55. Sof: Dolore
Fantastica Banner Gif di Skadegladje 😍 Non so voi, ma ne sono innamorata. Poi la frase di Susan del penultimo capitolo assieme alla città che viene distrutta 😍.
P.s. Capitolo molto, molto, molto... Buona fortuna.
Ero confusa.
Le parole di quella donna mi avevano penetrato più di quanto pensassi.
Fissai assente il paesaggio in rovina davanti a me, vedendo passare ogni tanto degli Imperium indaffarati.
Avevo paura, una paura latente che non comprendevo appieno. Non si trattava di semplice timore verso quella spaventosa e folle donna che aveva quasi ucciso Nox; non si trattava nemmeno dell'idea di perdere i cari, anche se erano ottimi motivi. Si trattava di qualcosa che mi terrorizzava dalla profondità di me stessa, come se nel buio della della mia esistenza si stesse accendendo un faro misterioso di pericolo. Un istinto animale che mi voleva avvertire di qualcosa di tremendamente catastrofico per me e per quelli che mi stavano attorno.
Notai James e Jo che stavano chiacchierando dall'altra parte della strada. Entrambi erano stanchi e ridotti male, ma vivi. Eravamo vivi nonostante la donna.
Vidi passare delle guardie Imperium che confabulavano tra loro, preoccupate.
James fermò un guardia Imperium.
Sentii solo che Susan Blackwood non si trovava. Raddrizzai la schiena.
Un'attimo dopo stavo correndo nella direzione dell'oceano. Vari Imperium dell'acqua stavano setacciando la zona, indaffarati. Entrai in acqua, spingendomi attraverso le correnti. I miei vestiti si appesantirono immediatamente, l'acqua filtrava tra i tessuti e mi trascinava verso il basso. Nuotai a deriva, annaspando.
«Sophie.» mi chiamò qualcuno. Smisi di muovere le braccia e le gambe, voltandomi verso Aiden.
«Che ci fai qui?» chiese lui con i capelli bagnati e senza la sua divisa, immerso fino al torso.
Sbatté le ciglia scurite per cacciare via le goccioline d'acqua.
«Vi aiuto.» dissi mantenendo un tono distaccato e privo di qualsiasi emozione.
«Stiamo setacciando la zona secondo schemi precisi, ci distrarresti.» mi disse.
Strinsi i denti infastidita.
Lo sguardo di Aiden si addolcì.
«Non so come ti senti, ma ci provo. Potresti farlo anche tu.» mi suggerì.
In quel momento si sentì un forte boato e una voluta di fumo alzarsi in lontananza.
«Dannazione, è dove hanno rinchiuso Santos...» sussurrò Aiden.
«Non potete abbandonare le ricerche, ci vado io.» affermai risoluta con il fuoco che mi bruciava nelle vene. Volevo combattere, dovevo lasciar andare quello che avevo accumulato nella lotta contro quella donna.
«Vengo con te.» mi disse Aiden nuotando verso riva affianco a me.
«No! Cerca...»
«Dannis! Continuate voi! Vado a vedere che è successo alla base di supporto.» esclamò Aiden senza considerarmi.
Un uomo emerse a pochi metri da noi alzando i pollici per poi immergersi di nuovo.
Aiden mi trascinò verso la spiaggia senza difficoltà, veloce come un motoscafo. Tra i detriti erano sparsi varie divise scure che prima non avevo notato. Aiden afferrò quelli ai suoi piedi e si rivestì velocemente, ritornando asciutto in pochi istanti, al contrario di me che ero ancora grondante d'acqua.
Alcuni giovani Imperium che si stavano occupando delle ricerche sulla terra ferma si fermarono e ci raggiunsero. Tra loro c'era anche Coral.
«Andiamo a vedere cos'è successo.» ordinò Aiden. Per mezzo secondo lo invidiai. Volevo avere la sua stessa sicurezza, lo stesso tono da leader naturale che sfoggiava con compostezza in qualsiasi occasione. Usava un tono che non ammetteva repliche e che spingeva qualsiasi persona ad ascoltarlo.
«È così facile liberarsi degli idioti. Basta accendere un fuoco che tutti si precipitano lì.» affermò la sua voce.
Susan Blackwood comparve dall'oscurità di un edificio caduto, una figura che ci paralizzò tutti quanti.
«Hai liberato tu Santos.» realizzò Aiden parandosi davanti a noi.
«Eroe. Un'altro! Ma quanti ragazzi usi, nipotina? Non potrei essere più orgogliosa!» esclamò la donna facendo un passo verso di noi. Non sembrava né ferita, né stanca. Come se lo scontro contro di noi non avesse sortito alcun effetto. Era stato tutto un gioco per lei?
«Non rivolgerle la parola.» sussurrò Aiden minaccioso.
Il sorriso sadico sul volto di Susan mutò in una maschera d'ira.
«Non osare tu, rivolgere la parola a me.» sibilò.
Quel che accadde dopo fu come un fulmine accecante. Accadde in un lampo e non lasciò a nessuno il tempo di capire e tanto meno riprendersi.
I ragazzi attorno a me vennero inghiottiti dal terreno e in un attimo la donna fu ad un palmo dal mio naso. Alzai la mano per colpirla, ma fui troppo lenta, un colpo ben assestato alla nuca spense tutti i miei sensi e mi trascinò nel oblio con lunghi tentacoli di una piovra oscura.
Iniziò con i rumori. Un lontano scricchiolio disturbò il ticchettio della mia mente. Iniziai a sentire la presenza del mio corpo e la consapevolezza di essere sdraiata su qualcosa di duro e freddo, un pavimento, forse.
Piano piano riuscii ad aprire gli occhi, ma ciò che mi circondava era coperto da una penombra. La luce filtrava da una finestra delle dimensioni di un portatile e accarezzava la piccola stanza soffocante come una patina di polvere su oggetti abbandonati.
Mi voltai di lato scoprendo di avere tutto il corpo dolorante e mi ritrovai faccia a piedi con i tacchi di mia nonna. Scorrendo lo sguardo verso l'alto la vidi sorridermi. L'oscurità lasciava che la mia mente immaginasse la parte al buio.
«Finalmente sole, Sophie. Aspettavo questo momento da quando ho saputo della tua operazione.» disse.
«Hai fatto finta di perdere e scomparire per stare sola con me.» dissi tentando di rialzarmi. Qualcosa tintinnò, poi mi resi conto di avere delle catene di metallo ai polsi e alle caviglie.
James mi aveva detto che anche lui ha avuto per tutto il tempo della sua prigionia le catene. Era un'ossessione di quella donna.
«Sei piuttosto calma, Sophie. Sembra che te lo aspettassi, infondo.» Evocò dal pavimento un trono sul quale si sedette davanti a me. Anche io mi misi comoda. «Anzi.» sussurrò compiaciuta. «Come se lo aspettassi da tanto.»
«Oh, volevo da tanto stare sola con te, nonnina. Ora che facciamo? Saltiamo la parte degli occhi, le orecchie e la bocca grandi e passiamo a quella in cui mi divori in un solo boccone?» dissi fissandola dritto negli occhi neri.
La donna scoppiò a ridere e incrociò le gambe, appoggiandosi poi allo schienale.
«Che lingua biforcuta, mi piaci molto. Non devi aver preso dal ramo della famiglia di tua madre.» sussurrò compiaciuta.
«È un peccato che San Francisco sia ancora intatta, avrei dovuto distruggerla per prima.» rise guardandosi le unghie.
La provocazione era ovvia. Mi aveva portato via madre e voleva fare lo stesso con mio padre.
«Cosa vuoi da me? Abbiamo appurato che riusciresti benissimo a distruggere l'America da sola.» dissi.
La gamba di Susan che aveva iniziato a dondolare si fermò. Era come se la donna si fosse raggelata.
«Distruggere... Il continente Americano, dici?» chiese lei. Alzò gli occhi al cielo, come se ci stesse riflettendo per la prima volta.
«Ma io non voglio farlo.» disse all'improvviso.
«Dopo averlo fatto? Che farei?» aggiunse con un tono infantile. Era completamente pazza, non sapevo se fosse rimasto un barlume di ragione in lei, ma se non ce ne fosse stato nemmeno un po', probabilmente sarei morta in quel luogo sconosciuto. Non sapevo dove mi trovassi. Sembrava una cantina di qualche villa da ricconi, piena di bottiglie di vino. Lo scricchiolio che avevo udito al risveglio erano i cocci di vetro sotto le scarpe di Susan.
«Tu... Non sai cosa voglio.» realizzò la donna attirando nuovamente la mia attenzione.
«Cosa vuoi?» chiesi.
«Voglio mostrare il mio potere.» disse con gli occhi spalancati. «Voglio semplicemente mostrare al mondo, a Chris, chi sono.» aggiunse alzandosi in piedi. «Mostrare che sono Dio.» affermò alzando le braccia e facendo tremare la stanza.
«Cosa vuoi da me?» chiesi.
«Chris voleva creare un'altra me, capisci? Un'altra me che riuscisse a controllare. Non posso permetterglielo.»
«Mi vuoi uccidere?» chiesi con un sussurro. Lei scoppiò a ridere.
«No. Se ti uccidessi lui continuerebbe a pensare che ci sarebbe riuscito, a creare l'arma perfetta. E probabilmente ci riproverebbe. Ma se ti rendo uguale a me.» la sua voce si abbassò e il suo volto si avvicinò. Le sue unghie mi penetrarono nella carne del volto, affilati e taglienti. «Capirà che nulla può contro il mio potere.»
«Mi stai dicendo che tutto questo...» sussurrai incredula, strattonandomi dalla sua presa. «È accaduto perché vuoi dimostrare a mio nonno qualcosa?» chiesi.
«Convincere il regista, equivale a mostrare al mondo intero il tuo film.»
«Il film non è del regista» replicai.
La donna rise. «Non riesci a capire? Non importa quale sia il movente di tutto ciò, il punto è che io ho il potere e il coraggio di farlo. Niente mi ferma e quindi lo faccio.» disse semplicemente rimettendosi in piedi.
Folle. Era folle. Totalmente e irrimediabilmente pazza.
«Riposati. Quando tutti gli Imperium torneranno alla Base andremo lì.» affermò incamminandosi verso l'uscita.
«Dove siamo?» chiesi.
«Sempre a Miami, questa casa era di proprietà della mia adorata Ellen. Prenderemo uno dei suoi jet.» replicò con un tono di voce da persona normale. Poi uscì di scena.
Rimasi per terra, seduta in silenzio a riflettere con l'aiuto del ticchettio lontano. Cos'era? Vino? Acqua? Fissai le catene e pensai a cosa fare. Non potevo fuggire, non sarebbe servito a niente, lei mi avrebbe trovata ovunque.
Dovevo fermarla prima che fosse troppo tardi, ma come? Inoltre le sue farneticazioni sul fatto che sarei diventata come lei mi preoccupavano. Perché ne era così sicura? Ero veramente destinata a ciò?
Mi riscossi dai miei pensieri. Non era il momento di pensarci. Dovevo innanzitutto liberarmi, sarebbe stato un primo passo.
Fissai le mie catene e mi concentrai sul metallo. Avevo dei poteri su quell'elemento? Era il momento di dimostrarlo.
Chiusi gli occhi e mi concentrai su di esso, immaginandomelo come un mio prolungamento, percepii il materiale nella sua durezza. Più duro della terra, ma malleabile allo stesso modo. Seppi esattamente come spezzare i legamenti è appena tirai, quelle si liberarono dai miei polsi.
Non avrei mai ringraziato abbastanza Seth ed Eli per avermi insegnato tanto bene i principi della terra.
Le porte si aprirono nuovamente in quel momento. Mi voltai spaventata prima di notare una figura più massiccia di quello di mia nonna.
Mi spostai verso l'oscurità per non farmi vedere, istintivamente, non volevo farmi trovare.
«Sophie?» sussurrò qualcuno.
«Aiden?» chiesi confusa.
Il ragazzo avanzò sotto la flebile luce, mostrando il suo volto e i capelli biondi.
Mi alzai con un balzo e corsi verso di lui per abbracciarlo stretto. Ero assurdamente felice che fosse venuto a cercarmi, di non essere sola ad affrontare quella donna. Non mi ero ancora resa conto di essere totalmente terrorizzata.
«Ci sono gli altri con te?» sussurrai.
«Ci siamo divisi per cercarti, qui ci sono solo io.» mi disse con un tono di scuse.
«Meglio così, sarebbero solo in pericolo.» affermai. Improvvisamente mi sentii in colpa per averlo voluto vicino. Era come se non me ne fregasse niente della sua incolumità.
Aiden mi afferrò per il polso e si diresse verso la porta.
«Non è il momento di parlare, andiamocene». Uscimmo dalla cantina. Aiden avanzò a passo felino, controllando che non ci fosse nessuno. Guardandomi attorno, notai il disordine causato dal terremoto, il pavimento ricoperto di vetri rotti e le mura crepate. Nonostante tutto era ancora in piedi e mostrava l'eleganza che la caratterizzava un tempo. I gusti di Ellen Frost non deludevano mai.
Aiden mi fece un cenno con la testa per darmi il via libera. Ero percossa da un brutto sentimento che mi bloccava con i piedi per terra. Era assurdo che non si fosse accorta della nostra presenza, me la immaginavo che comparisse da un momento all'altro e che trafiggesse Aiden come aveva fatto con James.
Bloccai Aiden per un polso.
Lui si voltò a guardarmi, con una domanda non espressa nel suo sguardo. Tutti i miei sensi erano in allerta, cercando di percepire ogni minimo movimento e non essere sorpresa da un attacco improvviso.
«Vattene.» gli dissi. «Non riusciremmo mai a fuggire insieme, lei mi vuole e non si farebbe problemi a ucciderti per disperarmi.» affermai stringendo la presa sul suo polso, con il cuore che batteva all'impazzata per il terrore, fedele compagno.
Aiden fece per parlare ma lo fermai nuovamente.
«Ti ha risparmiato già una volta. Ti prego, non sfidare ancora la tua fortuna.» lo pregai con gli occhi.
La sua determinazione non vacillò e ciò mi spaventò ancora di più.
«Vai, vai dagli altri e di loro che Susan vuole arrivare al Centro e usare me per distruggerlo. È completamente pazza e ciò la rende ancora più pericolosa. Avverti gli altri, ti scongiuro Aid, non ti ho mai chiesto nulla, fa questo per me. Salvali, salvati.» sussurrai con tono spezzato, stringendo la presa su di lui. Una parte di me non voleva che se ne andasse, voleva essere salvata da lui, voleva che la sua sicurezza prendesse il suo posto. Ma non poteva. Toccava a me affrontare Susan. L'avevo sempre saputo.
«Non ti sto abbandonando.» sussurrò stringendomi la mano, prima di uscire da solo dalla casa.
«Lo sai che non servirà?» sussurrò Susan Blackwood. Le sue braccia mi avvolsero le spalle come tentacoli, le mani corsero al mio viso, accarezzandomi le guance con le sue dita. Sentivo il suo fiato sul collo.
Rimasi immobile, paralizzata.
«Non ti permetterò di lasciare questo posto.» affermai con sicurezza. Le dita di lei si fermarono attorno al mio collo, dopo che mi aveva spostato i capelli scuri di lato.
Chiusi gli occhi e concentrai l'aria attorno a noi. Una capsula di correnti mi separò da lei. Non persi tempo e attaccai con tutto ciò che avevo. Le fiamme scorsero tra le mie dita, avvolgendola. In quell'istante sentii di aver finalmente compreso quell'elemento appieno. Le domai, aizzandolo contro la donna che si creò una barriera d'acqua dalle tubature della casa. Il soffitto fece piovere dell'intonaco mentre la mia visuale si offuscava dal vapore acqueo. Senza pensare riuscii ad attanagliarmi ad esso, la diradai e gliel'avvolsi attorno. Una scarica elettrica partì da lei e mi colpì in pieno petto, mandandomi contro un tavolo di legno che si ruppe. Dolorante e con la testa che mi girava, non mi diedi il tempo di riprendermi, appoggiai la mano sul pavimento e percepii il terreno sotto di esso. Colonne di terra spuntarono pungenti contro la donna che alzò le mani per evocare ondate di ghiaccio.
Un turbine d'aria mi colpì l'addome violentemente, mozzandomi il fiato e mandandomi contro al muro. Finii a terra, dolorante. Tossii violentemente, sentendo il sapore metallico del sangue in bocca. Le orecchie mi fischiavano per l'impatto mentre l'odore di bruciato mi soffocava. Alzai lo sguardo per trovare la stanza in fiamme.
«Se continui così non riuscirai nemmeno a sfiorarmi.» mi ringhiò contro, mentre avanzava verso di me. Mi prese per i capelli e portò il mio volto al suo livello.
«Ti farò provare l'ebbrezza di essere me, abbi pazienza, aspetta che elimini tutto ciò che ami.» sussurrò. Le sputai in faccia, macchiando il suo volto di rosso sangue. Lei strinse gli occhi e mi sbatté a terra con violenza. Rischiai di mozzarmi la lingua. Il dolore che percorreva tutto il mio corpo era insopportabile, faticavo a rialzarmi. Sentivo il fuoco evocata da quella donna opprimermi, ma non riuscivo a sottrarmi a nulla. La mia testa girava troppo velocemente, facendomi venire le vertigini.
Venni sbattuta contro la porta e il mio corpo rotolò giù dalle scale della grande entrata, ritrovandomi tra i ciottoli del cortile. L'aria si fece spazio tra i miei polmoni, sostituendosi al veleno del fumo. Tossii convulsamente e sentii la bile risalirmi per l'esofago. Rannicchiata e tremante a terra, sapevo di sembrare la figura più patetica al mondo.
«Hai il potere di controllare tutti gli elementi, ma sei così limitata...» borbottò la donna fissandomi dall'altro in passo.
D'improvviso un'ondata d'acqua colpì la donna, trascinandola lontana da me.
Qualcuno accolse al mio fianco, tirandomi sù.
«Mi spiace, ma non potevo proprio lasciarti qui.» disse Aiden.
«No.» sussurrai.
«Gli altri verranno avvertiti. Coral è già partita, tranquilla.» affermò il ragazzo. «Vuole che siano tutti alla Base, quindi le ho detto di far evacuare l'edificio.» continuò prendendomi in braccio.
«Non la fermerà. Scoverà tutti. Sarebbe peggio.» dissi con un filo di voce, aggrappandomi stancamente alle spalle di Aiden.
«Tu sei un impiccione.» disse freddamente la voce della donna. «Ti ho risparmiato due volte, perché potessi annunciare il mio arrivo, ma ora che l'hai fatto, non ho più bisogno di te.» non la vedevo, ma la sentivo avvicinarsi.
«Vattene Aid. Non essere stupido, vattene.» sussurrai abbassa voce.
«E lasciare che lei ti torturi così?» sibilò il ragazzo mantenendo il contatto visivo.
«Se mi ami veramente, salvati.» dissi categorica liberandomi dalla sua presa.
«Non ti lascerò mai andare, rassegnati.» affermò con sicurezza, incastrando i suoi oceani nei miei occhi.
«Molto commovente principino, ma allo stesso tempo patetico. E così la tua ultima azione è combattere per proteggere la tua maledizione?» esclamò Susan. Un ondata di fiamme partì da lei puntando su di noi. Il terreno esplose in un muro di acqua mentre Aiden mi afferrava di nuovo per portarmi lontano dall'impatto.
Aiden attaccò, sfruttando tutta l'acqua sotterranea presente, era impressionante quanto volume riuscisse a dominare. Quasi sperai che lui riuscisse a sopraffarla. Ma mi sbagliavo di grosso, la donna rideva sguaiatamente, mentre deviava ogni colpo. Emanò una scarica elettrica che attraversò il muro d'acqua e colpì il ragazzo in pieno petto. Mi sembrò di vedere i tentacoli di un mostro apparire attorno a lei come un'aura malefica. Fruste d'aria danzavano violente colpendo il ragazzo senza permettergli nemmeno di toccare terra.
Appoggiai le mani al terreno, sforzandomi di ignorare il dolore. Feci eruttare il terreno, che serpeggiò verso di lei. La donna mi guardò con scherno. Mi mostrò il palmo vuoto. Sentii l'energia accumularsi attorno a lei e il pericolo mi fece venire la pelle d'oca. Ma non riuscivo a muovermi. Una palla di fuoco incandescente, luminoso come un sole in miniatura iniziò a crescere sul suo palmo. Mi fece vedere chiaramente che spostava la mano verso il ragazzo a terra, ferito.
«NO! NON FARLO!» esclamai. Strinsi i pugni e con le ultime forze domai il vento circostante. Indirizzai le correnti in un unico punto, come mi aveva insegnato Jo, e menai un fendente nella direzione della donna, con l'unico scopo di tagliarla mortalmente.
Fui veloce, ma lei ancora di più.
Il colpo mirò bene, ma il bersaglio era sbagliato.
Susan aveva tirato davanti a sé, all'ultimo momento, il corpo di Aiden per farle da scudo. Lo lasciò scivolare a terra mentre io fissavo la scena con occhi sgranati. Mi fissai le mani tremanti per poi posare di nuovo lo sguardo sulla figura insanguinata ai piedi di Susan.
Confusa mi rimisi in piedi e barcollai fino a cadere accanto al corpo di Aiden. Lei ci fissava dall'alto in basso, con un'espressione esaltata. Voltai il corpo di Aiden, attingendo alle mie riserve di energia. Lo sguardo mi cadde sul petto dove c'era un grande taglio diagonale che partiva dalla spalla sinistra e finiva al fianco destro. I suoi vestiti erano tutti zuppi di sangue, troppo sangue, ma non ci badai. Appoggiai la sua chioma bionda sulle mie ginocchia.
«Aid?» sussurrai con tono tremante. Non potevo credere ai miei occhi. Non potevo credere a quello che avevo appena fatto.
«Resisti Aid» gli sussurai «ce la puoi fare» una lacrima mi scivolò lungo la guancia e andò a bagnare il volto di Aiden.
Lui tossì sangue, facendomi tremare spaventata. Boccheggiò prima di sussurrare qualcosa. Mi abbassai verso di lui per ascoltarlo.
«No, Sof, e lo sai. Non volevo» tossì sangue «Non volevo ferirti... Mi dispiace» la sua voce si stava affievolendo sempre di più. Che stava dicendo? Di che parlava?
«Shhhh zitto, non parlare» singhiozzai, ormai le lacrime mi avevano offuscato la vista e il volto di Aiden era diventato indistinto.
«Dimmi che mi perdoni» tossì di nuovo. Poi capii. Sì riferiva ancora a quello che mi aveva fatto mesi prima.
Annuii energicamente.
«Ti ho perdonato da tempo, Aid»
Lui fece un sorriso, un ultimo sorriso.
«Sono contento che l'ultima cosa che veda... Sia tu» sussurrò mentre continuavo a piangere e a sighiozzare come un bambino. «Non.. Piangere...» alzò il braccio cercando di asciugarmi le lacrime, ma quello cascò prima che potesse toccarmi. La vita lo aveva abbandonato e non avrei mai più rivisto i suoi luminosi occhi blu, non avrei mai più rivisto il suo bel sorriso brillante, non avrei mai più sentito la dolcezza delle sue parole, non c'era più.
Era così, l'attimo prima era con me, a salvarmi, e l'attimo dopo non c'era più. Andato. Per mano mia.
Oh, no. Non era colpa mia. Era sua. Di Susan Blackwood, e l'avrebbe pagata, pagata cara.
«TI ODIO!» ringhiai con rabbia. Scattai in piedi e con furia omicida evocai una potente folata di vento a cui lei rispose con la stessa forza uguale ma opposta, che causò un'onda d'urto che rimbombò per chilometri. Entrambe venimmo sbalzate lontane l'una dall'altra.
«Ti sei svegliata! Ma non è abbastanza!» esclamò lei infuriandosi ancora di più. L'avrei distrutta. Non mi sarei più preoccupata della sua vita. L'avrei uccisa con le mie stesse mani.
Evocai una zolla di terra e gliela spedii contro con forza, ma lei la frantumò con un solo colpo.
«Arrabbiata? Ancora troppe emozioni in te, nipotina mia. Te ne farò provare così tante che non sentirai più nulla.» ridacchiò.
Corsi verso di lei, feci un balzo e colpii con tutta la forza il terreno che eruttò attorno a me, le onde d'urto divamparono contro la donna che si sollevò in aria per schivarle.
Il cielo si oscurò, alzai entrambe le braccia, ordinando ai fulmini di colpirla. Lei li deviò al terreno.
«Smettila di giocare, Sophie Hunter. È ora di andare.» sussurrò. L'attimo dopo venni colpita così violentemente che ricaddi nell'oblio.
Una secchia d'acqua in faccia mi risvegliò. Ero appesa a quella che sembrava una stella di metallo, incentrata in una ruota con otto frecce.
Percepii distintamente la temperatura gelida sulla mia pelle. Non eravamo più a Miami. Non avevo sentito il viaggio, era come se l'oblio mi avesse inghiottita.
Aprendo gli occhi vidi l'edificio bianco della Base 1 proprio davanti a me. Susan aveva spazzato via tutti gli alberi davanti, lasciando una strada ampia che conduceva direttamente a me. In lontananza, una schiera di Imperium, pronti a difendere la Base. Susan era accomodata ai miei piedi.
«Ti sei svegliata, nipotina mia.» sussurrò. Il cielo tuonò, rimbombando nelle mie ossa. L'attimo dopo iniziò a piovere.
«Siamo arrivati alla resa dei conti.» sussurrò alzando il volto al cielo. Un altro lampo illuminò il suo volto dandole un aspetto spettrale.
Un'unica figura si stava avvicinando lentamente verso di noi. Attendemmo con pazienza che mio nonno si portasse davanti a lei.
«Hai perso, libera Sophie, consegnaci l'Element e arrenditi a noi. Sei sola ormai e per quanto tu sia forte non riuscirai mai a sconfiggerci da sola.» disse freddamente l'ex capo della Brain Limitless Company.
«Quale freddezza, Chris» sussurrò compiaciuta Susan. «Ma non sono sola.» disse.
Dietro all'uomo, vidi gli Imperium avanzare e circondarci. Vidi anche James assieme a Jo, che fissavano solo me. Abbassai lo sguardo tintinnando le catene.
«Abbiamo sconfitto e catturato tutti i tuoi seguaci.» sibilò mio nonno avanzando verso di lei minaccioso. Sembrava che avesse perso veramente la pazienza, alterato come non lo avevo mai visto.
«Come se portassi veramente tutti i miei seguaci con me.» disse compiaciuta.
«In questo preciso momento ci sono Ribelli, che tu consideri invisibili, alla ricerca dell'Element rubato da quella sgualdrina Fenice. Se anche cadrò oggi, vi trascinerò tutti con me lasciando che siano i miei seguaci a governare con quell'Element.» sibilò la donna con gli occhi spalancati.
«Tu sei pazza.» disse l'uomo.
«E illusa.» disse una voce inaspettata. Qualcuno comparve dal bosco. Siccome ero in alto, vidi le figure avanzare anche senza che gli Imperium si spostassero per farle passare.
Seth Frost era lì, in carne ed ossa. Buttò un corpo a terra, il quale produsse un tonfo sordo. Teneva una ragazza per il polso e non potei non riconoscere la figura di Courtney. Dietro loro due, una donna bionda che riconobbi come Miss Cooper.
Vidi Seth lanciare uno sguardo in direzione di Jo. L'aveva trovata subito, come se avesse sempre saputo che fosse lì.
«Ho distrutto l'altro Element. Tu finirai qui.» disse Seth con tono freddo.
Susan Blackwood non parve nemmeno scossa, scoppiò a ridere a ridere sguaiatamente. Non si fermava, mentre tutti la fissavano in silenzio. Il suono della sua risata era l'unico che si sentiva oltre allo scrosciare della pioggia.
«Ebbene! Quando il figlio supera per intelletto sia madre che padre. Seth Edmund Frost, se tua madre ti vedesse ora, quanto sarebbe orgogliosa? A sfidare la persona di cui lei aveva più paura?»
Seth non rispose.
Susan si guardò intorno, per nulla intimorita dalle persone attorno a lei.
Si voltò verso di me e sorrise.
«È ora, nipotina mia.» disse. Fece un balzo e in un attimo mi ritrovai il suo viso ad un palmo dal naso. Gli occhi neri che mi fissavano assetati di potere. Qualcuno gridò.
Susan appoggiò l'Element che aveva in mano sulla mia fronte.
Fu come se mi avessero sparato in testa. Un dolore acuto partì dalla mia testa, e si irradiò per tutto il corpo. Me la sentii compressa, come se da un momento all'altro potesse scoppiare. Il mio cuore batteva così forte che sarebbe potuto uscire. Un unico urlo partì dalla mia bocca e sì irradiò per tutta la foresta. Ma cosi com'era iniziato, il dolore passò. Non sentivo più il mio corpo, ma tutto attorno a me si fece più chiaro e distinto.
Potente. Mi sentivo così potente, come se per la prima volta avessi veramente i poteri che mi avevano donato. Mi liberai dalle manette con facilità e cascai in ginocchio sul terreno bagnato. La pioggia scorreva sul mio viso, mi chiamava. I bisbigli attorno a me erano confusi e disturbavano la terra e il vento che mi chiamavano. Alzai lo sguardo e vidi chiaramente cosa potevo fare.
«È ora di dimostrare quello che sei.» sussurrò una voce alle mie spalle.
Aveva ragione, dovevo mostrare alle persone davanti a me chi ero.
Il terreno si arrese al mio volere e il vento spazzò via la gente attorno a me. L'edificio bianco mi chiamò. Alzai un braccio ed evocai un potente fulmine che cadde proprio su quello. Una parte della Base 1 venne distrutta, crollando, sbriciolandosi, disintegrata da me. Sentii qualcuno attaccarmi, ma non gli diedi il tempo. Il cielo mi assisteva.
La pioggia inghiottì gli Imperium. Ero inarrestabile. Ero potente come non mai. Nessuno mi eguagliava. Potevo già vedere quella foresta in fiamme, tra le mie fiamme. Non sentivo niente dentro di me, ma non mi serviva sentire qualcosa, quando avevo già il pianeta ai miei piedi. Iniziai a ridere al cielo, lasciando che la pioggia scorresse sul mio volto. Ma non c'era abbastanza acqua. Sentii l'oceano, lontano ma c'era. Ettari e ettari di terreno erano pronti ad obbedirmi e la forza delle fiamme poteva vivere anche oltre la pioggia. Aprii gli occhi e vidi la meraviglia che avevo creato, il caos più totale. Le grida delle persone mi riempivano di qualcosa che non comprendevo. Non la smettevo di ridere, il suono della mia voce si perdeva tra le folate di vento. Eppure, c'era ancora qualcuno che mi stava contrastando, che non si voleva arrendere al mio volere.
«SOPHIE.» quella voce. Mi ricordava qualcosa. Mi ricordava qualcosa che stavo perdendo. Mi voltai verso la fonte e vidi un ragazzo. Il mio ragazzo.
«Jay!» esclamai allegramente. «Hai visto? Hai visto? Sono stata io!» dissi lasciando che lui si avvicinasse a me.
«Sì, sei stata tu. Ma ora fermati.» mi disse alzando le braccia verso di me. Aveva uno sguardo strano negli occhi verdi. Non sembrava spaventato.
«No! Non fermati! Stai facendo un ottimo lavoro, nipote.» disse un'altra voce. Dietro di me c'era mia nonna, con gli occhi scuri spalancati e i capelli al vento. Causava anche lei il mio stesso disastro. Guardandola, finalmente riuscii a comprenderla. Capivo com'era essere lei.
«Fi, sappiamo entrambi che è sbagliato.» disse James. Mi voltai nuovamente verso di lui mentre si avvicinava passo dopo passo. Mi arrabbiai.
«NO! NON È SBAGLIATO!» esclamai. Un fulmine, un tuono, la foresta in fiamme. Era meraviglioso come tutto ciò che mi circondava mi rispondesse.
«Sophie, stai facendo soffrire delle persone e tu non vuoi essere causa ti tanta sofferenza.» insistette James.
«Cosa ne sai tu di cosa voglio io?» chiesi con tono curioso. Perché quel ragazzo pretendeva di sapere più cose di me? Lui non aveva il mio potere.
«Lo so, perché me l'hai detto tu, Fi.» mi disse con un sorriso. Si avvicinò ancora.
«Non mi importa se non ricordi il tuo passato, ma voglio che tu sappia che io sono sempre stato accanto a te e ricorderò quel che tu vuoi per te.» mi disse.
«Perché lo dovresti fare?» chiesi.
«Mmm, non so, forse perché ti amo?» disse con ironia. «E tu ami me?» chiese ormai davanti a me. Mi prese le mani tra le sue.
Abbassai il vento e richiamai i fulmini, ordinai alle fiamme di spegnersi e le acque di ritirarsi. Il terreno si fermò.
James sorrise e mi abbracciò.
«Jay, vorrei tanto capire com'era amarti. Ma ora non lo so più.» gli sussurrai all'orecchio prima di trafiggerlo con una stalattite di terra. James si staccò da me e mi guardò con occhi sgranati, mentre un rivolo di sangue gli macchiava l'angolo della bocca.
«NO!» esclamò qualcuno. Una ventata d'aria mi graffiò la guancia. Me là toccai, guardando con curiosità il liquido rosso che macchiava le mie dita. Poi fissai inespressiva Joanne Sharp avanzare verso di me e spingermi via dal fratello. Si chinò verso di lui.
«Che hai fatto?!» gridò la ragazza con uno sguardo furioso. Lei stava male per quello che avevo fatto al ragazzo tra le sue braccia.
«Perché io non sento niente?» chiesi confusa. «Sta morendo, dovrei sentire qualcosa.» continuai. Mi voltai verso mia nonna.
«Perché non sento più niente?» chiesi ancora.
«È il prezzo da pagare.» affermò lei sorridendo compiaciuta. Mi guardai attorno vedendo corpi distesi a terra, non capivo se fossero morti o semplicemente feriti. E la cosa che mi dette fastidio è che non me ne importava.
C'era... C'era qualcosa che non andava. Quella non ero io.
Iniziai a gridare. Battei un pugno a terra che fece tremare tutto il suolo circostante. Una stella di fuoco comparve dal mio pugno, sparando in cinque direzioni diverse.
«Sof!» esclamò qualcuno. Alzai lo sguardo per trovarmi di nuovo il volto di Joanne accanto a me. Era ferita e perdeva sangue. Potevo essere io la causa.
«Ferma tutto questo, ti prego.» mi disse chinandosi anche lei.
«Per favore, Sophie, ritorna ad essere la mia migliore amica. Salva James.» mi disse afferrandomi per le spalle.
«Sei più forte dell'Element, lo sai che lo sei.» mi disse appoggiando la sua fronte alla mia. Era sudata e calda. Mi fece sentire qualcosa.
«Non rendere vana la morte dei nostri amici, di tua madre e di tante altre persone.»
«Amici... Mia madre...?» sussurrai confusa. Scattai e la spinsi via, mentre il forte mal di testa di prima mi serrava nuovamente la mente.
Gridai dal dolore. Volevo solo che tutto smettesse. Il terreno mi bloccò a terra, qualcuno stava cercando di fermarmi. Senza pensare spazzai via il responsabile con il vento. Caddi a terra, in ginocchio, ansante e con le lacrime agli occhi, mentre tentavo di far sparire le fiamme nella mia testa. Perché non si spegnevano? Perché? Non riuscivo a concentrarmi, non sapevo e capivo più niente. Era tutto un caos nella mia testa.
«Sophie...» sussurrò qualcuno. Mi voltai per vedere James, che si teneva l'addome insanguinato, sostenuto da sua sorella.
«Aiutami.» mormorai, sentendo finalmente qualcosa nel mio petto. Il mio cuore prese a battere dolorosamente.
James sorrise, e così anche sua sorella.
Credevano che sarei riuscita a fermare il mostro che c'era in me. Il mostro che aveva ferito James.
Mi voltai di scatto verso Susan Blackwood e senza alcuna previsione l'attaccai. La Natura mi rispondeva ancora. Le radici degli alberi sbucarono come fruste dal terreno, bloccando le gambe della donna. Lei mi guardò stupita, colta alla sprovvista.
«Non dovevi ribellarti.» mi ringhiò contro.
«Mi hai dato il potere. Te lo restituisco con gli interessi.» sibilai. Un fulmine cascò dal cielo, lo brandii come una frusta. Tentai di colpirla ma lei evocò il terreno che assorbì la potenza del mio fulmine. Mi sentivo ed ero più forte di lei. Era come se la Natura non avesse più segreti per me. Ero un tutt'uno con ciò che mi circondava e ora, a mente lucida, riuscivo a vedere la mia superiorità su di lei. Assorbii il dolore della mia mente, zittendolo con il combattimento che stavo ingaggiando.
Vidi per la prima volta Susan Blackwood in difficoltà. Stavo dimostrando che aveva torto e forse riuscivo a scorgere della paura nei suoi occhi.
Le radici degli alberi si intrecciarono attorno a lei e il terreno la ricoprì come una veste, bloccandola del tutto. Strinsi una mano attorno al suo collo, facendole capire chiaramente che ero la vincitrice.
«Che aspetti a uccidermi? Dimostrarmi che sei come me.» sibilò con un ghigno folle.
«Io non sono e non sarò mai come te.» dissi con una fredda calma. «Per questo ti lascio libera.» dissi mollando la presa attorno al suo collo.
«Dopo tutte le persone che hai ucciso, sono solo un cadavere in più.» mi istigò.
La ignorai e la liberai dalle radici.
«Sei impazzita?» esclamò la voce del mio nonno.
Allungai una mano verso la donna. Fissai la pietra nera che portava al collo. Mi concerterai ardentemente su di essa finché non esplose, polverizzandosi. Alla fine era solo una pietra, una pietra che potevo dominare.
Susan la guardò sbriciolarsi scioccata.
«È finita.» affermai. Una mano mi appoggiò sulle spalle, James era accanto a me, un sorriso debole sul volto.
Susan ringhiò. Poi gridò. Il terreno prese a tremare è un tornado di fiamme le ruotò attorno come un serpente di fuoco. La lava iniziò a sgorgare dalle crepe del terreno. Ma poi tutto si fermò così com'era iniziato. Sul petto di Susan iniziò ad allargarsi una macchia di sangue. La donna si voltò stupita verso l'artefice.
«Chris...» sussurrò. Mentre la stalattite veniva sfilata. Lei scivolò verso il basso ma venne afferrata da mio nonno, che la strinse tra le braccia mentre si chinava a terra, per appoggiare il corpo inerme della donna.
«Mi spiace, Sue.» sussurrò mio nonno, con le lacrime agli occhi.
«No. Hai fatto bene.» rispose lei con un filo di voce.
Susan appoggiò entrambe le mani sulle guance di mio nonno, cancellandogli le lacrime.
«Avrei voluto invecchiare con te.» disse. Lucida.
«Ti amo, Susan Blackwood. Non ho mai smesso di farlo.» sentii dire a lui.
«Mi fa piacere saperlo.» anche lei iniziò a piangere. «Mi spiace tanto.» poi chiuse gli occhi, mentre mio nonno tremava dal pianto.
«Ed ecco che giunta alla fine... Ripenso all'inizio... All'inizio di tutto» furono le ultime parole di Susan Blackwood.
Nonno Chris continuava a piangere, affondò il volto nell'incavo del collo di mia nonna e iniziò a dondolare con il corpo di lei stretto al suo petto.
Non l'avevo mai visto così disperato e addolorato.
Alla fine, negli ultimi attimi di vita, lei sembrava rinsavita, ritornata lucida per il suo antico amore.
Christopher Barker affondò le dita nel terreno e gridò ancora, un ultima volta. Evocò una lascia di terra. Arrivò alle spalle di lui, trafiggendogli il cuore e unendolo per sempre a quello della sua amata. Sul terreno irregolare si espanse una pozza di sangue.
Il mio corpo non ebbe alcuna reazione mentre sentivo gli altri esclamare stupiti dal gesto estremo dell'ex capo della B.L.C.
Era finita. Finita veramente.
Ma io dovevo ancora affrontare quello che mi era successo e che avevo fatto. Era possibile che non mi sarei mai più ripresa.
Angolo Autrice
Dunque, è finita veramente, ragazzi. Questo non è l'ultimo capitolo... Ce ne dovrebbero essere altri tre o quattro, epilogo compreso. Ma... Siamo veramente agli sgoccioli e vorrei solo dire quanto vi sia grata. Ovviamente alla fine ci saranno i ringraziamenti, ma dato che non vi ringrazierò mai abbastanza, inizierò già da adesso. Quindi, grazie, miei amati lettori.
Le perdite avvenute in questo capitolo sono tante, ma molto meno di quel che pensiate. La distruzione causata da Sophie stessa è stata enorme e si è portata dietro molte vittime. James sembra stare in piedi, ma ancora per quanto?
Nel prossimo capitolo Sophie dovrà fare i conti con i sensi di colpa e con i rimasugli di ciò che l'Element ha provocato alla sua mente. Vedremo che fine faranno tutti e se la B.L.C. riuscirà a rimettersi in piedi. Quindi, non abbandonatemi ancora, mancano ancora pochi passi per la fine.
Io... Non so come affrontare questo capitolo, la morte di Aiden mi ha addolorata moltissimo senza contare che sia stata la mia stessa protagonista a causare ciò. E che non sia l'unico.
È stato difficile immedesimarmi in Sophie questa volta. È stata la prima volta in cui non la sentivo più mia, ma un'estranea. Non so se sia una cosa positiva o meno. Ho rovinato con le mie stesse mani la sua personalità e ciò mi fa sentire così male... Ma è così che doveva andare. Ci sentiamo al prossimo capitolo, credo. Non so quando pubblicherò, dovrò riprendermi psicologicamente.
Intanto godetevi il principe azzurro.
Qui sotto, due picspam ad opera di Skadegladje li amo tantissimo.
I Geminus, l'ultimo è Eli.
La squadra della B.L.C. che nella revisione verranno chiamati gli Èlite.
Ultimo avviso! Invito tutti i Potterhead a visitare la pagina HPItalianCommunity Sono a capo dei contenuti, quindi mi aspetto che apprezziate tutto ciò che faremo. Leggete la Bio! 😄 È ancora solamente un fagiolino, ma presto diventerà un ottimo parto, speriamo.
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