nei bicchieri iniziò a fluttuare prova di gravità.
«Ehi, Sof?» la chiamò dolcemente Joy con espressione triste. Lei si risvegliò dal suo stato di trance, restituì lo sguardo a noi che la fissavamo. Ma poi ci sorrise, per assicurarci che era tutto a posto. Quel sorriso mi faceva male, non riuscivo a sopportare la sua sofferenza, soprattutto se non potevo fare niente per aiutarla.

Sophie si fece aiutare da Joy per organizzarmi una festa. L'aria allegra serviva proprio a smorzare la terribile cupezza che aleggiava su tutti i membri della B.L.C. Alla fine si rivelò una buona idea quella di festeggiare il mio compleanno.
Accaldato dalle bevande e dalla musica, decisi di uscire all'aria aperta.
Indossai la mia giacca e ottenni il permesso di uscire dalle guardie.
Il vento freddo sferzò i miei capelli mentre respiravo a pieni polmoni il bosco dell'Alaska. Un fiume di ricordi di quel luogo mi investì, finché non venne interrotto quando mi accorsi dalla presenza di qualcun altro.
«Lasy» lo chiamai.
«Il fatto che ora tutti sappiano il mio vero nome, non ti autorizza ad usarlo e a crearci nomignoli idioti» disse senza voltarsi.
«Tu mi chiami Jase» protestai.
«Anche tua sorella ti chiama così» si difese. Mi misi accanto a lui, notando una moto e un borsone accanto ad essa. Capii.
«Che farai ora che è tutto finito?» gli chiesi sapendo già cosa avrebbe risposto.
«Andrò lontano. In giro, lontano da qui, lontano da mio padre. Non c'è più bisogno di Nox ora che è tutto finito» disse con un sospiro.
«Pensavo aveste risolto.»
«Qualche giorno non restituisce dieci anni.» mi rispose.
«Passerai il resto della tua vita a fuggire da tuo padre?» chiesi senza nascondere la mia disapprovazione.
«Non tutti possono essere forti come te, Jase» disse.
«Puoi provare ad esserlo» lo dissi con tono scherzoso ma ero serio. Se fosse partito... Probabilmente non ci saremmo più visti. Perché io non avrei mai abbandonato Sophie e questo era il suo posto. Era il suo posto finché non si sarebbe rimessa.
Mentre Nox non sarebbe mai più tornato perché per lui era importante stare il più lontano possibile da qui.
Mi sarebbe mancato molto.
«Vorrei che restassi» ammisi in un atto di debolezza. Era il mio migliore amico. È il mio migliore amico. Era difficile da ammettere ma... Molte volte non mi sarei salvato senza di lui. Nox raggiunse la sua moto e accarezzò il sedile. «Stammi bene, Jase. Forse ci rivedremo» mi sorrise.
«Nemmeno un abbraccio d'addio, amico?» scherzai.
Non me lo aspettai ma lui mi afferrò per una spalla e mi abbracciò, battendomi i pugni sulla schiena violentemente. Ricambiai.
«Cerca di non diventare Batman» lo presi in giro.
«I miei giorni da "giustiziere della notte" sono finiti da quando sono morti i nonni della tua ragazza.» disse montando in sella alla sua moto.
«Magari tornerò.» affermò facendo un'alzata di spalle. Si mise il casco, mi fece un cenno di saluto con la mano e partì con un rombo verso il tramonto.
«Addio Nox» mormorai.
Qualcuno mi appoggiò le mani sul braccio. Senza dire niente misi la mia su di loro.
«Lo rivedremo.» mi disse Sophie posando la testa sulla mia spalla.
«Lo rivedremo.» affermai.

Max prese male la partenza di Nox, se lo aspettava, ma non avrebbe voluto che se ne andasse.
«Dopotutto è libero.» sussurrò. «Oh, a proposito, auguri, Jase.» mi disse come se fosse uno dei tanti punti di una lista da smaltire.
«Grazie.» mi limitai a dire.
Qualcuno bussò ripetutamente alla porta. Max fece scattare le serrature con un pulsante alla scrivania e Joy entrò correndo, nel suo camice da notte nero.
Una sola parola uscì dalle sue labbra: «Sophie.» e io correvo già per i corridoi.
Arrivai al corridoio che portava alla sua camera e vidi il fumo fuoriuscire dallo spiraglio in basso. Poi la udii.
Gridava. Gridava disperatamente. Un suono doloroso che avevo già udito tempo prima. Corsi verso la porta e constatai che era fusa contro il muro.
«Sophie!» gridai «SOPHIE!» lei continuava a gridare disperatamente.
«Che le sta succedendo?!» Joy, con i capelli sparati in tutte le direzioni, e gli altri mi avevano raggiunto.
«La porta è bloccata!» urlai in panico.
«Fondila!» gridò Joy.
Non ci avevo pensato per l'agitazione. Lo feci e venimmo invasi immediatamente da una nuvola di fumo che ci fece tossire. Mi concentrai e feci esplodere le tubature del bagno nella sua stanza.
Quando il vapore si diradò mi precipirai dentro e trovai Sophie al centro del letto intatto, l'unico oggetto che si era salvato nella stanza, con le mani tra i capelli e il volto nascosto tra le ginocchia piegate. Mi avvicinai a lei e le accarezzai la schiena.
«Ehi... Fi» dissi dolcemente.
«Stammi lontano James. Sto diventando come lei» mormorò tra gli singhiozzi.
«Non dire così...» iniziai.
«MA È LA VERITÀ!» gridò lei sollevando lo sguardo, pregandomi in silenzio di salvarla dall'oblio con quei lucidi occhi verde smeraldo. Ma non sapevo come fare.
«Sto peggiorando, Jay. Sento di poter distruggere tutto... Sto impazzendo» singhiozzò «Guarda cos'ho fatto...» disse indicando la camera «Non riesco più a controllarmi... Sto perdendo la testa... Fa così male» chiuse gli occhi e si abbracciò sofferente. L'avvolsi tra le mie braccia e appoggiai il mio mento sulla sua testa, lei si lasciò andare «Troveremo una soluzione» le promisi.
Il fumo si diradò, le fiamme si spensero e l'acqua smise di zampillare.
«Promettimi una cosa Jay.» mi disse stringendo la presa sulle mie braccia e alzando lo sguardo su di me. I suoi occhi divennero lucidi e calde lacrime iniziarono a riempirsi.
«Qualsiasi cosa.» sussurrai.
«Promettimi che mi ucciderai se sarà necessario. Promettimi che mi ucciderai se divento come lei.» disse con fermezza. Iniziai a scuotere la testa. Non avevano senso le sue parole.
«Non posso. Tutto ma non...»
«PROMETTIMELO!» gridò stringendo ancora di più la presa.
«Ti prego... Non voglio più far del male a qualcuno...» sussurrò creando un profondo solco tra le sopracciglia.
«Fi...»
«Ti prego... Se c'è una cosa che ha fatto bene mio nonno nella sua vita, è stato il coraggio di uccidere la donna che amava. Lei era felice che fosse stato lui e salvarla.» insistette con le guance rigate.
No. Non potevo...
«Uccidimi per il bene delle persone a cui vuoi bene. Uccidimi per gli altri.» disse con tono tremolante.
«Non posso farlo, Fi.» dissi prendendole il volto bagnato nelle mani. «Ti amo.» sussurrai con voce spezzata.
La presa sulle mie braccia perse forza e lei scivolò sul mio petto. La strinsi a me.
«Ti prego, Jay.» furono le sue ultime parole prima di svenire.

«Allora Max?» gli chiesi non appena Max uscì dall'infermeria.
«È grave Jase. Sono gli stessi sintomi di Susan.» disse. Quelle parole mi spiazzarono più del dovuto.
«Entrare in contatto con l'Element allo stato Naturale, ha influenzato l'Element che già era già presente in lei, creando una sorta di reazione velocizzata. L'Element la sta divorando e continuare ad usare i suoi poteri accellerà solo le cose. Perderà la ragione, perderà se stessa e non riconoscerá più nessuno... Nemmeno te» rispose.
«Quindi le basterebbe non usare più i poteri.» affermai.
«Non è così semplice James, la mente umana non è così semplice. Tu riusciresti a smettere di camminare sapendo che ne sei capace?»
«Certo! Se mi salverebbe la vita.» affermai risoluto.
«No. Tu proveresti a farlo. Non hai idea della situazione che ti si potrebbero presentare. In caso fosse indispensabile che tu camminassi?» mi disse Max con serietà.
«Inoltre, per lei diventerà una dipendenza, come se fosse una droga, desidererà usarli.» affermò.
«Non... Non possiamo fare niente?!» chiesi disperato.
Max ci pensò sù, poi ebbe gli si illuminarono gli occhi:«In effetti...»
«Parla» dissi immediatamente.
«Si potrebbe utilizzare il Flash. Vedi, grazie alle sue proprietà di cancellazione, eliminerebbe tutti i ricordi e gli avvenimenti che hanno attivato la zona Element del suo cervello. Non sapendo di possedere tali poteri non potrà utilizzarli per distruggere se stessa e chi ama. L'Element si placherà e non la sovrasterà più. Diventerà una comune Popolana.» disse.
«Ma... È già capitato che i suoi poteri si risvegliassero» mormorai.
«Questo accadrà sicuramente, ad ogni scoppio di emozioni. Ma se non scoprirà che dietro ai piccoli incidenti c'è lei, potrà condurre una vita quasi tranquilla. Tutto quello che le sta succedendo adesso, è stato causato dal forte sfruttamento dei suoi poteri, si è allenata, è diventata forte abbastanza da controllarli e trovare un equilibrio tra essi e così ha permesso all'Element di sopraffarla. Quindi...» «Niente segreto sulla B.L.C. niente poteri, niente poteri niente Element, niente Element niente problemi. E lei sarà salva» conclusi per lui, mentre la dura realtà mi colpiva.
«Esatto... Senti Jase... Mi dispiace...» mormorò perdendo la sua loquacità da genio.
«Lo so. Dimenticherà anche me.» confermai con voce atona. Anche se stavo già crollando. Lei avrebbe dimenticato tutto... I nostri momenti insieme, il nostro legame. Sarei tornato ad essere uno sconosciuto nella sua vita.

Angolo Autrice

Eh già... Lo so, lo so... Avete già capito che non è happy ending che vi aspettavate... Resistete gente, due capitoli all'epilogo e poi vi saluterò! Però se volete potete seguire i miei aggiornamenti revisionati.
Troverete molte differenze come le strutture delle Basi, personaggi nuovi, quelli accennati approfonditi e chi conoscete già svelerà più segreti! Inoltre ho intenzione di narrare il passato, le Origini della B.L.C. in "segreti" quindi, non mi abbandonate! Poiché credo sia una storia degna di essere raccontata.
Conoscerete personaggi come Allison Sharp, Amity Steel o i coniugi di fuoco... O anche la storia di Ellen Frost vista dal suo POV... Non siete curiosi?
Mi impegnerò a revisionare Elements sperando che diventi più bello di come lo conoscete ora.

Detto ciò... Che ne dite di espormi un po' le vostre idee riguardo a possibili revisioni? Volete approfondire qualche argomento su cui sono stata scarna? Non è detto che non li prenda in considerazione 😉.

Angolo Riflessione capitolo ⬆️.

Qui sotto, un'immagine dello scorso capitolo con Susan e Sophie. (Tentativo di colorare a tempera)

Qui sotto, scena di questo capitolo.
(prossima volta tenterò con i pennarelli. Troverò uno strumenti che saprò usare prima o poi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top