52. Jase: Stella
Bussai alla porta aperta per attirare la sua attenzione.
Joy sobbalzò ma non si voltò.
«Mi hai spaventata, Jase» affermò appoggiando una cornice sul comodino.
«Come facevi a sapere che ero qui?» mi chiese.
Feci un'alzata di spalle. «Intuizione.» dissi. Era il primo posto a cui avevo pensato. La stanza di Frost.
«Un tempo era anche la mia.» riflettei entrando. Il mio letto era sparito, al suo posto c'era solo una semplice libreria semi vuota. Frost non sembrava un tipo da roba immobiliare. La sua stanza era persino più spoglia della mia.
«Già, quasi cinque anni fa era tua.» disse Joy. La ragazza stava guardando una cornice con la foto di lei e Frost. Lei sorrideva mentre lui teneva lo sguardo fisso sull'obbiettivo, un accenno di sorriso sulle labbra. Si trovavano a San Francisco, appena fuori dalla Base 5, lei lo abbracciava in vita e lui circondava le sue spalle con un braccio.
La ragazza si sedette sul letto.
«Sai una cosa? Ho sempre dato per scontato la presenza di Seth accanto a me.» disse tuffandosi nel letto. «Più di della tua, comunque.» ridacchiò. «Alla fine solamente Aiden è sempre stato al mio fianco. Forse era per questo che in un certo senso, preferivo che Sophie scegliesse lui.» affondò il volto nel cuscino e ispirò.
«Dove vuoi arrivare?» le chiesi.
Lei rise. «Da nessuna parte. Solamente sono gelosa del rapporto che avete tu e Sophie. Talvolta mi sento esclusa da voi due.» disse prendendo i bordi della coperta e avvolgendosela addosso.
«Talvolta penso che quello che c'è tra me e Seth non si possa eguagliare a quello che c'è tra voi.» aggiunse con tono ovattato da sotto le coperte.
«Talvolta credo che non sappia più amare per via degli insegnamenti della B.L.C., che quello che sento per Seth sia solo attrazione.» sussurrò.
«Tu pensi troppo.» affermai liberandola dalle coperta. Scoprii le sue guance rigate dalle lacrime e i suoi grandi occhi lucidi puntati su di me.
«Se piangi, piango anche io.» le sussurrai con un sorriso, in memoria dei vecchi tempi. Non sapevo se se lo ricordasse, ma lo dissi ugualmente.
Lei ridacchiò asciugandosi gli occhi con il palmo della mano, e macchiandolo con il mascara. Sì era sbavata tutto il trucco e in quel momento aveva le sembianze di un panda.
«Sembreresti poco figo se piangessi.» mi disse.
«Sciocchezze. Tuo fratello è figo anche con le lacrime agli occhi.» dissi allungando la mano. Lei l'afferrò saldamente e si lasciò tirare sù.
«Frost ha detto che sarebbe tornato per rispondere al tuo "ti amo"» le dissi.
Il volto tutto macchiato di mia sorella di increspò in un vero sorriso.
Ripensai agli avvenimenti che ci avevano portato alla Base. Non c'era stato tempo di verificare le condizioni del jet di Frost, potevo solo sperare per mia sorella che stesse bene.
Il jet di Frost e Miss Cooper era precipitato. E sembrava che l'artefice volesse fare lo stesso con noi.
«Scendi! Scendi! In aria è troppo pericoloso!» gridai a Zach incitandolo.
«Sì, vado! Vado!» esclamò agitato facendo volare le dita sui comandi.
Il velivolo nemico attaccò.
Comparve anche sul radar del nostro jet sotto forma di puntino rosso in avvicinamento.
«Merda, merda, non voglio precipitare di nuovo!» esclamò Zach.
«Nemmeno io.» dissi risoluto afferrando le mani di Zach e piegando bruscamente il manubrio. Il muso del nostro jet si piegò in avanti e in mezzo secondo eravamo in caduta libera.
«CI UCCIDERAI! DI NUOVO!» gridò nel panico Zach accanto a me. Lo ignorai e continuai a fissare la radura davanti a me in avvicinamento. Non ancora. Non ancora. Non ancora. Tirai sù il manubrio all'improvviso. Smettemmo di precipitare poco prima di toccare terra, raddrizzandoci appena il tempo. La pancia del nostro jet sfrigolò contro il terreno, sballottando i membri all'interno. Vorticammo. Il mondo attorno a noi girava troppo velocemente. Poi finalmente tutto rallentò. Dalla vetrata vedevo la distesa blu dell'oceano. Un orribile scricchiolio ci disturbò, raggelandoci sul momento. Io e Zach ci guardammo, sentendo la lastra di metallo sotto di noi inclinarsi pericolosamente.
«TUTTI FUORI!» gridai.
Zach sì sganciò immediatamente mentre il jet si piegava ancora di più, rendendoci difficile la risalita. Rotolammo fuori dal portone rimasto ancora aperto per via di Courtney, appena in tempo per vedere il jet precipitare dal dirupo, tra le scogliere frastagliate dal mare.
Mi voltai verso i miei due compagni. Non sapevo come Eli fosse riuscito a rimanere all'interno della vettura, con quell'apertura che risucchiava aria, ma ero felice che stesse bene. Almeno lui.
«Vuoi andar a cercare Frost?» chiese Zach.
Prima che potessi rispondere un rombo disturbò i miei pensieri. Alzai lo sguardo e vidi materializzarsi non uno, ma ben due jet da guerra.
«No.» sussurrai. «CORRETE!» esclamai. Eravamo troppo scoperti.
Ci dirigemmo a perdifiato a nasconderci dietro una sporgenza che ci portava verso delle grotte. L'odore del mare mi invase mentre sentivo quei mostri sparare. Continuarono a bombardare, facendo piovere anche sull'acqua, mentre il soffitto di stalattiti iniziava a traballare. L'oceano si increspò, facendo arrivare ai nostri piedi ondate gelide di acqua salata.
Poi tutto finì.
«Se ne sono andati?» sussurrò Zach, come se temesse di poter essere udito.
Uscii allo scoperto e fissai l'aria. Potevano benissimo essersi resi invisibili, ma ne dubitavo. Probabilmente se n'erano andati.
«Via libera.» dissi ai ragazzi tornando alla radura. Nessun attacco, se n'erano andati.
«Ora che facciamo?» chiese Zach.
«Cerchiamo un mezzo per arrivare fino alla Base.» dissi.
«Qualche idea su dove trovarlo questo mezzo? A proposito, dove siamo?» chiese ancora il rosso.
Odiavo ammetterlo, ma non ne avevo idea. Dovevo ancora metabolizzare tutto quello che ci era accaduto fino ad ora.
«C'è una città a sud. Potremmo chiedere in prestito un'auto.» intervenne Eli. Mi girai a fissarlo, cercando di accettare la realtà. Quel ragazzo era un portento.
«Facci strada, allora.» dissi semplicemente.
C'era veramente una città. E in quella città ci ero già stato. Tempo prima, con Sophie. Quando era ancora il mio ostaggio. Mi sentivo piuttosto scemo per non essermi orientato prima. Conoscevo quel luogo, l'avevo studiato, imparato e rappresentato. Non mi capacitavo di essermene dimenticato.
C'erano molte persone che gironzolavano per le strade, ignari di tutto. Allegre e spensierate che continuavano la loro vita di tutti i giorni.
Si sentivano conversazioni sparse riguardanti Miami e altre grandi città, ma la cosa non sembrava turbarli in modo particolare. Forse pensavano che la distruzione non sarebbe mai arrivata fino a loro. Infondo perché dovrebbe arrivare fino in Alaska? Quello stato americano così lontano dal suo corpo?
Individuai un pick up grigio incustodito. Ma non lo era veramente. Una coppia di anziani signori stava salendo a bordo, aiutati da un signore che doveva essere il figlio. Quell'immagine di vita quotidiana mi disturbò il petto.
Distolsi lo sguardo. Non avrei rubato a loro, non se lo meritavano.
Quando rubavo, avevo sempre i miei criteri. Ero una specie di Robin Wood o Lupin dei giorni nostri, un ladro gentiluomo. Prendevo solo da persone troppo ricche e stupide e mai da Popolani comuni.
Eli si frugò nelle tasche interne della sua giacca prima di tirare fuori un oggetto familiare. Un mini-Flash. Quel ragazzo sì che era efficiente, lo apprezzavo decisamente molto di più degli altri idioti della B.L.C.
Giunse davanti al parcheggio di un pub poco affollato ed entrò dentro a passo sicuro. Io e Zach ci guardammo e decidemmo di non seguirlo, in attesa di vedere cosa avrebbe combinato il nostro amico non vedente. Nel giro di pochi minuti, il ragazzo tornò con un mazzo di chiavi in mano.
«Guiderei io. Ma non vedo il colore del fuoristrada grigio.» disse con un sorriso stampato in faccia.
Ridacchiai e gli diedi una pacca su una spalla.
«E tu dovresti essere un subordinato di Ryder? Amico, ti meriti di meglio.» affermai prendendogli le chiavi di mano e conducendoci in quello che pensavo fosse il nostro mezzo.
Il serbatoio era pieno. Chiesi ad Eli come avesse fatto a procurarsi le chiavi, ma lui mi disse che era un segreto, mantenendo la sua aria di mistero.
Prendemmo il sentiero per giungere alla Base, ma improvvisamente una brutta sensazione mi colpì come una pallonata in pieno viso. Tra le chiacchiere di Zach e le brevi risposte di Eli, percepivo una tranquillità anomala.
Una calma prima della tempesta.
Appena concepii tale pensiero, un albero si spezzò e cadde davanti a noi, sbarrandoci la strada. Riuscii ad in inchiodare appena in tempo, sbattendoci tutti in avanti. Ma non persi tempo, misi la retromarcia e cambiai direzione mentre dal cielo iniziarono a piovere massi. Gli alberi cascavano come tessere del domino attorno a noi. Accelerai, sterzai, superavo buche, sforzando il fuoristrada ai suoi limiti.
«Vomito!» esclamò Zach.
All'improvviso le ruote persero contatto con il terreno. E io persi il controllo sul volante. L'auto devastò un cespuglio, sbucando in un sentiero dove erano presenti due individui. Li stavamo per investire, ma loro riuscirono a spostarsi in tempo, prima che li mettessi sotto le ruote. Recuperai il controllo, ma era troppo tardi. Andammo a sbattere contro un albero. L'airbag mi esplose in faccia.
«E quindi? Andiamo veramente ad affrontare Susan Blackwood?» chiese Joy mentre ci dirigevamo verso la sala riunioni.
«Certo. Prima che sia troppo tardi.» dissi varcando la soglia. La ragazza si era data una ripulita prima di partecipare a questa riunione. In teoria, la ragazza non aveva la posizione per accedere a una simile riunione, ma io volevo che fosse presente in qualsiasi decisione avremmo preso. Ne aveva il diritto.
Quando aprimmo la porta, tutti gli sguardi dei maggiori dirigenti puntarono su di noi. All'angolo della stanza notai Nox, mentre dal lato opposto, insolitamente silenzioso c'era Zach. Sophie era accanto a Max e non si era ancora accorta di noi.
Entrai a passo sicuro, abituato alle attenzioni e mi sedetti accanto a Sophie.
«Siete arrivati.» annunciò la ragazza con un tono di sollievo.
«C'è appena arrivato un messaggio.» spiegò Max. «Attendevamo voi.» affermò.
Schiacciò un pulsante bianco sul tavolo touch e lo schermo dietro di lui si accese, facendo comparire una donna seduta dietro una scrivania.
«Le tecnologie di oggi, guardate un po' cosa ci permettono. Ai miei tempi persino un telefono era una rarità.» disse tranquillamente intrecciando le sue lunghe dita inguantate di pizzo nero. Notai immediatamente che non aveva addosso l'Element.
«Il conto alla rovescia si accorcia, e sono state distrutte già molti Stati Americani.» disse tranquillamente.
«Volete fermarmi, ma vi siete più ritirati in difesa, sorpresi dal mio attacco.» Nessuno fiatò.
«Quindi, prima che facciate tutti una brutta fine, volevo darvi una possibilità. Adoro dare speranza per poi toglierla in modo brutale.» sussurrò a noi. Molti dei presenti ebbero un brivido.
«Uno scontro. A Miami, insomma, di ciò che rimane di Miami.» disse.
«Le forze Ribelli contro quelle della B.L.C., dando il tutto per tutto per uno scontro finale.» sussurrò deliziata con una luce folle nei suoi occhi neri. «O in alternativa, nipotina mia, ci affronteremo da pari a pari come la prima volta. Solo noi due e nessun'altro. Sacrificarti per il bene di tutti.» disse sempre più gioiosa.
Di di no. Di di no. Di di no. Pensai spaventato da quella pericolosa richiesta.
«Accetto» disse la ragazza prontamente, interrompendo il silenzio attorno a noi.
Espirai rumorosamente, anche se sapevo che avrebbe accettato. La speranza è l'ultima a morire, dopotutto.
Un brusio s'innalzò tra i vari vertici, ognuno esprimeva il proprio parere, chi non voleva lasciare tutto nelle mani di Sophie e chi pensava fosse la nostra unica possibilità di salvezza.
«Non sei d'accordo piccolo Jamie?» chiese la donna zittendo di nuovo tutti.
«Sei invitato anche tu. Il tuo amico Scorpione non è stato contento del vostro ultimo incontro, tu e la Fenice gli mancate così tanto...» la sua voce era melliflua era quasi incantatrice.
«Susan Blackwood, come puoi prendertela con dei ragazzini?!» intervenne la McFingers.
«Non sei stata interpellata.» disse freddamente la donna fissandosi le lunghe unghie smaltate di rosso. «Taci. Queste sono le mie condizioni. Se solo percepisco la presenza di voi ratti impiccioni, spazzerò in un nano secondo tutto ciò che conoscete.» affermò freddamente. Nessuno dubitò della veridicità delle sue parole. La McFingers strinse le labbra in una linea sottile.
«Avete preso due dei miei Elements. Ciò non significa che non mi sia fatta la scorta dai russi.» cantilenò.
«Oh! Portatevi anche gli altri Geminus, mi piacciono tanto i Geminus. Soprattutto quel ragazzo che ho reso cieco.» scoppiò a ridere. «Ho bisogno di un pubblico mentre ti insegnerò, nipotina mia.» rise ancora.
«Perché fai tutto questo, Susan? Non era questo che desideravi.» parlò Max, fissando lo schermo piatto con le dita incrociate sotto il mento e le gambe allungate in avanti. Il camice bianco spiegazzato non rendevano Max meno serio.
«Oh, caro Meng.» ridacchiò. «Non c'è un motivo. Ci vediamo domani alle quattro del pomeriggio.» Dette le ultime parole, lo schermo si spense.
I dirigenti presero a parlare finché una voce non zittì le altre. Robert Steel.
«Lei non ci andrà da sola. Non possiamo permettere che i ragazzi rischino tanto.» disse categorico. Il suo sguardo cercò l'angolo della stanza in cui era appoggiato Nox. Il ragazzo non lo restituì.
«Potremmo tendere noi un'imboscata.» suggerì Moose.
«Se ne accorgerà di sicuro! È un suicidio!»
«Sottovalutate i ragazzi! È la nipote di Mr.Barker di cui stiamo parlando! E gli altri sono Geminus!»
«Geminus non è l'equivalente di immortale!»
Le voci si affollavano, ognuno con il proprio parere.
«Scusate.» sentii dire Nox. Nessuno lo ascoltò.
«Signori!» la voce di Max interruppe il brusio. Tutti gli occhi si focalizzarono su di lui.
«Nox avrebbe qualcosa da dire. Vai ragazzo.» disse incoraggiandolo con un cenno della mano.
Nox si raddrizzò e si rivolse a tutti i superiori.
«Io sono capace di confondere i sensi degli Imperium di terra. Posso annullare la presenza di coloro che nascondiamo per l'imboscata.» disse seriamente.
Il silenzio si diffuse tra i presenti.
«Saremo in tanti, se te ne lasciassi sfuggire uno solo sarebbe un guaio grosso.» precisò Max.
«Io mi fido.» intervenni. «Non mi fiderei di nessun altro, ce la farà.» Nox mi sorrise.
«Ma il tuo parere non è parziale. Come possiamo esserne certi? Ci hai già provato?» chiese con tono gelido Steel, fissando il figlio.
«No.» ammise sinceramente. «Fino ad ora, mi sono limitato alla mia sola pressione o in casi diversi, l'ho estesa a quella dei miei compagni.» affermò.
«Forse possiamo facilitarlo.» intervenne McFingers. «I Mittal potrebbero fare in tempo per creare un GPS, dare al ragazzo un monitor al ragazzo per essere certo di riuscire ad annullare tutti» affermò.
«È una cosa possibile, Mr. Xu?» chiese un uomo con la barba fulva.
«È geniale. Penso di poter far di meglio. I coniugi Mittal... Sì, chiamateli. Posso far di meglio.» ripeté improvvisamente entusiasta con una luce fanciullesca negli occhi a mandorla.
«Quindi, quanti votano a favore dell'imboscata?» chiese Max.
La maggior parte delle persone attorno al tavolo acconsentirono anche se non sembravano tutti molto convinti. La riunione si concluse e piano piano la sala si svuotò.
«Sarò un'esca.» mormorò Fi alzandosi dalla sedia. Il volto, privo di qualunque tipo di espressione.
«E anche bella gustosa. Se fossi un pesce ti vorrei.» affermai per alleggerirle la tensione. «Anzi, ti mangerei anche se non fossi un pesce.» ammiccai verso di lei, imbarazzandola.
«Domani, non ho mai avuto così terrore del domani.» ridacchiò lei appena la raggiunsi nel suo letto.
«A tutti fa paura il domani. Non è mai certo, mai come l'oggi o il ieri.» le dissi appoggiando il mento sul palmo della mano. La fissai mentre si voltava verso di me e si infilava le mano sotto la guancia.
Guardare Sophie era come guardare una stella. Era luminosa e splendente. Ma sapevo che se volevo vedere la vera lei avrei dovuto attraversa anni luce di distanza e tempo.
Dopo che ci eravamo ritrovati mi diceva che non riusciva mai a stare al mio passo. Ma in realtà ero sempre stato io che non riuscivo a seguire il suo. Vedevo soltanto la luce che lei si lasciava dietro. E temevo che quando avrei raggiunto la sua vera luce, allora sarebbe stato troppo tardi. Perché si era già spenta. E temevo che quel domani tanto temuto sarebbe stata la causa dello spegnimento della mia stella.
«Qualsiasi cosa accadrà domani, lo supereremo.» sussurrai, più per me stesso che per vera certezza.
Allungò le dita e mi toccò lo zigomo della guancia. Mi fissava rapita mentre mi accarezzava. Fece scorrere il dito lungo mio profilo, delicatamente e dolcemente. Quel tocco mi faceva venire i brividi di piacere.
«Che stai facendo?» sussurrai socchiudendo gli occhi.
Il suo sguardo perso incontrò il mio. La sua gote si colorò immediatamente di rosso.
«Niente.» disse ritirando di scatto la mano. Si tirò immediatamente le coperte fin sotto il collo e si voltò dall'altra parte, dandomi la schiena.
Ridacchiai. Mi misi a letto e allungai le braccia attorno a lei, tirandola verso il mio petto.
«Sogni d'oro, Fi.» sussurrai con voce roca, stringendo la presa attorno a lei.
Sentii il suo corpo tremare, attraversato da un brivido.
«Anche a te, Jay.».
«Saranno sicuramente d'oro.» le dissi.
Qualcosa non andava. D'improvviso spalancai gli occhi per capire cosa mi avesse disturbato. Poi mi resi conto che era Sophie. Stava piangendo ed era raggomitolata sul mio petto, tremante.
«Fi?» sussurrai toccandole una spalla. La ritirai in fretta per una scossa. Diedi la colpa all'energia statica. Le afferrai nuovamente la la spalla e la scossi leggermente per svegliarla.
Una parte irrazionale di me, temeva che non si sarebbe svegliata, ma lei spalancò gli occhi. Per un momento non sembrò vedermi, era come spaventata e le pupille erano due punti neri nonostante il buio della stanza. Poi mi mise a fuoco.
«Cos'è successo?» chiese stropicciandosi gli occhi.
«Hai avuto un incubo.» le spiegai.
«Umh, ah.» mugugnò. «È stato solo brutto sogno.» mormorò ritornando a letto. La fissai mentre tornava a dormire come se niente fosse. Il suo respiro ritornò a farsi regolare in poco tempo.
Forse era solo un brutto incubo e io mi stavo facendo prendere dalle mie paranoie. Ma non ero solo io il problema. Perché gli incubi non facevano tremare così. Non in quel modo.
La mattina seguente ci eravamo tutti preparati alla partenza. Zach e Nox non si parlavano ancora e quest'ultimo aveva addosso un nuovo paio di occhiaie, sicuramente frutto di un'altra notte insonne.
«È assurdo che ci dobbiamo sempre salutare.» intervenne Joy abbracciandomi.
«Se oggi sconfiggiamo la Blackwood, sarà l'ultima volta.» affermai sorridente.
«Niente se.» disse Sophie affiancandomi e rubandomi mia sorella.
«Oggi ce la faremo.» le disse regalandole un ampio sorriso.
«In ogni caso, io, Aiden e gli altri saremo dietro di voi. Pronti per ogni occasione.» disse lei allegramente.
«A proposito, sei pronto?» Mi voltai verso Nox.
Lui mi fissò per un lungo istante. Poi disse: «Mi viene da vomitare.».
Ridacchiai e gli diedi una pacca sulla spalla. «Fa vedere che ti ha regalato Max.» lo incitai per distrarlo.
Lui si tirò su la manica della giacca e mostrò l'avambraccio nudo.
«E quindi?» chiesi in attesa. Il ragazzo ci passò sù la mano e comparvero dei puntini verdi.
«Quando annullo la loro presenza diventano rossi.» mi spiegò. «È collegato con un chip installato negli abiti degli altri Imperium.» continuò.
«Ti hanno rifatto il braccio?» chiesi.
«No. È una specie di pomata connettiva con microchip.» mi disse tirandosi giù la manica.
Zach si avvicinò a noi.
«Allora avrebbero fatto meglio a installarlo sul mio di braccio.» disse allargando un sorriso.
«Già, avrebbero avuto meno difficoltà sul prevenire qualche tipo di effetto collaterale.» replicò Nox come se fosse tutto normale.
Zach era ritornato ad essere il chiacchierone sorridente di sempre, così nessuno di noi accennò all' accaduto del giorno precedente.
Prima di salire tutti sul jet di ultima generazione, Zach fermò Nox alla porta.
«Senti Nox. Volevo scusarmi. So perfettamente che non è colpa tua...» sentii affermare dal rosso.
«È tutto a posto. Dovresti arrabbiarti più spesso, piuttosto. Talvolta fa bene.» replicò l'altro.
«Senti chi parla. La pacatezza fatta persona.» esclamò Zach salendo sul velivolo con le mani incrociate dietro la testa. Lo fissai con un sorriso stampato sul volto, ero felice che avessero risolto immediatamente. Infondo non erano ragazzi rancorosi.
Mi allacciai le cinture di sicurezza, lasciando che fosse Nox a prendere i comandi. Fissai tutti i presenti. Sophie era accanto a me, ad occhi chiusi e con le mani strette a pugno. Le nocche erano ormai bianche per lo sforzo. Le afferrai una mano e la obbligai ad intrecciare le dita alle mie, poi le sorrisi.
Eli era seduto davanti a noi, anche lui teso e senza sorriso sul volto. Non l'avevo sentito esprimere un giudizio su nulla di tutto ciò, aveva semplicemente accettato la missione, ad occhi chiusi. Non doveva essere piacevole la sua prospettiva di incontrare la Blackwood. Poi c'era Zach, con le gambe accavallate al posto del copilota. Era immerso nei suoi pensieri e non sembrava in vena di sparare battute per la prima volta da quando l'avevo conosciuto. Si sentiva anche la mancanza di Opal. Ma lei era ancora in terapia intensiva e non ci avrebbe potuto raggiungere. Forse era meglio così.
Il viaggio fu tremendamente breve. Troppo breve.
Vedere la grande città di Miami completamente deserta e silenziosa provocava un'immensa tristezza.
«Che tristezza.» mormorò Sophie come se mi avesse letto nel pensiero. Sì chinò a prendere una bambola di plastica mezza bruciata passandosela tra le mani, poi la ributtò a terra.
«Puoi dirlo forte, Angelo.» commentò Zach dando un calcio ad un ciottolo.
«Gli altri sono già in volo. Arriveranno presto, Eli mi avvertirà quando atterreranno, dato che la sua visione è più ampia della mia.» ci informò Nox.
«Contiamo su di voi, allora.» dissi avanzando. La città era un'immensa rovina. Nemmeno l'uragano Katrina aveva provocato così tanti danni e nemmeno l'imprevedibile Sandy probabilmente. Miami non aveva mai visto una distruzione simile. L'aria era molto umida e sciami di insetti popolavano le rovine e l'aria. Il sole picchiava forte, nonostante non fosse al suo apice. Era tutto così soffocante e oppressivo.
«Lei è qui.» Eli si fermò all'improvviso mentre il suo corpo venne attraversato da un brivido.
«E non è sola.».
Un edificio esplose, facendo piovere i detriti, oscurando il sole mentre cadeva verso di noi. Fuggimmo, cercando di non farci schiacciare. Zach evocò delle assi di metallo dall'edificio cadente e lo spinse lontano da noi. Una figura massiccia comparve dal nulla, bloccando Zach a terra per il collo.
«Se vi muovete, gli spezzo il collo.» disse Santos con una luce folle negli occhi. Al collo, un inconfondibile pietra nera pulsante di potere.
«Vecchio, sono piuttosto stufo di essere il tuo fottuto ostaggio.» biascicò Zach. Dietro di loro una coltre di sabbia si stava accumulando in un vortice. Solidificandosi, colpì il capo pelato dell'uomo, mandandolo contro un muro di pietra. Zach tossì violentemente, massaggiandosi il collo quando si rimise in piedi.
«È questo che succede a mettersi contro Zach Day» affermò il ragazzo alzando il mento.
Santos sputò saliva a terra e si rimise in piedi.
«Ma bravo, chico, non me l'aspettavo.» rise divertito.
«Ma accogli così i nostri ospiti, Valentin?» quella voce melliflua penetrò i presenti come aghi appuntiti e sottili. Una donna emerse dal nulla, vestita di un abito nero elegante con paillettes luccicanti che le ricoprivano tutto il busto. Portava un ampio cappello nero anch'esso, che le metteva in ombra il volto. Ma non le labbra rosse, che formavano un sorriso folle e malvagio. Quella figura stonava così tanto al centro di quel caos.
«Ci rivediamo, Sophie.» sussurrò alzando lo sguardo. Una folata di vento le mosse i capelli neri in quel momento, facendomi sentire i brividi. Sul suo petto brillava la pietra nera, la quale era molto più grossa di quella di Santos.
Alzò una mano e noi ci mettemmo tutti in guardia.
«Vieni con me, tesoro. Facciamoci una bella passeggiata in famiglia.» sussurrò fissando Sophie. D'istinto la presi per mano.
«Lascia che Valentin accolga i tuoi amici. Lascia che ci lascino sole.» continuò lei facendo dei passi in avanti. Sophie indietreggiò di pochi passi inconsciamente.
«Hai paura?» la voce dolce e melliflua era sparita, sostituita da un tono tagliente e freddo; gridale e sadico. Il cambiamento repentino era un'ulteriore conferma della sua instabilità mentale e della sua pericolosità.
Santos rise dietro di lei, una risata insensata e altrettanto folle. Sembrava di stare in un manicomio.
Tra di noi nessuno fiatava. Vidi con la coda dell'occhio Eli toccare la schiena di Nox e battere il dito indice a tempo di alfabeto Morse. Erano giunti, dovevamo solo tenerli a bada fino al momento giusto.
«Vieni subito con me!» gridò la donna. Sophie sussultò, ma non fu l'unica. Mi fissò e sorrise appena, prima di sciogliere la mano dalla mia presa. Strinsi finché le sue dita non scivolarono via dalle mie. Opponevo resistenza. Non volevo lasciarla.
«Sono qui, come volevi.» disse la ragazza avanzando passo dopo passo verso di lei. Finché non giunse a mezzo metro da sua nonna.
La donna allungò la mano verso di lei e le afferrò il volto, penetrando le unghie dipinte di rosso nelle carni candide del viso di Sophie. La ragazza strinse i denti, ma non fiatò.
«Sei veramente bellissima.» sussurrò la donna con un sorriso soddisfatto. «Ora vediamo se sei altrettanto forte.» Il terreno sotto i piedi di Sophie esplose, facendo precipitare la ragazza in un baratro.
Angolo Autrice
Scusate nuovamente per il ritardo 😫.
Dunque popolo! Mi spiace per il finale ma sono sicura che questo non sia niente in confronto a quello del prossimo capitolo... Uh! Il prossimo capitolo! È... Beh, potrebbe volerci più di una settimana per scriverlo, dato che mi devo preparare psicologicamente.
Angolo riflessione: Questa è forse la resa dei conti? È possibile che tutto finisca qui? Cosa accadrà veramente? Chi lo sa. Oh, giusto, io lo so!
Domande del giorno: Se non avessi una copertina per Elements e voi poteste decidere come farla, come ve la immaginereste? Tonalità, figure, scene di qualche parte del libro... Sù sù, usate la fantasia e dimostratemi se ha dei confini!
Domanda due, come vi immaginate una ragazza perfetta? (Non riferito alla mia storia, ma in generale).
Qui sotto, vi RIPROPONGO i sessi invertiti dei miei personaggi! Perché mi andava di ridisegnarli 😂
Sophie (È possibile che sia più figa di James?)
James (Sono curiosa di vedere come si comporterebbe con Sol... Che tipo di ragazza sarebbe?)
Jo (adoro il nome John, perché lo adoro?)
Seth (Assomiglia a sua madre... Ed anche ad Elsa ora che ci penso 🤔)
Sky (Sinceramente non riesco a concepire una versione maschile di Sky hahah)
Aiden (Segreto. Se Sophie fosse uomo sceglierebbe la controparte di Aiden... Scherzo)
Coral (Comunque odio il nome Cornelius da quando Caramell ha deciso di non credere nel ritorno di Voldy)
Eli (Vi ricordo che il suo nome si legge "Ilai"! Quando farò la sua scheda personaggio capirete.)
Opal (Mi sono innamorata del nome Oz dopo Pandora Hearts haha anche se il mio personaggio preferito resta Xerxes Break. Chi mi capisca, capisca)
Zach (Vi informo che Zoe sarebbe una fotomodella...)
Nox (Magari Lumos sarebbe ancora più riservata di Noxxy)
Courtney (Esagerato con la bruciatura?)
Philip (Non so voi, ma io lo/la adoro. Immaginatevi la sorella di Phil, Queen, così)
Chi è il vostro preferito? Senza contare la loro controparte ovviamente 😁. (P.s. Se non vedete le immagini ditemelo. È wattpad che è stupido. Inoltre stamattina ho avuto un sacco di problemi con la pubblicazione, per questo pubblico solo adesso 😖).
Il prossimo capitolo non ha ancora un titolo eh eh 😁.
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